martedì 21 marzo 2017

Paolo Bagnoli: Hanno creato un deserto

hanno creato un deserto paolo bagnoli Da Critica liberale «…il serbatoio della sinistra non ha più benzina anche perché quelli che un tempo sollecitavano un pensiero, stimolavano il partito, non ci sono più. Gli intellettuali sembrano spariti. La classe operaia sta cambiando volto, la borghesia sta scomparendo. Come sparite sono le riviste, spariti i luoghi associativi. Esistono voci che non hanno però la forza di quelle di un tempo». Sono parole di Guglielmo Epifani, socialista, già segretario generale della Cgil e del Pd, consegnate a un’intervista su “il Fatto Quotidiano” del 6 marzo 2017. E sono parole sacrosante perché le cose stanno veramente così e poi, esse, venendo da un politico già responsabile di grandi soggetti, suonano ancora più pesanti. Nessuno peraltro, a quanto ci risulta, le ha tuttavia prese in considerazione ed espresso un giudizio, sviluppato una riflessione a conferma che siamo oramai arrivati a un punto in cui non solo la riflessione, ma nemmeno il dibattito – un dibattito vero, naturalmente – sembra interessare. La politica, ogni giorno di più, perde se stessa. Oggi Epifani non è più nel Pd; forse non sarebbe stato male del motivo per cui ci si è innamorati delle primarie, di Matteo Renzi, del partito della nazione e di proclami propagandistici fatti esclusivamente per mediatizzare il messaggio, ma vuoti di tutto il resto; avesse cercato, cioè, di dare una spiegazione del perché il partito rigeneratore sia rimasto soffocato da se stesso; dalla spirale leaderistica del suo segretario che era anche presidente del consiglio. È chiaro che la sinistra di cui parla Epifani non è quella che il Pd spaccia di essere, ma una realtà storica, sociale, culturale e politica che non esiste più, almeno in Italia. Alla sua decoazione ha contribuito in maniera determinante proprio la nascita del Pd. La sinistra, quella storica per intendersi, pur nelle sue divisioni, differenziazioni e diversità, si configurava come una vera e propria comunità politica, quale luogo storico del mondo del lavoro che perseguiva una nuova civiltà nei rapporti sociali e il riconoscimento della dignità di una vita che valesse la pena di essere vissuta. Ha ragione Epifani. Sembra che oramai non esista più nemmeno un pensiero compiuto della sinistra e nessuno, di coloro che dovrebbero occuparsene, risulta interessato a farlo probabilmente nel convincimento che tanto non ne vale la pena. Infatti, se non esiste una forza politica vera di sinistra a chi finiscono per parlare gli intellettuali 062 20 marzo 2017 10 progressisti o coloro che ritengono semplicemente di avere qualche cosa da dire proprio alla sinistra, se non a se stessi? Che la classe operaia stia cambiando volto non è certo una novità; è dall’inizio degli anni Ottanta che il mondo del lavoro ha cominciato a cambiare. Ma perché il sindacato non lo ha compreso? Parimenti non è una novità che la borghesia, quale ceto civile e campo imprenditoriale, sia oramai agli sgoccioli e forse non è un caso a ciò scollegato che quelli che erano i padroni di una volta oggi siano dei gestori per lo più senza volto di grandi capitali finanziari e che la funzione civile, propria dei ceti borghesi, sia scomparsa rimpiazzata dai faccendieri, facilitatori, occupatori dei poteri di Stato, il tutto al fuori di ogni morale di senso comune. Dobbiamo poi lamentarci di essere uno dei Paesi più corrotti del mondo? Le riviste, a dire il vero non sono del tutto sparite; chi è interessato sa, anche se con qualche difficoltà, dove trovarle, ma certo il loro ambito complessivo si è ristretto e l’attenzione che ricevono è, sul piano dei numeri, molto limitata; quando mai uno dei grandi o piccoli quotidiani italiani anticipa i contenuti di una rivista intesa come la intende Epifani? Mai. Si anticipa, invece, il magazine di riferimento preannunciando le notizie scandalistiche di questo o quel servizio. Anche i luoghi associativi sono scomparsi: se ne sono andati coi partiti nei quali stava la gente e che la organizzavano civilmente e politicamente. La cosa non riguarda solo le vecchie sezioni che avevano una funzione di riferimento e di educazione alla politica molto, ma molto, più alta di quanto si pensi. Oggi il termine “sezione” non è più di moda e le strutture periferiche o rionali si chiamano “circoli”; quando c’erano il Pds e i Ds addirittura “unità di base”. Verrebbe da dire che, se si ha paura delle parole, figuriamoci delle idee e, in effetti, il dibattito politico si è devitalizzato a tutti i livelli. La gente non è più nella politica, quasi sempre è contro la politica, ma , lo stesso concetto di ”gente”, proprio del soggetto partito, è stato sostituito da un fantasma concreto, senza volto e vivo periodicamente, diviso in crociate di gruppi l’un contro l’altro armati: il cosiddetto popolo delle primarie. Non è, caro Epifani, che oggi non ci siano voci sia reali che potenziali che non hanno o non avrebbero tono; ma che autorevolezza possono avere se l’autorevolezza ideale del sistema non esiste più? Se non esiste più il dialogo, se nessuno sta più ad ascoltare nessuno, ma tutti, o quasi, si prodigano a insolentire, proclamare, denunciare, accusare dando corpo a discorsi le cui parole più che uscire dai cervelli sembrano solo prodotte dai polmoni. Hanno creato un deserto e l’hanno chiamato “seconda Repubblica”. Continuiamo a sperare e a credere nella democrazia repubblicana, ma certo ci auguriamo che venga una sua nuova stagione, positiva e costruttiva, anche se non se ne vedono, al momento, nemmeno pallidi segni.

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