mercoledì 7 dicembre 2016

Franco Astengo: I numeri del No

I NUMERI DEL NO di Franco Astengo Alcune indicazioni di carattere politico possono arrivarci, rispetto all’esito del referendum costituzionale svoltosi ieri, cominciando ad analizzare qualche numero. Una analisi condotta, per adesso, in maniera superficiale visto il poco tempo intercorso dalla pubblicazione dei risultati definitivi ma che nei prossimi giorni potrà essere ampliata attraverso un’accurata analisi dei flussi. Per intanto esaminando i dati complessivi emerge la curiosità di un’analogia storica con un altro passaggio referendario che significò una svolta nella vicenda politica italiana: il riferimento è al referendum sul divorzio che si svolse il 13 Maggio 1974. Per una curiosa coincidenza i numeri di allora risultarono alla fine molto simili a quelli di oggi: si ebbero, infatti, 32.295.858 voti validi ( su 37.646.322 iscritte e iscritti nelle liste, il voto era ancora riservato a coloro che compivano 21 anni entro il giorno della votazione). Il Sì (l’Italia la dolce terra dove il Sì suona declamava sulle piazze l’aretino Fanfani, all’epoca segretario della DC) ottenne 13.157.558 voti pari al 40,74% e il NO, sostenuto dalle sinistre e dai partiti laici ne ottenne 19.138.300 pari al 59,26%. Per un curioso gioco del caso ieri il SI’, sostenuto dal PD di cui è segretario il fiorentino di contado Renzi, ha ottenuto 13.432.208 voti (40,88%), mentre il NO ne ha avuti 19.419.507 per un totale di 32.851.715 voti validi ( 59,12%):le iscritte e gli iscritti nelle liste (comprendendo elettrici ed elettori votanti all’estero) erano 50.773.284. Un’analogia numerica sorprendente. Esaurito il richiamo storico è il caso di entrare nel merito di un abbozzo d’analisi. E’ evidente che il dato di maggior importanza fatto registrare dall’andamento della consultazione del 4 Dicembre è quello della ripresa, imprevista dai più, della partecipazione al voto. Una ripresa che però non ha consentito di colmare il divario nel frattempo creatosi tra la partecipazione al voto verificatasi nelle elezioni politiche del 2013 e in quelle successive. Si avverte, intanto, che le sole comparazioni plausibili al riguardo delle entità di voto risultano quelle tra le Europee 2014 e il voto referendario del 4 Dicembre: questo per il modificarsi nella composizione del quadro politico avvenuto nel frattempo (scissione di Forza Italia, esaurimento dei soggetti “centristi”). Sul piano della partecipazione al voto, invece, la comparazione tra Politiche 2013, Europee 2014 e referendum 2016 si può fare. In sostanza , nell’occasione delle politiche 2013 gli iscritte/i nelle liste risultavano 50.399.841 (comprensivi di 3.494.687 votanti all’estero); si ebbero 34.005.755 voti validi dei quali 982.881 espressi all’estero(67,47%). Le elezioni europee del 2014 fecero registrare, in questo senso, un brusco calo: con 50.662.460 iscritte/i nelle liste, si ebbero 27.448.906 voti validi pari al 54,17%. Un calo di 6.500.000 voti validi circa, pari al 13,30%. Il 4 Dicembre 2016 il totale dei voti validi è ripreso a salire. Nell’occasione iscritte/i nelle liste erano 50.773.284 (dei quali 4.052.341 all’stero). I voti validi sono risultati 32.851. 715 pari al 64,70%. Un incremento percentuale tra il 2014 e il 2016 del 10,53%. Una differenza in cifra assoluta di 5.402.809 suffragi. A questo proposito è da svelare subito una delle menzogne che è stata raccontata dal Governo e raccolta dai mass media nella loro quasi totalità, al riguardo del presunto boom di voto all’estero. Nel 2013 dall’estero furono conteggiati 982.881 voti validi, nel 2016 1.116.925: una differenza di 134.044 suffragi, che certo non possono far gridare all’impennata storica. Era un modo, come tanti altri, per incitare a votare SI’ sulla scorta di una sorta di processo di trascinamento, assolutamente fallito. Entriamo allora nel merito delle cifre riguardanti il SI e Il NO, per verificare quale delle due parti ha usufruito di questo vero e proprio “ritorno alle urne”. IL SI è stato sostenuto da queste forze politiche presenti alla Elezioni europee 2014: PD, NCD, Scelta Europea, IDV e SVP che, in quel frangente, raccolsero 12.922. 933 voti. Il 4 Dicembre 2014 il SI’ ha ottenuto 13.432.208 voti, 509.275 in più pari al 9,42% dell’incremento. Il NO è stato sostenuto dalle seguenti forze politiche presenti alle Elezioni Europee: Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega Nord, Rifondazione Comunista , Sinistra Italiana e PCdI (che facevano parte del cartello Lista Tsipras), Fratelli d’Italia e Verdi per un totale di voti raccolti di 14.474.995. Il No ne ha avuti 19.419.507, con una crescita di 4.944.512 unità. Il NO ha raccolto il 91,51% (praticamente la totalità) dell’incremento avutosi tra il 2014 e il 2016 nell’espressione di voti validi. In sostanza è stato il NO a chiamare nuove elettrici e nuovi elettori, o meglio a richiamare persone che da tempo non frequentavano i seggi elettori. E’ difficile in questo momento riuscire a comprendere appieno i riferimenti politici di questi ex-astensionisti e capire se si tratta di un ritorno di fiamma o un recupero duraturo, ma sono questi i dati sui quali confrontarci stabilendo prima di tutto che una deformazione costituzionale così ostinatamente voluta dall’Esecutivo non ha esercitato alcuna capacità attrattiva verso coloro i quali il governo stessa pensava di rivolgersi, cioè, agli apparentemente delusi della politica che invece hanno ritrovato la via delle urne per difendere ed affermare la Carta Costituzionale così come concepita nell’Assemblea Costituente, almeno al riguardo dell’architettura istituzionale (perché brutture, non dimentichiamolo, nell’andare del tempo quella Carta ne aveva subito: dal Titolo V, al pareggio di bilancio). Un’ultima annotazione sul piano statistico: il PD si è cullato a lungo sul’idea di rappresentare un partito del 40% così come fallacemente era stato presentato all’indomani delle elezioni Europee. Si trattava di un effetto illusione ottica dovuto all’alto tasso di astensionismo, come è stato cercato di sostenere da più parti nel corso di questi anni. Ebbene quel 40% nell’occasione di domenica scorsa (senza andare a cercare le percentuali sul totale delle iscritte/i) riferendoci soltanto ai voti validi sarebbe già ridimensionato al 34,10%. 11 milioni di voti su 50 milioni di elettrici ed elettori rappresentano una cifra sicuramente importante ma non possono dare diritto ad usufruire immediatamente della maggioranza assoluta della Camera, e questa distonia è stata sicuramente avvertita da elettrici ed elettori anche se era vero che il sistema elettorale non sarebbe stato possibile fosse sottoposto alla prova del voto confermativo. Si è trattato di un importante Convitato di Pietra. Ed ecco le cifre assolute comparate tra il 2014 e il 2016 a livello delle circoscrizioni previste per il Parlamento Europeo Italia Nord Occidentale (Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia) 2014: Iscritte/i 12.689.459 2016: iscritte/i 12.217.957 2014 : voti validi 7.978.074 (62,87%) 2016: voti validi 8.863.828 ( 72,54%) 2014: Liste per il SI 3.623.081 (45,41%) 2016 SI: 3.881.377 (43,78%) 2014: Liste per il NO 4.340.104 (54,40%) 2016: NO 4.982.451 ( 56,21%) Italia Nord – Est (Trentino, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) 2014: iscritte/i 9.198.857 2016: iscritte/i 8.797.308 2014 voti validi: 5.702.296 ( 61,98%) 2016 voti validi: 6.592.409 (74,93%) 2014 Liste per il SI: 2.858.057 (50,12%) 2014: SI 2.914.068 ( 44,20%) 2014: Liste per il NO: 2.833.876 (49,86%) 2016 : NO 3.678.341 ( 55,80%) Italia Centrale (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) 2014: iscritte/i 9.612.713 2016: iscritte/i 9.121.065 2014 voti validi 5.706.981 (59,36%) 2016 voti validi 6.479.729 (71,04%) 2014 Liste per il SI: 2.915.686 (51,08%) 2016 SI 2.840.760 ( 43,84%) 2014 Liste per il NO 2.782.156 (48,90%) 2016 NO 3.638.969 ( 56,16%) Italia Meridionale (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria) 2014 : iscritte/i 12.040.061 2016: iscritte/i 11.177.007 2014 voti validi 5.775.277 (47,96%) 2016 voti validi 6.681.945 ( 59,78%) 2014 Liste SI 2.523.881 (43,70%) 2016 SI 2.193.111 ( 32,82%) 2014 Liste NO 3.251.396 (56,28%) 2016 NO 4.488.874 ( 67,18%) Isole (Sicilia, Sardegna) 2014 iscritte/i 5.715.059 2016 iscritte/i 5.407.606 2014 voti validi 2.284.278 (39,96%) 2016 voti validi 3.116.879 ( 57,63%) 2014 Liste SI 1.002.228 (43,87%) 2016 SI 880.260 (28,24%) 2014 Liste NO 1.277.858 ( 56,11%) 2016 NO 2.236.619 ( 71,76%) In conclusione non rimane che notare due elementi: il primo al riguardo dell’omogeneità sul piano territoriale da parte del NO di “impossessarsi” del voto proveniente dall’astensione. Addirittura nel caso del Sud e delle Isole, nonostante l’incremento nella partecipazione al voto, il SI arretra rispetto al totale delle liste sostenitrici alla elezioni Europee del 2014. Tra regioni meridionali e isole il NO infligge al SI un distacco complessivo di 3.254.524 voti, oltre il 50% del distacco definitivo fatto registrare su tutto il territorio nazionale di 5.987.299 voti.

30 commenti:

Mimmo ha detto...

Il mero confronto dei numeri dice e non dice, soprattutto in assenza di un'analisi dei flussi, che per quanto di sta riscontrando appare ampiamente estraneo al quesito, ed e' confermato dall'insistenza con cui Renzi si fossilizza sul pezzo della riforma, rimuovendolo da un giudizio sul governo e su di lui.
Il primo dato che emerge è che il rapporto tra Paese e Costituzione e' assai labile, la maggioranza dei votanti non la conosce e non e' in grado di percepire la sofisticazione di dietrologie o presunzioni possibili.
Il dato è confermato dal confronto tra i due ultimi referendum in merito, quello del 2006 e quello del 2016. Al di là della differenza numerica dei votanti, i risultati sono assimilabili, nel 2016 oltre il 60% degli elettori > del 50% , votarono No alle modifiche. Analogo risultato nel 2016 , con una particolarità che il SI' di oggi era il NO di ieri e vice versa. Una lettura non banale dice che al di là del quesito gli elettori hanno seguito le indicazioni delle parti politiche.
Il referendum del 2016, si svolge dopo due referendum che hanno dominato la scena della comunicazione per mesi: Brexit e Presidenza USA. I risultati delle due, evidenziano due aspetti oggettivi: il sovvertimento di ogni previsione e l'emergere di una consapevolezza, che quando l'impatto è diretto, il potere del voto viene esercitato con convinzione e coraggio.
Renzi e' stato visto, come la Clinton e come Cameron, e tutte le frustrazioni, le rabbie e le paure ha determinato un giudizio negativo su Renzi, a prescindere, e poi lui ci ha messo del suo.
Il messaggio al premier ed al Governo e' inequivocabile, da parte dei giovani e dei suoi coetanei, oltre lo 80% per il NO, gli elettori dei partiti e dei movimenti sono andati a votare e in larghissima misura ne hanno condiviso le indicazioni.
La Costituzione sempre sullo sfondo e affidata ad un dibattito che ha finito per essere estraneo.
Trovare denominatori comuni in questo scenario e' tutt'altro che agevole, anzi rischia di divenire velleitario perché, al di là delle palesi contraddizioni, Grillo e i suoi occupano tutto il campo, e inventarsi gli spazi non e' agevole, soprattutto se si pensa di ricorrere a modelli di analisi non percepibili per le soluzioni proponibili.
Il tempo non aiuta la possibilità di studiare e progettare ciò che occorrerebbe, e senza risposte, ogni qual volta che con il voto si può decidere, il voto rischia di diventare una sentenza.

Inviato da iPad

giovanni ha detto...

Proprio sicuro che il sì di oggi era il no di ieri e viceversa?

Antonio ha detto...

L'analisi di Astengo è convincente. Quel che non si capisce è il motivo per cui Renzi si sia giocato tutto su un confronto
che lo vedeva perdente a prescindere; infatti Astengo dimostra che, al massimo, Renzi poteva sperare solo in un improbabile un testa a testa
anche perché i sondaggi davano da tempo il suo 41% del 2014 attorno al 30%.

Iubris o eutanasia? Siamo stati veramente per tre anni nelle mani di insipienti del genere?

Astengo dimostra che nella differenza tra si e no, sono stati determinanti i voti meridionali provenienti dall'astensione;
al riguardo vorrei dare un piccolo contributo sull'analisi delle cause.

Ho correlato, su base regionale, le percentuali del no con il reddito pro-capite; (l'indice di correlazione può variare tra -1 e +1 e in relazione al numero delle osservazioni e alla sua entità può essere più o meno significativo). (Fonti: Corriere d. S. del 5-12-16; elaborazioni Centro studi CNA su dati Eurostat [euro])

L'indice di correlazione tra reddito p.c.e no% è risultato -0,750 (p=20 v=18 significatività>99,99%) ovvero è pressoché certo che ci sia una connessione negativa tra condizioni economiche e voto referendario al no (linea rossa).

Naturalmente, l'affluenza ai seggi e il reddito p.c. ha, tradizionalmente in Italia, una connotazione geografica, infatti
l'indice di correlazione tra reddito p.c. e affluenza ai seggi e di +0,832 (significatività>99,99%) positivo ovvero il reddito p.c. come l'affluenza ai seggi aumenta da sud a nord (linea verde).

Il confronto tra le due linee conferma l'analisi di Astengo, nel senso che le regioni a reddito pro-capite più basso hanno dato un contributo percentuale maggiore al no e aggiunge come sia stato, con ogni probabilità, il fattore economico negativo delle regioni meridionali ad assumere un effetto dirimente nella votazione.

Antonio Autuori







claudio ha detto...

insomma, uno degli argomenti per me vincenti a favore del si era la fine del caos delle sanità regionali: inefficienti, costose e inquinate quelle del Sud: ma su questa inefficienza e corruzione ci marciano in tanti, che han votato no. Viceversa, è significativo il voto per due terzi a favore del si da parte dei giovani italiani all’estero, evidentemente incavolati di essere stati costretti a emigrare per lavorare e studiare da un ceto politico incapace di fare riforme. Come già successo con la grande emigrazione 1880-1915, quando andarono in USA e in minor misura in america latina 30 milioni di persone, prevalentemente maschi giovani,sani, più intraprendenti e coraggiosi di quelli che restavano, e che avrebbero votato presto per i socialisti

salvatore ha detto...

A me personalmente, parlando di analisi dei voti, lascia qualche perplessità il forte NO dei giovani che si lega all'atteggiamento del "mandiamoli tutti a casa". Può essere una miscela pericolosa. Ho votato NO con convinzione, e lo rifarei mille volte, però adesso occorre vigilare per non cadere dalla padella nella brace. A tal proposito ho scritto alcune considerazioni qui:
http://www.glistatigenerali.com/governo_partiti-politici/dopo-il-4-dicembre/

maurizio ha detto...

Il tema della sanità, indubbiamente complesso e difficile, meriterebbe una discussione specifica, ma da parte di chi lo conosce bene ed evita i troppi luoghi comuni in circolazione. Da quello che ho capito - correggetemi se sbaglio - anche se avesse vinto il Sì l'organizzazione e la gestione del settore sarebbero rimasti in capo alle Regioni. Per cui non credo che certi problemi si sarebbero risolti così, quasi per magia. Inoltre ho sempre sentito dire che una delle Regioni più virtuose al riguardo è la Basilicata, che è profondo Sud. D'altro lato non è che si possa gestire tutto da Roma, per cui il problema non si presta a discorsi troppo facili. C'è l'annosa questione dei costi standard, ma credo che possa essere affrontata, se si vuole, anche con la sanità articolata regionalmente. Poi è vero che le Regioni erano nate come Enti di programma e di indirizzo e sono degenerate quando hanno cominciato ad avere un eccessivo ruolo gestionale, ma anche su questo la fallita revisione costituzionale non avrebbe inciso.
Per quanto riguarda il voto degli italiani all'estero - giovani o meno giovani non fa differenza - ho sempre pensato che è giusto facilitare il voto di chi è temporaneamente all'estero, ma è assurdo che voti chi ormai vi si trova stabilmente, magari da generazioni. La legge Tremaglia dovrebbe essere abrogata perché, parafrasando l'antico detto liberale, "no representation without taxation".
Maurizio Giancola

franco ha detto...

Ahi Ahi! Non è che il buon Salzano è il primo a rendersi conto della difficoltà del giorno dopo la "vittoria" ?
Ho detto in tempi non sospetti che dopo Renzi non sarebbe sorto il Sol dell'Avvenire ma sarebbe partito l'assalto della destra a deriva fascista alle case del potere. E, ironia un po' nera del destino, anche questa volta l'assalto iniziale si dirigerà su Palazzo Marino e Milano : sapete, quello che abbiamo mantenuto al centro sinistra, "svendendo" la rivoluzione arancione alla "destra" di Sala e dell' Expo, come ci dicevano quelli come tanti milanesi che scrivono su questa mailing. Gli stessi che prima dicevano che Pisapia non era abbastanza socialista, poi che chi votava Sala "tradiva" quegli arancioni di cui non si aveva mai fatto parte..
Se non vogliamo essere come il servizio segreto dei Borboni, che sapevano tutto ma non imparavano niente, reintroduciamo la professione del dubbio prima di fare affermazioni apodittiche, soprattutto dopo il risultato di un voto che ha motivazioni e base lontane mille miglia dagli argomenti del nostro dotto dibattito sulla Costituzione.

claudio ha detto...

caro Salzano, è evidente che tu, come la maggior parte di quelli che sono su questa lista, è molto tempo che non fai parte di un partito. Il fatto è che i partiti non ci sono più, i vecchi militanti non sono stati sostituiti dai giovani. A Torino il PD prende più voti nelle aree borghesi, ma non sa da chi, le sezioni, che raramente aprono più di due volte al mese, sono semideserte, ci va quasi solo gente dai 60 in su, che si affretta a nominare segretari e tesorieri i pochi 30enni che compaiono e raramente stanno più di qualche anno. Ma anche Grillo ha tanti elettori ma pochissimi militanti, che non riescono a raccogliere le firme per presentare le liste e eleggono consiglieri comunali con un numero ridicolo di preferenze: a Torino il primo eletto ha avuto 800 preferenze, l’ultimo 207. La Raggi ha vinto le primarie a sindaco di Roma con 1784 voti

giovanni ha detto...

Caro Franco,
di grazia: quali sarebbero "le motivazioni lontane mille miglia dagli argomenti del nostro dibattito sulla Costituzione"?
Forse che gli italiani (e soprattutto i giovani) non hanno capito la bellezza dei voucher, del job act e della buona scuola e non si sono fidati Renzi? Forse perché hanno visto come si è coraggiosamente mosso nel sistema bancario?
Nel caso, dovresti allora ricorrere non ai servizi segreti borbonici, ma alla GPU e alla NKVD: visto che il popolo non ha capito ecc. ecc.
Un abbraccio
G
PS Devo avere la memoria corta: non ricordo molti sostenitori del sì tra i seguaci della prima ora di Pisapia. A parte te e Mimmo, naturalmente. Ma non mi pare che il pd l'avesse presa bene....

alberto ha detto...

Caso Salvatore e se invece delle tue belle, e forse anche ingenue parole, il problema fosse più semplice? Al referendum è andato a votare, più o meno, lo stesso numero di elettori delle politiche. E questo perchè, per un errore che direi infantile , e ipernarcisista, di Renzi il referendum è stato trasformato in una elezione politica di tipo due soli patiti come piace a Renzi, che da questa sconfitta dovrebbe imparare qualcosa, uno chiamato del SI e uno del NO. Renzi ha preso la gran parte dei voti del PD ( partito di centro e forse, nell’elettorato, ancora anche di sinistra) più una parte dei voti della destra, come da sempre è nei suoi desideri e auspici. Il No ha preso tutti gli altri voti, dei politicizzati di destra e destra estrema, degli arrabbiati storici di sinistra e degli arrabbiati veri, quelli che la globalizzazione sta emarginando sempre più. Come per Trump. Poi anche di quelli, pochi, che hanno approfondito i temi della nostra Costituzione e si sono convinti di doverla difendere tutta dagli obbrobri degli apprendisti stregoni del giglio magico, anche per quelle parti che già Terracini Togliatti e De Gasperi erano dell’idea che, passati un po’ di anni dal fascismo, era meglio cambiare. Ma era così mal scritta che era impossibile digerirla. Io ho votato sì, turandomi non solo il naso ..., come Cacciari, prodi e tanti altri perché il “partito” del NO non mi convinceva: cerano pochi agnelli, ma tanti tantissimi lupi. Gli stessi che si stanno pericolosamente agitando in Europa. Concludo con una osservazione per noi italiani consolatoria: Frange si auspica la vittoria in Franci degli eredi politici di coloro che settant’anni fa bombardarono Londra e uccisero centinaia di migliaia di inglesi sulle spiagge della Manica. E lo hanno anche votato!!!!!

roel ha detto...



Qualche riflessione sul "dopo voto".

Chi può negare per ipotesi che si sia trattato di un'occasione mancata?

Se, "sbacchettando" i quesiti, si domandasse ai milioni di persone orientate per "l'antipolitica : Vorreste ridurre le poltrone dei"politici"?, Risponderebbero SI ; "vorreste ridurre stipendi e prebende dei consiglieri regionali ? Risponderebbero SI; vorreste regolamentare e dare maggiore uniformità alla gestione regionale delle risorse sanitarie? Risponderebbero SI- Ecc. Non si tratta di ipotesi, ma di verifiche fatte con alcuni che votavano No. C'è quindi da pensare che la personalizzazione del referendum ha spinto tutti gli scontenti e i "nemici" del governo e di Renzi a votare contro, "succeda quel che vuol succedere!." Personalmente ritengo che la soppressìone del senato non sia gradita ai senatori, nè che la proposta di ridurre indennità e prebende ai consiglieri regionali, abbia lasciato indifferenti migliaia di interessati che succhiano latte dalle prodighe mammelle pubbliche e che certamente sottobanco hanno "remato contro" con le proprie clientele. Quanto al trionfalismo sulla rinata partecipazione, avremo certamente modo di verificare alle prossime politiche il calo storico e il ristabilimento degli standard astensionisti. Il No è stata una risposta politica di quanti vivono in condizioni di disagio economico, di insicurezza, di paura, ecc. Al referendum è stata attribuita una valenza "politica" di condanna e di protesta, da cui non potranno che trarre beneficio, Lega, M5S,, Dx. D'altronde come non fare infuriare gli stessi pensionati quando dai canali di stato si dice che "i padri stanno bene e che i figli stanno male di conseguenza", senza considerare che si parla di milioni di pensionati sulle cui spalle è stato scaricato il 40% di giovani disoccupati, permettendo al "sistema" di non esplodere?

Un saluto, Roel

felice ha detto...

La deforma non metteva fine alle disptità regionali già con la riforma del 2001 era di competenza esclusiva dello Stato ex art. 117 c. 2 Cost lettera m) fissare standard uniformi. Con la defotma rimaneva si competenza esclusiva refionale la programmazione e l'otganizzazione della sanità, da cui dipendono le differenze. Sala non è in pericolo,Chi vuole sfiduciarlo per andare a nuove elezioni? Se non si dimentte, e finché gode di buona salute farà o suoi 5 anni così potrà vedere la fine delle aree ex EXpo e conosceremo i conti finali.


Felice C. Besostri

roberto ha detto...

Mah, il referendum era sulle modifiche costituzionali, su cui si poteva dire SI' o NO.
D' Alfonso mi perdoni, ma sostenere che il risultato del voto "ha motivazioni e base lontane mille miglia dagli argomenti del nostro dotto dibattito sulla Costituzione" mi pare un tantino irrispettoso del libero esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini.
Magari molti NO saranno venuti da persone non avvezze a dotte disquisizioni, ma io ho la percezione che nei lunghi mesi di discussione (noi del Comitato per il NO di Livorno, senza mezzi o risorse, se non quelli derivanti da contributi volontari, abbiamo addirittura cominciato sin da febbraio!) tanta gente abbia potuto riflettere sull' importanza dei valori e delle regole costituzionali e poi ha votato.
In ogni caso la democrazia funziona così, "una testa un voto"...

salvatore ha detto...

Caro Franco,
mi rattrista la tua amara ironia, ma la capisco, deriva da una preoccupazione che condividiamo in molti, su entrambi i fronti. Della pericolosità e difficoltà nello scegliere fra NO e SI me ne rendevo conto già prima. Ho fatto i dovuti conti e, tra i pericoli insiti nel NO e quelli insiti nel Sì, ho scelto sicuramente e consapevolmente a favore del NO.
Ciò non toglie quanto poi ho scritto nell'articolo che ho linkato, e che rimanda ad una analisi di ciò che abbiamo fatto in questi 20 anni, scegliendo un modello di partecipazione che ha portato a questo stato di cose.
Io non appartengo alla sinistra del "tanto peggio tanto meglio", chi mi conosce lo sa.


Venendo alle giuste considerazioni di Claudio: si, ha ragione, io per primo non riesco a stare in un partito, la mia ultima esperienza, dal 2011 al 2015 in SEL, mi ha deluso.
E' vero che oggi pensare che un sistema proporzionale, in un contesto in cui mancano i partiti ed i militanti, potrebbe sembrare assurdo, perché non ci sarebbero i militanti a cui facevo riferimento nel mio scritto, però la vedo come unica alternativa ad un possibile "chi vince piglia tutto" che già si profila all'orizzonte, e, soprattutto, come una possibile soluzione per poter invertire la tendenza alla mancanza di partecipazione: forse i giovani se vedessero partiti con chiari riferimenti programmatici e identitari (e non comitati di affari come sono oggi) sentirebbero di poter contare qualcosa e magari tornerebbero nelle sezioni. Chi può dirlo? In fondo è un dato reale che quasi un 20% di elettori sia tornato alle urne perché con questo referendum sentiva di poter contare veramente qualcosa. D'altra parte Claudio, riproporre oggi un sistema proporzionale, sul modello tedesco, avrebbe anche l'effetto di riportare al centro l'idea che la politica è soprattutto rappresentanza di idee e ricerca di compromessi, e non vittoria di una parte. Sarebbe già una cosa buona, non trovi?


Vi propongo un bellissimo articolo di Walter Tocci:
https://waltertocci.blogspot.it/2016/12/astuzia-costituzione-direzione-pd.html




claudio ha detto...

ma il modello tedesco per eleggere il Bundestag è ottimo, da adottare completo della regola che si può sfiduciare il governo solo indicando il nome del nuovo cancelliere, per evitare i governi dove i dc galleggiavano 8 mesi, poi cambiavano tutti ministero, abbandonando le leggi e regole proposte. E completo dello sbarramento al 5%, peggio per le schegge di Berlusconi e la sinistra irrilevante..Per il bundesrat, invece, preferisco la troppo presto vituperata riforma Boschi al sistema tedesco.

felice ha detto...

chi scriverà il nuovo epigramma brechtiano adattandolo al referendum. Quello di Brecht partiva dai moti operai di Berlino est del 1953. Succede quando il popolo perde la fiducia del Governo e del partito unico (o qiasi) al potere. La deforma costituzionale non poneva un limite alle prebende dei Consigliri regionali. In Lombardia aumentavano. . Rutto veniva rimandato ad una nuova legge paritaroa e nello scrivere la norma ci si er dimenticati di scrivere sindaco del capoluogo della rispettiva regione. Che dire poi dell costituzionalizzazione dei vitalizi degli ex parlamentari oltre che sanare gli appalti in autodichia dalla XIIIa legislatura ad oggi. Milioni di euro e tangenti a gogò. E come avrebbero posto fine all'uso improprio di fondi ai gruppi consiliari regionali? Vietando quelli in forma monetara, ma liberandoli dai costi del personale che sarebbe stato pagato dalla regione. Poi il senato, chi riesce a dire come si faccia ad eleggere con METODO PROPORZIONALE un solo consigliere senatore il 10 regioni e province autonome su 21? e perché un sindaco metropolitano eletto direttamente dai cittadini non possa far parte di un senato tappresentativodelle istituzioni territoriali? e mi fermo qui. Quale occasione persa?


Felice C. Besostri

franco ha detto...

La sfiducia costruttiva non è tema della legge elettorale ma ritengo debba collocarsi in quelle di rango costituzionale. Lo sbarramento al 5% in Italia costringerebbe a fusioni coatte che si spezzerebbero all’indomani del voto e comunque risulterebbero politicamente inefficaci. E’ necessario ne prendiate atto : il sistema politico italiano è stato sfarinato dai tentativi di coartarlo in schemi diversi come quello bipartitico veltroniano o quello del recupero dell’idea del Partito della Nazione come soggetto di egemonia oligarchica in quadro francamente fuori luogo di personalizzazione della politica: tentativo avvenuto, per di più, mentre ormai una multipolarità attraversata da soggetti consistenti era già determinata. Non c’è soluzione fuori dal proporzionale; non sono possibili alchimie costringibili altrimenti il rischio è quello di un’implosione sistemico per deficit di rappresentanza, come del resto richiesto anche all’interno dell’esito del voto referendario. Poi, per chi piace esercitarsi, ci sono variazioni sul tema del proporzionale (dimensione dei collegi, uso del metodo d’Hondt, recupero dei resti soltanto se realizzato un quorum o più nei collegi) ma ai nastri di partenza debbono sparire idee maggioritarie. Potrebbe essere possibile anche un proporzionale con collegi uninominali per tenere più vicini elettori ed eletti (quella della vicinanza tra elettori ed eletti dal mio punto di vista è la classica bufala, ma tant’è se si vuol fare un pò di demagogia populistica si può fare). I modelli quello utilizzato a suo tempo per la Provincia (a proposito i sapientoni che volevano tenerle in piedi senza facendo finta di abolirle adesso cosa faranno nel merito) o per il Senato (per favorire le forze più grandi basta usare il d’Hondt e non l’Hare più o meno corretto). grazie per l’attenzione Franco Astengo

maurizio ha detto...

Felice Besostri ha fatto benissimo a ricordare quello che scrisse Brecht dopo i moti di Berlino Est del 1953. Ora io capisco che chi proviene dalla storia comunista privilegi il Partito, il Comitato Centrale e il Capo rispetto al popolo bue, non capisco invece chi, di cultura e tradizione socialista, fa propria questa logica elitaria. In fondo Saragat, unico esempio a me noto, nello stesso 1953 se la prese con il destino cinico e baro, non con il popolo.
Ritornando alla sanità vorrei che qualcuno mi spiegasse perché le prestazioni sarebbero migliorate con la vittoria del Sì quando la logica da tempo è solo quella dei tagli, con l'obiettivo, nemmeno tanto nascosto, di privilegiare il privato a discapito del pubblico. Chi ha tentato di togliere denaro e potere ad un imprenditore privato del settore, come ha fatto Ottaviano Del Turco in Abruzzo, ha passato quello che ha passato.
Maurizio Giancola

dario ha detto...

Ha ragione Franco Astengo, e soprattutto nei momenti di transizione, e questo lo è, pretendere di bloccare le nuove rappresentanze con metodi autoritari si rivela nei casi migliori una stupidità, nei casi peggiori genera un profondo ed astioso disagio che sfoga con altri metodi la propria esclusione.
Fortunatamente questo referendum ha evidenziato che esiste un disagio sociale di fondo che questa classe politica non capisce più e non sa più rappresentare. E quando dico classe politica la intendo tutta, dalla destra alla sinistra passando per il M5S (che si sta rivelando per quello che è, poca cosa).
Ho l'impressione che domenica 4 dicembre 2016 sia defunta la seconda Repubblica (ed anche la seconda e mezza).
Nella battaglia referendaria si sono create aggregazioni che hanno saputo interpretare meglio dei politicanti il disagio dei cittadini. E soprattutto e per la prima volta la Rete Internet è stata usata per davvero come strumento per la formazione del consenso democratico in modo orizzontale (e non come strumento di propaganda, La piattaforma Rousseau di Casaleggio per capirci, in modo verticale).

franco ha detto...

Giovanni, il voto di domenica è contro Renzi e le sue politiche di governo. La riforma della Costituzione non l'ha letta il 70 per cento di chi ha votato e e non l'ha capita il 90 per cento . Non è un giudizio di valore, è una constatazione politica.
Come sai ho votato Si senza enfasi per due ordini di motivi : perchè nel "balance" delle diverse norme modificate a mio parere prevalevano quelle che cambiavano in positivo ( fine del bicameralismo perfetto, anche se in modo più che imperfetto, riduzione del numero di parlamentari aventi la medesima legittimazione e potere ) rispetto a quelle negative (soprattutto quelle centralistiche) e comunque perchè non creavano nessuno sconquasso di alcun tipo. E perchè la partita politica (sbagliata) giocata da Renzi era ed è la conclusione del suo tentativo condotto essendo guida di uno schieramento che ho sostenuto : considero quelli che scendono dal treno un minuto prima dello scentro per dire che il macchinista è un criminale, dopo essere stati in vettura per tutto il tempo a fumare il sigaro ed a votare per sei volte a favore della riforma contro la quale si mobilitano, un atto di vigliaccheria politica in linea con quella tradizione comunista di killeraggio del leader un secondo dopo averlo nominato che aborro. E non mi dire nulla del combinato disposto con l'Italicum che volevano evitare, perchè hanno votato per due volte a favore anche di quello !
Il motivo fondamentale del sostegno mio a Renzi anche sul versante "plebiscitario", che non condivido in alcun modo, sta nel fatto che non gli si è opposta alcuna alternativa politica concreta reale ed ho sinceramente paura, essendone purtroppo convinto, che sempre quando il populismo deborda ad arrivare è la peggiore destra, non la sinistra della rivoluzione dei garofani . E' andata così negli anni Venti , ma anche negli anni Ottanta in Inghilterra , nel 92 in Italia dopo Tangentopoli, sta per andare così in Francia e tante altre volte .
La "vittoria" di Milano del 2011 è arrivata anche perchè non abbiamo detto una parola di demonizzazione di nessuno, nè della Moratti nè di Berlusconi nè della dirigenza di allora del Pd perdente seriale, abbiamo sempre ingaggiato battaglie politiche "per" e non "contro" . Se non facciamo lo stesso adesso, se non facciamo seguire alla critica a Renzi ( mi permetto di farti notare che non mi sono mai astenuto dal farla, sia sul piano della politica economica sia sull'ispirazione tragicamente centralista, così come ho criticato il mio amico e mio sindaco Giuliano, venendo peraltro definito quando andava bene come un irresponsabile da quegli stessi che si sono impancati dopo a dire di peggio) una proposta organica e la costruzione di un'alternativa concreta e non ipotetica reale, ci prestiamo solo a perpetuare il cupio dissolvi che ha caratterizzato la sinistra italiana forse fin dalla sua nascita.
Non so chi dei sostenitori della prima ora di Pisapia abbia votato Si ma non mi pare c'entri nulla con quello che ho detto : ironizzo su quelli che sono sempre dalla parte della ragione con gli argomenti degli altri del giorno prima. Che in questa mailing list ci sono eccome...
Ps : non è tra questi Salvatore Salzano, nei confronti del quale non volevo fare ironia irrispettosa, ma solo cogliere nel suo dubbio postergato lo spunto per entrare nella discussione tra socialisti, vecchio virus malarico dal quale non guarirò mai ( come voi, del resto..)

franco ha detto...

Caro Felice,
non ci vuole un genio per capire che se a Milano Cinquestelle e Lega stanno a meno della metà delle percentuali che conseguono già a Pero e Rho qualche ragione o addirittura merito va a Pisapia prima e Sala adesso ed al governo della città , non ti pare ? E non ci vuole ancora un genio per capire che una Milano ridotta ad isola più o meno felice verrà prima circoscritta e poi assediata politicamente da chi ambisce a conquistare il governo (insomma, più o meno) del paese.
Non capisco poi la pulsione a contribuire a quell'assedio che verrà con argomenti come quelli che infili nelle ultime righe, quali la "fine dei terreni Expo" : tu e Basilio siete rimasti gli ultimi a far finta di non sapere che ci andrà l'Università , lo Human Technopole ed un'area verde di 450 mila mq e che questo livello di decisione è stato raggiunto a Siviglia 22 anni dopo l'Expo , mentre a Zaragoza ed Hannover- Deutschland le aree sono occupate da travestiti e spacciatori ancora oggi .
Per non parlare dei "conti Expo" , altro tormentone metropolitano che segue quello dei tornelli e del conteggio dei biglietti dello scorso anno : Expo Spa è andata in liquidazione con un patrimonio netto positivo di poco più di 30 milioni di euro , il che significa che l'investimento pubblico per la manifestazione è stato di 1,1 miliardi di euro, circa 600 milioni di euro meno di quanto previsto al tempo della istituzione della società nel 2010 , avendo generato un Pil diretto ( nel senso di fatture riconducibili direttamente all'investimento) di 2,3 miliardi di euro ed un Pil collegato in cinque anni di 16 miliardi secondo la Bocconi , di 18 per la Ccia , di 17,2 per l'Istat regionale.
La società Expo in liquidazione ha chiesto 90 milioni di euro ai soci pubblici per condurre a termine la liquidazione, per la quale presumibilmente occorreranno ad andar bene cinque-sei anni : anche ammettendo che la liquidazione si concluda con zero euro di avanzo patrimoniale da restituire ai soci, significa che Expo Milano avrà avuto bisogno di 1,2 miliardi di euro di investimenti pubblici . Non ho sottomano i consuntivi degli Expo europei di Lisbona, Zaragoza ed Hannover, ma sono piuttosto certo che fossero tutti superiori , all'investimento pubblico di Milano. Sempre per avere un'idea molto grossolana dell'ordine di grandezza, le olimpiadi di Sidney sono costate oltre 4 miliardi di dollari e quelle di Atene più di 13 ( e la Grecia iniziò a truccare i conti da allora per mascherare il default) .
Tutti i conti sono certificati da consigli di amministrazione, revisori dei Conti, Corte dei Conti oltre che da società di revisione non composte da amici e parenti . Mai , in nessun momento, sono state formulate anche solo riserve sui conti Expo da parte di uno solo di questi attori, revisori etc.
Vogliamo, per una volta nella vita, piantarla di dare corpo ad ombre e sospetti ed avere fiducia, sul serio e non tanto per dire, nella magistratura contabile, amministrativa e penale, almeno fino a prova, e non a sospetto che scade nell'insinuazione, contraria ? E magari a fare politica con argomenti che riguardano la politica in senso stretto ?

maurizio ha detto...

In questa discussione ormai molto ampia mi era sfuggita la precisazione di Felice Besostri circa i costi standard della sanità: potevano essere tranquillamente stabiliti fin dal 2001 essendo di competenza esclusiva dello Stato. Di conseguenza se in 15 anni non lo si è fatto è perché non lo si è voluto fare, non per altro. Inoltre Felice ha confermato che la programmazione, l'organizzazione e la gestione della sanità sarebbero rimaste di competenza regionale anche in caso di vittoria del Sì.
E' un tema che mi sembra paradigmatico dell'intera vicenda: Renzi ed i suoi sodali e sostenitori hanno diffuso molte bufale, ma il popolo sovrano, che non è stupido come a volte si pensa, ha capito l'antifona ed ha risposto con una sonora pernacchia. Sarebbe saggio prenderne atto senza inutili revanscismi.
Maurizio Giancola

mimmo ha detto...

Ma da allora il mondo è cambiato, il ripristino dell'autarchia e' nei fatti impossibile, la rivoluzione digitale ne ha liquefatto i confini.
Sono nate una moltitudine di nuovi compromessi tra Nazioni , vedi UE, G..., FMI. Ecc trasformati in accordi sottoscritti ed impegni che si trasferiscono sulle governance con i relativi impatti che ne limitano o condizionano pregresse autonomie.
Nel frattempo i partiti cosiddetti radicali o dal pensiero forte, nell'attesa del declino del capitalismo, sono declinati loro, le teorie non sono riuscite a trovare applicazione e quando ci sono riuscite sono tutte involute nella cancellazione dei principi di democrazia (per chi si riferisce alle rivoluzioni americane e francesi) , con impatti sul sociale e sullo sviluppo.
LA globalizzazione, figlia diseducata della rivoluzione tecnologica, e' passata sulla testa di partiti e movimenti, de legittimandoli, sia sul piano ideologico e sia su quello dell'organizzazione democratica, e ciò non poteva non avere impatto sul modello di governance, sul concetto di democrazia, rappresentativa o deliberante, non risolto costituzionalmente ancora da nessuno (esperimenti in Islanda e Canada) .
Rispetto al 45 lo schema e' profondamente cambiato, la modalità e il fattore tempo sono diventati un aspetto determinante nei processi decisionali, mettendo in crisi quelli analogici della retorica oratoria, della parcellizzazione dei voti di scambio ( interessi personali e interessi di rappresentatività ) dei quali l'Italia , insieme a pochi altri ne e' rimasto un epigono.
Qualcuno l'aveva previsto per tempo, il rischio di una governance minata dall'inseguimento di compromessi, la Germania che si trovava nelle nostre stesse condizioni nel 45, memore di Weimar privilegio la Governance, nel suo disegno architetturale della democrazia, la Francia lo fece più tardi con De Gaulle.
In nessuna delle due il modello di Governance e' come il nostro e questo ci dovrebbe fare riflettere.
In Europa siamo il Paese più conservatore, la nostra rappresentazione politica e' la più compromessa nel rapporto di credibilità e fiducia, tra elettori e loro rappresentanti, il processo di legiferazione e' avulso dal fattore critico 'tempo', le istituzioni hanno perso di credibilità, e la domanda di populismo nazionalistico ne e' in parte conseguenza.
Una dimostrazione dei cambiamenti, sta proprio nell'esito del referendum, nella forma e' bocciata la riforma, ma nella sostanza viene bocciato 'direttamente' il governo, senza passare per la mediazione dei partiti. Chi pensa ad altro e' fuori dal contesto.

mimmo ha detto...

Non si può non dedurre che la riforma elettorale non può rifarsi al modello 1945, e credo sia impossibile pensare ad una classe politica capace di crearne uno adatto al 2020, in quanto la questione non riguarda la democrazia, e ne la rappresentanza delle idee, bensì la sopravvivenza di oligarchie pseudo politiche, sia di chi ambisce a governare e sia a chi ambisce a sopravvivere.
I modelli da copiare, quando non si ha inventiva, si copia (Giappone e Cina docent) o si adotta il modello Teutonico o quello Francese, rimanere a quello del 1945. Non e' pericoloso, e' dannoso, lo aveva in parte previsto da Calamandrei e non solo, in quanto non inserito in Costituzione.
Nel terzo millennio, in Italia il proporzionale puro , come sin qui concepito senza correttivi premia l'impedimento alla Governance, come nei fatti avviene, e presume di rappresentare tutto e tutti, nella stagione dei social e della formazione del pensiero, di una società più colta e consapevole, che non ha bisogno di abbeverarsi in sezioni e circoli .

salvatore ha detto...

Questo sistema riesce efficacemente a coniugare alcune cose importanti:
1) rappresentanza proporzionale per partiti
2) presenza dei soli piccoli partiti caratterizzati dalla presenza di candidati molto validi e rappresentativi anche se solo localmente
3) incentivo alla spontanea riduzione del numero dei partiti e semplificazione non posticcia del quadro politico
4) stabilità dei governi
5) coinvolgimento nelle responsabilità di governo di tutte le principali forze presenti sul territorio, e quindi governi più rappresentativi


Sulla base di questo io faccio poi le seguenti considerazioni
1) Non sono poi tanto convinto che debbano essere presenti in parlamento 50 partiti differenti. I partiti, perlomeno per come li intendiamo noi, dovrebbero essere funzionali al cambiamento della società, quel pragmatico riformismo per cambiare il modello economico, come diceva Lombardi. Ora mi dici quale cambiamento possono mai portare dei micropartiti? Mi ricordo ancora quando da giovane militavo nel MLS, passavo le sere a discutere con i compagni di DP, con gli autonomi, con quelli della FGCI.... a parole volevamo tutti le stesse cose e poi litigavamo sul sesso degli angeli. Se il meccanismo elettorale ci avesse forzato a cercare una intesa, forse sarebbero prevalse le ragioni dell'unità su quelle della frammentazione. Con ciò, si badi bene, NON INTENDO AFFATTO dire che si deve avere un sistema bipolare, perchè le diverse posizioni politiche nascono da diverse visioni della società, a volte inconciliabili. L'esempio del PD è evidente: ci sono dentro due anime, una socialista e una moderatamente liberista, che si sono unite solo in virtù di un sistema bipolare, in modo innaturale e, alla lunga, fallimentare. Occorre un sistema elettorale che incentivi la collaborazione fra partiti idealmente affini ma non forzi verso un sistema bipolare che costringe ad alleanze innaturali.
2) La stabilità dei governi serve a tutti, non solo al Capitale. La stabilità è anche garanzia per i diritti faticosamente conquistati dai lavoratori, perchè un sistema che si governa in modo efficace resta sotto il controllo dei cittadini, funziona bene, e può difendersi da tentativi di eversione, sempre pronti ad arrivare.
3) la vera ragione del proporzionale non risiede nel fatto che in parlamento siedano deputati eletti con aritmetica precisione rispetto ai voti ricevuti, ma nel fatto che in parlamento ci siano rappresentati tutti i principali, per quantità o per qualità, punti di vista presenti nel paese, e che fra questi possa essere trovato il necessario compromesso per il governo del paese.


Sulla base di queste considerazioni il parlamento tedesco risulta essere, sia teoricamente, sia empiricamente, uno dei sistemi contemporaneamente più democratici e più stabili del pianeta.



Poi, ovviamente, hai ragione quando ci richiami su quello che adesso si può realisticamente fare dopo il referendum: possiamo agire solo sulla legge elettorale, e quindi è attraverso questa che dobbiamo cercare di declinare quei principi di cui sopra.

salvatore ha detto...

Analogamente a Claudio ho invece dei dubbi sul Bundestag, in quanto la storia federalista della Germania è un "tantino particolare", tipica di un senso di identità nazionale come solo i tedeschi hanno. E tuttavia dopo la riunificazione quello spirito di spontanea cessione di sovranità regionale in cambio di uno stato federale più forte è andato pesantemente in crisi. i lander più ricchi ad un certo punto, nel 1999, si sono rifiutati di continuare a pagare per i lander dell'est e hanno dichiarato di non applicare la legge sulla perequazione, portando la corte costituzionale tedesca alla storica sentenza del 1999.


Su come fare per la seconda camera io sono molto gordiano: secondo me il senato, in presenza di una camera dei deputati eletta come descritto sopra, potrebbe essere semplicemente abolito, oppure trasformato in una conferenza stato-regioni permanente, ma senza altro potere che non quello di omogeneizzare le normative regionali, ed intervenire per scopi perequativi, quindi, al contrario della riforma Boschi, dovrebbe aver voce in materia di bilancio per fini di perequazione e non dovrebbe avere alcun potere in tema di leggi costituzionali, europee etc etc....

giovanni ha detto...

Caro Franco,
se la Costituzione non l'ha capita il 90% dei votanti, evidentemente la responsabilità è di chi l'ha scritta (male). Se avessero abolito solo il cnel, dimezzati i senatori e i deputati, disegnate meglio le diverse competenze delle due camere, affidato alla conferenza stato regioni un ruolo di compensazione, credo che ci sarebbero stati pochi problemi. Ma evidentemente era troppo poco per il Napoleone di Rignano, che infatti vi ha aggiunto, a latere, una incredibile legge elettorale valida sola per la Camera, nella presunzione che il referendum avrebbe sistemato il problema del Senato. E infatti è finita come è finita, cioè con la sconfitta di Lipsia. Vuoi continuarlo a tenerlo come "guida"? Benissimo: andatelo a richiamare dall'esilio di Rignano, sempre ammesso che ci vada, e poi vediamo come va a finire (suggerisco la lettura di due passaggi che troverete facilmente in rete per chi ha ancora dei dubbi sull'attendibilità del personaggio e sulla sua statura politica: a) quando annunciò il suo ritiro a vita privata in caso di sconfitta referendaria b) le dichiarazioni del gennaio di quest'anno in cui invitava ad acquistare azioni Mps, essendo ormai risanata....
Ma la cosa che mi lascia davvero perplesso è il continuo richiamo alla sindrome weimariana. Ora, ammesso che abbia un senso (con le analogie storiche bisogna andarci sempre cauti), guarda che la crisi di Weimar non è mica iniziata nel '29, con la crisi di Wall Street, la divisione delle sinistre e la deriva plebiscitaria (quella, grazie al cielo, per il momento l'abbiamo fermata, certamente non grazie al sì). Le radici storiche, politiche ed economiche risalgono agli errori commessi alla fine della prima guerra mondiale, nel 1919 (leggasi: alla fine della della guerra fredda, nel 1989-1992. da allora non c'è stata alcuna discontinuità con le politiche economiche e Renzi,a l di là della propaganda, si è accodato: ti risulta che tra i 47 articoli che voleva cambiare, ci fosse quello sul pareggio di bilancio?). Consiglio, in questo senso, la lettura del pamphlet di Keynes, Le conseguenze economiche della pace. Nel caso, per Lotti, Boschi e Renzi faremo delle slides.
Buona serata
G

luciano ha detto...

Dato che non siamo nati ieri, le preoccupazioni di Salzano le abbiamo tutti e le avevamo ben presenti anche prima del voto.

Infatti, ci siamo battuti per il NO non soltanto per bocciare una “riforma” che era tecnicamente obbrobriosa, ma anche per non mettere nelle mani dei “lupi” di cui parla Ferrari un sistema completamente squilibrato, privo di pesi e contrappesi.

Con la miscela tra schiforma e Italicum (che come vedete è arduo cambiare, e bisogna sperare nel buon cuore della Corte Costituzionale …) avremmo fatto da cavie di un nuovo modello sconosciuto alle democrazie occidentali, non più parlamentare e neppure presidenziale. Un sistema di investitura, un premierato assoluto o sindaco d’Italia, non si sa neppure bene come chiamarlo. Senza più separazione dei poteri tra esecutivo e legislativo, proprio come nei comuni (dove però – forse non a tutti è chiaro – non si fanno le leggi, non si cambia la Costituzione e non si amministra giustizia).

Secondo le migliori tradizioni, abbiamo vinto anche per voi, cari amici del Sì.

Non ci aspettiamo riconoscenza, ci mancherebbe, ma se qualcuno dei vostri dismettesse per qualche ora l’atteggiamento vi-spiego-io-come-funziona-il-mondo sarebbe carino. Facciamo che chi ha preso il 59 % non maramaldeggia e chi ha preso il 41 % non pontifica. Almeno per qualche ora …

Dopo di che se vogliamo metterci a parlare di avventurismo non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Chi ha voluto fare una sgangherata “grande riforma” costituzionale con iniziativa governativa anziché parlamentare ? Chi ha fatto tutto da solo sapendo di essere minoranza nel Paese e di avere una maggioranza in parlamento solo per via di un premio incostituzionale ? Chi ha ostinatamente voluto il plebiscito, il derby, l’ordalia ? Chi ha fatto una legge elettorale di nuovo incostituzionale, oltre che su misura ? Chi ha tentato di cambiare il modello costituzionale con legge ordinaria e non con la procedura ex art. 138, ingannando il popolo ? Chi ha fatto la legge elettorale solo per la Camera come se fossimo obbligati ad approvare la “grande riforma” che ci toglieva il diritto di votare per il Senato ? Chi ci ha messo nelle condizioni di non potere neppure andare a nuove elezioni serenamente ?

Inutile continuare. Lo spettacolo che sta offrendo lo statista di Rignano è sotto gli occhi di tutti.

Quanto a Pisapia, poveretto, che avesse smarrito l’idea del tempo ed alcune basilari coordinate politiche era evidente già dalla grottesca conduzione del passaggio delle primarie milanesi.

Adesso si propone come Mosè dopo che il suo popolo ha già attraversato il mar rosso senza di lui, anzi mentre lui spronava i cavalli del faraone.

Ormai può candidarsi solo a fare il leader del partito dei contadini polacchi, anche se dubito che il partito-stato avrà ancora bisogno di satelliti.

Gli consiglierei di evitare e di lasciarci il buon ricordo della sua esperienza da sindaco, prematuramente interrotta.



Luciano Belli Paci

Dario ha detto...

Caro Luciano condivido in toto quanto tu scrivi.
Non hanno mica capito che semplicemente noi siamo stati i plotoni di fanteria che si sono attestati sul Piave, comandati dai soliti tenenti socialisti come centanni fa, e che quella di domenica è stata l'ultima linea di resistenza ad una avanzata che pareva inarrestabile di un'idea autocratica del potere.
La cosa che li sconvolge è che questa fanteria senza generali, perchè così è, i Generali combattevano, come centanni fa, le loro battaglie di posizionamento delle armate, senza però accorgersi che le truppe ormai combattevano una loro battaglia e che alla fine di quella battaglia intendevano iniziare un proprio autonomo percorso di selezione di nuovi comandanti (basta vedere quanto accade in casa M5S do Wess continua a dire a Dori che sono un corpo e un'anima senza accorgersi che Dori sta già flirtando con Fabrizio).
Siamo agli albori di qualcosa di nuovo, ma soprattutto le truppe del fronte del NO sono giovani e decisamente ben preparate.
Oggi noi, la vecchia Guardia Socialista del NO, che siamo dei signori, possiamo e dobbiamo rendere l'onore delle armi agli sconfitti, hanno condotto una battaglia in cui hanno creduto, ma il futuro non sarà loro.
Fraterni saluti
Dario

maurizio ha detto...

Questo intervento di Luciano Belli Paci, che tanto generosamente si è impegnato nel corso della campagna referendaria, è esemplare per lucidità e chiarezza. Ho letto anche il bell'articolo di Paolo Bagnoli "La Repubblica ha salvato le proprie fondamenta" pubblicato da Critica Liberale. Bagnoli ha ricordato inizialmente la frase pronunciata da Nenni nel 1974 dopo il referendum sul divorzio "Hanno voluto contarsi e hanno perso" ed ha citato anche il vecchio proverbio relativo ai pifferi di montagna, che andarono per suonare e furono suonati.
Mi sembra che a questo punto non ci sia altro da aggiungere perché tutto quello che doveva essere detto è stato detto.
Il popolo si è espresso in modo inequivocabile e tocca ora agli uomini di buona volontà (da laico mi viene alla mente l'appello ai liberi e forti di Sturzo) guardare al futuro ed ai problemi che attendono tutti, vincitori e sconfitti. Possibilmente - cito ancora Luciano - senza maramaldeggiare da parte da parte dei primi e senza pontificare da parte dei secondi.
Maurizio Giancola