giovedì 27 ottobre 2016

Dario Allamano: C'è vita oltre Renzi?

La domanda che mi pongo, ad un mese e poco più dal referendum, è: "ci sarà vita oltre Renzi?". Da tempo la propaganda del SI ha iniziato a bombardare gli italiani con un refrain continuo, quello del salto nel buio. L'esperienza dovrebbe però insegnarci che gli italiani sono un popolo abbastanza ragionevole, che proprio nei momenti di massima difficoltà sa dare il meglio di se, ad una condizione, che chi lo Governa sappia indicare con chiarezza gli obiettivi da raggiungere. Ho l'impressione che questo Governo difetti proprio in questo. Nella sua ossessione di occupare tutti gli spazi è ormai uscito dai binari e risponde alle obiezioni, in molti casi corrette, con tirate populistiche demagogiche (l'ultima è il possibile veto al Bilancio UE che ha costretto Mattarella ad una tirata di orecchie al capo del Governo). Il populismo lasciamolo a chi lo sa fare, cerchi Renzi di governare al meglio questa transizione, se ne è capace cerchi di diventare uno Statista, altrimenti lasci lo scranno per manifesta incapacità, tanto ci sarà anche vita dopo di lui. Magari non sarà l'asinistra a governare, ma dopo venticinque anni di pessimi governi, che hanno portato il debito a 2300 milioni di euro, scaricandone l'onere sui nostri figli e nipoti, forse è giunto il tempo di prendere atto che il partito che ha rappresentato il centrosinistra è giunto alla fine dei suoi giorni, e forse è possibile rifondare una nuova forza politica di chiara matrice socialista riformatrice (per dirla con Riccardo Lombardi) e democratica. Tocca a noi promuovere questo processo, partendo dal giorno dopo il referendum per una campagna che abbia al centro il ricorso contro l'Italikum (legge fatta proprio per impedire il rinnovamento), Non servono nuove miniforze utili al massimo per l'ego di qualche minileader, ma un progetto politico chiaro per l'Unità dei socialisti ovunque essi siano, e che sia in grado di rappresentare gli INTERESSI di coloro che fanno del lavoro la loro ragione di vita.

6 commenti:

alberto ha detto...

Caro Dario mi sembra un po’ come lo sperare nel secolo scorso nel “ sol dell’avvenire”. Temo piuttosto, con quello che si sta muovendo in Europa, il ritorno della destra populista. Per questo il PSE è preoccupato. Poi possiamo anche parlare di tutte le colpe del PSE di non essersi accorto di ciò che stava avvenendo e di come si stava allontanando dai suoi più profondi principi cosa che avrebbe finito per alienargli l’appoggio del suo naturale elettorato.
Un fraterno saluto

mimmo ha detto...



Non entro nel merito delle cose che hai scritto, mi soffermo sulla tua conclusione, perché mi pare un ossimoro, se le miniforze di cui è sempre ricco l’arcipelago della sinistra, non servono, come può servire un progetto per l’unità dei socialisti, il cui nucleo e la cui visibilità è ancor più minuta, e nel quale anche qualche ego non manca?
In merito consiglio l’articolo di Aldo Sciavone sul Corsera di oggi.
saluti

claudio ha detto...

non sono d’accordo con Dario: dire a quei piccoli burocrati traffichini della UE che se esagerano l’Italia mette il veto sul bilancio ponendo il problema che UE non deve dare più contributi ai paesi che rifiutano la loro quota di migranti è una mossa sacrosanta, in una UE che ubbidisce a qualunque stupidata della Francia, che ha accettato per oltre 40 anni che la GB fosse in pareggio, e che adesso prende per Vangelo tutto quel che dice Stranamore Schauble : chi si fa pecora il lupo la mangia e finora nella UE siamo stati sempre solo pecore, e pure derise.

dario ha detto...

Caro Mimmo, il mio ragionamento parte dalla constatazione che oggi nessuna forza politica, sia essa movimento o partito, si pone la QUESTIONE SOCIALE quale obiettivo della sua azione.
Tutti si battono per la prevalenza (per dirla con Marx) della loro "sovrastruttura", ma nessuno si preoccupa di una situazione sempre più sfrangiata di una società sempre più difficile da tenere assieme.
Lo scontro è ormai "tra" poveri, quanto è avvenuto ieri a Gorino lo conferma.
L'unico ideale politico che ha fatto storicamente da argine alla deriva populistica, in genere prodromica al fascismo, (sono questi tempi che ricordano troppo quelli del post prima guerra mondiale) è quello socialista, perchè è l'unico che ha sempre saputo partire da una analisi concreta delle situazioni concrete, ed è l'unico che abbia sempre cercato di rappresentare i bisogni di chi fa del lavoro la sua ragione di vita. Tutto il resto è un melting pot indistinto, in cui si mescolano interessi diversi e potenzialmente in conflitto tra di loro, da cui nascono proposte politiche che non stanno più assieme, neppure nel PD o nel M5S, ormai è un sempre meno lento scivolare verso il burrone.
L'unica speranza per un futuro dignitoso dei nostri figli è la rinascita di una idea socialista, nonostante l'abbondanza di coloro che si definiscono socialisti ma agiscono secondo i dettami del migliore individualismo. Individualismo e Socialismo sono davvero antitetici.
Non si tratta più di "amministrare " al meglio un paese bensì avviare dal poco che c'è oggi una profonda riflessione sull'esito di una politica che ventanni fa ha distrutto non solo un Partito ma anche l'Idea Socialista.
Sono consapevole che è una battaglia difficilissima ma, come scrivemmo sul Manifesto del Gruppo di Volpedo anni fa, l'alternativa è tra Socialismo e barbarie, ed è una battaglia che i socialisti debbono combattere non per la loro sopravvivenza ma per salvare questo Paese.
Fraterni saluti
Dario

dario ha detto...

Caro Claudio, il problema dell'Europa non sono i burocrati, che potrebbero essere rapidamente rimessi in riga se esistesse un Governo Europeo degno di tal nome, bensì i Governi nazionali e di conseguenza il Consiglio, unico organo in cui esiste ancora il diritto di veto, è il motivo per cui ormai (Bratislava docet) non funziona più, troppi di loro vanno in Europa guardando gli ultimi sondaggi sul loro partito ed agiscono di conseguenza.
Non basta andare a Ventotene a farsi un selfie per essere degli europeisti ( a questo proposito ti consiglio la lettura dell'intervista alla figlia di Colorni sulla Stampa).
L'atteggiamento di Renzi sta in questa logica, nel non comprendere che una sacrosanta battaglia, quella sui migranti, non si fa ponendo veti, bensì sapendo porre le giuste priorità all'agenda politica europea, senza spocchia o ricatti, chiedendo a tutti di farsi carico di una questione, quella dell'Africa e del Medioriente, che sta esplodendo e che vede l'Italia quale prima porta di accesso.
E' da più di un anno che se ne parla ma nonostante le tante parole il renzino non ha strappato nulla, ed il veto è l'evidenziazione della propria impotenza politica. Non conta nulla nei Consigli europei ma neppure nel PSE, magari gli danno un endorsment sul referendum ma sui problemi veri lo lasciano solo.

lorenzo ha detto...

Caro Dario, alla marzullesca domanda che ti poni (Si faccia una domanda eccetera), ovvero: "Ci sarà vita dopo Renzi?" mi sembra che tu dia una risposta una po’ debole, esitante, non del tutto convinta: "Se ne è capace cerchi di diventare uno Statista, altrimenti lasci lo scranno per manifesta incapacità, tanto ci sarà anche vita dopo di lui… ". Certo, è probabile che sia così, ma avrei preferito una replica più vigorosa, più bellicosa, con l’indicazione di qualche probabile sostituto, così da alimentare un altro filone di discussione nel blog. Chi potrebbe essere il salvatore della patria? Attendiamo pareri.
Seconda cosa: è vero che il debito pubblico è di 2300 miliardi di euro, ma le basi (cioè l’idea che si potesse spendere ad libitum) sono state gettate nella prima Repubblica soprattutto per ragioni di clientelismo; e il debito ha fatto un salto di qualità, come indicano vari grafici in proposito, negli anni Ottanta, quelli del Craxi trionfante. Dopo, per fermare la frana, avremmo avuto bisogno di Statisti. Ci era quasi riuscito Padoa-Schioppa, ma è uscito quasi subito, ed è andato tutto in vacca. Terza cosa: si ripresenta ciclicamente la bellissima idea di "rifondare una nuova forza politica di chiara matrice socialista riformatrice (per dirla con Riccardo Lombardi) e democratica". Certo la diaspora socialista conta probabilmente tantissimi simpatizzanti che in teoria sarebbero pronti ad aderire: ma, da che mondo è mondo, ci vuole un leader, e ci vuole un genio della comunicazione, e ci vuole moneta: dove li troviamo? Tieni presente che la sinistra, come tutti sappiamo, è in crisi in tutta Europa. "I lavoratori delle nazioni europee e le loro famiglie non hanno più una casa comune, in quella che sotto varie denominazioni continua a considerarsi la sinistra politica". Così argomentano gli economisti Aldo Barba e Massimo Pivetti nel pamphlet La scomparsa della sinistra in Europa. Risparmiandoci l’analisi, che è lunga, ma quando si arriva alla fatidica domanda "Che fare?", la risposta degli autori è: superare l'inerzia culturale con rilancio delle politiche pubbliche, ritorno alla lotta di classe, difesa dei ceti popolari. In sostanza un mero riavvolgimento del nastro della storia ai Trenta gloriosi. E' una risposta soddisfacente? Le politiche sperimentate fino agli Anni 70 sono riproducibili sic et simpliciter? Che effetti avrebbero in sistemi economici interconnessi e in contesti istituzionali sovranazionali? E come la mettiamo con l'insuccesso dei partiti nati da scissioni a sinistra su posizioni di questo tenore?