martedì 4 gennaio 2011

Pier Lugi Camagni: Perché ho aderito a Lavoro e libertà

Ho aderito all'appello di "Lavoro e Libertà" (sul sito della Lega dei Socialisti Lombardia http://www.legadeisocialistilombardia.it/ il testo).

Vi ho aderito perchè, se è pur vero che i problemi produttivi posti da Marchionne hanno una loro rilevanza, esistono e vanno affrontati, la produttività dell'azienda Italia è stata tradita anche dagli imprenditori, FIAT prima di tutti.

Se ora è necessario dar vita a un nuovo patto sociale, ad un nuovo tipo di partecipazione, occorre che sia ben chiaro che il modello, per altro tanto declamato anche da Confindustria, deve essere quello tedesco, quello codeterminato e cogestito (il modello Mitbestimmung, tanto per intenderci, in cui il comitato di vigilanza di un impresa è composta per la metà di rappresentanti del capitale e metà da rappresentanti dei lavoratori) e non sicuramente quello completamete subordinato al padrone proposto da Marchionne.

Il LAVORO, principio su cui si fonda anche la nostra Repubblica, è e deve rimanere un diritto a cui ogni individuo deve aspirare per la promozione personale, della propria famiglia e dell'intera società, e non può essere una pistola alla tempia nei confronti dei cittadini che o vi si inchinano a sono fuori dal contesto non solo lavorativo ma civile.

E proprio sul tema della LIBERTA' e dei diritti, occorre ricordare che i lavoratori, a fronte del via libera ad un volo virtuoso dell'impressa, hanno già rinuciato alla scala mobile, hanno accettato le privatizzazioni, hanno dato flessibilità al mondo del lavoro (di fatto precarizzandolo), hanno dato pace sociale (con anni di ridottissima mobilitazione), hanno perseguito la moderazione salariale (e i salari italiani sono tra i più bassi), cosa si vuole ancora?

Non è accettabile che si chieda di rinunciare al un diritto indisponibile (come ben sottolinea l'appello di "Lavoro e Libertà"), «un diritto individuale esercitato in forme collettive. Un diritto della persona che lavora che non può essere sostituito dalle dinamiche dentro e tra le organizzazioni sindacali e datoriali, pur necessarie e indispensabili.»

Un diritto, per altro, quello sindacale, sanciato a livello costituzionale che giustamente ha a che fare con l'esercizio stesso della libertà individuale e di pensiero.

Il ricatto del mancato investimento e della delocalizzazione era ed è un ricatto irricevibile e proprio questo rende inaccettabile, per le motivazioni sopra esposte, la sostanza stessa dell'accordo.

Questo sembra non abbiano capito e continuino a non capire anche alcuni a sinistra, nel PD ma anche nel PSI (mi riferisco in particolare al comunicato di oggi dal titolo "L'accordo andava fatto").

Per questo ho aderito e invito compagne e compagni che volessero fare altrettanto ad inviare una mail con i propri dati e con la dichiarazione di adesione al prof. Francesco Garibaldo (fgaribaldo@gma il.com)

.

9 commenti:

claudio bellavita ha detto...

Io non aderisco, perché non provo nessuna solidarietà per la FIOM, in particolare per quella di Torino, ma soprattutto perche non è vero che l'accordo negozia diritti indisponibili, se così fosse sarebbero traditori e venduti i rispettabili sindacati che hanno firmato. I diritti sono così indisponibili che ne ha disposto lo Statuto dei lavoratori all'art. 19, che stabilisce appunto che la rappresentanza sindacale deriva dagli accordi aziendali. E non è un diritto costituzionalmente protetto per la semplice ragione che il sindacato non è un vero soggetto giuridico di rango costituzionale perché non ha mai voluto l'attuazione della sua regolamentazione prevista dalla costituzione.

Ciò premesso, certo che si può solidarizzare con un sindacato che resta isolato, ma io penso che invece sia l'occasione buona di chiedere la rottamazione del gruppo dirigente, FIOM, in particolare di quello torinese, il cui modus operandi e discendi è in pratica:

-a noi non interessano i contratti ma le lotte
-se restiamo soli è perche gli altri sono dei traditori
-al nostro interno decidono i burocrati e i distaccati che non vogliono rientrare in fabbrica, assemblee di fabbrica ne facciamo poche, si leggano il Manifesto che gli fa bene
-se la CGIL non ci vuole appoggiare magari facciamo la nostra confederazione con i COBAS
-se il Pd non ci appoggia, facciamo il nostro partito e forti del prestigio operaio prendiamo la leadership della sinistra alternativa, i cui esponenti sono logori e un po' stanchini

A questo punto, e mi spiace per Bergomi, che ha scritto cose che condivido, ma soprattutto per i giovani della Fabbriche, Vendola rischia di cadere in un loop torinese.
Ha già detto una solenne cavolata, di essere contrario alla TAV, perchè i rumorosi no global locali non gli hanno spiegato che sono in minoranza anche in Val di Susa, ma però in Puglia la TAV gli va bene : dovrebbe ripassare la geografia, la TAV/TAC di cui si discute va da Lisbona a Vladivostok, con derivazioni in IRAN-INDIA e in Cina, quella della Puglia è una faccenda solo italiana, prolungamento da ROMA o da Bologna di una derivazione della grande TAV. Ma se continuiamo a perdere tempo coi noglobal, da Lione si passerà per la Svizzera e l'Italia resterà tagliata fuori, finchè non si farà furba, a sole sue spese per un intero traforo che alla Francia non interesserà più.

Adesso si accinge a dar retta alla FIOM isolata e bisognosa del soccorso degli eterni firmaioli dei "partigiani della pace"( tra i quali, significativamente, non si trova Berta, il maggior esperto di FIAT del mondo accademico): beh, ci racconti se vuole essere un secondo Bertinotti, di cui nessuno sente il bisogno, o un'alternativa ai gatti paralitici e noiosi del PD.
Ci dica anche se la sua narrazione è basata sul Manifesto, che dalla nascita ogni giorno sputa addosso ai socialisti (e chiede soldi ai lettori perchè sono saccenti su tutto ma non sanno fare i conti), o su Internazionale, il settimanale di notizie ( e non di prediche) che mi risulta essere la lettura preferita dei giovani delle Fabbriche

giovanni ha detto...

Quanto alla rappresentanza, premesso che lo Statuto dei lavoratori non è il Talmud (in un senso o nell'altro), è chiaro che il problema della democrazia e della rappresentanza non si pone, storicamente, nel 2010, come si poneva nel 1970. In ogni caso, se persino il Corriere si pone il problema dell'esclusione della Fiom e chiede un nuovo accordo interconfederale, non vedo perché non dovremmo essere d'accordo anche noi, sostenendo, tra l'altro, la posizione della Camusso. Vedo però che i sostenitori dell'accordo svicolano di fronte ad alcune questioni che avevo posto precedentemente:

a) l'introduzione di turni di dieci ore, con riduzione delle pause, è un progresso? Un'innovazione?

b) Lombardi tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 contestava lo sviluppo dei trasporti concentrato sulla gomma. Allora forse esagerava, ad esempio nella sua polemica contro le autostrade. Ma esiste in Italia un problema storico di ricerca e di innovazione (diverso dalla polemica attuale, un po' noiosa, tra innovatori e conservatori) in cui, storicamente, si inserisce anche la questione della Fiat (e magari anche quella della Olivetti)?

c) Il modello Marchionne di relazioni industriali è così diverso da quello di Ford agli inizi del secolo scorso? Dove sta l'innovazione?

Un caro saluto a tutti
Giovanni

libertino ha detto...

Forse è necessario ricordare che l'art 19 dello Statuto dei lavoratori è quello che leggiamo oggi dopo la modifica referderai di Pannella e Bonino che, ormai, dobbiamo considerare come i veri estromissori delle FIOM adesso.

giovanni ha detto...

Quanto alla rappresentanza, premesso che lo Statuto dei lavoratori non è il Talmud (in un senso o nell'altro), è chiaro che il problema della democrazia e della rappresentanza non si pone, storicamente, nel 2010, come si poneva nel 1970. In ogni caso, se persino il Corriere si pone il problema dell'esclusione della Fiom e chiede un nuovo accordo interconfederale, non vedo perché non dovremmo essere d'accordo anche noi, sostenendo, tra l'altro, la posizione della Camusso. Vedo però che i sostenitori dell'accordo svicolano di fronte ad alcune questioni che avevo posto precedentemente:

a) l'introduzione di turni di dieci ore, con riduzione delle pause, è un progresso? Un'innovazione?

b) Lombardi tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 contestava lo sviluppo dei trasporti concentrato sulla gomma. Allora forse esagerava, ad esempio nella sua polemica contro le autostrade. Ma esiste in Italia un problema storico di ricerca e di innovazione (diverso dalla polemica attuale, un po' noiosa, tra innovatori e conservatori) in cui, storicamente, si inserisce anche la questione della Fiat (e magari anche quella della Olivetti)?

c) Il modello Marchionne di relazioni industriali è così diverso da quello di Ford agli inizi del secolo scorso? Dove sta l'innovazione?

Un caro saluto a tutti
Giovanni

claudio bellavita ha detto...

giuridicamente la posizione dei sindacati firmatari è ineccepibile, come puoi vedere dal messaggio del mio amico Brignolo (sindacalista FIOM fino al 1979, gli proposero di andare al nazionale e lui invece decise di uscire, adesso si occupa di comunicazione aziendale a Milano). politicamente no, e infatti anche la Confindustria si sta muovendo.
Che l'auto sia un mezzo superato di muoversi, per lo meno nelle aree a alta concentrazione di popolazione è indiscutibile. Anche la FIOM di Torino ci ha fatto un convegno sopra, e suppongo che AIraudo, che va due o tre volte all'anno a tenere i rapporti col sindacato USA ne abbia parlato, spaventando non poco il secondo azionista del gruppo...

giovanni ha detto...

Quanto alla rappresentanza, premesso che lo Statuto dei lavoratori non è il Talmud (in un senso o nell'altro), è chiaro che il problema della democrazia e della rappresentanza non si pone, storicamente, nel 2010, come si poneva nel 1970. In ogni caso, se persino il Corriere si pone il problema dell'esclusione della Fiom e chiede un nuovo accordo interconfederale, non vedo perché non dovremmo essere d'accordo anche noi, sostenendo, tra l'altro, la posizione della Camusso. Vedo però che i sostenitori dell'accordo svicolano di fronte ad alcune questioni che avevo posto precedentemente:

a) l'introduzione di turni di dieci ore, con riduzione delle pause, è un progresso? Un'innovazione?

b) Lombardi tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 contestava lo sviluppo dei trasporti concentrato sulla gomma. Allora forse esagerava, ad esempio nella sua polemica contro le autostrade. Ma esiste in Italia un problema storico di ricerca e di innovazione (diverso dalla polemica attuale, un po' noiosa, tra innovatori e conservatori) in cui, storicamente, si inserisce anche la questione della Fiat (e magari anche quella della Olivetti)?

c) Il modello Marchionne di relazioni industriali è così diverso da quello di Ford agli inizi del secolo scorso? Dove sta l'innovazione?

Un caro saluto a tutti
Giovanni

vito ha detto...

Continuiamo così, continuiamo a cavillare su pause, (no pause no, deve essersi compreso che 10 min di pausa in più o in meno non sono cruciali) allora si passa agli accordi firmati e non firmati.
E' chiaro che i lavoratori obtorto collo accetteranno, perchè sono in gioco i loro destini individuali. Che un tale ricatto al ribasso debba accettarlo ache la FIOM bisognerebbe spiegarlo con argomenti più robusti.
In Italia semplicemente la FIAT approfitta opportunamente dell'assenza della Politica.Oggi Luciano Gallino e Lucia Annunziata lo descrivevano abbastanza chiaramente su "Repubblica" e "La Stampa".
E tutto lì, disgraziatamente.
P.S. Se alla FIAT venisse applicata alla lettera la sentenza sugli SWAP, la FIAT non sarebbe degli Agnelli da qualche anno.
Si può chiedere almeno un minimo sindacale di onestà se non intellettuale almeno storica.

vito ha detto...

Continuiamo così, continuiamo a cavillare su pause, (no pause no, deve essersi compreso che 10 min di pausa in più o in meno non sono cruciali) allora si passa agli accordi firmati e non firmati.
E' chiaro che i lavoratori obtorto collo accetteranno, perchè sono in gioco i loro destini individuali. Che un tale ricatto al ribasso debba accettarlo ache la FIOM bisognerebbe spiegarlo con argomenti più robusti.
In Italia semplicemente la FIAT approfitta opportunamente dell'assenza della Politica.Oggi Luciano Gallino e Lucia Annunziata lo descrivevano abbastanza chiaramente su "Repubblica" e "La Stampa".
E tutto lì, disgraziatamente.
P.S. Se alla FIAT venisse applicata alla lettera la sentenza sugli SWAP, la FIAT non sarebbe degli Agnelli da qualche anno.
Si può chiedere almeno un minimo sindacale di onestà se non intellettuale almeno storica.

Felice ha detto...

la sinistra, che pure si erge a paladina della COSTITUZIONE nei fatti non mostra di avere sensibilità istituzionale. La mancata attuazione degli articoli 39 e 49 lo dimostra, come aver mantenuto l'art. 66, per cui una maggioranza parlamentare decide chi è membro del Parlamento e non c'è controllo giuridizionale sulle decisioni. L'opposizione alle elezioni dirette dei vertici esecutivi ha visto come protagonisti personaggi di sinistra. Un certo Veltroni aveva sostenuto un referendum per il passaggio all'unonominale secco. L'indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale non ha trovato molte opposizioni, così come le liste bloccate, le soglie di esclusione e i premi di maggioranza. Con il mio scritto sulla FIAT volevo richiamare l'attenzione sul sistema politico- costituzionale. In questo quadro occorre stabilire almeno una linea comune tra CGIL e FIOM e tecnicamente la proposta della Camusso mi sembra ragionevole e che consente di non essere in un cul de sac. Chiedo coerenza a tutti, se sono in gioco diritti costituzionali non si tergiversa: esistono anche i provvedimenti d'urgenza. Se con l'accordo si inibisce alla FIOM, rectius ai lavoratori iscritti alla FIOM, di darsi una rappresentanza aziendale, la conformità all'art.19 Statuto dei Lavoratori così come modificato dal referendum 1995, non lo salva dall'incostituzionalità. Diverse sentenze della Corte Costituzionale hanno riconosciuto ai sindacati iu diritti di formazione sociale e possono intervenire nei procedimenti per l'ammisibilità dei referendum. La registrazione non è un obbligo ma una facoltà. Se un sindacato non vuole dotarsi di uno statuto a base democratica, può farlo, ma non si può registrare. Se non si regisstra non può stipulare contratti collettivi vincolanti erga omnes, ma può sempre farli per i propri iscritti. Al puntuale Ayroldi chiederei di spiegare agli operai FIAT, ma anche a qualcuno di noi, la questione degli SWAP. Grazie