lunedì 17 gennaio 2011

Mauro Beschi: Il voto alla Fiat

Il voto alla FIAT


Il voto dei lavoratori a Mirafiori, dopo settimane di scontri, polemiche, mistificazioni, ripropone una serie di riflessioni riguardo la attuale condizione del lavoro.

In primo luogo il voto pone una questione etica e politica: di fronte ad una drammatizzazione che vuole mettere sulle loro spalle decisioni che assumerebbero addirittura dimensioni epocali, i lavoratori esprimono un orientamento che riporta in primo piano la concreta materialità dei processi produttivi e del lavoro, le cui condizioni venivano espunte da ogni discussione, e un livello di dignità e coscienza di se che dovrebbe essere di esempio a classi dirigenti sempre più pompose quanto insignificanti.

Verrebbe da dire che più ancora che l’esito del voto sia impressionante come la dinamica degli avvenimenti abbia riportato al centro del palco il merito dei problemi con le sue articolazioni e contraddizioni. Ritorna il lavoro, ritorna la politica industriale (che non c’è), ritorna il conflitto sulle impostazioni alternative di politica economica, ritorna la contraddizione tra capitalismo e democrazia, ritornano soggetti sociali in carne ed ossa, con le loro ansie, paure ma anche con la loro straordinaria domanda di giustizia, eguaglianza, solidarietà, umanità e civiltà.

Inoltre, la vicenda Fiat ripropone altre considerazioni:

· Quando il sindacato è diviso il potere contrattuale diminuisce e si rendono praticabili attacchi alla condizione di lavoro, all’ esercizio della rappresentanza, alla dignità delle persone e persino a diritti considerati fino a prima non disponibili;

· Quando i modelli contrattuali diventano lo strumento non per regolare condizioni e prerogative ma, essenzialmente, per consentire la loro deroga, il processo che si può innescare è tale da non poter essere più governato dalle stesse Parti che lo hanno condiviso;

· Se non si ricostruisce un sistema di regole non esiste alcuna possibilità di invertire il declino del Paese o di realizzare quelle riorganizzazioni dell’ economia e dell’apparato produttivo necessarie per la competitività e la coesione sociale.

I lavoratori della Fiat ci hanno detto, con il loro voto, che il ritorno all’ ottocento non è inevitabile; che le ristrutturazioni aziendali e le innovazioni non sono praticabili senza una relazione con le concrete condizioni dei lavoratori, se non parlano alla loro intelligenza, alla loro fatica e alla loro dignità.

Se, nelle prossime settimane, gli attori politici e sociali trarranno spunto da ciò che è accaduto, se lo sapranno correttamente interpretare, questo sarà da attribuire all’equilibrio ed alla saggezza di quei lavoratori che, caricati strumentalmente di enormi responsabilità, hanno fatto riemergere la questione lavoro e l’hanno loro consegnata per trovare nuove e più coerenti strade di iniziativa, tutela e rappresentanza.

Mauro Beschi

per l’Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi”

16 gennaio 2011

11 commenti:

giampaolo ha detto...

In soldoni: si è chiesto ai dipendenti FIAT (continuare col desueto LAVORATORI è purtroppo un vecchio retaggio che divide le categorie), se sono disponibili a rinunciare a talune conquisate o se preferiscono rischiare la fame. La magfgioranza ha accetato il sacrificio. Oggi va detto a chiare lettere che questra maggioranza ha avuto un grande coraggio: Chiedete ai padroni se sono disposti a rinunciare a qualcosa. Vi risponderanno sempre di no, fino alla corda che li impicca. Per questo quell'oltre 54% è eroico, perché ha votato contro ogni demagogia. Chi vivrà vedrà!

Giovanni ha detto...

Caro Giampaolo, a me sembra che le dichiarazioni odierne di Marchionne indichino una presa di coscienza del fatto che non si governa una fabbrica senza il consenso dei lavoratori. L'avesse fatto prima, sarebbe stato molto meglio. Soprattutto, spero che al momento di redistribuire gli eventuali profitti, non dichiari, secondo lo stile Fiat, che la festa è finita (senza che per i lavoratori sia mai iniziata). La CGIL e soprattutto la Fiom dovrebbero cominciare a fare, da parte loro, un serio ragionamento su come funziona la cogestione, magari ricominciando da quella proposta di legge che fece Pizzinato di inserimento di un rappresentante dei lavoratori nel collegio dei revisoiri dei conti

mario ha detto...

Speriamo tu abbia ragione. Dall'intervista io traggo luci e ombre di certo ombre dove non si rende conto che forzare la mano sull'accordo è stato un errore e rimane oggi un errore. Lucido sui temi diritti e doveri, didascalico quando parla di partecipazione (gli utili vanno distribuiti certo ma prima ottenuti!). Ci vorrebbe subito un governo capace di imporre il confronto ma pare siano impegnati in altri confronti
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luciano ha detto...

Urca, se quelli che hanno votato SI' (che hanno tutta la mia comprensione)
sono eroici, quelli che hanno votato NO, mettendo a repentaglio il posto di
lavoro, cosa sono ?
Caro Giampaolo, ma perché usare le parole in libertà ? Quel 54 % può essere
animato da realismo, da senso di responsabilità, da comprensibile paura del
domani ... tutto fuorché l'eroismo !
Mi guardo bene dal fare equiparazioni che sarebbero grottesche, ma se
passasse la tua logica allora bisognerebbe considerare "eroi" i 1188 docenti
universitari che "si sacrificarono" giurando fedeltà al fascismo e non i 12
che, rifiutando di giurare, persero la cattedra ...
Luciano Belli Paci

dario ha detto...

Caro Giovanni oggi Marchionne dice, dopo aver vinto, che intende
> portare avanti il suo progetto, e questa Ãf¨ una buona notizia, a
> Torino
> c'era davvero l'impressione che alla FIAT tutto sommato preferissero la
> vittoria
> del NO per poter andare a fare auto da un'altra parte, e con i chiari di
> luna che ci sono a Torino (vedere i dati sulla CIG cresciuta del 140% in
> un
> anno che ho postato sul blog del Rosselli dieci giorni fa) 1 miliardo di
> investimenti per rifare in toto la piattaforma di Mirafiori (che oggi
> Ãf¨
> adatta per auto di piccola e media cilindrata) sono grasso che cola.

lanfranco ha detto...

capisco tutto.Che si possa giudicare realistico l'atteggiamento di chi ha votato sì,anche se sono convinto che molti l'abbiano fatto con non minore rabbia di chi ha votato no.Ma un mondo capovolto,a testa in giù come quello che sta nell'analisi di mercanzin ancora non l'avevo visto,neanche da parte dei tanti commentatori proni alle posizioni di marchionne.Bisogna dare atto che almeno è una analisi originale!

francesco maria ha detto...

Ma provare almeno ad avere un linguaggio meno violento verso chi la pensa diversamente no?
Mi pare che il paragone con il fascismo di Luciano sia del tutto fuori luogo.

Eventualmente si può fare un paragone con momenti di tensione e scelte degli anni 70 e 80, ma comunque con prudenza.

Eviterei comunque valutazioni sul coraggio e giudizi morali sia pro che contro: abbiamo già passato anni bui in cui la politica si confondeva con la morale.

E ci stiamo ricascando, anche su altre questioni.

FranzMaria

dario ha detto...

Caro Franzmaria

un piccolo consiglio ai pasdaran del NO de noantri: leggersi l'intervista ad Airaudo sul Corsera di oggi che, siccome è il più svicio (sveglio) Fiommino (tant'è che non l'hanno eletto segretario generale) e che conosce Torino, fa una operazione di ricucitura, riconoscendo la piena dignità di chi ha votato SI.

Poi magari domani si candida alle primarie per la Sinistra torinese, ma questo è un altro discorso, perchè se lo facesse confermerebbe la tesi di chi dice che la campagna referendaria in FIAT era propedeutica ad una scelta della FIOM (peraltro già confermata da MicroMega) di farsi capofila di un nuovo partito di sinistra.

Dario Allamano

claudio ha detto...

....e liquidare così l'avventura di Vendola, che a Torino si trova appiattito sui noglobal, notav, noinceneritore, no tutto: ritorno alla natura. Agitando chi il vangelo chi gli sparafumogeni. Se Bertinotti era oggettivamente utile a Berlusca, Airaudo è utile al PD...

renato ha detto...

Caro Luciano,
sono con te.
Anche se il tuo esempio è abbastanza "forte", rende bene l'idea.
All'epoca, mio nonno Renato, da funzionario della Banca d'Italia, rifiutò di
giurare fedeltà al fascismo e fu licenziato.
Una delle tante conseguenze, fu che mio padre (Ugo), a tredici anni, dovette
lasciare la scuola e andare a lavorare in fabbrica.
Ebbene, nella mia vita non ho ancora incontrato un uomo che, al pari di mio
padre, abbia nutrito tanto rispetto nei confronti di una persona (il padre)
che lo aveva, in pratica, avviato ad una vita di sacrifici, ma insegnato il
senso della dignità!
Cordialità, Renato Fioretti

giampaolo ha detto...

Io non faccio del sarcasmo Luciano, faccio dei ragionamenti, suffragati
dall'esperienza sindacale di fabbrica. Di FABBRICA, non di pubblico impiego o
libero professionista.
Essere contro il PADRONE, il DIRIGENTE, il CAPOREPARTO è molto facile. Ed è,
nella cognizione antagonista delle classi, una cosa normalissima. Molto più
difficile per una lavoratore che continua fianco a fianco con qualcun altro che
lo considera traditore, crumiro, baciapile, venduto, ecc, è riconoscere (anche
sbagliando) che qualche volta anche la controparte puo avere buone ragioni. A
meno che non pensiamo che i datori di lavoro sono tutti sadici ed egoisti ed
hanno a cuore SOLO il proprio tornaconto. So, sempre per esperienza che hanno
certamente a cuore PRIMA ilo loro tornaconto, ma non SOLO. Pensaci e studia la
psicologia dei lavoratori DIPENDENTI(non del lavoro) e vedrai che forse non ho
tutti i torti: è molto più difficile dare ragione al padrone (anche obtorto
collo), che non dargli torto!