lunedì 10 settembre 2012

Peppe Giudice: Socialisti e cattolici

Socialisti e cattolici

La stagione forse più fertile di riforma nella storia repubblicana fu ottenuta grazie alla convergenza virtuosa tra socialisti e sinistra sociale democristiana. Nazionalizzazione della energia, idea di programmazione come governo sociale dell’economia, statuto dei lavoratori, eliminazione gabbie salariali, scuola media unica. Anche se questo processo fu colpevolmente dimezzato dalla narcotizzazione morotea (Moro è stato un iattura per tutta la sinistra) , giudicandolo con il senso di poi è stato un periodo rivoluzionario per un paese pigro che ha sempre cercato di evitare le soluzioni di continuità. Il rapporto virtuoso tra socialisti e sinistra cattolica ha inoltre aperto la strada all’unità sindacale che diede spinta alle grandi lotte operaie del 1969 (e che furono contrastate dalla strategia della tensione)
Quindi quella di un socialismo anticlericale ottocentesco è una sciocchezza bella e buona. E’ dal 1955 (congresso di Torino) che il Psi dismette totalmente quella posizione e guarda con grande interesse al travaglio interno al mondo cattolico cercando di liberarne la parte più democratica e progressista dalle ipoteche conservatrici e confindustriali.
Per colpa di un essere inutile come Boselli, un personaggio senza pensiero e senza identità che ha utilizzato una sigla per contrattare un posticino per soddisfare le esigenze del suo fondoschiena (uno scranno ben retribuito) , è tornata in voga l’idea del socialismo anticlericale e laicista radicale. Avendo adottato le stesse posizioni di Confindustria in materia sociale, lo SDI cercava di recuperare radicalità sul versante di una laicità concepita nel modo sguaiato e folcloristico alla Pannella (per poi legarsi dopo e elezioni al sagrestano Prodi). Rino Formica disse che Boselli era una espressione di bassissimo profilo di quel relativismo etico e politico che è uno dei cancri della II Repubblica. Le sue orme sono state seguite dal Cameriere super.laico e super liberista che però aveva un amore sviscerato per il super-integralista Casini. Gente da buttare nella pattumiera della politica.
Ma torniamo ad argomenti più seri. Io sono stato fieramente avverso al compromesso storico. E lo sarei di nuovo. Quello era un tentativo (fra l’altro impossibile per l’esplicito rifiuto della DC) di ingessare la democrazia italiana in uno schema organicista e che rifiutava la democrazia dell’alternativa. Serviva al PCI per accedere al governo senza fare la sua Bad Godesberg. Il compromesso storico di fatto eternizzava il bipartitismo imperfetto DC-PCI costruendo un sistema chiuso senza contraddittorio di fatto.
L’approccio dei socialisti alla questione cattolica era radicalmente diverso da quello togliattiano (e dalla variante attenuata berlingueriana).Togliatti era uno stalinista occidentale e la sua democrazia progressiva era una variante delle democrazie popolari della Polonia e dell’Ungheria. Dove esisteva un pluralismo formale ma non operante nella assoluta identificazione del partito comunista con la stato. La democrazia progressiva di Togliatti seguiva l’idea del partito-stato che simmetricamente è stata adottata dalla DC (e teorizzata da Dosetti) . Del partito strumento di dominio sullo stato sulla società. Di qui l’idea del collateralismo sindacale , della cinghia di trasmissione ecce ecc. L’idea socialista di democrazia sociale di Bauer, Cole e De Man è diversa. I partiti sono concepiti come corpi intermedi (è proprio nell’austromarxismo e nel guildismo inglese che si insiste su questo punto) al pari dei sindacati, del movimento cooperativo verso i quali c’è vicinanza ma nessuna cinghia di trasmissione che è frutto del dispotismo leninista. C’è invece dialettica ed interazione permanente in cui nessuno è dominus. Otto Bauer esprimendo forte simpatia per il socialismo guildista inglese diceva che il socialismo lungi da essere la soppressione della democrazia era la sua estensione al campo sociale ed economico. Un certo laburismo cattolico e cristiano ha molto assorbito questi concetti del socialismo democratico degli anni 30, alternativi alla concezione leninista di trasformazione sociale. Concetti che si basavano sull’idea di economia mista e programmazione, di una lettura di sinistra del keynesismo, dello sviluppo della democrazia economica tramite la cooperazione e la democrazia industriale. Non è un caso che in larga parte d’Europa la sinistra cattolica o luterana (o anglicana) si sia ritrovata nei partiti socialisti. E’ comune sia al socialismo democratico il rifiuto sia dell’atomismo e dell’utilitarismo liberale, sia dell’organicismo totalitario del comunismo.
Infatti la sinistra cattolica più vicina ai socialisti in Italia è stata quella di matrice sindacale. Donat Cattin, Labor, Carniti. Carniti ad esempio era un forte antiberlingueriano (ma ammirava Lama e Trentin). Carniti stesso disse in una intervista che la ragione dello scontro tra lui e Craxi da una parte (ma lo scontro lo volle più Carniti che Craxi) e Berlinguer dall’altra non era nel merito. Ma nel fatto che Berlinguer esigeva un diritto di veto del PCI sulle materie sindacali e quindi riconosceva una autonomia limitata al sindacato. Cosa inaccettabile sia per i socialisti che per i cattolici. Di fatto Berlinguer non riuscì mai a rompere con l’eredità togliattiana e questo fu il suo grosso limite. E li ci fu la rossa sconfitta del PCI che acentuò la sua crisi iniziata con il fallimento del compromesso storico.
Inoltre Laura Pennacchi (che viene dal PCI) ha ben messo in evidenza la profonda diffidenza del PCI verso la economia mista ed il planismo (sostenuti da socialisti e sinistra cattolica). Qui c’è un vizio leninista. Il quale condanna la teoria delle riforme di struttura , (tipica del socialismo revisionista degli anni 30), in quanto non si può utilizzare lo stato in economia prima della conquista del potere da parte del partito comunista (dittatura del proletariato). E quindi si ripiega su linee di fatto einaudiane, rivendicando il corretto funzionamento del mercato fino a quando non ci sarà la rivoluzione (che poi non ci sarà mai).
Di Vittorio fu l’unico ad opporsi fortemente nel PCI a questa visione. Il Piano del Lavoro (che si ispirava esplicitamente al piano De Man dei socialisti belgi del 1931) era fondato sul planismo e sosenuto sia da Di Vitorio ce da Santi. Riccardo Lombardi fu l’unico politico della sinistra che appoggiò esplicitamente Di Vittorio e Santi in questa impresa. Il resto del Psi aveva perso il senno nel frontismo (ma nel 1956 Lombardi, Giolitti e Santi si ripresero la rivincita contrastati solo dai grigi carristi come Vecchietti e Vlori.
Oggi dobiamo riprendere un dialogo fecondo tra socialismo democratico e cattlicesimo sociale. Polany metteva bene in evidenza come il capitalismo liberale distrugge relazioni comunitarie e sociali, rapporti umani, atomizza il tessuto sociale distruggendone la coesione. E produce reazioni di segno reazionario, cercando nel culto del sangue e della razza, della comunità tribale, la soluzione alla solitudine dell’individuo rispetto all’onnipotenza del mercato. Ma Polany diceva che c’è una soluzione alternativa ed è il socialismo democratico che ricostruisce la coesione ed il legame sociale nella democrazia e nella liberà.
Nella battaglia contro il totalitarismo capitalista e mercatista, c’è un grande terreno di incontro tra socialismo democratico cattolicesimo sociale. Sia ben chiaro: la laicità dello stato (che è poi lo stato di diritto) è un valore non negoziabile per i socialisti. Ma credo sia sbagliato dipingere il mondo cattolico come dei Buttigione fatti in serie. Lasciamo stare Zapatero, uno senza idee , che ha pensato di supplire a questa mancanza con un surplus di postmodernismo. Felipe Gonzalez gli ha fatto una bella strigliata. Piuttosto riprendiamo Bag Godesbrg nei suoi principi ispiratori. E quello che ci hanno insegnato Lombardi, Brodolini e Santi. O Delors. Una cosa sono i postdemocristiani altra cosa è il cattolicesimo sociale. Il PD si fonda volutamente sulla negazione di questa preziosa distinzione. Il socialismo non può soccombere di fronte al postmodernismo negatore dell’umanesimo ed ideologia serva del capitalismo liberale. Per questo una intesa tra umanesimo socialista e laburismo cristiano è essenziale anche dal punto di vista culturale.

Peppe

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bell'intervento. Da cattolico e socialista non posso che condividere
PP