domenica 30 luglio 2017

Franco Astengo: Europa

DISASTRO EUROPA (e della sinistra europea) di Franco Astengo Timothy Garton Ash, storico oxfordiano e acuto analista fin dagli anni’80 del processo di fuoriuscita dei paesi dell’Europa Centrale dal “socialismo reale” e fautore dell’Europa a 28 (poi 27), scrive in un suo saggio apparso sul numero 5 di Micromega: “Se fossi stato ibernato con la criogenesi nel 2005, sarei scivolato nel mio non – eterno riposo da europeo felice. Con l’ampliamento dell’Unione Europea a includere tante democrazie postcomuniste, il sogno del 1989 dei miei amici dell’Europa Centrale, quello di un “ritorno all’Europa” si stava avverando. Gli Stati membri dell’UE avevano concordato un trattato costituzionale che chiamavano genericamente Costituzione Europea. Il progetto senza precedenti di un’unione monetaria sembrava smentire lo scetticismo espresso in precedenza da me e da tanti altri. Era fantastico poter viaggiare senza alcun impedimento da un capo all’altro del continente, senza controlli di frontiere nella sempre più vasta zona Schengen e con una sola valuta in tasca spendibile in tutta l’eurozona”. Ecco queste affermazioni svolte da un brillante intellettuale cosmopolita testimoniano del grande abbaglio in cui l’establishment culturale e politico dei più importanti paesi europei è incorso subito dopo la caduta del muro di Berlino nell’idea che ormai la strada fosse spianata per il trionfo del capitalismo e l’inglobamento delle aree che erano appartenute alla sfera di influenza sovietica. Si è scambiato per trionfo del liberismo l’apertura di una complessa fase di transizione; si sono ignorate le materialità di un confronto internazionale scivolato presto in una dimensione inedita di conflitto; non si è prevista la grande frenata di quella che era stato frettolosamente definita come “globalizzazione” e il ritorno a nuove forme di suddivisione in blocchi delle sfere di influenza a livello globale; non si è valutato cosa comportasse in pratica un ruolo degli Stati Uniti quale solo “gendarme del mondo” impegnato a “esportare la democrazia” di fronte allo scatenarsi di nuovi livelli di conflittualità nelle aree a più alta tensione; non si è dato conto dello spostarsi verso Oriente delle coordinate di sviluppo e del presentarsi del gigante Cinese nelle vesti inedite di “socialismo – capitalismo”. Tutti fattori che alla fine hanno prodotto l’aumento esponenziale delle disuguaglianze a tutti i livelli e il ripresentarsi di scenari di guerra con il loro relativo corollario di fughe di massa: il nodo dei migranti, insomma, sul quale l’ottimismo per l’inserimento dei Paesi dell’Europa Centrale nel processo europeo è andato in pezzi con grande sofferenza per i paesi più deboli dell’area mediterranea (Grecia, Italia) mentre nel frattempo si era dissolta (tragicamente) la fondamentale unità jugoslava. Il tutto riassunto in pillole e approssimativamente con le scuse giustificate dalla necessità di contenere l’economia del discorso. All’interno di questo quadro la sinistra europea, sia di matrice socialdemocratica sia di origine comunista o post – comunista (come nel caso dell’Italia) ha perso ruolo e significato e soprattutto ha perso una propria visione di prospettiva sovranazionale dividendosi, nei suoi tentativi di ripresa, tra una dimensione sovranista – populista come in Francia, oppure tardo – keynesiana come in Gran Bretagna o – ancora – movimentista sul modello spagnolo. Peggio che dappertutto è andata in Italia in un quadro di smarrimento totale, cedimento a surreali istanze personalistiche clamorosamente smentite dal voto popolare referendario, e da un processo di progressiva marginalizzazione al quale pare non si riesca a porre rimedio. Ma c’è di peggio. Il risultato del capovolgimento di prospettiva verificatosi dal momento dell’ipotetica ibernizzazione di Ash (2005) e del suo altrettanto ipotetico risveglio (2017) offre un panorama europeo privo di una qualsiasi identità in un delirio di cedimento culturale: prova ne sia l’altro grande fraintendimento verificatosi al momento delle elezioni francesi e dell’assunzione alla presidenza di Macron. Quel che appare più grave in questo momento sembra proprio essere il riapparire dei fantasmi dei fascismi che dovevano essere stati esorcizzati da tempo e ridotti a un’estrema marginalizzazione. Invece questi si propongono di nuovo minacciosamente, con adesioni di massa fino a ieri impensabili (ci troviamo di fronte a fenomeni collocati ben oltre il declinante lepenismo) come soluzione di una crisi a quella che è stata definita (Flores D’Arcais) “Weimar continentale”. Il tutto favorito dalla totale assenza di senso storico sia da parte dei gruppi dirigenti, sia a livello profondo nella società del “mordi e fuggi” caratteristico delle giovani generazioni. Ancora il tema dell’individualismo consumistico. Il pane per l’alimentazione di questi neofascismi rampanti è distribuito a mani aperte dalla crescita delle contraddizioni materiali, cui i governi non riescono a far fronte perché troppo legati alle compatibilità imposte dal capitale finanziario che ha assunto, nel frattempo, l’effettiva leadership tra Bruxelles e Francoforte. E’ necessario prendere atto di due punti essenziali: 1) Il progetto europeo è fallito complessivamente e più presto si farà a prenderne atto e meglio sarà per fronteggiare le successive ondate di crisi che si presenteranno; 2) La risposta, a sinistra, non potrà però essere quella sovranista ma di un progetto a dimensione sovranazionale di difesa, aggregazione, rimessa in circolo sulla scena della storia delle storiche categorie sociali di riferimento sulla base di un recupero dell’analisi al riguardo della complessità delle contraddizioni sociali. Occorre recuperare una dimensione nazionale della presenza della sinistra e il ristabilimento di una rete di relazioni comuni a livello sovranazionale (l a struttura politica dell’internazionalismo) in modo che si assuma realisticamente lo stato di cose in atto: diversamente dai clamorosi fraintendimenti verificatisi in passato. La democrazia liberale non funziona più e combattuto il pericolo del ritorno al fascismo. Un’ affermazione che può sembrare esagerata ma è proprio dalla concretezza da questa constatazione che è necessario partire per ricostruire adeguate soggettività politiche. Una ricostruzione che, dal nostro punto di vista, non potrà che principiare dalla centralità del conflitto come risultato di una visione di una società animata dalla contraddizione. Scrive Mélenchon: “La società non sarà mai libera se non sarà egualitaria”. Su questo punto ha ragione e si può aggiungere: la libertà non potrà esserci fino a quando ci sarà chi accumulerà ai danni degli altri. Per questa motivazione fondamentale è prioritario il conflitto sociale e politico e debbono essere ricostruiti i soggetti che il conflitto sostengono e organizzano. Il disastro della sinistra europea è proprio stato avviato dall’abbandono di questo “fondamentale”.

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