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martedì 23 agosto 2016
Franco Astengo: Inganni
I MAESTRI DELL’INGANNO di Franco Astengo
Il senso di confusione sembra essere l’elemento prevalente di questa fase nel sistema politico italiano.
L’opinione pubblica appare pressata da un governo che non è riuscito a fornire una minima risposta ai gravi problemi del Paese, sia sul piano interno sia su quello internazionale.
Dopo essersi insediato attraverso una manovra non legittimata (com’era già avvenuto in precedenza con i governi Monti e Letta) da alcun suffragio popolare, tramite l’acquisizione di un premio di maggioranza alla camera ottenuto dal PD grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale (e al voto all’estero) e l’appoggio di varie cordate di transfughi eletti in altri schieramenti, il governo Renzi (personaggio il cui unico riscontro derivante dal suffragio popolare risiede nelle primarie del PD dove ottenne 1.900.000 voti pari al 3,8% dell’intero corpo elettorale: il che significa che non è stato votato da ben oltre il 95% degli aventi diritto) ha impostato la propria attività sulla propaganda e il facile populismo.
Populismo che ha retto per un breve periodo, grazie alla famosa mancia degli 80 euro che fornirono un rendimento notevole sul piano elettorale, anche se, alla fine, non va dimenticato che gli 11 milioni di voti ottenuti dal PD nelle elezioni europee del 2014 valevano soltanto il 22% dell’intero corpo elettorale. Il PD non fu votato, in quell’occasione dal 78% del totale degli aventi diritto.
Questi dati, il 3,8% di Renzi, il 22% del PD diventano significativi allorquando si pretende, non tanto di governare un Paese attraverso una maggioranza, ma di spostarne addirittura l’asse costituzionale imponendo un regime di tipo plebiscitario – personale.
In seguito la dura realtà dei fatti nel campo dell’economia, della politica estera, della politica riguardante i migranti ha fatto scemare rapidamente quell’effimero e presunto patrimonio elettorale, come si è constato in diverse tornate elettorali successive.
Ciò nonostante questo governo ha imposto un imponente pacchetto di deformazioni della Costituzione Repubblicana, contenente norme tali da stravolgere l’impianto parlamentare voluto dall’Assemblea Costituente e ha fatto approvare, a colpi di voti di fiducia, una legge elettorale che ricalca i termini di quella precedente bocciata dalla Corte Costituzionale: Corte Costituzionale che, in seguito a ricorsi presentati da molti cittadini, riesaminerà la materia il prossimo 4 Ottobre.
Nel frattempo le deformazioni costituzionali, non avendo ottenuto la maggioranza qualificata prevista in sede di approvazione definitiva da parte del Parlamento, saranno sottoposte a referendum popolare confermativo: referendum popolare confermativo per il quale, è bene ricordarlo, non è previsto alcun quorum di partecipazione come invece avviene nei casi di referendum abrogativo.
Rispetto al referendum popolare confermativo c’è da ricordare ancora come, nonostante la Corte di Cassazione abbia già pronunciato in data 14 Agosto il proprio “via libera”, il Consiglio dei Ministri non abbia ancora fissato la data del voto.
E’ stato sul referendum confermativo che si è scatenata la ridda della confusione.
Il governo, o meglio il suo Presidente del Consiglio (in Italia non esiste né Premier, né Primo Ministro), aveva inizialmente messo in gioco, sull’esito referendario, non solo la prosecuzione dell’esperienza dell’esecutivo ma addirittura la propria personale “carriera” (molto tra virgolette) politica.
Si è tentato anche di delegittimare in maniera molto pesante chi si è mosso per contrastare questa deriva organizzando i comitati del “NO”: gli strali si sono rivolti soprattutto verso l’Associazione dei Partigiani (partigiani veri o partigiani finiti), gli illustri costituzionalisti presenti nello schieramento del NO (parrucconi). Si è persino detto che votare NO avrebbe significato votare contro il Parlamento.
Insomma: la previsione di un’apocalisse, ben alimentata anche da Confindustria e da alcuni giornali economici stranieri legati alla strategia liberista e di finanziarizzazione dell’economia (i promotori della “logica delle disuguaglianze”) che hanno tirato in ballo questioni legate all’andamento complessivo dell’economia (fin qui pessimo, con riforme tutte tese a favorire lo sfruttamento intensivo delle lavoratrici e dei lavoratori) e – addirittura – dell’assetto della disgraziata Unione Europea (messa a rischio dalla fuoriuscita decisa dai cittadini della Gran Bretagna).
Proprio ieri, a questo proposito, si è svolta un’inaudita manifestazione propagandistica, davvero del tutto fuori senso, sia rispetto al luogo sia al riguardo del riferimento storico incautamente utilizzato.
Intanto, però, il registro sembra essere cambiato: l’esito del referendum non mette più a rischio il governo (e soprattutto la “carriera”, sempre tra molte virgolette di Renzi), si cerca il dialogo sia con la minoranza PD, sia con l’ANPI proponendo dibattiti tra il “SI” e il “NO” come se si trattasse di una normale kermesse e cancellando (o meglio tentando di cancellare) tutto quanto di catastrofico era stato detto in precedenza.
Tutto ciò nel solito stile arrogante, cercando di coniugare ricatto e mistificazione.
Occorre chiarezza estrema per come questa vicenda si sta sviluppando ed è necessario che il NO della sinistra abbia piena consapevolezza dell’importanza della coerenza nel sostegno della propria posizione.
Sulle colonne del “Fatto quotidiano” Alfiero Grandi ha messo tutti giustamente, in guardia, rispetto all’enormità delle pressioni cui sarà sottoposta, nei prossimi mesi, l’opinione pubblica e specificatamente quella parte orientata verso il “NO.
In un’intervista al Corriere della Sera, invece, il presidente del Comitato per la Democrazia Costituzionale Alessandro Pace rigetta l’accusa di conservatorismo rivolta al campo del NO, smontando il presunto “riformismo” contenuto nella deforma e avanzando anche una serie di proposte tese al miglioramento dell’assetto istituzionale del Paese.
Entrambi i testi, quello di Grandi e quello di Pace, pongono oggettivamente alle espressioni di sinistra presenti nel variegato fronte del “NO” una questione molto importante: quella di dotarsi di una precisa fisonomia politica, di evitare di apparire quasi come un’appendice di un regolamento di conti interno al PD (con le visioni di deleterio compromesso che già appaiono all’orizzonte a questo proposito) e soprattutto di svolgere una funzione di aggregazione e raccolta di consenso utile a favorire il successo dell’opzione contraria alla deformazione costituzionale in oggetto.
E’ necessaria l’espressione di un “NO” a sinistra che insieme rappresenti l’opposizione a questo Regime, nel suo complesso, e l’alternativa possibile sul piano politico.
La scienza e la coscienza (tanta) di cui dispone il fronte del NO va adoperata essenzialmente in funzione pedagogica perché le buone ragioni dell’opposizione siano diffuse in tutta la società attraverso un’opera di convincimento capillare dotando tutte le persone disponibili dei necessari strumenti di conoscenza della materia e dell’analisi del quadro politico dentro il quale questa vicenda s’inserisce.
E’ il caso allora di ripensare alle roboanti affermazioni della “vocazione maggioritaria”, dell’ “Italia che cambia verso”, del nazionalismo sparso a piene mani, delle passeggiate con Marchionne, della fiducia posta a ogni piè sospinto per soffocare il dibattito parlamentare, dell’irrisione delle minoranze, della promozione del trasformismo, dei “salvataggi” delle banche di famiglia, delle nomine interne al “Giglio Magico”, della pretesa di attaccare la Costituzione nel senso indicato dai grandi finanzieri globali, e capiremo meglio la ragioni di costruire, da sinistra, una presenza importante del “NO” come pieno fatto politico, senza incertezze e concessioni e senza cadere nella trappola di una confusione inventata a bella posta da maestri dell’inganno.
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