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Quanto si assomigliano i socialisti teutonici e i socialisti italiani
venerdì 4 dicembre 2009, 7.35.34 | Redazione
di Jacopo Perazzoli
Il percorso intrapreso dalla socialdemocrazia tedesca all’indomani della sconfitta nella tornata elettorale del 27 settembre 2009 ha più di una similitudine con la via percorsa dal PSI nei momenti immediatamente successivi alla “débacle del 1976”, così definita dallo storico Marco Gervasoni. L’esito dell’elezioni di quel giugno, che portarono il partito di Nenni ad un esiguo 9,6%, fu allora il più deludente della storia del socialismo italiano, che venne quindi costretto ad un radicale rinnovamento. Anche la SPD oggi, con appena il 23,5% delle preferenze nelle votazioni per il Parlamento federale, il Bundenstag, del 27 settembre 2009, ha conseguito il minor numero di consensi della sua ormai secolare vita. D’altra parte questo risultato era già stato ampiamente preannunciato dal voto per le elezioni europee, dove i socialdemocratici, con il 20,8% dei consensi, ottennero la peggior percentuale in ambito extra nazionale.
I giornali tedeschi hanno quindi avuto gioco facile a indicare, concordemente con l’opinione pubblica, il partito dell’ex vice – cancelliere, nonché principale antagonista di Angela Merkel, Frank – Walter Steinmeier come il grande perdente delle recenti votazioni federali.
I primi due effetti di questa sconfitta sono state le dimissioni dello stesso Steinmeier, proprio come accadde con De Martino nel luglio del 1976, e, di conseguenza, l’apertura di un congresso quanto mai cruciale per la SPD. Gli argomenti da affrontare non erano pochi: i cinque anni di grande coalizione con la CDU, la gestione verticista del partito da parte della troika composta dall’ex vice Merkel, dal Presidente del partito Franz Müntefering e dall’ex ministro delle finanze Peer Steinbrück, e inoltre anche la richiesta di un profondo ricambio generazionale da parte di una base che, con i suoi 537.995 aderenti, continua a essere la più grande di Germania, sempre molto attiva e battagliera.
Ne è prova proprio il percorso che ha portato al radicale cambiamento avvenuto nelle assise nazionali di Dresda lo scorso 13 novembre. Infatti l’elezione alla guida della socialdemocrazia tedesca del cinquantenne ex ministro dell’Ambiente, nonché ex Presidente della Bassa Sassonia, Sigmar Gabriel è arrivata all’interno di una strategia, fortemente voluta, come già preannunciato, dai tesserati di base, nell’intenzione di riportare a sinistra il baricentro della SPD, obiettivo già per’altro indicato, in occasione di una conferenza stampa pre – congressuale, dalla neo – segretaria generale del partito Anna Nahles, giunta addirittura a sconfessare la politica moderata dell’ex leader Gerhard Schröder. Ciò che più balza all’occhio, anche dei commentatori meno esperti, è il notevole ricambio generazionale avvenuto tra le fila socialdemocratiche: un vero e proprio salto in avanti che, soprattutto se paragonato all’asfittica panorama politico italiano, sembrava impensabile fino a qualche settimana fa, quando le previsioni erano ancora tutte per una nuova Große Koalition.
Lo stesso inevitabile ricambio generazionale segnò il PSI della seconda metà degli anni ’70, in occasione del Comitato Centrale svoltosi nell’albergo romano del Midas il 16 luglio 1976, che portò alla segreteria Bettino Craxi. Quest’ultimo arrivò alla massima carica grazie ad un colpo di mano delle nuove leve nei confronti dei padri storici del socialismo italiano, appoggiato con convinzione, come nel partito di Steinmeir, dai militanti di base. Il problema forse più pressante per il PSI era di riacquisire quella capacità di produrre una politica autonoma nei confronti del duo DC – PCI che, è bene ricordarlo, con il 73,08 % delle preferenze, rispettivamente il 38,71% per i cattolici e il 34,37% per i comunisti, aveva allora chiuso in un angolo i socialisti italiani.
Nell’identica situazione si trova oggi la socialdemocrazia tedesca: sebbene non sia stretta tra due poli, come avvenne al PSI, il motto “pur di governare”, cavallo di battaglia della gestione a tre Steinmeir – Müntefering – Steinbrück ha posto la SPD nelle stesse condizioni del partito di Nenni degli anni ’70: un totale, passivo appiattimento sulle decisioni governative prese dal più grande alleato \ avversario, la CDU della cancelliera Merkel, che ha portato alla perdita, da parte del partito socialdemocratico tedesco, della capacità di una propria elaborazione politica.
Ebbene la SPD, con le decisioni assunte nelle assise nazionali del 13 novembre 2009, ha deciso di battere la via già percorsa dal PSI nel 1976 e speriamo che tale rinnovamento riveli tutta la sua quanto meno iniziale carica positiva che contraddistinse il nuovo partito di Craxi.
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