martedì 22 maggio 2018

Paolo Bagnoli: Una brutta storia

nonmollare quindicinale post azionista | 020 | 21 maggio 2018 _______________________________________________________________________________________ la biscondola una brutta storia paolo bagnoli L’intesa tra i 5 Stelle e la Lega consegna l’Italia alla destra. Ed è un qualcosa di diverso rispetto alle passate esperienze di governo del centrodestra. Questa volta, infatti, agiscono e interagiscono due fattori nuovi particolarmente rilevanti rappresentati dal non tanto recondito disegno leghista e dalla dimostrata inaffidabilità dei grillini il cui vuoto di consapevolezza istituzionale trova nella bramosia di Salvini per il governo una sponda non solo di tenuta, ma di probabile espansione. Già da questo lungo e surreale post-voto è emerso come stia prendendo il via un’avventura che non può che destare preoccupazione. Ora, se l’improbabilità politica dei 5 Stelle rende difficile comprendere nel concreto l’esito del loro operare e del loro futuro, non così è per la Lega la quale, divenuta oramai partito nazionale, punta chiaramente a divenire una forza di destra strutturata; il solo pensare che il suo leader ami indossare la felpa di Casapound è un messaggio che parla da solo. Salvini, al quale non manca né furbizia né capacità tattica, dopo la riabilitazione di Silvio Berlusconi ha accelerato i tempi a costo di rompere, perché di questo si tratta, quel centrodestra messo in piedi con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Infatti, tornare a breve alle elezioni con un Berlusconi sulla scena politico-elettorale in prima persona qualche problema, nonostante la crisi di Forza Italia, avrebbe sicuramente potuto crearglielo. Così, se l’assorbimento dei forzisti fino a qualche tempo fa sembrava nelle cose, ora appare un’operazione un po’ più complessa. Lo stesso Presidente della Regione Liguria, fino ad oggi l’azzurro più vicino a Salvini, sembra volerne prendere le distanze avendo chiesto, proprio nella fase finale della chiusura dell’accordo, che vi fosse inserito che si tratta di un governo a tempo e che si torni alle elezioni presto. Saranno segnali tattici, ma qualcosa pure significano. Ne consegue che Salvini se potrà, in via ipotetica naturalmente, lucrare non più di tanto sui berlusconiani, sicuramente lo potrà di più sui 5Stelle ove, essendoci tutto e il contrario di tutto, le contraddizioni che l’azione governativa sicuramente porterà allo scoperto nella sua componente più a destra, potrà trovare non pochi consensi. Oltretutto, come questi lunghi e tristi giorni hanno dimostrato, i grillini non sembrano essere pronti alla prova del governo essendo palesemente emerso il loro vuoto di cultura politica e pure il senso concreto di cosa significhi governare uno Stato difficile quale quello italiano in un momento particolarmente delicato in cui si trova l’Italia da qualunque lato la si consideri, in primo luogo quello economico. E’ prevedibile che Salvini prenderà presto il sopravvento e, passo dopo passo, nascerà una destra muscolare, antieuropea, populista e demagogica al contempo, pronta a eludere ogni correttezza istituzionale pur di affermare la propria funzione sovranista. Il disegno, tra l’altro, è favorito dal solipsismo dei grillini che sono costituzionalmente sovranisti di se stessi essendo del tutto alieni al confronto e all’intesa politica e anche allo scontro che intendono e praticano nei termini plebei di un’arroganza che sfiora i limiti della volgarità: Grillo docet. I germi di tutto ciò stanno nei fatti di questi giorni. Siamo a un nuovo capitolo della lunga crisi post Tangentopoli: quello della politica come mero fatto tecnico. Intanto, invece, di stendere un programma di governo si redige un “contratto” – termine prettamente notarile – per andare al governo e poiché tale documento non è sorretto da alcuna seria intenzione politica, ma è solo uno strumento di servizio per arrivare a Palazzo Chigi. Qui, poi, le cose dovranno essere fatte con indirizzo politico, ma si prevede già che ci sia disaccordo e si rimedia con un “comitato di conciliazione”. Nella normalità, se ne dovrebbe discutere nella sede del consiglio dei ministri, ma anche questo è un organo di servizio per i fini privatistici dei contraenti il contratto. Al presidente del consiglio, per Di Maio, spetta un mero compito di esecutore. Siamo in pieno vulnus costituzionale. Il percorso della costruzione del programma di governo, infatti, spetta al presidente incaricato, ma anche qui tutto è stato ridotto a mero fatto tecnico. Sicuramente la Costituzione è chiara in proposito; ma di ciò non se ne cale nessuno. In tale clima chi sarà il presidente del consiglio, non potrà che essere un cosciente inconsapevole. Non c’è da meravigliarsi: in Italia potersi mettere una fascia è un qualche cosa cui è difficile resistere. Il presidente Mattarella 4 nonmollare quindicinale post azionista | 020 | 21 maggio 2018 _______________________________________________________________________________________ oltre al tanto tempo elargito dovrebbe darne altro a Salvini e a Di Maio: quello per leggere e meditare la Costituzione! In politica i passaggi ad alta criticità sono contraddistinti sempre da tanta confusione e vistose anomalie. L’anomalia più vistosa è rappresentata dal Pd, perdente e anestetizzato da Matteo Renzi. Rinunciando a giocare qualsiasi ruolo – lasciamo stare i proclami di queste ore che sanno di opaca pateticità – per irrisolvibili beghe di convivenza interna, hanno oggettivamente favorito la presa di campo della destra. E’ una regola elementare della democrazia parlamentare che una forza di opposizione cerchi di operare per impedire agli avversari di realizzare il proprio disegno; di più dovrebbe esserlo per una forza che si dichiara di sinistra a fronte di una destra veramente tale e in crescita. L’occasione per giocare un ruolo si era presentata quando la rottura tra Salvini e Di Maio sembrava cosa fatta, forse, un serrato confronto con i 5Stelle non avrebbe portato alla nascita di un governo, ma sicuramente sarebbe servito a far scoppiare tante contraddizioni e, probabilmente, avrebbe pure impedito che si giungesse a questo punto. Di Maio ha detto che loro stavano scrivendo la storia; è vero, si è solo dimenticato di dire “una brutta storia” da cui il Pd non è fuori.

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