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sabato 26 maggio 2018
Paolo Bagnoli: San Gennaro e padre Pio
"SAN GENNARO E PADRE PIO"di Paolo Bagnoli
25-05-2018 - EDITORIALE
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I santi hanno fatto, alla fine, la grazia. La devozione di Luigi Di Maio a San Gennaro e quella di Giuseppe Conte a Padre Pio ha vigilato sull´intesa tra grillini e leghisti. Possiamo dire di non essere stati smentiti: siamo ancora, sicuramente, un popolo di santi; in quanto agli eroi e navigatori non sapremmo dire.
L´incontro tra i 5 Stelle e la Lega consegna l´Italia alla destra. Si tratta, però, di un qualcosa di diverso rispetto alle passate esperienze di governo del centrodestra. Infatti, questa volta, agiscono e interagiscono due fattori nuovi particolarmente rilevanti rappresentati dal non tanto recondito disegno leghista e dalla dimostrata inaffidabilità dei grillini il cui vuoto di consapevolezza istituzionale ha trovato nella bramosia di Salvini per il governo una sponda non solo di tenuta, ma di probabile espansione. Da un lungo e irrituale post-voto è emersa un´avventura che non può non destare preoccupazione. Infatti, se l´improbabilità politica dei 5 Stelle rende difficile comprendere nel concreto l´esito del loro operare e del loro futuro, non così è per la Lega la quale, divenuta oramai partito nazionale, punta chiaramente a divenire una forza di destra strutturata. Vedere che il suo leader indossa la felpa di Casapound e che nelle liste verdi si accettano candidati di tale formazione, è un messaggio che parla da solo. Salvini, al quale non manca né furbizia né capacità tattica, dopo la riabilitazione di Silvio Berlusconi, ha accelerato i tempi a costo di rompere quel centro-destra messo in piedi con Forza Italia e Fratelli d´Italia poiché, tornare a breve alle elezioni con un Berlusconi sulla scena politico-elettorale in prima persona, qualche problema, nonostante la crisi di Forza Italia, avrebbe sicuramente potuto crearglielo. Così, se l´assorbimento dei forzisti fino a qualche tempo fa sembrava nelle cose, ora appare un´operazione un po´ più complessa. Salvini se potrà, in via ipotetica naturalmente, lucrare non più di tanto sui berlusconiani, sicuramente lo potrà di più sui 5Stelle ove, essendoci tutto e il contrario di tutto, le contraddizioni che l´azione governativa sicuramente porterà allo scoperto, nella sua parte più a destra, farà convergere verso di lui non pochi consensi. Il risultato della Valle d´Aosta è rivelatore. Oltretutto, come questi lunghi e tristi giorni hanno dimostrato, i grillini non sembrano essere pronti alla prova del governo essendo palesemente emerso il vuoto di cultura politica e pure il senso concreto di cosa significhi governare uno Stato difficile quale quello italiano in un momento particolarmente delicato in cui si trova l´Italia da qualunque lato la si consideri, in primo luogo quello economico. E´ prevedibile che Salvini prenderà presto il sopravvento e, passo dopo passo, nascerà una destra muscolare, antieuropea, populista e demagogica al contempo, pronta a eludere ogni correttezza istituzionale pur di affermare la propria funzione sovranista. Il disegno, tra l´altro, è favorito dal solipsismo dei grillini che sono costituzionalmente sovranisti di se stessi essendo del tutto alieni al confronto e all´intesa politica e anche allo scontro che intendono e praticano nei termini plebei di un´arroganza che sfiora i limiti della volgarità: Grillo docet. Si potrebbe dire, con amara ironia che, essendo quasi una questione privata tra i due leader della maggioranza, aver indicato per la Presidenza del consiglio un docente di diritto privato, se pur con il curriculum un po´ pasticciato, suona come una scelta azzeccata.
I germi di tutto ciò stanno nei fatti di questi giorni. Siamo a un nuovo capitolo della lunga crisi post Tangentopoli: quello della politica come mero fatto tecnico. Intanto, invece, di stendere un programma di governo si redige un "contratto" – termine prettamente notarile – per andare al governo: uno strumento di servizio per arrivare a Palazzo Chigi. Qui, se poi si dovesse registrare un disaccordo, si rimedia con un "comitato di conciliazione". In una situazione normale, se ne dovrebbe discutere nella sede del consiglio dei ministri, ma anche questo appare alla stregua di un organo di servizio per i fini privatistici dei contraenti il contratto. Al professor Conte spetta un mero compito di esecutore. Nell´ andazzo - lo diciamo con tutto il rispetto convinto e dovuto - anche il Presidente della Repubblica rischia di apparire come un esecutore. A nostro avviso siamo in pieno vulnus costituzionale; il percorso della costruzione del programma di governo, infatti, spetta al presidente incaricato, ma anche qui tutto è stato ridotto a mero fatto tecnico. Sicuramente la Costituzione è chiara in proposito; ma di ciò non se ne cale nessuno. Il presidente Mattarella oltre al tanto tempo elargito poteva darne altro a Salvini e a Di Maio: quello per leggere e meditare la Costituzione!
Tanti si interrogano su quanto possa durare il governo giallo-verde. E´da prevedere, fatti salvi imprevisti che in politica ci sono sempre, che essendoci una grossa fetta di nomine da spartirsi, non si vorrà perdere l´occasione. Se poi il governo dovesse arrivare al 2022, non dimentichiamoci che in quell´anno dovrà essere eletto il successore di Mattarella. Insomma: piatto ricco, mi ci ficco.
In politica i passaggi ad alta criticità sono contraddistinti sempre da tanta confusione e vistose anomalie. Quella più vistosa è rappresentata dal Pd, perdente e anestetizzato da Matteo Renzi. Rinunciando a giocare qualsiasi ruolo – lasciamo stare i proclami di queste ore che sanno di opaca pateticità – per irrisolvibili beghe di convivenza interna, hanno oggettivamente favorito la presa di campo della destra. E´una regola elementare della democrazia parlamentare che una forza di opposizione cerchi di operare per impedire agli avversari di realizzare il proprio disegno; di più dovrebbe esserlo per un soggetto che si dichiara di sinistra a fronte di una destra veramente tale e in crescita. L´occasione per giocare un ruolo si era presentata quando la rottura tra Salvini e Di Maio sembrava cosa fatta, forse un serrato confronto con i 5Stelle non avrebbe portato alla nascita di un governo, ma sicuramente sarebbe servito a far scoppiare tante contraddizioni e, probabilmente, avrebbe pure impedito che si giungesse a questo punto. Di Maio ha detto che loro stavano scrivendo la storia; è vero, si è solo dimenticato di dire "una brutta storia" da cui certo il Pd non è fuori.
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