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domenica 11 ottobre 2015
Franco Astengo: Popoli dimenticati
POPOLI DIMENTICATI di Franco Astengo
Un terribile sabato di sangue segnato da esplosioni e sparatorie nei punti più delicati dell’incendio mediorientale: ad Ankara una manifestazione per la pace, a Gerusalemme e nella striscia di Gaza.
Il bilancio dal punto di vista delle vite umane è pesantissimo: ma ancor di più è terribile il bilancio politico in una situazione nella quale crescono di ora, in ora i rischi di guerra globale, in una confusione di tutti contro tutti e con le grandi potenze armate fino a denti a stretto contatto fra di loro sul terreno siriano.
Soprattutto però sarebbe necessario pensare (mentre nessuno sembra farlo) ai popoli massacrati, ai popoli dimenticati, trascinati nella violenza, nella miseria, nella povertà da decenni di sopraffazioni: curdi e palestinesi, assieme ai milioni di profughi siriani dovrebbero essere considerati i protagonisti per un’azione di pace, di riequilibrio, di ricerca del futuro da parte di una Comunità internazionale che appare sempre più sorda, cieca, ripiegata sugli egoismi dei più forti.
La strage di Ankara, che arriva a pochi giorni dalle elezioni politiche, consente al governo di Erdogan di stringere ancora di più i freni verso l’opposizione e il dissenso messi a tacere con brutalità in una nazione appartenente alla NATO nella quale la dialettica politica viene vietata così come le libere espressioni giornalistiche.
Curdi e palestinesi sono due popoli – martiri che rappresentano per intero il fallimento del concerto internazionale: la logica bellicista con la quale si continuano a trattare le grandi questioni dell’equilibrio internazionale si accompagna con l’espressione dell’integralismo religioso armato che serve da semplice copertura per la detenzione del potere nel campo energetico, del commercio delle armi, dello sfruttamento dei più deboli.
Questa sera ci saranno dichiarazioni di sdegno e di condanna: possiamo già considerarle componenti della categoria “lacrime di coccodrillo”.
Tutti i gruppi dirigenti occidentali e dei paesi dell’area sono complici di questo schiacciamento dei popoli, dell’immiserimento generale, delle stragi, dei conflitti agitati soltanto per mascherare i loro giochi di potere.
Sentiamo violento dentro di noi il peso dell’assenza di una vocazione internazionalista, di una capacità da parte di grandi forze politiche di levare in alto le bandiere dell’eguaglianza, della solidarietà, del riconoscimento della diversità e insieme della fratellanza tra i popoli.
Siamo di fronte a stragi inaccettabili e non disponiamo di altre armi che la nostra indignazione e il nostro rifiuto di una realtà tanto tragica e ingiusta.
Pur tuttavia non è il caso di rinunciare a esprimerci: ma quando, nell’Occidente sviluppato, nell’Europa che si vorrebbe unita, si riuscirà a sviluppare un’azione politica adeguata a questo stridore terribile, a questo rumore di guerra, all’immanenza di una carneficina ben più grande di quelle che oggi, in Turchia e in Palestina hanno insanguinato le nostre coscienze?
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