martedì 19 aprile 2016

Paolo Bagnoli: m5s tra populismo ed e-democracy

Da Critica liberale, 18 aprile 2016 m5s tra populismo ed e-democracy paolo bagnoli I commenti sulla morte di Gianroberto Casaleggio hanno, quasi tutti, rispettato due binari: il primo sulla novità politica che egli, con il movimento da lui creato e diretto con mano ferma, ha oggettivamente rappresentato e, il secondo, su cosa accadrà adesso dei “Cinque stelle” e sulle manovre intestine per la leadership già, peraltro, in atto se pur si tenti, un po’ maldestramente, di negarle. In fondo si tratta della seconda formazione politica italiana; l’unica in grado di dare, piaccia o non piaccia, la spallata a Matteo Renzi. Vediamo. Pur non sapendo con precisione cosa sia Rousseau, ossia il nuovo sistema messo a punto da Casaleggio poco prima di morire per gestire il movimento e ritenuto il suo vero testamento, come è stato detto, appare plausibile che esso sia stato ideato per governare un soggetto che potrebbe trovarsi a governare l’Italia. In ogni caso significa che gli strumenti adottati fino ad oggi dovevano, comunque, essere innovati per conferire al movimento stabilità e durata. Un’esigenza che si capisce se andiamo a vedere tutti gli scostamenti registrati tra il dire e il fare nel il movimento dagli esordi fino a oggi; la costituzione del “direttorio” lo testimonia. Si tratta, naturalmente, di vedere cosa succederà. Noi crediamo che, alla lunga, il M5S finirà per implodere – quando non è dato saperlo – ma siamo altresì convinti che sia sbagliato definire visionario il disegno di Casaleggio per la fascinazione che esso emana. È un disegno che affonda le proprie radici nella crisi della democrazia moderna; vi entra dentro modificandola geneticamente. È l’effetto di un populismo razionale che, per essere al passo con il mondo globalizzato, inventa una “democrazia” alla sua altezza segnando, di conseguenza, un nuovo modo di intendere e di praticare la democrazia medesima. Da qui sorgono una serie di domande. La prima riguarda il populismo. Al contrario di quanto molti credono, il populismo non è un fenomeno che si colloca fuori della politica, quanto l’espressione ultima della crisi della medesima. Senza star qui a tratteggiarne le caratteristiche, ma limitandoci a un giudizio generale, esso ha sempre avuto un profilo di destra, di ordine extraistituzionale e, là dove si è affermato come in Brasile –il primo Paese a fare bibliografia in materia - o in Argentina, si è sempre realizzato 044 18 aprile 2016 12 in forme di autoritarismo politico in un mix tra una falsa demagogia partecipativa e una vera corruzione oligarchica. La seconda riflessione è più problematica poiché riguarda la dimensione della e-democracy, ossia dello scioglimento delle strutture classiche della politica, sovranità e partecipazione comprese, in nuove forme rappresentate dall’uso di uno strumento, di una macchina creata dalla scienza, che si chiama computer. Qui la questione si fa più complicata e complessa in quanto non riguarda solo una questione tecnicoprocedurale, bensì sostanziale. Essa consiste nel negare il portato storico dello Stato moderno e dei suoi sviluppi, dei meccanismi che lo hanno condotto a essere “ democratico” e, quindi, animato da una lotta politica tra diverse visioni della realtà e dei valori che si hanno e che dovrebbero governarla – le ideologie – per reimpostare la questione su un, questo sì visionario, concetto distorto di “comunità”. In esso, infatti, finiscono per essere riassunti quelli di popolo, patria, identità nazionale , strumenti del “politico”, forme e modalità della sovranità e della rappresentanza, assolutizzando la categoria dei cittadini quale esclusivo ambito castale della sovranità e della democrazia che ne consegue. Nell’ideologia dei cittadini si sciolgono tutte le altre ideologie e, con esse, le forme politiche della democrazia dei moderni e, quindi, delle partitizzazioni presenti nella società; viene cancellata l’idea stessa della rappresentanza; i cittadini ,attraverso gli strumenti della rete, si esprimono e decidono. Se tale ragionamento lo portiamo al suo estremo logico si comprende come venga superata l’impalcatura istituzionale degli Stati moderni, i quali hanno a fondamento primario la procedura della democrazia. Non si capisce, cioè, come il meccanismo perseguito da Casaleggio possa realizzarsi nel concreto. Infatti, anche senza essere filosofi del diritto, si comprende che la garanzia della procedura non è sufficiente a garantire la democrazia medesima se viene a cadere l’elaborazione istituzionale che la politica democratica deve avere a monte. Questa ci sembra la sostanza dell’e-democracy concepita dal compianto Casaleggio. Egli, facendo prevalere il metodo sovrano e procedurale della rete, l’ha testato coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti e solo lo sfascio del sistema e l’improbabilità politica di Renzi ha fatto sì che il M5S sia arrivato dove è arrivato. Inoltre, l’innovativo pensiero di Casaleggio, in contraddizione con tutta la logica del suo ragionamento, palesa un elemento che la dice lunga: vale a dire, che sulla piramide di tutto, rete compresa, stava lui nella cui persona tutto si riassumeva: dalla sovranità, al partito, alla legittimazione della rappresentanza in quanto padrone del vapore; un vapore, peraltro, redditizio se si pensa ai blog che la sua ditta gestisce con privativa politica assoluta. La rete, che è tale perché non ha un punto centrale di riferimento, stavolta lo aveva e – ci sia passato un paragone marinaro - più che una rete assomiglia a una sciabica che il capo-pesca orienta e manovra. È, cioè, uno strumento di manovra, capace anche di buone pescate, ma la qualità del 044 18 aprile 2016 13 pescato non è intrinseca al prodotto, sanzionata dal solo capo-pesca. Il fatto – come appare –che l’erede designato da Casaleggio al vertice gestionale e direzionale del movimento, ossia il padrone delle chiavi di accesso alla rete pentastellata e ai blog, sia suo figlio si commenta da sé. Chissà: forse si tratta di una rete, ma coreana; del nord, s’intende! Infine un’ultima osservazione. Il fenomeno rappresentato dal M5S altro non è, se pur in chiave di attualità, che il ripresentarsi di una tendenza ben presente nella cultura occidentale: vale a dire, porre il dato scientifico al di sopra di quello umano; una testimonianza della crisi dell’umanesimo che, spostando l’uomo dal centro di riferimento di ogni azione pubblica per meri fini di supremazia e dominanza, ha solo prodotto conflitti e inferto ferite profonde allo spirito di civiltà dell’Occidente. Intendiamoci, lungi da noi ritenere, nemmeno per scherzo, che da Rousseau possa scaturire un processo di guerra, ma certo anche tutta questa storia è una prova della profonda crisi dello spirito europeo. Che produca qualcosa di buono lo riteniamo assai improbabile.

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