venerdì 20 novembre 2015

Franco Astengo: Ricostruzione della sinistra e pace

RICOSTRUZIONE DELLA SINISTRA E PACE di Franco Astengo E’ bene rammentare comunque, in questo momento di grande difficoltà, che qualsiasi ipotesi di ricostruzione della sinistra oggi in Italia, ben oltre i riferimenti alle matrici storiche che possono contribuire in questa difficile impresa, è legata al proclamare e praticare l’assoluta priorità della pace. Non è possibile cedere, nemmeno per un attimo, al cedere alla tentazione di trattare con gli strumenti di un pericolosamente ritrovato nazionalismo bellico i complessi temi di questa attualità contrassegnata da una tragedia incombente e al riguardo della quale va fornito un pieno contributo perché essa sia evitata. Pensare alla pace come insostituibile bene universale non contrattabile in alcuna dimensione significa, però, avere ben presente il nesso inscindibile tra la guerra e lo sfruttamento, la guerra e la sopraffazione dei singoli e dei popoli, la guerra come emblema dell’egoismo dei potenti. Non esiste pace senza realizzare, sul piano politico, una connessione immediata con la condizione materiale delle popolazioni sfruttate nelle periferie delle metropoli così come nelle situazioni più disagiate di quello che fu definito “terzo mondo”: le banlieue parigine sono sorelle gemelle delle discariche di Nairobi, la condizione materiale dei precari occidentali frutto immediato dalla rapacità del capitalismo coloniale, l’assalto al territorio compiuto dagli speculatori nell’Occidente avanzato direttamente connesso con le grandi desertificazioni che affamano milioni di donne e uomini in Africa. Non può esistere una “sinistra di governo” posta in relazione a chi sta da quell’altra parte della barricata. Ed è questo tempo di divisioni nette, di assenza di sfumature nonostante che la retorica imperante, dal pulpito dei governi che proclamano la guerra, alle pagine dei giornali, agli schermi della TV e del Web, stanno cercando di nascondere mettendo sotto il tappeto la polvere della loro ingordigia e del loro servilismo al potere. Il proclamato fondamentalismo religioso si aggira, in vesti mascherate, nei corridoi dei grandi centri finanziari mondiali. Può apparire semplicistico e sicuramente servono analisi più sofisticate ma gli elementi fondativi “storici” di una sinistra degna di questo nome e della sua storia: internazionalismo e lotta di classe, appaiono non solo attuali ma indispensabili da tradurre ancora in una dimensione di soggettività politica capace di promuovere azione. Ci siamo illusi su tante cose: sarebbe bene tornare al concreto della materialità dello stato di cose in atto, al fine di perseguire ancora l’obiettivo di trasformarle.

7 commenti:

sergio ha detto...

Proprio per tornare “al concreto della materialità delle cose in atto”, ovvero le recenti stragi di Parigi, Beirut, le decapitazioni di massa degli infedeli ecc. ecc. bisognerebbe però indicare che cosa fare per evitarne delle altre qui e ora, non quando avremo superato il capitalismo e smascherato “il proclamato fondamentalismo religioso” che “si aggira, in vesti mascherate, nei corridoi dei grandi centri finanziari mondiali”.

luciano ha detto...

Mi dispiace insistere, ma l’identificazione tra Sinistra e pace (a qualunque costo) proposta da Astengo non ha alcun fondamento.

Internazionalismo e pacifismo (assoluto) sono posizioni alternative.

La sinistra è internazionalista, dunque non può escludere – come extrema ratio – la guerra per rispondere all’aggressione.

Lo spiegava molto bene il grande Vittorio Foa.

Lascio a lui la parola:







luciano ha detto...

INTERVISTA CON IL "GRANDE VECCHIO" DEI PROGRESSISTI TITOLO: "Si' , interveniamo. Come in Spagna" Vittorio Foa: "Dal Risorgimento in poi la sinistra non e' per definizione pacifista" "I marxisti dell' 800 disprezzavano le animucce vergognose che non volevano difendere gli oppressi"
Armiamoci e partite. Di fronte agli orrori di Srebrenica, la febbre dell' interventismo sta contagiando i progressisti italiani, di solito cosi' allergici alla polvere da sparo. "Non possiamo stare a guardare", tuona Luigi Berlinguer, capogruppo alla Camera del Pds. "La comunita' internazionale deve reagire con la forza", gli fa eco Walter Veltroni. Di questo passo, assieme alla Folgore e alla Garibaldi vedremo salpare le Brigate dell' Arci Uisp, i mezzi da sbarco della Cgil, le truppe corazzate dell' Ulivo. Ma allora dove sono finiti i buonisti, i nonviolenti, quelli con l' adesivo antinucleare che portavano mazzi di fiori a Saddam? Fortuna che, a presidiare le tradizioni, sono rimasti i Bertinotti e i coniugi Ripa di Meana... "Io non so chi abbia inventato questa storia che la sinistra e' per definizione pacifista . salta su Vittorio Foa. . Al contrario. Nella sua grande maggioranza, e' sempre stata interventista. Pensi agli uomini del Risorgimento: si guardavano attorno dove correre per aiutare un popolo oppresso con le armi. La tradizione garibaldina ha influenzato fortemente tutta la sinistra italiana. Il pensiero marxista era certamente contro le guerre imperialiste ma guardava con disprezzo i pacifisti, come animucce vergognose". La voce di Foa arriva da Cogne come fosse lo squillo della carica. Ai piedi del Gran Paradiso il grande vecchio della sinistra italiana non passeggia, scrive. Sta lavorando a una specie di Compendio della storia del Novecento a uso delle giovani generazioni. Un secolo di guerre, e lui le ha viste tutte (e' nato nel 1910).

luciano ha detto...

"Ero interventista anche ai tempi del Golfo . dice . e allora i miei amici del Pds non erano per niente d' accordo con me. Per la Bosnia, fin dal primo giorno, quando i serbi hanno bombardato Dubrovnik e Sarajevo, sono stato convinto che, se si rispondeva subito, si sarebbe fermata la guerra. Non dico che la questione bosniaca si risolva con le armi dall' esterno. Ci vuole un negoziato. Ma il negoziato e' impossibile se non si ottengono due risultati: di fermare l' aggressione alle zone protette, e di ridare vita e respiro a Sarajevo e alle altre citta' . Di fronte al linguaggio felpato, tanto dei pacifisti quanto degli interventisti, io dico chiaramente che questi obiettivi, per quanto limitati, vanno perseguiti con ogni mezzo, anche con le armi".

luciano ha detto...

Anche l' Italia dovrebbe intervenire? "Certamente, con i mezzi di cui dispone. Non sono d' accordo con le cautele della Farnesina, che ha delle vedute molto tradizionali in materia. Pensa . come pensava Sonnino . che nei Balcani sia meglio un gendarme unico, la Serbia, che una pluralita' di interlocutori". Dunque lei non ha mai avuto dubbi circa l' identita' dell' aggressore? "Appunto. I pacifisti dicono: non si sa di chi e' la colpa. Non e' vero, l' aggressore c' e' , bello chiaro, ed e' nostro dovere fermarlo. E il massimo dell' egoismo pensare che io possa reagire solo a chi colpisce me e non a chi colpisce qualcun altro. Quando e' di destra, questo atteggiamento non cerca attenuanti: "Penso ai fatti miei, gli altri si arrangino". Quando e' di sinistra si ammanta di nobili idealita' , ma la sostanza non cambia".

luciano ha detto...

Non la mette in imbarazzo ritrovarsi a fianco di Fini e Berlusconi? "Proprio per niente. Vede, io questi dilemmi li ho vissuti sulla mia pelle, negli anni Trenta, dal fondo di una prigione. E non posso dimenticare che un conservatore come Eden voleva piegare con la forza l' aggressione italiana in Etiopia. Che un conservatore come Churchill di fronte alla vilta' del governo britannico diceva: "Dovevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra". Mentre in quello stesso periodo Le' on Blum, un socialista, un uomo puro, era il responsabile del non intervento francese in Spagna". Lei dice che la sinistra e' per tradizione interventista. Alla vigilia della Grande Guerra, pero' , prevaleva il neutralismo. "Neutralisti erano i partiti di sinistra, ma i loro iscritti volevano l' intervento. Pochi giorni prima dello scoppio del conflitto, nel luglio del ' 14, Trafalgar Square era piena di gente che manifestava per la pace, tre giorni dopo partivano volontari. Si arruolo' un terzo dei minatori del Galles, che era la zona piu' internazionalista e pacifista dell' Inghilterra. All' Universita' di Oxford, su centodieci socialisti, partirono in novantotto. Nel 1916, quando il governo inglese introdusse la coscrizione obbligatoria, due milioni e seicentomila volontari erano gia' in trincea". Giorni fa il Guardian ha lanciato un appello alla sinistra europea, paragonando la Bosnia di oggi alla Spagna del ' 37. E un paragone che regge? "In Spagna c' erano decine di migliaia di volontari, comunisti in gran parte, socialisti, di Giustizia e Liberta' , repubblicani, anarchici. Tutta la sinistra era li' . Oggi fare un appello ai volontari e' irrealistico, ha un valore puramente simbolico. Quello che dobbiamo chiedere e' l' intervento dello Stato". Paragonare i serbi ai falangisti di Franco non e' un grosso equivoco? Dopotutto il regime di Belgrado e' l' erede del comunismo jugoslavo. "Proprio cosi' . Questo Milosevic e' un comunista diventato nazionalista. Ma il colore non conta. Quel che conta e' che all' aggressione bisogna rispondere. E mi disturba vedere che quelli che vorrebbero lasciare mano libera alle armate serbe sono proprio coloro che gridano di piu' . Orrore, scandalo, sdegno, e poi propongono le cose piu' ridicole: o che non c' e' niente da fare, oppure, che so, mettiamo degli osservatori sulla Drina, rinforziamo le dogane, inviamo centomila uomini a fare la dissuasione morale. Tutte idiozie, per nascondere la volonta' di non far nulla. Puo' darsi che io sia malato dei mali della mia generazione, che sia rimasto fermo al fascismo e alla lotta contro il fascismo, ma queste ipocrisie proprio non le tollero". E dei pacifisti che scendono in piazza per Mururoa e si dimenticano di Srebrenica, che cosa ne dice? "Io credo che ognuno sia libero anche di essere stupido. Intendiamoci, sugli esperimenti nucleari a me pare che Chirac abbia torto. Ha perfettamente ragione, invece, a parlare della Bosnia in quel modo. In questo momento e' l' unico uomo di Stato a dire delle cose giuste sull' argomento".

Chiaberge Riccardo

Pagina 3
(19 luglio 1995) - Corriere della Sera

maurizio ha detto...

Nella bellissima "Addio Lugano bella" di Pietro Gori si canta: "Scacciati senza tregua andrem di terra in terra a predicar la pace ed a bandir la guerra, la pace fra gli oppressi la guerra agli oppressor...". E' un'evidente dimostrazione di quello che ha scritto Luciano Belli Paci e che, a fronte della tragedia di Srebrenica, disse Vittorio Foa: la sinistra non ha mai sostenuto la pace a qualsiasi prezzo. Bisogna però aggiungere che in altri tempi le scelte erano molto più nette e di conseguenza facili. Così era nel 1800, così nella guerra di Spagna e nella Seconda Guerra Mondiale, mentre è più complesso il discorso sulla Prima. Gli Imperi Centrali rappresentavano l'autocrazia (però era autocratica anche la Russia zarista, alleata di Francia e Gran Bretagna), ma la conduzione folle della guerra da parte dei comandi militari e le sue devastanti conseguenze in Germania, Italia, Balcani e Medio Oriente ci inducono ad un giudizio estremamente problematico.
Questo a maggior ragione è lo scenario degli ultimi decenni. Nella ex Iugoslavia la Serbia e i serbi di Bosnia commisero terribili atrocità, ma i croati e i musulmani bosniaci non furono da meno. Gli orrori si sono ripetuti nel Kosovo, la cui situazione oggi è pessima. Sicuramente chi soffiò sul fuoco dell'indipendentismo - la Germania in primis - reca pesanti responsabilità.
Difficilissimo è poi il giudizio sul Medio Oriente e sappiamo tutti il perché. La teoria dell'esportazione della democrazia con le armi e una certa retorica dei diritti umani del tutto sganciata da valutazioni politiche improntate al realismo hanno suscitato mostri. Inoltre non c'è mai stata una visione politica per il dopo e questo si è rivelato una tragedia ovunque.
C'è poi il dato ripugnante ed infame dei traffici e degli interessi che legano l'Occidente a parole democratico con le monarchie arabe che sostengono e finanziano l'ISIS.
Concludo con un ricordo personale: fui a favore della prima guerra del Golfo mentre ovviamente fui contrario alla seconda. Oggi mi domando se per non sarebbe stato meglio lasciare il Kuwait a Saddam Hussein anziché "liberarlo" per restituirlo ad una monarchia reazionaria, islamista e coinvolta nel sostegno agli assassini fondamentalisti.
Né Saddam né Gheddafi erano campioni dei diritti come non lo è oggi Assad. Ma in politica, e a maggior ragione in guerra, bisogna saper individuare e anche sostenere, se del caso, il male minore. Per questo gli USA hanno sbagliato tutto mentre Putin ha almeno il pregio di aver capito meglio e prima molte cose.
Maurizio Giancola