PER IL DOPO BERLUSCONI: UNA TECNOCRAZIA IPERLIBERISTA?
Il combinato disposto fra l'esito dello scontro di qualche settimana fa sui conti pubblici e la prospettiva del federalismo fiscale intorno al quale si adombrò l'ipotesi concreta di un governo Tremonti, la sentenza della corte costituzionale sul legittimo impedimento e la conseguente riapertura delle ostilità verso il Premier da parte della magistratura milanese con una operazione davvero molto pesante e tale – se con esito positivo – da porre sul serio il tema di una vera e propria “crisi di regime”,l'esito del referendum di Mirafiori dove, accanto allo splendido dato di resistenza offerto dalla classe operaia di quella fabbrica, vanno valutati con attenzione anche gli esiti concreti che potranno essere possibili sul terreno delle relazioni industriali e sindacali, fa sì che emerga una ipotesi effettiva di “dopo Berlusconi”, senza il passaggio delle elezioni anticipate (almeno per il 2011) e l'apertura di una fase di transizione con il passaggio da un regime di tipo populistico all'interno del quale abbiamo vissuto nel corso degli ultimi 15 anni ad un quadro di governo basato su quella che ci siamo permessi definire come “tecnocrazia iperliberista”.
Nella sostanza si tratterebbe di una risposta davvero “estremistica” all'inasprirsi ulteriore della crisi economica internazionale, nel termini di una ripresa forte di una linea assimilabile a quella dei “Chicago-Boys” ispiratori, è bene ricordarlo, sia del reaganismo – tachterismo ma anche di regimi autoritari come quello del generale Pinochet in Cile.
Il modello sarebbe quello, da un lato, delle “lacrime e sangue” sul piano economico, dell'ulteriore distruzione dei residui dello stato sociale, di un modello di democrazia, economica e politica, fondato sull'ipotesi proposta agli operai Fiat: una ipotesi che si vuole, ovviamente, esportare all'esterno (ed è stato proprio questo motivo, quello dell'esportazione all'esterno che ha convinto la destra a dare tanto spazio al referendum: proprio per sfruttare in quella direzione l'eventuale successo. Non certo per produrre con tranquillità a Torino questi improbabili SUV. Ed in questo inganno è caduta anche la CGIL come confederazione, diversa ovviamente la posizione della FIOM perché toccata direttamente negli interessi vitali della categoria e nella stessa possibilità della rappresentanza. Anche se, è bene ricordarlo, il tema della rappresentanza è antico:deriva dallo scioglimento dei consigli, dall'avvento delle RSU, dall'accordo del 1995).
Insomma: la prospettiva, per dirla con una sola parola, è quella di una ulteriore “stretta”, sia sul piano sociale, sia sul terreno politico (nessuno, in questi giorni, tra l'altro ha posto il tema della violazione della Costituzione Repubblicana, salvo una lettera di Rossana Rossanda indirizzata al Presidente Napolitano e mi pare rimasta ancora senza risposta, e quello della legge elettorale, che fino a qualche giorno fa pareva all'ordine del giorno, almeno nel dibattito dell'opposizione, di centro come di sinistra).
In queste condizioni mi pare mutino di segno alcuni elementi di prospettiva, anche a breve, sui quali pure si era lavorato nei mesi scorsi, principalmente quello dell'idea del CLN, per una ipotesi elettorale a breve finalizzata ad un mutamento delle regole per aprire poi una dinamica politica “normale”.
L'assoluta indeterminatezza del PD sotto questo aspetto appare del tutto esiziale: il fatto che, in quel partito, esistano forze consistenti favorevoli ad una ipotesi di possibile transizione su quella linea che ci siamo permessi di definire come di “tecnocrazia iperliberista”, pone alla sinistra problematiche e condizioni nuove.
Problematiche e condizioni nuove che si pongono per entrambi gli spezzoni in cui è divisa l'attuale sinistra extraparlamentare (problemi molto pesanti si pongono anche per chi, nel PD, intende mantenere una posizione di “sinistra”); prima di tutto si pone un tema assolutamente decisivo al riguardo dei contenuti, con all'ordine del giorno i punti di fondo della ricerca di un nuovo “compromesso socialdemocratico” che va ricercato urgentemente ben al di là delle semplici “narrazioni” (occorrono opzioni concretamente alternative alla “tecnocrazia iperliberista”, sul terreno della collocazione internazionale, dell'intervento pubblico in economia, della programmazione, tanto per fare gli esempi più importanti); in secondo luogo è necessario pensare ad una ipotesi di nuova soggettività politica che si giochi, in alternativa al modello corrente della personalizzazione del tutto confacente ad entrambe le ipotesi in lotta sul fronte avversario, quella populistica e quella tecnocratica, sul tema del “partito”, un partito unitario della sinistra, fuori dagli schemi ideologici passati, in grado esprimere progetto, cultura, programma, radicamento sociale; ancora, e per finire, il tema della collocazione politica che dovrà essere realizzata basandosi essenzialmente sull'autonomia programmatica e politica della sinistra, senza pensare a confluenze improprie e a “cantieri” aperti con soggetti interni all'ipotesi di “tecnocrazia iperliberista”.
Le sole alleanze possibili possono riguardare, come già abbiamo accennato, le “regole del gioco” da modificare nel tempo più breve.
Da lì una proposta di schieramento potrà partire soltanto nel momento in cui sarà possibile avanzare una vera proposta di “egemonia” a sinistra, non fondato su personalismi impropri ed arroccamenti controproducenti.
Sarà possibile aprire una riflessione su questi punti, tentando di analizzare concretamente la prospettiva politica a medio termine e collocandoci al di fuori dei propagandismi e delle ambizioni personali?
Savona, li 16 Gennaio 2011 Franco Astengo
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