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domenica 18 dicembre 2016
Franco Astengo: L'individualismo competititvo
L’INDIVIDUALISMO COMPETITIVO di Franco Astengo
Sono molti gli esempi concreti attorno a noi e si possono prendere a piene mani dall’attualità politica.
Simmetricamente con un evidente “sfrangiamento sociale” si sta sfarinando l’intero sistema politico, a tutti i livelli centrale e periferico.
Una caduta verticale di credibilità e di capacità operativa che si verifica nonostante l’ostinarsi di forme di partecipazione attiva che davvero sarebbero meritevoli di ben altro scenario.
In realtà si tratta di una partecipazione che si esprime “in tondo”, priva di punti di riferimento plausibile, vagando di volta in volta verso il raggiungimento di obiettivi labili ed effimeri.
Mete subito smentite dal muoversi di un ceto politico autoreferenziale che non tiene più conto delle aspirazioni collettive e sposta il traguardo di volta in volta laddove sembrano situarsi gli interessi dei singoli protagonisti dell’arena politica.
Emerge così il fenomeno dell’individualismo competitivo inteso quale fattore dominante dell’agire politico.
Alle spalle di questo fenomeno emergente risiede l’affermazione del concetto di cessione e di incerto trasferimento di ruolo da parte dello “Stato – Nazione” inteso quale soggetto – perno di ogni sistema (indipendentemente dalle forme democratiche, oligarchiche, dittatoriali che questo ha assunto nel tempo) e dominante almeno dal trattato di Westfalia in avanti.
Apparentemente in crisi (anche se, in verità non è proprio così) il modello westfaliano è saltata l’organizzazione politica classica: quella transitata dal notabilato ai partiti di massa.
Ciò ha provocato l’emergere di alcuni fenomeni che possono ben essere considerati come negativi:
1) L’esasperazione nel concetto di personalizzazione della politica;
2) L’emergere di quell’individualismo competitivo che appare ormai come l’unico fattore di mobilitazione nel passaggio dall’impegno sociale all’impegno politico;
3) L’adozione di meccanismi elettivi assolutamente esiziali per il perseguimento di un’ipotesi d’impegno collettivo: le primarie e l’elezione diretta;
4) Il passaggio del meccanismo di centralità istituzionale dai consessi elettivi al “governo” (anche in questo caso a tutti i livelli, al centro come in periferia)
5) La mancata selezione della classe dirigente che ormai avviene nella casualità di cordate costruite per vocazione fideistica, magari dopo lo svolgimento di sondaggi (tra ignoti: candidati e votanti) sul web.
Su questi elementi è necessaria una riflessione del tutto approfondita che mi pare non si abbia, a tutti i livelli, granché voglia di sviluppare limitandoci nell’insieme ad assurde ricerche del “leader” (femmina o maschio che sia, in questo l’omologazione nel “far politica” tra i sessi è assoluta e totale).
Già in passato si era tentato di avviare un’analisi attorno a questi tempi e allora è il caso di riprendere alcuni spunti già posti all’ordine del giorno del dibattito.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della “microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si è accennato nella descrizione del passaggio dalla centralità delle istituzioni elettive a quella del “governo”.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Si tratta di un punto sul quale l’analisi non si è ancora soffermata abbastanza a fondo e che vale la pena riprendere all’interno di una riflessione dettata dall’attualità di questi giorni.
Una riflessione sulla folle corsa che la modernità impone alla ricerca di un verticismo assoluto nella detenzione del potere, nell’assolutismo dell’io come essere esaustivo della finalità umana come punto di ricerca dell’assolutismo politico.
Emerge un contrasto evidente, si sente uno stridore terribile proprio tra questa ricerca della verticalità del potere assoluto e l’orizzontalità piatta dello scorrere della vita umana.
Un’orizzontalità perenne, che si perpetua nonostante le deviazioni improvvise che un itinerario di vita trova strada facendo.
Questi frangenti impongono di tornare a riflettere proprio sull’appiattirsi delle relazioni, sull’impossibilità di riconoscere un ordine e un comando che appaiono inutili nel loro vano dimostrarsi.
L’orizzontalità dell’essere reclama il collettivo, il “noi”, e respinge l’io.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
La presa d’atto, in sostanza, della necessità di un potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.
Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Una finzione, quella attuata prima da Berlusconi e in seguito da Renzi e imitata come verifichiamo nell’attualità da Presidenti di Regione, Sindaci, Presidenti di Authority e via dicendo (capaci di mascherare, in questo modo, potenti interessi privati : lo verifichiamo dappertutto nelle espressioni di questo potere “finto”: da Roma a Milano fino a Savona).
Una finzione, del tipo di quella esercitata sia dal PD sia dal M5S sia da Forza Italia :tutti soggetti sfuggenti a regole democratiche basate sull’intervento diretto del “collettivo” ma fondati appunto sull’immagine del capo e sui comprimari sgomitanti proprio in virtù dell’esercizio del loro individualismo tendente a soffocare gli altri e che ammette soltanto “raggi magici” piuttosto che “gigli magici” attorno a loro stessi.
Una finzione sulla quale l’opinione pubblica si adagia avendo introiettato sul piano culturale l’idea della governabilità quale sola sponda possibile per l’esercizio della funzione politica e ricevendo in cambio il “via libera” a una sorta di “anarchismo diffuso” sul piano sociale esplicitato nell’assenza di regole e nel ritorno alla possibilità di esercitare una sorta di “potere privato” su chi s’incontra sulla nostra strada in posizione subalterna.
Una nuova concezione del potere : “di finzione” sul piano del pubblico e “privato” nella concezione, ormai apparentemente egemone, dell’individualismo quale sola fonte di rapporto verso gli altri.
La scaturigine evidente del fenomeno dell’individualismo competitivo.
L’interrogativo alla fine è questo: quanto tempo potrà reggere questa finzione? Che tipo di replica potrà verificarsi al momento del suo disvelamento?
Torno su argomenti già esaminati proprio in questi giorni in una riproposizione che mi pare urgente e di bruciante attualità.
Sarà difficile, al momento proprio del disvelamento della finzione, evitare un rinnovamento del nichilismo, come forma estrema della propria soggettiva affermazione di fronte alla “collettività del dramma sociale”.
Costruire un’alternativa sarà compito lungo e arduo: avremo bisogno soprattutto di motivare un senso, un indirizzo, un destino, sfuggendo alla banalità dell’ovvio, alle litanie delle inutili alternanze.
Per redigere questo testo sono stati consultati: Max Weber “Economia e Società”, Milano 1974; Michel Foucault “Microfisica del potere” Torino 1977, Niklas Luhmann “Potere e complessità sociale” Milano 1979, Roberto Esposito e Carlo Galli, “Enciclopedia del pensiero politico”, Roma – Bari 2005.
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