sabato 15 gennaio 2011

Franco Astengo: La classe operaia

LA CLASSE OPERAIA
L'esito del “referendum-ricatto” svoltosi a Mirafiori dimostra, nella scia del risultato già avutosi qualche mese fa a Pomigliano e rafforzandolo, come non solo esista la classe operaia, ma come essa mantenga intatti i propri dati costitutivi di identità e di dignità.
Questo può essere il solo commento, al di là dell'esito numerico dovuto, fra l'altro, alla decisività del voto degli impiegati: non segnaliamo questo dato per forzare strumentalmente differenze che non debbono essere usate in alcun modo per dividere, ma per segnalare una realtà concreta, che meglio potrà essere analizzata attraverso l'esame dei voti reparto per reparto.
Non si tratta di usare la retorica esaltando la “fatica del lavoro” e come attraverso questa fatica si costruisca un'etica: questioni di altri tempi che, pure, meriterebbero di essere ricordate e sottolineate.
Non è il nostro compito, di analisti politici, di indicare alla FIOM come portare avanti questo risultato che, nelle condizioni date, può essere ben giudicato come eccezionale: è evidente come debba ripartire subito una stagione di lotte, a partire dallo sciopero del 28 Gennaio; una stagione di lotte tesa soprattutto a ripristinare il dettato costituzionale così clamorosamente violato da questo “referendum-ricatto”.
Diversa, invece, l'analisi relativa alle forze politiche: da un lato esce completamente e definitivamente spiazzato il PD (con certi personaggi che, in sede locale torinese, dovrebbero ben pensare al loro ruolo istituzionale e alle loro candidature; pensarci nel senso dell'opportunità di mantenerle senza provare vergogna) e dall'altra parte si richiede alle forze della sinistra di opposizione un vero e proprio salto di qualità nell'elaborazione politica e nello sforzo unitario; non bastano e non servono le passeggiate ai cancelli per cercare di accrescere il proprio particolarismo personalistico.
Serve, invece, una riflessione collettiva tesa verso il conseguimento di ciò che manca: un vero soggetto politico di riferimento, capace di costruire un sedimento unitario al di là delle divisioni storiche e di organizzarsi tenendo conto davvero dalle realtà sociali che debbono essere rappresentate.
Ventisei anni fa registrammo una sconfitta dalle proporzioni analoghe, sul piano numerico, di quella subita a Mirafiori dalla FIOM (mi riferisco, ovviamente, al referendum sulla scala mobile), con un esito largamente superiore, però, alla rappresentatività potenziale di chi lo sosteneva: il gruppo dirigente del PCI ne trasse, in sintonia con le analisi che si svolgevano allora essenzialmente sul tema della “modernità”, una lezione al contrario arretrando paurosamente nella propria capacità di produrre una efficace agenda politica; adesso non va commesso, sia pure in condizioni completamente diverse, un analogo errore.
Mirafiori chiama la sinistra: la chiama all'unità e alla lotta.
Savona, li 15 Gennaio 2011 Franco Astengo

2 commenti:

elio ha detto...

Caro Astengo, io sono contento che abbia vinto il si perchè ero certo che la FIAT avrebbe portato la fabbrica altrove e migliaia di famiglia sarebbero rimaste senza lavoro. Ora i problemi sono due: Impegnare Marchionne a fare gli investimenti in tempi rapidi e ridiscutere la rappresentanza perchè la FIOM entri in fabbrica. Questo è compito di Confindustria e delle tre Confederazioni che devono trovare un accordo magari sancito con una legge. Elio Veltri

guido ha detto...

Io penso invece che si debba rendere un onore sincero e chiaro agli operai che in questi giorni con grande abnegazione e contro tutti (Marchionne, il Sindaco di Torino, il Governo tutto intero, ma con particolare virulenza gli ex-socialisti, molti della sinistra, senza contare ovviamente tutti i padroni e padroncini) hanno difeso un principio fondamentale della democrazia moderna e cioè che la difesa dei diritti contro il più forte si deve fare anche mettendo a rischio il proprio interesse immediato. Anche i primi socialisti del movimento operaio all’inizio di una lunga e sanguinosa storia di conquista di diritti universali dovevano confrontarsi con il falso dilemma estortivo “se non c’è lavoro non ci sono i diritti”. La risposta storica dei movimenti operai, socialisti e democratici è stata quella di rispondere “vogliamo il lavoro con i diritti”. Si può fare perché il lavoro serve agli operai, ma è assolutamente essenziale per i capitalisti. GM