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domenica 29 novembre 2015
Franco Astengo: Lavoro agile e sfruttamento
LAVORO AGILE E SFRUTTAMENTO di Franco Astengo
Renzi le spara sempre più grosse: “ Si vota sulla base delle proprie speranze e delle proprie emozioni”. Dimenticando completamente che si possa votare per le idee, per un’appartenenza politica, per corrispondere a una collocazione materiale all’interno della società, allo stare da una certa parte e per non rimanere indifferenti.
E’ la premessa (questa sì subdolamente ideologica) per considerare finita l’epoca dello sfruttamento e dar via a quella della “società liquida” e del cosiddetto “lavoro agile”. La più grande mistificazione di un moderno che pericolosamente scivola nell’antico, addirittura nel preistorico.
Un “moderno” che avvolge nella retorica la realtà di un mondo nel quale l’ingiustizia sociale cresce e regna sovrana.
Una falsità costantemente sbandierata dai mezzi di comunicazione di massa e illustrata, per esempio, dal bocconiano (una delle vere e proprie Università dei padroni) Maurizio Del Conte, ideatore del job act (che, come ha fatto giustamente notare Chiara Saraceno non si occupa minimamente della creazione di posti di lavoro) che impunemente, dall’alto delle sue certezze elaborate a tavolino, parla di “lavoratori che decidono con l’azienda come ottenere incrementi di produttività”.
Sarebbe il cosiddetto “lavoro agile” fatto della stessa pasta del voto “per speranze ed emozioni”: la pasta dell’illusione in un mondo che non esiste e intende nascondere il dramma enorme delle diseguaglianze a tutti i livelli, dello sfruttamento, della sopraffazione.
Per restare all’attualità condisce il tutto il ministro del Lavoro (o forse dello “sfruttamento del lavoro”) Poletti che lancia l’opa dei padroni sull’orario di lavoro: non a caso Poletti arriva dalle cooperative, luogo nel quale da molti anni l’incremento dello sfruttamento è diventato quasi una “religione della precarietà”.
Il tutto mascherato da paroloni quali “flessibilità”, “progettualità” e altra terminologia da pura e semplice foglia di fico.
Non si ha idea, in questa folle ricorsa ideologica, della fatica del lavoro, dell’alienazione da ripetitività, dallo sfruttamento del lavoro vivo che questa presunta “innovazione” porta con sé annullando completamente il senso delle distanze sociale, annegate nel dramma di una quotidianità che non permette di alzare la testa.
La filosofia padronale, supportata da questo governo, è ancora quella del “Piccolo Vetraio” , quella dell’elemosina in nero (pensiamo al sistema dei voucher), della riduzione a sopravvivenza il compenso per le prestazioni del lavoro.
I sindacati hanno responsabilità enormi sotto quest’aspetto, in particolare quando accettarono di ridurre la loro capacità conflittuale (conflittuale e non contrattuale) in cambio di una concertazione che tale non poteva essere perché sempre e comunque sbilanciata dalla detenzione del potere.
Oggi però si punta alla cancellazione del sindacato e si passa già (ne scriveva Dario Di Vico) addirittura a puntare all’individualizzazione della contrattualità. I metalmeccanici come i calciatori?
Ci troviamo su di una china del tutto pericolosa: si vota per “emozioni”, ci si fa sfruttare per “agilità”.
Rifletterci è giusto ma non basta, è necessario riprendere la conflittualità.
Senza tema di apparire “antichi”.
In conclusione un passaggio del nuovo libro di Massimo L. Salvadori “Democrazia storia di un’idea tra mito e realtà” ( Donzelli editore)
“… Oggi il processo di impoverimento graduale della democrazia è giunto al punto per cui la sovranità del popolo non va oltre il voto di elettori nella loro maggioranza etero -diretti, atomizzati e disorganizzati; il potere economico è tornato in maniera pressoché incontrastato nelle mani dei proprietari dei ceti superiori; il potere politico, che per gran parte dell’Ottocento e del Novecento era stato un attributo dei leader dei partiti, degli organizzatori delle masse, dei parlamentari e dei componenti il governo, nei singoli Stati territoriali è infeudato nella plutocrazia sovranazionale o quanto meno influenzato in maniera decisiva da essa; il potere dell’informazione e dei media che orientano politicamente le masse è subalterno a chi ne detiene la proprietà o il controllo; quella che era stata la grande rete sia delle sezioni dei partiti di massa sia dei quotidiani o dei periodici che contribuivano in maniera determinante alla formazione e partecipazione politica e degli uomini comuni è largamente smantellata..”
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