SPAGNA 2011-2012
Prima di analizzare i risultati delle ultime elezioni municipali (in tutta Spagna) e autonomiche (in 13 Comunità su 17) appare opportuno fare alcuni cenni sul sistema elettorale spagnolo. Una sola Ley Organica (categoria di legge sconosciuta al nostro ordinamento, che si colloca tra una legge costituzionale e una legge ordinaria) per il parlamento, i municipi, le province, i Cabildos delle Canarie e le europee. Le elezioni autonomiche sono, invece, regolate dalle singole Comunità in conformità a propri Statuti, alla Costituzione e in conformità ai principi generali della Ley Organica. C’è una soglia di sbarramento apparentemente bassa del 3% per il Congresso dei Deputati e del 5% per i Municipi. Per il fatto che le circoscrizioni parlamentari sono piccole, corrispondendo alle province, che sono 50 e che eleggono in media 7 deputati, distribuiti con il metodo d’Hondt, sono favoriti i partiti maggiori e quelli regionali, mentre sono sfavoriti i partiti nazionali minori. Nelle circoscrizioni più piccole, che sono la maggioranza, la soglia di esclusione di fatto si avvicina al 10/12%. Nei Municipi è favorito il partito di maggioranza relativa, a meno che gli altri partiti, non concludano un accordo di coalizione, che raggiunga la maggioranza assoluta.
La stabilità è stata assicurata e una democrazia dell’alternanza, anche se la maggioranza assoluta di un solo partito sarà sempre più difficile: proprio per il peso crescente dei partiti regionalisti, confermato da queste elezioni. La sconfitta del PSOE e la vittoria del PP in bastioni rossi storici, come Barcellona e Siviglia per i socialisti e Cordoba per i comunisti, ha messo in ombra la sconfitta del bipolarismo, che si annuncia. In Spagna si registra lo stesso fenomeno italiano: i bipolarismi imposti con ingegneria elettorale non reggono. La Spagna è ancora più significativa dell’Italia, perché in quel paese il bipolarismo era, almeno, di tipo europeo con un partito socialista democratico appartenente al PSE e un partito conservatore del PPE. In Italia il maggior partito di opposizione, il PD, non appartiene ad alcuna famiglia politica, e il partito di maggioranza, il PdL, è un miscuglio di populismo, leaderismo e confessionalismo, senza paragoni in Europa e la cui appartenenza formale al PPE non ne cambia la natura. Grazie al meccanismo elettorale (incostituzionale, non bisogna mai stancarsi di ripeterlo) del premio di maggioranza è anche l’unico caso di alleanza stretta con un partito regionalista: in Spagna se la catalana CiU o il basco PNV si alleassero con il PP perderebbero ogni influenza nelle rispettive Comunità Autonome. Il processo sta iniziando per la Lega, che dalla collaborazione governativa ha tratto vantaggi di pura immagine, come il federalismo parolaio, e di sottogoverno, ma in compenso ha accentuato il centralismo della finanza pubblica, riducendo o abolendo le imposte municipali (ICI) e regionali (IRAP). Roma “ladrona” è diventata capitale costituzionale d’Italia e con un fiume di denari grazie ad una legge speciale. In Spagna veri partiti regionalisti/federalisti non chiedono il trasferimento di sedi di ministeri nelle loro regioni, ma il trasferimento delle loro competenze.
Nel 2007 il PSOE controllava 24 capoluoghi provinciali e il PP 23, nel 2011 il PP passa a 33 e il PSOE crolla a 10, ma più che raddoppiano, da 3 a 7, i capoluoghi controllati da altre formazioni. Le Comunità autonome guidate dal PSOE erano 7 nel 2007 e saranno 3 nel 2011, perché in due non si è votato il 22 maggio. Il PP, che ne aveva 6, quasi le raddoppia con 10, strappandone 3 al PSOE, Baleari, Aragona e Castilla-La Mancha, e una, la Cantabrica, ad una formazione locale. I regionalisti controllano ora 4 Comunità, che diventeranno 5 appena si voterà nel Paese Basco. Proiettando i risultati delle amministrative sul Congresso dei Deputati, il PSOE, 169 deputati, ne perderebbe 53, di cui soltanto 10, guadagnati dal PP, che ne ha 154 e che non avrebbe garantita la maggioranza assoluta di 176. La frammentazione, grazie al meccanismo elettorale crescerebbe in modo esponenziale da 10 partiti, di cui 5 con due o un deputato, a 19, di cui 11 con uno o due deputati. La crisi del bipolarismo è evidente, come anche è segnalata da un 4,24% di voti bianchi o nulli, che son aumentati, di più di un quarto, dovunque tranne che nel Paese Basco dove, invece, sono diminuiti. Questo è probabilmente effetto del movimento degli “Indignados” o movimento 15-M, troppo affrettatamente paragonati ai nostri Grillini. Tre nuovi soggetti politici meritano attenzione, due sulla destra e uno a sinistra, rispettivamente UPyD e PxC e Bildu. UpyD è una scissione del PP, ma che a Madrid ha sottratto voti ai socialisti e dei nuovi soggetti l’unico con proiezione nazionale avendo eletto consiglieri municipali in 5 capoluoghi di Provincia da Nord a Sud. Piattaforma per la Catalogna è una formazione xenofoba contigua con Fuerza Nueva. Bildu è la nuova espressione della sinistra abertzale basca, che in un colpo ha conquistato 1.138 consiglieri municipali, conquistando la maggioranza assoluta in 88 Municipi e quella relativa in altri 27, tutti nei Paesi Baschi e Navarra, diventando il primo partito nella capitale San Sebastian. Questo successo è il frutto della rottura politica della sinistra basca con ETA grazie al processo di pace, che è uno dei meriti di Zapatero. Il PSOE è al livello più baso di consenso da quando la Spagna è diventata democratica ed è di poca consolazione constatare, che nella sconfitta si conta sempre con un 27.79% dei consensi, quando la sinistra italiana non è rappresentata nel Parlamento. Il PSOE ha perso 1.558.000 voti, cioè un -7%, e il PP ne ha guadagnati 558.000, quindi un non entusiasmante +1,9% . Il PSOE ha perso voti a favore del PP in Andalusia e Castilla La Mancha e il PSC a favore di Esquerra Republicana e addirittura del PP in Badalona e di PxC. Lo spostamento di voti a sinistra verso IU è compensato da quello a favore di URyD.
Le ragioni della sconfitta sono di diverso tipo, sia generali, che locali. La perdita della Catalogna nelle elezioni autonomiche del novembre 2010 ha trascinato con sé quella di Barcellona e delle altre città catalane. La vittoria dei nazionalisti di CiU ha demoralizzato quella consistente parte dell’elettorato socialista del cinturone industriale di Barcellona, composto da emigrati da altre regioni della Spagna. La Catalogna è stata persa perché il governo di coalizione di sinistra non era stato coeso e si era drammaticamente diviso sulla riforma dello Statuto. Nei Paesi Baschi la presidenza socialista si appoggiava sul voto determinante del PP, un bacio della morte in una fase di ascesa della sinistra abertzale, che prima non partecipava al voto o che votava per i baschi socialisti. Nella Comunità madrilena ha giocato la divisione interna al PSOE con primarie, che, per essere sintetici, possiamo definire alla napoletana. In termini assoluti il PSOE ha perso un milione di voti in sole 5 Comunità e la metà in Andalusia e Madrid: la geografia delle aree di crisi con alto tasso di disoccupazione è rispettata. La ricetta per uscire dalla crisi non è facile, anche perché non sono univoche le ragioni della disaffezione. In Germania le perdite della SPD erano facilmente rintracciabili: 2/3 verso l’astensione e 1/3 verso Verdi e Linke. Ricentrare la politica verso sinistra ha consentito in tutte le elezioni nei Land successive alle federali del 2009 di recuperare le perdite. Il PSOE non ha alleati a sinistra con peso elettorale nazional e non può averli se non cambia la legge elettorale con una maggiore dose di proporzionalità a livello delle Comunità Autonome: la xenofoba PxC avrebbe eletto un deputato, mentre IU fatica ad eleggere con più voti in Castilla La Mancha. IU ha aumentato i voti alle Municipali di un 176% e del 254% alle autonomiche, raccogliendo una parte minore di elettori PSOE. I socialisti devono affrontare un’alternativa diabolica, se non cambiano la legge elettorale la vittoria del PP è scontata, se la cambiano finisce l’effetto del voto utile a sinistra sul quale, come il PD in Italia, sia pure con minor successo di quest’ultimo, ha costruito la sua fortuna. La risposta può essere solo politica e di politica economica in particolare: gli interessi di partito devono passare in secondo piano, se si vuol riannodare un rapporto con la società, che in Spagna si è rotto per l’austerità imposta dal sistema finanziario internazionale.
Felice Besostri
Direzione Nazionale PSI, Network per il Socialismo Europeo
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