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giovedì 14 aprile 2016
Felice Besostri: Riforme in stile Tempa rossa
Dall'Avvenire dei lavoratori
Politica
RIFORME IN STILE “TEMPA ROSSA”
di Felice Besostri *)
Nella mia prima e unica esperienza parlamentare nella XIII legislatura fui assegnato alla Prima Commissione “Affari Costituzionali” del Senato in quanto ricercatore confermato di diritto costituzionale italiano e comparato. Con l’entusiasmo del neofita quando presentavo in commissione emendamenti aggiungevo la motivazione, cioè a cosa serviva e quali problemi intendeva risolvere. Nella stampa degli atti, però la motivazione scompariva. Ho chiesto spiegazioni ai funzionari e mi spiegarono che si era sempre fatto così. Poi mi fu fatto capire che avrei messo in imbarazzo i miei colleghi e che non stava bene darsi delle arie. La mia fonte di ispirazione era stata la Spagna democratica dove a ogni testo di legge era premesso Motivos de la ley, così che la cosiddetta volontà del legislatore fosse chiara a tutti e non solo agli esperti costituzionalisti.
Col senno di poi avrei dovuto insistere, così chi avesse voluto presentare emendamenti del tipo “Tempa Rossa” avrebbe dovuto motivarli: forse ci sarebbe stato da ridere, perché le motivazioni vere non sarebbero mai state scritte.
Sono stato relatore di disegni di legge importanti, per cinque anni ho avuto la responsabilità della legge comunitaria che doveva dare attuazione alle direttive comunitarie. Poco alla volta cominciai a capire il ruolo di essere relatore: si doveva tener conto degli equilibri politici complessivi e della posizione del governo. Sia chiaro anche che un emendamento non poteva passare se il relatore dava parere contrario. Un emendamento ha bisogno di avere a disposizione un progetto di legge di sicura approvazione, tipo il mille proroghe o, una volta, la legge finanziaria. Non basta che un emendamento sia “giusto”, occorre che sia anche “tempestivo”. A distanza di anni devo confessare che approfittai del mio potere di relatore, quando si trattò di dare attuazione alla direttiva sull’igiene alimentare.
Amo i prodotti tipici della nostra Italia e mi resi conto che se la direttiva passava così com’era, i formaggi di fossa e il lardo di Colonnata sarebbero stati condannati alla sparizione, come tanti altri prodotti lavorati non in contenitori inox in laboratori senza pavimenti in linoleum. Allora introdussi un emendamento per cui, quando determinati metodi di conservazione e lavorazione fossero essenziali per le qualità organolettiche di un prodotto, si potesse derogare ad alcune prescrizioni. Passò senza problemi, si continuò a fare formaggi nelle malghe di alta montagna anche se non avevano due bagni eccetera.
In un sistema bicamerale bisognava sapere in quale ramo del Parlamento presentarlo. Una volta, quando i presidenti erano più esperti, la loro struttura vigilava sugli emendamenti respinti da un ramo del Parlamento affinché non rispuntassero nell’altro: con Tempa Rossa non è successo.
In una assemblea di presentazione delle ragioni del NO al referendum costituzionale, un cittadino anziano mi ha chiesto di spiegargli cosa significasse l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 39 che recita: “Restano validi ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi”.
Ho risposto che una norma del genere non c’entra nulla con una Costituzione sia pure come norma transitoria e finale. Siamo all’assurdo. Sono sicuro che l’ex ministro Guidi non c’entra con questo emendamento (costituzionale!): non sento in quelle parole odor di petrolio, ma c’è sicuramente una responsabilità del governo e della ministra Boschi. Non è mai passato un emendamento senza il consenso del Governo, visto che è suo il ddl costituzionale.
Qualcuno che se ne intende mi ha sussurrato che se quella norma venisse stralciata, io mi sarei giocato il vitalizio… Io dico che a maggior ragione questa “deforma costituzionale” va combattuta e battuta. E la battaglia in difesa della Costituzione vale per me più del vitalizio.
È un grave scandalo. Non ho approfondito chi abbia introdotto la norma, non presente nel testo iniziale, ma intendo qui lanciare un appello alla decenza. E, ciò facendo, mi richiamo agli artt. 54 e 67 della Costituzione per i quali “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore” e “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione”.
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