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giovedì 20 novembre 2014
Luciano Belli Paci: La prescrizione
Perfino Renzi ogni tanto ne dice una giusta.
La prescrizione penale va cambiata.
Peccato che ci si accorga della cosa solo sull’onda dell’emozione suscitata dalla sentenza della Cassazione nel processo Eternit, perché sarebbe meglio ragionarci sopra a mente fredda.
Ne discuto da anni e so bene che i miei colleghi penalisti non sono d’accordo con me perché dicono che, se non ci fosse neppure lo spettro della prescrizione ad imporre un ritmo ai procedimenti, la giustizia penale sarebbe ancora più lenta.
L’obiezione non mi convince, fa parte di questa idea molto italiana che di fronte ai problemi occorra arrangiarsi, magari curando un male con un altro male. Non funziona quasi mai. Quasi sempre i mali non si elidono tra loro ma si sommano, ingigantendo i danni, come in questo caso.
Per chi non lo sapesse, la prescrizione opera in modo completamente diverso nel civile e nel penale. Nel processo civile, dal momento in cui viene promossa l’azione fino al passaggio in giudicato della sentenza, la prescrizione rimane sospesa.
Nel processo penale, invece, continua a correre.
Sul piano dei principi la cosa è assurda, visto che la ratio della prescrizione è quella che l’inerzia del soggetto interessato (nel civile la parte che intende far valere un proprio diritto, nel penale il potere pubblico tenuto a garantire l’osservanza della legge), quando si protrae oltre un certo limite, determina l’estinzione del diritto o della pretesa punitiva.
Perciò, dove l’inerzia non c’è perché la macchina penale si è mossa, questa giustificazione non esiste più.
Sul piano pratico la cosa ha effetti paradossali e perniciosi per l’intero sistema.
Lo Stato impiega enormi risorse per la repressione dei reati: gli organi di polizia svolgono le indagini – spesso complesse e dispendiose -, poi il pubblico ministero le approfondisce e predispone l’accusa, poi dopo un primo vaglio si arriva al rinvio a giudizio, poi si celebra il processo di primo grado, poi l’appello, poi la cassazione. In qualunque momento, anche alla fine di questo lungo iter che ha impegnato persone e mezzi per anni, se arriva la scadenza della prescrizione tutto viene completamente annullato, buttato via.
Il meccanismo perverso ovviamente alimenta l’abnorme numero dei processi, visto che anche quando il reato è ampiamente provato – mentre all’estero l’imputato si affretterebbe a patteggiare evitando il processo – da noi spesso non solo si affronta il processo e lo si dilata con tutte le possibili istanze istruttorie, ma poi si percorrono tutti i successivi gradi di giudizio nella speranza (che a volte è una certezza, quando il reato non è stato scoperto subito e magari è già passato qualche anno) di arrivare all’agognata prescrizione.
In nessun paese al mondo la macchina della giustizia potrebbe funzionare decentemente celebrando tutti i processi che si fanno da noi.
Questo, oltretutto, produce una giustizia di classe, visto che solo i ricchi possono pagare gli avvocati per sfruttare fino in fondo i vantaggi di questo insensato meccanismo. I poveracci vengono processati per direttissima, non fanno appello e vanno in galera.
Ecco una riforma semplice e senza costi: abolire la prescrizione penale dopo il rinvio a giudizio.
Invece per ora il Governo ha preferito dedicarsi alla falsa riforma del processo civile escogitata dal ministro Orlando, che non serve a nulla ma ha il pregio di non mettere a repentaglio il patto del Nazzareno.
Luciano Belli Paci
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31 commenti:
Caro Luciano, non sono un avvocato penalista ma ho l'impressione che sulla vicenda Eternit la Procura di Torino (Guariniello) abbia sbagliato l'impostazione scegliendo il reato di DISASTRO che ovviamente è circoscritto nel tempo e nel luogo (dove si è creato il disastro e quando?) rispetto a quello molto meno eclatante di OMICIDIO, che avrebbe tenuto aperti sia i luoghi (perchè non c'è solo Casale ma anche Balangero TO per la cava di amianto, Grugliasco TO per la SIA ecc) sia i tempi perchè in questo caso i reati sarebbero stati tanti e continui e la prescrizione sarebbe scattata dall'avverarsi del reato (la morte del lavoratore), correggimi se sbaglio.
Fraterni saluti
Dario
Personalmente ho sempre considerato la prescrizione un assoluto
abominio giuridico (soprattutto nel diritto penale). Io trovo che un
reato si estingua solo con la morte del reo. Tutt'al più si dovrebbero
prevedere delle attenuanti (al limite anche cospicue) per crimini
commessi in tempi molto (ma davvero molto) lontani e per i quali si
possa dimostrare con ragionevole certezza che il colpevole non abbia mai
più reiterato la propria condotta criminosa. Diversamente, il tempo non
può cancellare un delitto, né può obliterare la responsabilità del reo,
e nemmeno ottundere l'interesse della res publica nell'accertare la
verità e nel punire i trasgressori delle proprie leggi. Insomma un ladro
resta un ladro, anche dopo anni. E così un omicida, uno stupratore, un
corruttore, e via discorrendo. Si ammettano perciò le attenuanti che
sopra dicevo, ma si elimini del tutto l'istituto della prescrizione. Ne
va della certezza del diritto, che è il fondamento di ogni serio
ordinamento giuridico.
Un saluto, Francesco Somaini.
Sul principio sono pienamente d'accordo con Francesco: un reato resta un reato e pertanto non dovrebbe mai essere prescritto, si possono al massimo definire ed applicare delle attenuanti in casi particolari individuati con precisione.
Condivido anche la proposta di Luciano: la prescrizione andrebbe sospesa dal momento del rinvio a giudizio, come mi sembra avvenga in altri paesi (non sono un tecnico del diritto e spero di non dire cose inesatte). Questo sicuramente eviterebbe le manovre dilatorie di troppi avvocati difensori. Resta però il dubbio sollevato dai penalisti colleghi di Luciano: con una giustizia come la nostra, anche senza generalizzare, quanto potrebbe durare un processo penale? E' vero che un male non si cura con un altro male e che questi finiscono con il sommarsi fra loro, ma sicuramente ci si deve porre il problema e, se si intende giustamente abolire l'istituto della prescrizione, si dovrà pur trovare il modo di evitare processi infiniti. Non voglio buttarla in politica, ma ricordo che Rino Formica è stato dichiarato estraneo ai fatti addebitategli dalla Procura di Foggia dopo ben 17 anni (in quel caso la prescrizione non valeva?).
In quanto al doloroso epilogo del processo Eternit penso anch'io, come Dario, che la Procura di Torino abbia commesso dei gravi errori iniziali. Vorrei saperne di più perché la lettura dei giornali anziché chiarirmi le idee le ha confuse.
Maurizio Giancola
Mi permetto di intervenire che l'istituto della prescrizione ha una ratio ben diversa e non vuole né tempo cancellare un delitto, né obliterare la responsabilità del reo e nemmeno ottundere l'interesse della res publica nell'accertare la
verità e nel punire i trasgressori delle proprie leggi.
La prescrizione voluta dal nostro legislatore é una garanzia che ha ragioni complesse e di grande respiro figlie una civiltà giuridica che ahinoi va scomparendo.
Cordialità
Marco Monaco
concordo in toto con Marco Monaco, ormai stiamo perdendo il senso di cos'è la civiltà giuridica.
Nel caso in questione, che conosco bene visto che quand'ero al sindacato ero ai chimici e seguivo il settore amianto, la Procura di Torino perseguendo secondo una metodologia ben nota: il caso eclatante che ebbe diversi progenitori (i casi IPCA e ACNA) ha puntato sin da subito su un reato molto circoscritto nel luogo (Casale) e nel tempo, ma molto facilmente spendibile sul piano mediatico (esattamente come furono gestiti mediaticamente i casi IPCA e ACNA.
Se il reato penale è un reato individuale nel momento in cui si sceglie di affrontare un reato come quello di disastro ambientale si sceglie un sito e si lasciano da parte tutti gli altri potenziali reati connessi, nell'attesa di vedere come va a finire il processo per creare un principio giuridico poi applicabile anche in altri casi.
Già quand'ero al sindacato ero profondamente contrario a questo metodo della procura di Torino, il caso IPCA non risolse affatto la questione dell'uso di aniline nella produzione di coloranti, semplicemente delocalizzò la produzione in altri stati, ed ancora oggi se indossate dei bei pantaloni neri che non stingono al lavaggio, sappiate che indossate pantaloni colorati con colori all'anilina perchè è l'unica che riesce a fissare il nero. Semplicemente oggi vengono prodotti in India, ma il reato di potenziale omicidio per chi ha lavorato quei colori non si è estinto, peccato che nessuno pensa più a coloro che muoiono per tumore alla vescica.
Oggi il corpo del reato è un altro: l'amianto, che continua a produrre i suoi effetti a trentanni dalla chiusura dell'eternit di Casale, ma chi si ricorda che a Grugliasco le lavoratrici ed i lavoratori della SIA muoiono ancora oggi? Chi si ricorda che l'amianto veniva usato per produrre le pastiglie dei freni? Sono o non sono anche questi disastri ed i lavoratori di quelle fabbriche hanno o non hanno gli stessi diritti dei casalesi?
Purtroppo solo oggi Guariniello si rende conto che ha toppato e riparte con l'accusa di omicidio, ma nel frattempo la maggioranza delle famiglie casalesi hanno transato con la controparte e chi non ha transato, perchè trascinato in una causa persa in partenza si trova c..... e mazziato, perchè nella confutazione del reato di omicidio si parte già in ritardo, scontando già mesi o anni di ritardo dalla morte dei lavoratori, per cui molti casi cadranno comunque in prescrizione.
E' l'esito scontato di una politica sindacale sull'ambiente che negli anni ottanta abbandonò la pratica dei questionari di rischio (che creavano consapevolezza del rischio da parte dei lavoratori, chiedere notizie di Ivar Oddone) per avviarsi verso una politica giudiziario-ecologica che non ha prodotto alcun tangibile esito se non le foto di qualche procuratore o avvocato sui giornali.
La mia è l'amarezza di chi quell'epoca l'ha vissuta in prima persona nelle segreterie provinciale e regionale del Piemonte del sindacato chimici della CGIL ed ha visto con i suoi occhi un fallimento epocale: la separazione tra ambiente e sindacalismo le cui conseguenze oggi si vedono con chiarezza.
Fraterni saluti
La gente dovrebbe protestare contro la Procura che ha prospettato un capo di imputazione privo di di ogni dignità giuridica ma pregno di egotismo tipico di molti PM...la Cassazione ha applicato una legge e lo ha fatto in modo ovvio. La Procura voleva tirare il collo all'imputato con una Sentenza un po' originale ...per parafrasare De André.
Confermo di condividere le critiche di Dario alla Procura di Torino. Il fatto che Guariniello formuli ora l'accusa di omicidio è evidente dimostrazione dell'errore compiuto. Circa gli addebiti al sindacato non mi pronuncio perché non ho sufficiente esperienza al riguardo. Questo però è il caso specifico, mentre se si affronta il tema della prescrizione in termini generali è evidente che si deve trovare l'equilibrio fra due esigenze entrambe legittime: evitare l'impunità e nel contempo garantire la giusta durata del processo.
Maurizio Giancola
Qual'è la ratio della prescrizione nel diritto penale? Si dice
comunemente che col trascorrere del tempo venga meno l'interesse dello
Stato nel perseguire i reati. Dunque la ratio sarebbe di natura
meramente utilitaristica. La res publica in altre parole rinuncia ad
esigere il rispetto delle proprie leggi (che è la base perché si possa
dare certezza del diritto) in nome di un mero principio di economicita'.
È una sorta di "scurdammoce o' passato" incardinato nell'ordinamento
giuridico.
Ma in tal modo lo Stato rinuncia anche alla propria credibilità' ed
autorevolezza. Quale autorevolezza e credibilità vi può infatti essere
in un sistema giuridico che dice: se violi la legge e riesci a far
passare del tempo, la fai franca?
La certezza del diritto implica il concetto di prevedibilità. Devi
sapere che se fai A, incorri in B. Se violi la legge x incorri nella
sanzione y. Con la prescrizione introduci una variabile temporale di
indeterminatezza: il tempo. Fai A e passa del tempo, non incorri più in
B. La certezza è andata a farsi benedire. Il diritto e' diventato un
carnevale.
Con la prescrizione si introduce inoltre un elemento di profonda
ingiustizia. Tizio e Caio commettono lo stesso reato, per esempio una
rapina ai danni di Sempronio: Tizio viene preso, arrestato, processato e
condannato, e così se ne va in carcere; Caio non viene preso ne'
scoperto, e se la spassa per tutta la vita tenendosi pure il bottino.
Quando anni dopo lo scoprono non gli viene neppure rimproverato il
proprio passato: il reato è estinto, la sua onorabilità immacolata
(mentre magari il suo amico è ancora dentro a scontare la pena). Non vi
pare che in tutto questo vi sia qualcosa di abominevole?
Si dice anche che la prescrizione avrebbe senso perché, trascorso del
tempo, verrebbe meno la funzione rieducativa della pena. Ma, a parte il
fatto che su questa concezione pedagogica del diritto ci sarebbe a mio
avviso molto da ridire (c'è un fondamento assai poco liberale nell'idea
che lo Stato debba inculcare certi valori nei propri cittadini, e non
limitarsi a sanzionare la violazione delle norme che una comunità si è
data), si potrebbe obiettare che non è mai troppo tardi per imparare.
Mevio, anni fa, ha stuprato Cornelia? Deve scontare la sua pena. Deve
sapere che non si stupra. Il fatto che ora sia vecchio e che
difficilmente potrà farlo di nuovo non rileva.
Ripeto, per certi reati, si possono prevedere delle attenuanti se
davvero sia trascorso molto tempo dal fatto criminoso alla sua
procedibilita', e se si possa dimostrare con sufficiente certezza che il
colpevole non abbia più reiterato la sua condotta criminosa. Ma
prescrizione in se', cioè l'estinzione del reato col trascorrere del
tempo, e' secondo me un abominio. Non vi vedo, caro Monaco, alcun segno
dì civiltà.
Un saluto, Francesco Somaini
PS: sul caso specifico dell'amianto, al di là delle valutazioni
sull'operato della Procura di Torino, trovo sensate ed interessanti le
osservazioni di Dario quando parla degli errori commessi nell'aver
separato in passato sindacalismo ed ambientalismo. Spesso ancora oggi le
due ragioni - quelle del lavoro e quelle della sicurezza ambientale -
vengono messe in conflitto tra loro (si pensi al caso recente di Taranto
e delle acciaierie). E invece una Sinistra seria dovrabbe trovare la
capacità di tenre insieme queste istanze configgenti. Non è facile, ma è
una sfida che deve essere raccolta.
La ratio é proprio quella di evitare che la pretesa punitiva perda di autorevolezza e giustezza...quindi é il contrario di quel che si crede. Si parla tanto di accelerare i processi e poi li si vuole rendere eterni? Che dignità ha un processo a distanza di decenni da compiuto reato? Come puó pretendersi che una Prova sia certa quando il tempus commissi delicti é oramai ricordo vago? Come puó valutarsi la personalità del soggetto (elemento fondamentale per la commjnazione della pena) a distanza di anni? Con quanta certezza potranno essere addebitati dolo, dolo eventuale, dolo alternativo, colpa, colpa cosciente, eccesso colposo ed altro? Non a caso la normativa sulla prescrizione prevede griglie a seconda della tipologia di reati e della recidiva del soggetto con sospensioni ed interruzioni se si verificano determinate circostanze. Non dimentichiamo che noi abbiamo la obbligatorietà dell'azione penale. Le riforme del codice sono cosa seria e non possono essere demandate ai tumulti di piazza come promette di fare questo presidente del consiglio ben attento alla politica plebiscitaria berlusconian grillina poco a quella rappresentativa. Il processo "eternit" era prescritto ab initio ed il procuratore lo sapeva. Ha voluto fare l'originale, facendo perplimere tanti altri paesi che infatti parlavano di processo esempio...l'esempio di come la giustizia da bar produca solo ingiustizia.
Del resto dovremmo interrogarci su altro. Certo le risposte arriveranno con il deposito della Sentenza della Suprema Corte. In pratica come mai i giornalai di tv , internet e carta stampata non si interrogano sul fatto che la Corte abbia "annullato" anche il risarcimento del danno? Non é mica vero che la prescrizione fa venir meno sic et simpliciter anche la prestesa risarcitoria. Produco ex pluribus
Cassazione penale , sez. II, sentenza 13.10.2011 n° 36891
In presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo quando l’evidenza dell'innocenza sia così lampante che la valutazione che si deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di "apprezzamento", ovverosia quando sia da escludere qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, incompatibili col concetto di mera constatazione.
Nel caso invece in cui la prova della innocenza sia tutt'altro che evidente, o anzi necessiti di un approfondimento istruttorio, la Corte di merito non può che applicare la causa estintiva di cui all'art. 129 c.p.p., comma 1...
Di conseguenza, la decisione agli effetti civili può essere solo quella automatica e strettamente consequenziale alla conferma di una condanna penale e dunque al risarcimento dei danni patrimoniali e morali nei confronti della persona offesa, non operando - in tal caso - le eccezioni individuate dalle Sezioni Unite alla regola della immediata declaratoria della causa di estinzione del reato con prevalenza sulla formula assolutoria in mancanza di evidenza della innocenza o in presenza di carenza o contraddittorietà della prova.
Rinnovo la cordialità
Puó un cittadino che é indagato per aver commesso una azione rimanere con la spada di damocle sulla testa per un numero indefinito di anni? É legittimo che si attenda sine die che si accerti se quella condotta é stata posta in essere e se é stata posta in essere se costituisca reato? É legittimo che aspetti, quel cittadino, che un tribunale un giorno indeterminato gli dica in modo definitivo se quella condotta, quand'anche giudicata reato magari, sia stata posta in essere con dolo o con colpa oppure sia stata ancora assoggettata a qualche scriminante? Si può pretendere' senza scadenza alcuna, che siano attribuite all'autore di una condotta delle condizioni psichiche o fenomeniche?.... E tutto questo in un paese dove anche per prendere la patente ti chiedono carichi PENDENTI e casellario giudiziario. questo dobbiamo chiederci
Sono assolutamente d’accordo con Marco Monaco. Pretendere che il processo abbia ragionevole durata (il principio che, seppure entrato a fatica nella nostra Costituzione, costituisce cardine decisivo della giustizia giusta, anche se viene tuttora ignorato –ad esempio- dalla giurisprudenza disciplinare del Consiglio superiore della magistratura) e proporre di allungare i termini della prescrizione sono azioni contraddittorie che solo la demagogia sanculotta può proporre come l’un l’altra compatibili. Le campagne per il prolungamento dei termini sono utili solo a coprire i ritardi dell’amministrazione della giustizia e gli errori degli inquirenti.
Tutto ciò senza considerare che spesso la prescrizione è cercata dalla pubblica accusa che, dopo aver celebrato processi mediatici del tutto infondati (anche se utili ad alimentare specifiche campagne) ma devastanti, fa trascorrere il tempo utile a raggiungere la prescrizione in modo da evitare il vaglio di un processo pubblico con spazio di certo maggiore per il contraddittorio. L’intervento della prescrizione insomma è, non di rado, utile più all’accusa che all’imputato, il quale –di fronte alle frequenti anomalie dell’amministrazione della giustizia- non ha la forza di rinunciare, neppure se innocente.
Sullo sfondo c’è anche il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che, sebbene sussunto dalla Costituzione (la più bella del mondo!), finisce per essere lo strumento di cui si avvale la pubblica accusa per assicurarsi il potere di scegliere, nella massa delle iniziative”obbligatorie”, quelle da esercitare, secondo propri personali, imperscrutabili e di frequente arbitrari criteri, mai esplicitati: azioni che non sempre mirano all’accertamento delle responsabilità mediante un giusto processo affidato ad un giudice auspicabilmente terzo, ma al processo popolar-mediatico.
Mario Viviani
Cari Mario e Marco, d'accordo sul principio, però, da non giurista:
a) credo che il processo eternit si sia iniziato e concluso, in cassazione, nel giro di 4 anni (pochi, per i tempi della giustizia italiana)
b) la prescrizione è stata calcolata a partire dalla chiusura della fabbrica, nel 1988. Peccato però che, per comprendere appieno gli effetti dell'amianto ci sia voluto parecchio tempo, così come per le indagini epidemiologiche
c) trovo davvero aberrante che siano stati prescritti anche gli effetti civili
d) le riduzioni dei tempi di prescrizione (vedi ex Cirielli) sono il caso più eclatante delle leggi ad personam
In conclusione, andrei cauto nel definire tout court, nel nostro paese "culla del diritto", la prescrizione come un caposaldo della civiltà giuridica...
Buona domenica
Giovanni
Se si sbaglia l'imputazione non é colpa della legge sulla prescrizione ma dell'autoreferenzialitá delle procure.
Gli effetti civili si prescrivono solo a determinate condizioni che ho evidenziato riportando la massima di una sentenza della suprema Corte. Quindi qualcosa nelle sentenze di primo e secondo grado non funziona nel merito. Aspettiamo le motivazioni prima di commentare in merito.la ex cirielli non ha ridotto tout court i termini di prescrizione. In alcuni casi li ha aumentati.
Con stima
Marco Monaco
In effetti la prescrizione quanto agli effetti civili lascia perplessità che potranno esser chiarite solo col deposito della sentenza della Cassazione. Certo sarebbe strano che, agli effetti civili, fosse stato ritenuto di potersi escludere ictu oculi la responsabilità, a meno che il reato di disastro ambientale non sia considerato improduttivo di responsabilità civile verso le vittime dell' amianto. Allora avrebbe fatto bene la procura a riaprire le indagini per omicidio. Vedremo.
Quanto alla dichiarata prescrizione, comunque, far decorrere la consumazione del reato contestato dalla semplice chiusura dello stabilimento mi pare molto singolare.
Infine, in generale, circa eventuali riforme della prescrizione penale, dovranno comunque rispettare il principio costituzionale della ragionevole durata dei processi.
E' evidente che qualcuno ha sbagliato. Resta il dubbio se la Procura di Torino o la Cassazione e, come dice Roberto D'Ambra, forse è bene aspettare prima di esprimersi.
Maurizio Giancola
Caro Giovanni,
caposaldo è di certo il principio della ragionevole durata del processo (la cui violazione, com’è noto, tanto ci è costata e ci costa), principio che non va davvero nel senso della protrazione dei termini di prescrizione. Ti pare?
Abbreviare i termini di prescrizione per questo o quel reato può essere -e, in concreto, è stata- gravissima e squallida operazione ad personam, ma allungarli -come propongono Grasso ed altri- è squallida operazione pro casta.
Nel caso di cui parliamo, se son stati davvero difficili gli accertamenti, ventisei anni non sono un tempo ragionevole per il processo. E ti pare che l’aver esercitato in ritardo e male l’azione penale (“obbligatoria”) sia stata conseguenza della prescrizione?
Ad ogni modo, ha ragione Roberto che invita tutti a leggere la sentenza per poi trarre le dovute conclusioni anche sull’azione della pubblica accusa oltreché sul termine appropriato per la prescrizione in un caso qual’è quello tragico della morte da eternit.
Buona domenica anche a te.
Mario
Io di mestiere faccio lo storico. Mi occupo di ricostruire il passato.
Ho anzi a che fare con passati molto lontani (in effetti sono un
medievista, quindi mi occupo di faccende anche vecchie di secoli). Da
storico posso dunque ben dire che gli argomenti di Monaco sulla
attendibilità delle testimonianze, sulla difficoltà di arrivare a prove
certe (o ragionevolmente persuasive), su come il tempo possa mutare la
personalità degli individui, sulle alterazioni selettive della memoria
dei testimoni, e su molte altre questioni analoghe che Monaco per
brevità non ha toccato, mi sono in vero del tutto famigliari. Si può
anzi dire che si tratta per certi versi dell'A-B-C del mio mestiere. Noi
storici - e i medievisti forse in modo particolare - siamo non a caso
abituati a maneggiare con estrema cautela le nostre fonti. Non ci
abbandoniamo (se facciamo bene il nostro lavoro) a giudizi sommari. Ne'
emettiamo sentenze approssimative.
.
Dunque io posso ben convenire che gli argomenti di Monaco hanno
sicuramente una loro fondatezza e mettono in luce dei limiti reali circa
la conoscibilità di eventi passati: limiti di cui è bene avere
consapevolezza. Ma questa consapevolezza non può condurre fino ad
affermare che il passato (magari al di là di un certo lasso di tempo)
non possa essere ricostruito, o che sia costitutivamente impossibile
capire come siano andate le cose, o anche comprendere come si siano
svolti dei fatti (anche minuti) ed individuare con ragionevole certezza
delle eventuali responsabilità.
Non sempre è possibile farlo - è chiaro
(e non di rado bisogna anzi arrendersi al l'impossibilità di giudizi
sicuri) -, ma spesso anche a distanza di molto tempo lo svolgimento di
fatti ed eventi può essere acclarato con sufficienti riscontri. Dallo
storico come dal magistrato. Talora, anzi, il tempo permette perfino di
valutare meglio le cose.
Difendere la prescrizione sulla base di argomenti di ordine, diciamo
così, gnoseologico significa però andare ben al di là delle giuste
cautele metodologiche. Significa negare a priori la possibilità di
conoscere e giudicare il passato, il che è secondo me inaccettabile sul
piano intellettuale, prima ancora che sotto il profilo giuridico.
Certo, se vogliamo metterla sul filosofico, è chiaro che la Veritá in
quanto tale - o quelle che Kant chiamava "le cose in se'" ("dinge an
sich") - rimane qualcosa di inattingibile alla nostra conoscenza. Ma
questo vale anche per la realtà che ci circonda e non soltanto per il
passato. Del resto noi non conosciamo la realtà ma solo rappresentazioni
(o autorappresentazioni) di essa. Non conosciamo ciò che è ma ciò che
vediamo e percepiamo (o che crediamo di vedere e di percepire). Non a
caso le nostre rappresentazioni sono sempre parziali e spesso anche
contraddittorie (avete presente il film Rashomon?). Qui però non si
tratta di giudicare sulla Verità (perché allora tutto dovrebbe essere
automaticamente prescritto in quanto non conoscibile, e nessun processo
si dovrebbe poter svolgere). Qui si tratta, più banalmente, di formulare
giudizi di tipo pratico su ciò che in base a determinati riscontri si
può ragionevolmente ritenere essere accaduto, e di attribuire, se le si
riconosce, delle eventuali responsabilità individuali. Negare a priori
che questo possa essere fatto su eventi che si siano svolti oltre un
certo lasso di tempo è un'assurdità. Un evento lontano, se si procede
con serietà e rigore, è esattamente conoscibile quanto uno vicino. A
volte anzi, come dicevo, eventi lontani nel tempo, sono perfino meglio
valutabili di quel che è successo questa mattina (e non parlo solo di
valutazioni storiche, ma anche di valutazioni strettamente giudiziarie).
Dunque la difesa della prescrizione sulla base di questi assunti è
secondo me debole.
Egualmente improprio mi pare associare la difesa della prescrizione al
fatto che un processo debba essere breve. Le due cose infatti, non hanno
secondo me una vera e propria relazione. La prescrizione riguarda
infatti la cancellazione dei reati non la durata dei processi. Mi pare
quindi inesatto porre un nesso tra le due cose. Io dico che il tempo non
cancella (o meglio non dovrebbe cancellare) i reati. Non dico affatto
che i processi debbano durare indefinitamente. Del resto l'esperienza
dimostra che è vero semmai proprio il contrario, e cioè che proprio la
prescrizione può far allungare i tempi di un processo. Infatti si tira
il processo per le lunghe, per far si che un reato vada in prescrizione
e tutto finisca in nulla. Negli ultimi anni il legislatore, in Italia,
sembra anzi essersi dedicato con particolare acribia proprio nel
favorire questo tipo di esiti (e ne conosciamo fin troppo bene i
motivi). Senza la prescrizione dei reati, dunque, molti processi
sarebbero in realtà assai più brevi. Oltre tutto non sono soltanto le
difese a giocare in questo senso. A volte infatti anche le procure -
come ben osserva Mario Viviani - imbastiscono processi ad alta
visibilità mediatica ma con scarso fondamento probatorio sapendo che la
prescrizione smantellera' comunque tutto lo spettacolo. Si elimini
dunque la prescrizione, e si avranno processi non solo più rapidi ma
anche meglio imbastiti.
Insomma io resto della mia opinione. La prescrizione nega il principio
della certezza del diritto, oblitera la responsabilità del reo, ottunde
il dovere della res publica di sanzionare la trasgressione delle proprie
leggi. Come tale essa è per me un abominio giuridico. Non un segno di
civiltà.
Un saluto, Francesco Somaini
PS: personalmente non sarei contrario ad abolire o limitare il
principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Un altro degli
argomenti a mio avviso speciosi che vengono addotti a sostegno di quel
perverso istituto verrebbe così a cadere
Conosco Guariniello dai tempi del liceo. Lui non è un magistrato che mira alla pubblicità, e neanche alla condanna finale del reo, ma, consapevole dei limiti dell’azione penale “obbligatoria” ma in fondo facoltativa, imbastisce processi “esemplari”, che servano da ammonimento per chi sta commettendo gli stessi reati, convinto che la prassi , o, in termini giuridici, l’usanza, sia superiore alla norma. In vita sua credo non abbia mai arrestato nessuno, ma i processi che ha avviato, indipendentemente dalla loro conclusione finale, hanno profondamente modificato il modo di operare di tutti gli imprenditori italiani. A partire dal primo importante, il processo sulle schedature FIAT che lui andò a sequestrare a colpo sicuro in un lontano giorno di ferragosto degli anni 60
La ragionevole durata del processo (principio da tempo affermato
nell¹ordinamento internazionale e mal digerito dalla struttura burocratica
e professionale che partecipa all¹amministrazione della giustizia, in
Italia) ha, per un certo verso, la stessa ratio della prescrizione, quella
cioè di evitare all¹imputato di sottostare troppo a lungo alla (spiacevole
anche se, magari, meritata) vicenda giudiziaria e quella di pervenire alla
punizione (se colpevole) dello stesso uomo che ha commesso il reato. I
processi per fare la storia (senza i mezzi e le cautele di Somaini) non
servono alla società civile e spesso non servono nemmeno alla storia.
Altra cosa è il sacrosanto diritto di evitare il danno e, se prodotto, di
vederlo risarcito, come ha ben spiegato Monaco.
Il lungo (e stimolante) ragionamento di Somaini, perciò, è, secondo me,
estraneo al tema dell¹amministrazione della giustizia ed alle esigenze che
essa non deve sacrificare.
Mario Viviani
La difficoltà nella ricostruzione dei fatti, nel trascorrere del tempo, é UN elemento fondante la prescrizione ma sicuramente lo é ancor più la ricostruzione dell'elemento soggettivo (come ho evidenziato nel precedente messaggio). In un sistema dove la pena deve tendere al reinserimento del reo come potrebbe prescindersi dall'elemento psicologico? Questo va detto anche con il rischio di semplificare per evitare di scrivere quanto già illustri giuristi e filosofi del diritto hanno ampiamente, nella storia, illustrato. La prescrizione è motivata dal diritto, altresì, dell'imputato ad un giusto processo in tempi almeno RAGIONEVOLI. Il fattore tempo che rende oggettivamente più difficile (ad esempio per l'inquinamento delle prove, la scomparsa o minore memoria e attendibilità dei testimoni. In un processo si deve stabilire la responsabilità penale di un soggetto con una pena GIUSTA ED EQUA non una approssimazione dei fatti come avviene spesso nelle ricostruzioni storiche) sia L'EFFICACIA dell'azione penale senza talasciare un elemento sempre più ostile all'opinione pubblica quale l'esercizio del diritto di difesa, quanto più le indagini e il processo avvengono anni dopo il fatto oggetto del reato.
Il nostro é un sistema giudiziario assai complesso e togliere tasselli a caso fa crollare il mosaico (Berlusconi non lo ha mai capito). Noi abbiamo l'obbligatorietà dell'azione penale in quanto il sistema é un accusatorio misto con elementi inquisitori etc etc etc. Abbiamo la prescrizione perché c'è l'art. 27 della Costituzione, l'obbligatorietà appena citata nonché un sistema che prevede il "carico pendente" (perdonatemi sempre l'approssimazione ma non vorrei partire a fare citazioni di sentenze e trattati, qui parliamo in termini più politici che giuridici e quindi é anche giusto così). Esiste una custodia cautelare invasiva forse come in nessun paese ed anche questo ha un collegamento con i delicati equilibri della prescrizione. Abolire la prescrizione sic et simpliciter diventerebbe un arma nelle mani sbagliate e credo che viviani abbia ben riassunto le motivazioni alla base di tale conclusione. La prescrizione non l'ha certo inventata chi voleva garantirsi una banale impunità. Alla base c'era un alta concezione della libertà e del diritto nonché dei diritti.
Cordialmente
Comprendo bene le argomentazioni di Monaco e di Mario, però qui ci sono alcune certezze:
a) c'è stata (ed è tuttora in corso) una strage
b) le vittime non hanno avuto giustizia
c) non l'hanno avuta nemmeno i parenti (neppure civilmente)
La giustizia si è quindi rivelata totalmente inefficace, proprio nel senso indicato da Monaco (la prescrizione, in questo caso, ha ammesso la colpevolezza). Questo è lo scandalo. Tutto il resto, compresi i sommi principii del diritto, di fronte a una tragedia di queste proporzioni, mi spiace, ma viene dopo. Altrimenti, summum ius, summa iniuria
cordialmente
GS
L' unico motivo, che ritengo generalmente condivisibile, per cui non puo' essere puramente e semplicemente abolita la prescrizione in sede penale è, a mio avviso, quello della tutela del principio del giusto processo e della sua ragionevole durata.
L' eccesso del ricorso alla custodia cautelare non ha ovviamente a che fare con la prescrizione del reato perché tale fenomeno è già fronteggiato dalle norme sulla durata massima della custodia cautelare stessa.
Perché la prescrizione avrebbe ammesso la colpevolezza visto che si é addirittura escluso il risarcimento? Sul punto ripeto si leggano le motivazioni prima di esprimersi. In ogni caso ribadisco che la centralità del problema é il DIRITTO ed il concetto di esso. Se il pm sbaglia imputazione é egli la causa del mancato riconoscimento di una ancor indimostrata colpevolezza. L'Ufficio di procura ha il dovere di sussumere la fattispecie concreta in quella astratta contemplata nel codice di diritto sostanziale e non deve, nella vocatio in ius, emendare o sollecitare originali interpretazioni soprattutto quando in gioco ci sono interessi civilistici delle parti. Le corti devono vagliare il merito ed il diritto (magari le difese avranno anche chiesto la derubricazione del reato in altro e sono rimaste inascoltate). La Suprema Corte valuta la problematica gnoseologica senza entrare nel merito. Se prescrizione c'è stata la " colpa" non risiede certo nella norma che la prevede ma in chi non ha voluto, saputo o ha esercitato in ritardo (troppo) il proprio dovere e questo in generale, non per forza nel caso di specie.
Ci sarà un modo per rispettare il sacrosanto principio della ragionevole durata del processo meno rozzo ed iniquo di quello consistente nel mandare impuniti i delinquenti, magari già riconosciuti tali in due gradi di giudizio ?
Poiché a quanto ho letto (non sono penalista) solo in Italia e in Grecia esiste questo meccanismo incredibile della prescrizione che continua a correre anche se si è arrivati in Cassazione, la risposta è certamente affermativa.
Se si depenalizzano tutte le fattispecie di minore importanza (per le quali, tra l’altro, spesso sanzioni diverse da quelle penali sono molto più efficaci) e si rendono responsabili sul serio per le lungaggini eccessive i singoli giudici ed anche gli uffici a cui appartengono, si possono fare – come in tutto il mondo civile – pochi processi che si concludono in tempi ragionevoli.
La difficoltà di acquisire le prove a distanza di troppi anni può indurre a sospendere la prescrizione solo dopo la sentenza di primo grado; nei gradi successivi le prove sono quelle …
Luciano Belli Paci
Grazie a Mario Monaco questa discussione è l'unica impostata secondo dei criteri giuridici decenti, perchè non esistono processi "esemplari" ma reati e nel caso dell'Eternit il reato è quello di omicidio, quello di "disastro ambientale" sarebbe al massimo un reato collegato stante la numerosità degli omicidi e soprattutto stante il fatto che molti dei morti manco lavorarono nello stabilimento, (a questo proposito vorrei ricordare a tutti la memoria di un grande sindacalista socialista della CGIL: Guglielmo Cavalli morto di mesotelioma perchè nacque a trecento metri dall'eternit), l'evidenza dell'errore di Guariniello è data dalla conferma (da parte della stessa Cassazione) della condanna per omicidio di tre managers di Termini Imerese e prorpio per omicidio
Tutta la discussione sui media italiani è invece impostata seconto schemi demagogici populistici, forse proprio per evitare che qualcuno alzi il dito e dica che il re è nudo.
Fraterni saluti
Dario
Il modo c’è. Far durare meno i processi come accade nel Regno Unito o in Germania.
Strano davvero che tutti cerchino di escogitare i mezzi più diversi quando sarebbe possibile raggiungere l’obiettivo magari abolendo ufficialmente l’obbligatorietà dell’azione penale, che in realtà non esiste.
La soluzione è sempre più vicina di quello che crediamo.
Mario Viviani
Certo che i processi devono durare di meno, su questo siamo tutti d'accordo. Personalmente, ma non da solo, sono favorevole ad abolire l'obbligatorietà dell'azione penale, ridotta ormai a pura ipocrisia. Ma forse sono necessarie anche altre misure e queste devono suggerirle i tecnici del diritto.
Maurizio Giancola
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