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martedì 4 ottobre 2016
Paolo Bagnoli: Paura della politica
paura della politica
paolo bagnoli
da critica liberale
Nelle cronache della politica italiana è tornato il ponte di Messina a confermare
che, quando si è in difficoltà, conviene alzare l’asticella del sogno; essa, tuttavia, non
nasconde un saporoso odore elettoralistico. Staremo a vedere. Oggi, però, un altro ponte ci
appare a testimonianza dello sfarinarsi della nostra politica; quello che unisce Mario Monti
e Virginia Raggi e sopra vi cammina il “no” alla possibili Olimpiadi a Roma nel 2024. Che
tra il compassato Mario Monti e l’improbabile sindaco di Roma si possa azzardare un
paragone sembra un qualcosa che assomiglia ad un periodo ipotetico del terzo tipo. Infatti,
c’è solo la condivisione di una scelta – quella del “no” ai giochi – che il governo sapienziale
del senatore a vita succeduto a Berlusconi pomposamente dichiarò per ragioni di bilancio:
A noi è rimasta la curiosità di sapere se anche questa mossa proveniva dall’Europa,
giustificatrice di ogni suo passo. La quasi giunta grillina di Roma ha invece motivato il
diniego per paura che l’evento portasse con sé corruzioni e ruberie.
Si potrebbe dire che tra Mario Monti e Virginia Raggi si distende la campata della
patologia di cui è afflitta, in maniera sempre più progressiva, la democrazia italiana. Nel
mezzo si colloca il renzismo che, con il cambio della Costituzione e il combinato disposto
della legge elettorale, tenta di cambiare l’assetto della legittimità repubblicana e delle
forme della sua rappresentanza.
Mario Monti, con il suo governo, appartiene a un passato che nessuno sembra voler
più nemmeno ricordare. A non farcelo passare di mente sono gli “esodati” gentilmente
regalataci dalla signora Fornero. E, tuttavia, quella stagione politica fortemente voluta da
Napolitano – sarà forse la solidarietà verso l’Europa? - segnò l’istituzionalizzazione del
governo del Paese a prescindere dalla politica quasi si trattasse di un mero fatto tecnico che
solo alcuni sapienti illuminati dal sole europeo potevano maneggiare. Crediamo che si
trattò, veramente, dei primo capolavoro di uno che, invece, la politica la conosce bene e
che, successivamente, ha promosso, difeso e favorito la lacerazione della Costituzione. Con
il governo Monti abbiamo avuto un primo punto di caduta forte, molto di più rispetto ai Di
Pietro e ai Berlusconi, della condizione in cui era giunta quella che una volta si chiamava la
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03 ottobre 2016
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transizione italiana: un termine che, grazie a Dio, nessuno osa più dire. Il renzismo ha,
successivamente, fornito l’occasione per cercare di stabilizzare un quadro di aspro
sommovimento di un Paese, che sembra da tempo aver rinunciato alla politica, ad una
dimensione di appalto del governo stesso a una forza ritenuta inarrestabile dopo l’exploit
alle ultime elezioni europee. Renzi, che crediamo sia più preoccupato per l’esito
referendario di quanto voglia far apparire, ha colto naturalmente la palla al balzo per
riuscire sapendo, al di là delle chiacchiere e dei proclami in cui se la cava molto bene, di
giocarsi la partita della vita. A queste due tessere – il governo Letta, in tale contesto,
appare una sbiadita notte bianca –si aggiunge il fenomeno dei 5Stelle che pensavano di
fare di Roma l’antemarcia verso Palazzo Chigi. Dimostrano, invece, di essere di essere un
grande ventre di Giocasta con protagonisti non all’altezza di essere nemmeno coerenti con
se stessi!
Con il M5S la non politica, che aveva in Monti un profilo elitario, ne assume uno di
popolo la cui forza è data dalla rabbia su cui Grillo e Casaleggio hanno investito con
grande abilità. Hanno raccolto molti voti – Monti con Scelta Civica ha bruciato tutti i
vascelli di competenza politica se mai qualcuno gliene fosse rimasto –anche se il consenso
non genera politica. L’esperienza di Berlusconi sta lì a futura memoria.
È comprensibile che il M5S agiti le notti di Renzi e il pensare di rinunciare al
ballottaggio gli guasti non solo le notti, ma anche le giornate. Crediamo che autorevoli
consigli e coperture politico-istituzionali abbiano finito più per nuocergli che favorirlo.
Infatti, più ci si avvicina la scadenza referendaria più si fanno pressanti gli appelli alla
destra a convergere su di lui.
La lunghissima crisi italiana sta marciando sempre più spedita nella sua
involuzione. La convergenza Monti-Raggi sul “no” alle Olimpiadi ne è una cartina di
tornasole, ma ciò che unisce l’intero arco delle fasi cui abbiamo fatto riferimento ci dice che
sovrasta, su tutto e su tutti, una specie di paura della politica, quella vera che una volta,
pur con le specificità di un Paese difficile quale è il nostro, l’Italia aveva con tratti ideali,
identitari, di cultura e di socialità. Era il coraggio della politica che, se non viene rimesso in
essere, porterà l’Italia a una vera implosione della democrazia. N
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