domenica 6 dicembre 2009

Nicola Del Corno: Sindaci xenofobi e provinciali? La cura del libertario Caffi

da leragioni.it


Sindaci xenofobi e provinciali? La cura del libertario Caffi
giovedì 3 dicembre 2009, 13.24.20 | Redazione
di Nicola Del Corno

«Pensavamo fosse una storia di satanisti o di extracomunitari», così il sindaco leghista ha commentato il suo errore nell’aver valutato male il presunto autore dell’efferato delitto di Cocquio Trevisago; quello in cui alla vittima sono state mozzate le mani. Chi poteva compiere un siffatto delitto così bestiale secondo l’ineffabile logica leghista? O il diavolo o un extracomunitario… Ma questa è soltanto una perla di saggezza identitaria che la quotidianità padana ci offre: natali bianchi (e non certo per la neve), carrozze separate (quando non addirittura blindate) sui mezzi pubblici di trasporto, medici delatori che invece di prestare cure e soccorsi denunciano il presunto clandestino…

Di fronte a tanto accanimento nei confronti dello straniero, colpevole di intaccare chissà quale integrità comunitaria, ci vengono fortunatamente in soccorso le sagge parole del socialista libertario Andrea Caffi, il quale al contrario reputava che qualunque società avesse solo da guadagnare nel venire in contatto con «elementi stranieri»; e la storia era la miglior prova “provata” delle sue considerazioni. D’altronde Caffi nella sua vita aveva avuto modo di girare, incontrare persone diverse per estrazione e cultura, confrontare tanti stili di vita, mischiare tradizioni e costumi disparati, rifiutando ogni forma di omologazione. Il suo peculiare esprit cosmopolita lo si può cogliere da questo passo scritto durante le traversie della seconda guerra mondiale in cui esaltava l’incontro a scapito di una costretta riduzione ad unum; passo che bisognerebbe far leggere nelle scuole anziché insegnare l’esclusione tramite il dialetto:


«Un altro tratto caratteristico è l’importanza dei contatti con “elementi stranieri” (quindi dei viaggi, dell’assimilazione delle mode estere, eccetera) per lo sviluppo della “società”. Dal liberale trattamento dei meteci di Atene, all’animazione cosmopolita di Parigi e Pietroburgo, dal giovane Ippocrate che viene a svegliare Socrate prima dell’alba per annunziargli l’arrivo di Protagora, alle accoglienze che “tutta Mosca” fa a Madame de Staël, dalle fiere di Troyes, di Lione e di Bruges, dove tanti italiani del Tre e Quattrocento acquistarono una “visione europea” dei fatti sociali, alla continua circolazione di “novità” e di notizie su cose lontane lungo i consueti itinerari di pellegrini, fraticelli, scolari d’Università, compagnons du Tour de France, giocolieri, compagnie d’attori, compagnie di ventura: sempre l’incontro di gente di diversa origine e almeno temporaneamente distaccata da “fisse” occupazioni si è manifestato fecondo per una solidarietà umana fuori dalle norme utilitarie o giuridiche. Mentre il rigido spirito di casta, il nazionalismo xenofobo, il provincialismo condannano al torpore ogni vita di società», (Scritti scelti di un socialista libertario, a cura di S. Spreafico, Bilion Edizioni, Milano, 2008, p. 146).

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