mercoledì 23 maggio 2018

Felice Besostri: Quale Europa?

Quale Europa 2019? Vorwärts! Sofort nach links- La preminenza dei valori costituzionali dei singoli stati fa parte dell’ordinamento giuridico europeo, come si desume dagli articoli 4.2) e 6.3 TUE o dall’ art.223.1 TFUE sulla tuttora mancante legge elettorale uniforme per il Parlamento europeo, che entra in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Quindi per affermare la preminenza della nostra Costituzione, che consente le limitazioni, non cessioni, di sovranità “necessarie ad un ordinamento, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” non per imporre politiche economiche, finanziarie e monetarie in nome dell’austerità, non abbiamo bisogno di lasciare l’UE o di modificare le disposizioni fondamentali dei trattati, ma la loro interpretazione conforme agli obiettivi dell’unità dell’Europa, per farne un soggetto adeguato come dimensione e volontà politica alle sfide planetari imposte dalla globalizzazione, cui nessun singolo Stato, nemmeno la Germania, può far fronte. Nei Trattati europei, ci sono, come nella nostra Costituzione, norme fondamentali, da individuare nel Titolo I DISPOSIZIONI COMUNI (artt. 1-8) e nel Titolo II DISPOSIZIONI RELATIVE AI PRINCIPI DEMOCRATICI (artt. 9-12 che non sono in contraddizione né con i Principi Fondamentali (artt- 1-12), né con la Parte Prima Diritti e doveri dei cittadini (artt.13-54) della nostra Costituzione. No si può ignorare che l’art 6 TUE nel riconoscere i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, le attribuisce” lo stesso valore giuridico dei trattati.” Nel Titolo II si segnalano l’art. 9 (L'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.) e il 12, che prevede l’associazione dei Parlamenti nazionali alla fase ascendente della normativa comunitaria e quindi alla partecipazione dei cittadini, se si desse attuazione agli articoli 50 ( diritto di petizione) e 71 ( iniziativa legislativa popolare) della nostra Costituzione. Il problema non è nelle norme, ma nei rapporti di forza politici e la sinistra è messa sempre peggio sia a livello europeo, che nazionale. Alle prime elezioni dirette del PE, con 9 paesi e 410 seggi, i socialisti erano la prima forza politica con il 27,5% e 113 seggi e con le altre formazioni di sinistra raggiungevano il 38,2%. Nel 1989, con 12 paesi e 518 seggi il PSE( 180), la Sinistra europea (42) e i Verdi (30) totalizzavano 265 seggi oltre la maggioranza assoluta pari a 259 seggi. Nel 2014, con 28 paesi e 751 seggi la sinistra rosso-verde ne ha 291, ben lontana dalla maggioranza di 376 seggi e il primo partito è il PPE con il 29,4% e 221 seggi davanti al PSE al 25,4 % e 191 seggi, benché sia ancora il raggruppamento politico più votato con 40.202.068 voti rispetto ai 38.610.376 del PPE. Nel Parlamento europeo si rispecchia la debolezza della sinistra nei singoli stati. Alle ingenti perdite dei Partiti del PSE non corrisponde un proporzionale aumento delle formazioni alla loro sinistra( casi emblematici Germania 2009, Francia e Olanda 2017 e Italia 2018) e sempre la loro sommatoria è inferiore a quella del miglior risultato dei socialisti nel singolo paese e alla somma di socialisti e comunisti nel primo dopoguerra, in Italia, Francia e persino Germania . I confronti tra le cifre in nota sono sconvolgenti perché a prescindere dalla possibilità politica della loro sommatoria indicano che la sinistra, da sola, in quanto tale non pare oggi in condizione di conquistare la maggioranza in nessuno dei grandi paesi europei, ma anche che, nel lungo periodo dal secondo dopoguerra mondiale, fine anni 40 del XX° secolo, ad oggi, fine del primo ventennio del XXI°, sia tramontata la possibilità di trasformare per via democratica in senso socialista la società e di mantenere le grandi conquiste sociali del welfare state in un’Europa unita, democratica, sociale e federale. Prima di staccarci psicologicamente e politicamente dall’orizzonte europeo pensiamo a quanto costò la battaglia per avere parlamenti nazionali a suffragio universale e diretto. In Europa abbiamo un Parlamento eletto a suffragio universale e diretto, si devono rafforzare i suoi poteri e la sua centralità non indebolirlo a favore non dei Parlamenti nazionali, ma dello Stato nazionale e degli esecutivi nazionali, che hanno sempre maggiori potere, perché giocano in maniera coordinata su due tavoli, quello nazionale a danno del loro Parlamento e su quello europeo limitando il Parlamento europeo. Il potere esecutivo è presente nel Consiglio europeo, l’organo che definisce l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione europea, composta dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri, dal presidente della Commissione europea, dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dal suo Presidente permanente. I rappresentanti degli Stati, di norma ministri, fanno parte del Consiglio previsto dall’art. 16 TUE, che si riunisce in composizione variabile secondo l’argomento con il ministro competente per materia e il corrispondente commissario europeo. Il Consiglio, congiuntamente al Parlamento europeo, esercita la funzione legislativa e la funzione di bilancio; coordina le politiche economiche generali degli Stati membri; definisce e implementa la politica estera e di sicurezza comune; conclude, a nome dell'Unione, accordi internazionali tra l'Unione e uno o più Stati o organizzazioni internazionali; coordina le azioni degli Stati membri e adotta misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Quando i trattati per la loro procedura di revisione non si prestano, i governi d’intesa con la Commissione non si peritano a fare accordi intergovernativi, come il fiscal compact, e ad inventare organi non previsti da alcun trattato, come la Trojka FMI-BCE-CE, per piegare gli stati alle politiche di austerità. Lo squilibrio è evidente e può essere ridotto sia applicando con rigore l’art. 12 del TUE a livello nazionale e negli organismi di cooperazione interparlamentare tra parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo previsti dalla lettera f) dell’art. 12 TUE, che aumentando i poteri normativi e di controllo del Parlamento europeo. Questo richiede un’iniziativa politica coordinata nei Parlamenti nazionali ed europeo e non di aderire a questo o quel manifesto, costruito interno a personalità emergenti, quasi che dopo il berlusconismo e il renzismo la salvezza e la vittoria derivano dal carisma di un capo, piuttosto che dalle lotte politiche sociali, sindacali nelle istituzioni, nei settori d’impresa e nei territori e da una direzione collegiale e coordinata di partiti e movimenti politici. Milano 14 maggio 2018 Felice Besostri

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