Da Sinistra Democratica riceviamo
e volentieri pubblichiamo
Il momento
delle scelte
"Ora è più che mai per chi è di sinistra il momento delle scelte, da compiersi insieme con coraggio e spregiudicatezza. Bisogna capire che cosa possa voler dire oggi essere di sinistra, bisogna capire quali siano le cause della disfatta subita dalla sinistra nel nostro paese, bisogna capire se vi siano le basi per una sua ripresa e a quali condizioni.". Rilanciamo qui di seguito ampi stralci dell'intervento inviato dal professor Massimo L. Salvadori all'incontro "Fare opposizione oggi".
di Massimo L. Salvadori
A mio avviso ci troviamo nel nostro paese di fronte a cinque gravi emergenze.
La prima è l’avvento al potere in Italia di un governo che, lasciata rapidamente cadere la maschera di una volontà di dialogo con l’opposizione parlamentare, ha mostrato, ancora una volta, tutta l’arroganza di Berlusconi e dei suoi uomini e alleati.
La seconda è costituita dal fatto che questo governo gode di un ampio consenso popolare.
La terza è lo stato di grande debolezza del principale partito di opposizione, il Partito democratico, che, sgonfiatasi la retorica veltroniana rivolta ad esaltare il successo ottenuto con la nascita del «maggiore partito riformista della storia italiana», è ora costretto a misurarsi con tutti i suoi irrisolti problemi interni, che, sullo sfondo della sconfitta elettorale la quale ha frustrato le ambizioni di una forte irruzione al centro, attengono anzitutto al tipo di partito che intende essere, alla sua cultura politica, ai rapporti tra laicità e cattolicesimo neointegralista, alla collocazione internazionale.
La quarta emergenza è da porsi in relazione sia allo sbandamento delle forze a sinistra del Partito democratico, estromesse dal Parlamento e alla ricerca di che cosa fare di se stesse sia al dato che la sinistra italiana per la prima volta nella sua storia è priva di un grande soggetto che la rappresenti e organizzi.
La quinta è che la clamorosa vittoria di Berlusconi rappresenta, per dirla con Gobetti, molto più di una pur importante vicenda politico-elettorale, poiché è l’«autobiografia di una nazione», lo specchio di tutte le debolezze del suo spirito civile che affondano le loro radici nella storia del paese. Ora è più che mai per chi è di sinistra il momento delle scelte, da compiersi insieme con coraggio e spregiudicatezza. Bisogna capire che cosa possa voler dire oggi essere di sinistra, bisogna capire quali siano le cause della disfatta subita dalla sinistra nel nostro paese, bisogna capire se vi siano le basi per una sua ripresa e a quali condizioni. Per parte mia, ritengo che non abbia senso una sinistra svincolata dal socialismo, poiché altrimenti essa si ridurrebbe unicamente ad una figura topografica. Stiamo assistendo al fatto che i ricchi si sono letteralmente riappropriati del mondo in una misura macroscopica. Le grandi oligarchie finanziarie e industriali dettano l’agenda della distribuzione del reddito, della dislocazione delle risorse, dell’organizzazione della produzione, dei rapporti tra capitale e lavoro, tra di comanda e chi subisce. I diritti sociali sono in ritirata.
Massimo L. Salvadori
La condizione dei lavoratori, precari e non precari, e anche dei ceti medi peggiora nettamente. Le oligarchie piegano gli Stati ai loro interessi, controllano la gran parte dei mass media e quindi la formazione dell’opinione pubblica, la democrazia è ridotta ad un sistema di passiva legittimazione popolare dei governi da parte di cittadini che in politica hanno il ruolo che nel mercato tengono i consumatori. Ma ecco il problema. Il disagio sociale e politico è acuto, sennonché le risposte della sinistra sono teoricamente insicure e praticamente quanto mai poco incisive. Noi sappiamo cosa non vogliamo, ma non sappiamo come passare dalla negazione alle alternative positive. Questa è la sostanza della crisi profonda della sinistra. In Europa il socialismo naviga in un mare di incertezze. L’Internazionale socialista è un insieme di partiti uniti da un collante assai debole. In Italia, siamo alla disfatta. Il Partito democratico, se non sa dove approdare in sede europea, sa invece di non voler essere socialista; e i variamente socialisti che sopravvivono si trovano a dover ricominciare daccapo. Programmare un’opera di ricostruzione significa misurarsi – ne siamo ben coscienti – con enormi difficoltà. Ma per aprire un orizzonte, è anche necessario chiudere con il passato. Sempre dato per scontato che nelle lotte concrete nessun accordo utile è da respingere, a mio avviso la sinistra da ricostruire deve partire dalla consapevolezza che dalle tentazioni neocomunistiche non vi è nulla da aspettarsi e che quindi con esse bisogna mostrare la massima fermezza nel respingerle, poiché sono il prodotto di un ormai inerte e velleitario residuo storico. Per quanto riguarda ciò che resta del Partito socialista, penso che sia positivo aprire un confronto e un dialogo, ma al tempo stesso far ad esso presente che lo sforzo di far sopravvivere un partito ormai consumato dagli eventi è un capitolo da chiudere definitivamente, a partire dai suoi appartenenti. E vengo alla Sinistra democratica. La sua breve e difficoltosa esperienza come forza singola è anche questa conclusa. All’Arcobaleno ha fatto seguito una pioggia pesante. Ma la sua funzione non è esaurita. Almeno da essa, ci si può attendere che prenda una iniziativa di forte respiro. Non è certo scontato che possa avere successo, ma il tentativo merita di essere compiuto: quello di dare vita ad una Costituente della sinistra aperta a tutti coloro, forze collettive e singoli individui, i quali sono animati dal proposito di far rinascere la sinistra, una sinistra componente del socialismo europeo, che, quale che sia il suo non brillante stato, rimane pur sempre un insostituibile punto di riferimento. Circa che cosa il socialismo possa significare oggi nelle concrete nostre condizioni, io la vedo così: lottare contro lo strapotere delle oligarchie economiche dominanti e per la ricostituzione di un potere pubblico in grado di sottrarre lo Stato alla sudditanza a queste oligarchie; opporsi alle abissali diseguaglianze economiche in atto per una più equa redistribuzione delle risorse a livello nazionale e internazionale e all’insicurezza del lavoro; mobilitarsi in difesa dei diritti sociali e per il loro rilancio; condurre una battaglia di libertà contro gli oligopoli massmediatici; contrastare le tendenze oligarchiche dei sistemi partitici; puntare all’allargamento dei diritti civili; difendere l’ambiente dalle pratiche che lo devastano; combattere gli integralismi religiosi; agire a favore di politiche di civile accoglienza e integrazione degli immigrati.
Non si tratta oggi di concepire il socialismo alla vecchia maniera come un progetto di società alternativa, ma come un processo, un impegno costante diretto a conseguire una maggiore giustizia, ad allargare le sfere della libertà e dell’eguaglianza, a dare insomma senso al principio cardine del socialismo: che non vi è vita degna per alcun individuo il quale non abbia un nutrimento sufficiente, una casa che non sia una catapecchia, un’istruzione che gli consenta di sviluppare le sue facoltà, una difesa efficace dalla malattia, un lavoro decente adeguatamente retribuito. Non si tratta di volere la luna, ma una terra meno brutta, meno violenta, meno deturpata, più umana per i troppi uomini per i quali essa è disumana o troppo poco umana.
*) Professore emerito di Storia delle dottrine politiche presso l'Università di Torino
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