domenica 1 maggio 2011

peppe giudice: rifondare il socialismo europeo

Rifondare il socialismo europeo
.pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno sabato 30 aprile 2011 alle ore 19.35.Rifondare il socialismo europeo





Blair e Schroeder hanno rappresentato il più serio tentativo di liquidare il socialismo democratico (e non certo di riformarlo).

Infatti in essi vi era la volontà di sostituire il socialismo con una ideologia neoliberale caritatevole che non riesce a vedere i conflitti esistenti nella società capitalistica ed auspica un ordine armonico ed equilibrato dal mercato (con opportune correzioni marginali).

Queste sub-ideologie sono il prodotto della forte egemonia ideologica di quel capitalismo liberista che è precipitato nella crisi più forte dal 1929.

L’essenza del socialismo è la critica (in forma democratica) al capitalismo. Senza di esso non c’è socialismo. Senza socialismo non c’è sinistra.

In Europa il Ps francese non ha mai aderito al blairismo ed è quello che è andato maggiormente contro-corrente. I due partiti che erano alfieri della III via (per la verità molto più il Labour che la SPD) hanno operato negli ultimi tre anni una radicale correzione di rotta. E’ il frutto della crisi sistemica del modello neoliberale ma anche, a mio avviso, lo sviluppo di una coscienza critica – nella SPD soprattutto – che era maturata nell’ultimo decennio.

Il riposizionamento a sinistra dei più importanti partiti socialisti europei apre oggettivamente il tema di una rifondazione del socialismo democratico (come socialismo del XXI secolo). Constatati l’esaurimento (per ragioni strutturali) del virtuoso compromesso socialdemocratico del 900 ed il fallimento e la inaccettabilità delle derive neoliberali blairiane, si pone l’arduo tema di porre le basi progettuali di questa rifondazione socialista.

Naturalmente, al contrario di quello che sostengono i vacui teorici della fine del 900, la storia non si azzera. Non si può fare astrazione delle grandi conquiste e dei risultati acquisiti dal socialismo del 900. Si tratta piuttosto di porre la rilevanza di quelle conquiste in un contesto modificato e di integrarle con tematiche che appartengono all’attualità (la questione ambientale prima di tutto).

Il socialismo del XXI secolo, insomma, deve andare oltre Bad Godesberg ma mantenendo i punti fermi rilevanti di quel programma.

Il tema di fondo del socialismo di oggi è quello di porre il tema della trasformazione sociale e della critica al capitalismo in una realtà in cui non è ne possibile, né auspicabile, mantenere i tassi di crescita quantitativa dell’economia al livello del periodo 1945-1975. Ritorna prepotente, quale base di partenza del nuovo socialismo, il tema di Riccardo Lombardi su una società diversamente ricca; su un profondo mutamento del modo di produrre e di consumare.

Il tema della trasformazione sociale non si può assolutamente porre nei termini della transizione al socialismo della “critica al programma di Gotha” di Marx del 1875 e che Lenin ha trasformato in teologia politica in “Stato e Rivoluzione”.

Marx conserva la sua importanza anche oggi (ma lui disse che non si considerava marxista) ma egli va integrato e corretto (come Riccardo Lombardi ed Antonio Giolitti ci insegnarono negli anni 50) con Keynes ed i postkeynesiani, senza dei quali è impossibile la comprensione e la critica del capitalismo contemporaneo (e naturalmente eliminando da Marx i residui della filosofia della storia hegeliana).

Se c’è un punto di convergenza profonda tra l’economia marxiana e quella post-keynesiana è la critica all’idea di società armonica fondata sull’equilibrio di mercato. Entrambi questi due punti di vista hanno evidenziato che il mercato non è uno strumento neutro, ma il terreno in cui si esercitano il conflitto sociale ed i rapporti di forza economici.

In Italia c’è ancora il PD che crede nella società armonica mossa dal mercato compassionevolmente corretto dalla politica. Non a caso il PD è quello che meglio ha compreso il senso del blairismo come fuoriuscita a destra dal socialismo. E su quello si è fondato il PD.

Fa ridere vedere alcuni esponenti del PD come Damiano redarguire la socialdemocrazia europea (di qualche anno fa) sulle sue derive. Ma se su queste derive si è fondato il PD, cazzo! Damiano, come corollario del suo ragionamento avrebbe dovuto prendere atto, come minimo, del radicale fallimento del PD (lo stesso vale per D’Alema).

Fatto è che in Europa è in atto una revisione a sinistra ed un recupero del socialismo. Dove porterà è ancora difficile dirlo. In Italia c’è però il nulla.

Il nostro compito come network è appunto quello di rilanciare le ragioni del socialismo europeo rinnovato nel panorama progressista italiano. Se Damiano ed altri sono convinti che le ragioni su cui si è fondato il PD sono quelle che hanno provocato la crisi della sinistra europea non ha che da impegnarsi nella ricostruzione socialista della sinistra italiana.

Credo comunque che in vasti settori del PD stiano maturando elementi di forte critica che investono le stesse ragioni fondative di quel partito. Si tratta di dare ad esse forma politica. Oggi, se vogliamo limitarci ai soggetti politici esistenti (e non considerare tutta quella area potenziale di opinione non organizzata) è evidente che un asse PD-SEL è quello su cui è possibile ricostruire la sinistra (ma questo comporterà la fuoriuscita dal PD dei moderati) da collocare nel socialismo europeo. Il nencinismo sia per consistenza numerica che per posizione politica (vuole ricostruire il centro e non la sinistra) si colloca fuori da questa prospettiva. Certo non si collocano fuori quei compagni del Ps apertamente critici con nencinismo e postcraxismo. Ma i “socialisti biografici” non esistono solo nel Ps; ve ne sono nel PD (e sono la maggioranza) ed in SeL.

Ma come dice il nostro carissimo amico e compagno Felice Besostri, la questione socialista non riguarda solo i socialisti ma l’intera sinistra.





PEPPE GIUDICE



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1 commento:

giovanni ha detto...

Io penso che non ci sia molto da inventare circa il rilancio (e non la rifondazione) del socialismo europeo, che a mio parere è in corso su basi teoriche e proposte concrete solide. Dopo la deriva neo-liberista i maggiori partiti socialisti europei hanno riannodato i fili della loro tradizione storica. In Italia nulla di significativo è sin qui accaduto, ma essendo un paese europeo, che non può prescindere dalle evoluzioni del continente, prima o poi qualcosa accadrà. Per propiziarlo occorre guardare i problemi che ci stanno di fronte e non le risposte a problemi di due secoli fa. Marx à stato una delle personalità più significative della storia ed ha fatto fare passi in avanti importanti al pensiero economico ed alla conoscenza delle società umane, ma il suo insegnamento non mi pare ulteriormente utile a risolvere i problemi dell’oggi. Dobbiamo pensare a lui con la stessa deferente ammirazione con cui ricordiamo Leonardo, Newton e Ricardo e pensare con spirito scevro da condizionamenti ai problemi dell’oggi. In un breve saggio del 1949 da titolo “Perché il socialismo?” Albert Einstein rifletteva sul fatto che la crescita numerica della popolazione umana e il prevedibile aumento dei consumi pro-capite avrebbe generato una crescente carenza di risorse: solo una società egualitaria e capace di una equa redistribuzione avrebbe potuto garantire all’umanità un’evoluzione senza drammatici e persistenti conflitti . Avendo i popoli della terra optato, invece, per un maggiore sfruttamento delle risorse, oggi, oltre alla prospettiva di carenza delle stesse, dobbiamo fare i conti con la compatibilità ambientale, poiché il pianeta non è in grado di sopportare i ritmi di sfruttamento che si son venuti determinando. Non può quindi essere la crescita economica l’obiettivo permanente delle società umane e l’incremento del PIL non può ulteriormente indicare il grado di efficienza di un sistema economico e deve essere sostituito con un indice di redistribuzione. Si tratta di condizioni per la sopravvivenza che non possono essere assolte dal capitalismo e dal mercato. Per i popoli europei esiste anche l’esigenza di regolamentare il processo di globalizzazione, non potendosi immaginare una competizione possibile con altre economie che producono a costi strutturalmente inferiori a quelli europei. E’ inaccettabile che i cittadini europei che vivono del loro lavoro, siano essi lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi o liberi professionisti vedano progressivamente ridursi la loro capacità di spesa e le protezioni sociali, semmai occorre che esse crescano nei paesi in via di sviluppo. Di qui l’esigenza di porre regole e limiti al processo di globalizzazione dell’economia, di contenere i processi di liberalizzazione, che nella realtà si configurano come eliminazione dei controlli preventivi e successivi a tutela dell’ambiente e del territorio, con conseguenze nefaste sul medio e sul lungo andare e di difendere la presenza pubblica nei settori strategici dell’economia e, soprattutto dei servizi alle persone resi in regime di monopolio. I maggiori partiti socialisti europei hanno già posto tali obiettivi nei loro programmi ed io credo che ciò sia un bel passo avanti nel presente periodo storico. Nel nostro Paese il creare una forza politica fondata su simili presupposti vorrebbe dire veder la nascita di una forza politica socialista sufficientemente avanzata per tutelare gli interessi sociali di riferimento. Ad un futuro immaginabile si potrà far fronte successivamente. Cari saluti. Giovanni Baccalini