martedì 5 aprile 2011

Peppe Giudice: I guasti del nuovismo scalfariano-veltroniano

I guasti del nuovismo scalfariano-veltroniano
.pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno martedì 5 aprile 2011 alle ore 2.19.I guasti del nuovismo scalfariano-veltroniano







La I Repubblica è venuta meno non perché fondata sui partiti, ma a causa del sistema politico bloccato che è stato incapace di promuovere il ricambio ed il rinnovamento delle classi dirigenti, per cui i partiti si sono sempre più trasformati in macchine di potere e si sono sempre meno caratterizzati come strumenti di auto-organizzazione della democrazia. Le ragioni del blocco sono ben note e non ci ritorno.

Comunque il modello democratico-repubblicano ha consentito al nostro paese il più grande e rapido sviluppo economico, sociale e civile, mai registratosi nella nostra storia unitaria, unitamente alla crescita democratica. Il merito è da ascrivere ai grandi partiti ed alle grandi tradizioni politiche espressioni della storia repubblicana (DC, PSI,PCI). Il 1989 poteva rappresentare lo spartiacque per passare da un modello di democrazia consociativa (per cui tutti e tre i grandi partiti dovevano, in forme e modi differenziati, partecipare al governo di fatto del paese) ad una democrazia dell’alternativa di tipo europeo in cui la Dc avrebbe potuto svolgere il ruolo della CDU tedesca o dei gollisti francesi (perno di un polo democratico moderato e conservatore) e PSI e PCI (le cui ragioni di divisione si erano di fatto dissolte) costruire un polo progressista di sinistra socialista.

Ora nel nostro paese, in misura superiore rispetto ad altri paesi europei, c’è sempre stato un forte potere di interdizione, rispetto alla politica, dei poteri occulti, delle corporazioni, delle lobby.

Per quanto riguarda i poteri occulti basta pensare al ruolo svolto dalla P2 che non era una loggia “deviata” ma una espressione della massoneria ufficiale (questo risulta dagli atti della commissione parlamentare) – le associazioni di tipo massonico sono sempre un pericolo per la democrazia per la loro capacità di condizionamento delle istituzioni. Ma a parte le associazioni semisegrete rilevante è il ruolo di lobby e corporazioni ben individuabili.

Fino a quando c’erano i partiti essi costituivano comunque un contrappeso rispetto alla influenza di tali corpi.

E’ con il crollo dei partiti che costoro sono diventati, in Italia, i referenti privilegiati della dialettica politica.

Ma dobbiamo tener conto di un altro dato: il mutamento in corso nel capitalismo dagli anni 80. Insomma fino alla prima metà il capitalismo che si andava globalizzando nel segno della finanziarizzazione strutturale accettava (sia pure non di buon grado) il compromesso con la democrazia politica, anche in quei paesi (come l’Europa) dove essa era una democrazia con forte connotazione sociale. Ma alla fine degli anni 80 la democrazia nazionale diventa per il capitalismo globale un ostacolo per le sue finalità. Per cui, soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino, utilizzando la disfatta del comunismo quale deterrente per ogni forma di critica e di alternativa al capitalismo (e soprattutto a quello che si stava sviluppando) si utilizza il pensiero unico neoliberale per un processo di “normalizzazione” della democrazia che marginalizzasse ogni forma di autentico pensiero socialista.

Il Trattato di Maastricht è la forma con cui il pensiero neoliberale si è imposto in Europa. Le voci critiche dei socialisti si ridussero a tre: Delors, Craxi e Lafontaine. Certo qualche puritano potrà insorgere vedendo che io inserisco il nome di Craxi con quelli di Delors e Lafontaine. Ma una approfondita analisi storica mi darà ragione. Il guaio di Craxi è che era troppo sputtanato ed in più teneva dentro il partito i postcraxiani come Martelli, Amato e De Michelis, che quel trattato lo idoleggiavano. Delors nel 1993 cercò di emendarlo cercando di non computare nel patto di stabilità le spese per investimenti pubblici; ma nel 1993, guarda caso si abbatte una bufera giudiziaria sui socialisti francesi (i quali perdono le elezioni a favore dei gollisti). Lafontaine si auto emarginò politicamente nella Linke (anche se la SPD di oggi ha recuperato parte della sua elaborazione di allora).

Non è un caso che il post-socialismo di Blair sia stato accolto con grande fervore da un lato dai postcraxiani come Martelli, Boselli e Nencini (!!!!!) ma soprattutto dalla Lobby editoriale Scalfari-De Benedetti con la loro mascotte Veltroni. La III Via fu salutata come l’alba del progressismo del III Millennio: le inutili ovvietà neoliberali di Giddens riempirono le pagine di Repubblica e de l’Espresso. La triade Clinton-Blair-Veltroni riluceva!

In effetti il pensiero unico neoliberale (oggi lo si riesce a comprendere con nettezza) in Italia ha avuto due varianti, espressioni di due lobby. Quella populista-qualunquista di Berlusconi espressione di quel capitalismo rampante, ruspante e cafone (quello di Mediaset, dei palazzinari, di quella media e piccola impresa che pensa di poter competere evadendo il fisco e non rispettando le regole) e quella tecnocratica di cui la Lobby De Benedetti è la principale referente, ma a cui guarda con favore anche la Fiat e tutto il capitalismo nazionale globalizzato. In realtà è questa seconda area che cerca legami stretti con la finanza internazionale. Ma quest’ultima ha i suoi rappresentanti in entrambi gli schieramenti; Prodi e Tremonti.

La versione italiana della III Via cerca di trasformare l’unico partito di sinistra rimasto il PDS-DS e la coalizione dell’Ulivo negli strumenti politici di questo capitalismo tecno-liberista. La “Cosa 2” fu il tentativo di emanciparsi tramite un timido recupero del socialismo, da questo patrocinio. Ma il suo stesso ideatore “se la fece sotto” e ne favorì il suo aborto.

Ma quali sono i cardini di questa “ideologia scalfariana”?



1) I partiti sono centri di malaffare. Inquinano le istituzioni e producono professionismo politico che tende ad autoriprodursi

2) Per cui occorre ridurre drasticamente il numero dei partiti e tendere al bipartitismo di tipo anglosassone. Frenare il professionismo politico tramite l’ingresso di personale proveniente dalla “società civile: professionisti, imprenditori, uomini di cultura (se poi non capiscono un cazzo, fa niente)

3) Costruire una alleanza fra “gli onesti” per salvare il paese dal degrado e dalla corruzione. I progressisti all’americana devono costruire un blocco storico, con gli imprenditori “onesti” (secondo Scalfari), i giudici che combattono mafia e corruzione, i giornalisti antimafia ed anticorruzione (quelli di Repubblica e del “Fatto”)

4) Eliminare ogni forma di intervento pubblico in economia. Giammai di nuovo lo stato padrone!! Dare spazio agli imprenditori “onesti” , privatizzare tutto il possibile. Affidare all’Antitrust (con magari a capo uno che piace al capitalismo globalizzato) la vigilanza sulle regole di mercato (quali sono queste regole?). Liberalizzare il possibile per rendere il consumatore sovrano..(una sciocchezza a cui non crede seriamente più nessuno) i lavoratori devono accettare la flessibilità (lo impongono la globalizzazione e la modernità ….) e poi con la “Flexysecurity” (che costa un casino e non ci stanno i soldi) avremo la precarietà alla ..vasellina.



La mia è certo una rappresentazione volutamente caricaturale di certe posizioni. Ma questo ciarpame ideologico di fatto ha condizionato pesantemente il centrosinistra odierno.

Se noi esaminiamo i vari punti, ce ne rendiamo conto.

La retorica antipartitocratica (era della destra) è un punto centrale dello scalfarismo. Peccato che i partiti della seconda repubblica abbiano moltiplicato per cento il malaffare e la corruzione. Il bipartitismo è violenza totalitaria contro una democrazia pluralista. Se è giusto porre un freno alla frammentazione esso non può sfociare nel bipartitismo.

L’ingresso della “società civile” (che non è affatto migliore di quella politica) è stata un disastro. Ha di gran lunga peggiorato la qualità e la cultura delle classi dirigenti e fatto emergere maneggioni ed affaristi della peggiore specie.

Dobbiamo a sinistra fare un discorso serio sulla magistratura. Qui non c’è la solita storiella del socialista che ce l’ha con i magistrati perché hanno distrutto il PSI. Il PSI sarebbe crollato anche senza Mani Pulite. Ma non c’è dubbio che un pezzo della magistratura abbia voluto far pagare a Craxi l’impegno sul referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. E poi il fatto che la bufera giudiziaria sia scoppiata quasi contemporaneamente sul PSI italiano e sul Ps francese mi fa sorgere qualche dubbio circa il legame di pezzi della magistratura con alcuni circoli internazionali.

Ora i magistrati seri ed eroici come Falcone, Chinnici ed Alessandrini li onoriamo tutti. Ma non per questo possiamo esimerci dal fare le critiche che vanno fatte ai comportamenti lobbistici e corporativi di pezzi dell’ordine giudiziario. Che è stato debole e subalterna con la politica quando il potere politico era forte; arrogante ed autoritaria quando esso si è indebolito. Tutto il contrario delle funzioni che una magistratura seria dovrebbe svolgere in uno stato di diritto. La politicizzazione della magistratura è una bestemmia per lo stesso. Perché se c’è una funzione che non può essere politicizzata essa è proprio quella giudiziaria. Certo, poi nella realtà è molto difficile realizzare per intero questo precetto , perché i magistrati sono uomini come gli altri. Ma proprio per questo il principio della terzietà e della separazione tra magistratura giudicante e requirente è indispensabile per lo stato di diritto.

Quindi i magistrati non possono far parte di nessun blocco storico progressista.

L’alleanza degli onesti è una sciocchezza qualunquista: ma ha contagiato un pezzo della sinistra che magari apprezza più un fascista “onesto” come Travaglio che un comunista libertario come Sansonetti.

Sull’economia si rende evidente come l’azione dei governi dell’Ulivo e di Berlusconi sia stata convergente. Privatizzazioni e liberalizzazioni come motore dello sviluppo: una filosofia condivisa da entrambi. Idem sul mercato del lavoro. Tra Treu e Biagi c’è una evidente continuità. Enrico Letta una volta disse: “siamo noi i veri liberisti democratici, Berlusconi è un falso liberista; egli è un monopolista” – a questo si riduce lo scontro destra-sinistra.

E’ evidente che la ricostruzione di una sinistra per il socialismo comporta la radicale messa in discussione di tutto il paradigma scalfariano. La riduzione dello scontro sinistra-destra come scontro tra legalità e corruzione ha favorito non poco il berlusconismo. Sia perché ha allontanato la sinistra dal socialismo e dalla centralità della questione sociale, sia perché il comportamento di molti amministratori e dirigenti politici del centrosinistra ha fatto emergere gravi episodi di malaffare anche nello schieramento avverso a Berlusconi. L’opinione pubblica si è totalmente assuefatta a tali episodi per cui vive il tema della legalità come fatto puramente propagandistico.

La sinistra quindi va ricostruita su una cultura alternativa a quel miscuglio di qualunquismo, giustizialismo e liberismo costruito dalla lobby di Repubblica.

Tramite la costruzione di un progetto economico e sociale alternativo sia alla destra qualunquista di Berlusconi, sia a quella tecno-liberista di Scalfari. La crisi del liberismo fa emergere con maggior nettezza i limiti di tutte le varianti della III Via. Il socialismo europeo l’ha compreso ed oggi il PSF, il Labour, e la SPD stanno ricostruendo una via socialista democratica. Anche perché in quei paesi la memoria socialista non si è mai perduta. E lo dimostra il fatto che comunque in questi paesi i lavoratori hanno continuato a votare socialista (anche quando non lo meritavano). In Italia la maggior parte della classe operaia vota a destra: questa è la differenza.

E vota a destra (o si astiene) perché non individua nello schieramento di centrosinistra nessun partito che ponga il lavoro e la giustizia sociale al centro della propria identità e del proprio essere.

Senza un socialismo che guardi al XXI secolo non ci sono speranze per la sinistra italiana.



PEPPE GIUDICE

1 commento:

luciano ha detto...

Condivido la riflessione di Peppe Giudice, che individua molto bene il
meccanismo attraverso il quale in Italia il "pensiero unico" è diventato
effettivamente unico.
Vorrei solo proporre un emendamento. Scrive Giudice "spariti i partiti ...
la lobby di Repubblica è divenuta il punto di riferimento ...".
Io invece scriverei "fatti sparire i partiti ...".
Il ruolo di Repubblica nello sfibrare i partiti della "prima repubblica",
nel renderne irreversibile la crisi negli anni '90 e nell'impedirne la
rinascita negli ultimi 15 anni è stato decisivo.
Al fondo dell'odio anticraxiano coltivato a lungo dalla lobby scalfariana
non vi era solo il conflitto con gli interessi di De Benedetti, ma anche
l'individuazione in Craxi del baluardo del primato della politica.
Primato contro il quale Repubblica ha cavalcato tutte le campagne di
delegittimazione possibili, alimentando il mito della "società civile" e
giocando di sponda con le sciagurate spallate "referendarie" del geniale
(ironia) Mariotto Segni.
Facendo così, a ben riflettere, un servizio perfetto a Berlusconi, che
scendendo in campo ebbe buon gioco a vantare una superiorità in quanto "non
politico" ed a sfruttare tutte le opportunità che il nuovo sistema
elettorale offriva ad un potentato mediatico.
Ma ancor più determinante è stata l'opera di Repubblica nello spargere sale
sulle rovine della politica, in modo da impedire che i partiti potessero
rinascere.
Due i momenti cruciali.
Il 2001, quando il gruppo Repubblica-Espresso scatena tutta la sua potenza
di fuoco riuscendo ad impedire che Amato, presidente del consiglio in
carica, venisse scelto come candidato del centrosinistra. Se al posto del
"democratico" (ed effimero) Rutelli ci fosse stato Amato, non solo le
chances di battere Berlusconi in quelle elezioni sarebbero state maggiori
(se non altro perché i nostri avversari non avrebbero potuto metterci alla
berlina perché avevamo delegittimato noi stessi il nostro governo, non
scegliendo il candidato naturale), ma in ogni caso i DS sarebbero stati
premiati elettoralmente e sarebbe uscito rafforzato il tentativo in corso di
dare a quel partito un definitivo profilo socialdemocratico.
Gli anni 2003-2007, quando Repubblica scatena un vero e proprio kulturkampf
per far chiudere i partiti in formazione (DS e Margherita) e farli confluire
nel PD: nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma
bordello, proprio come l'Italia descritta da Dante.
Missione compiuta !

Luciano Belli Paci