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mercoledì 13 aprile 2016
Paolo Bagnoli: L'impotenza dell'Europa
Da Critica liberale, 4 aprile 2016
la biscondola
l’impotenza dell’europa
paolo bagnoli
L’impotenza dell’Europa a fronte del doppio attacco dell’Isis a Bruxelles, poco
prima di Pasqua, atti che equivalgono a una esplicita dichiarazione di guerra all’Europa, è
stata bene e drammaticamente rappresentata da due immagini: la prima dalle lacrime di
Federica Mogherini ad Amman,la seconda da Jean Claude Junker chiuso nella sua stanza
in maniche di camicia e bretelle a parlare coi suoi collaboratori ; lì costretto perché
impossibilitato a lasciare il palazzo della Commissione.
In due immagini quella di un’Europa impotente, piangente e messa all’ angolo.
Naturalmente non sono mancate le dichiarazioni di fermezza dei leader europei. Le
chiacchiere, però, se le porta il vento; ciò che rimane è l’inazione rispetto a tutto quanto
dichiarato dopo i fatti di Parigi. Paradossalmente l’Europa è caduta in uno spicchio urbano
della sua capitale; a forza di occuparsi di mercati e di banche ha perso se stessa, il suo
senso nonché la capacità di ragionare su quanto sta succedendo. Dirlo produce un
brivido, ma nascondersi dietro giri di parole non serve a nulla: la civiltà liberaldemocratica
è sotto attacco e, non solo, risponde poco, male e in ritardo, ma soprattutto sembra
preferire stare in difesa; quasi sterilizzata in una grande paura senza speranza. E senza
politica, soprattutto affossando pure la speranza.
Non c’è capo di governo europeo che non abbia detto “siamo in guerra”, ma la
risposta dov’è se nemmeno i servizi dei vari Paesi sono collegati? Loro “sono in guerra”;
l’Islam politico è in guerra; un conflitto di tipo nuovo rispetto a quelli del passato, con
modalità di azione conseguenti. Non è che non si sappia dove è il nemico – si è addirittura
definito “stato”- cosa voglia e per cosa combatta, quasi che fosse arrivata la resa dei conti
tra due parti del mondo, due culture, due fedi; due civiltà, appunto. Che di civiltà si tratti
lo conferma il diverso modo di intendere il ruolo della donna! Dobbiamo però essere
precisi e parlar chiaro: quella dell’islamismo terroristico non è una civiltà, ma un
demoniaco progetto di distruzione, sottomissione e morte; vi sarà fino a che vi sarà l’entità
politica che lo ispira, lo foraggia, gli dà un motivo per gettare l’Occidente nell’impotenza e
nel caos. Se è vero che “siamo in guerra” cerchiamo di esserlo intelligentemente e sul serio
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perché, al di là di tutte le analisi – e in questi giorni se ne sono lette e sentite di ogni tipo –
il vecchio detto francese à la guerre comme à la guerre, alla fine, esprime la sostanza della
questione e di quanto ne consegue: piaccia o non piaccia.
Occorre, quindi, parlare senza giri di parole. Siamo convinti che l’Occidente
esprima, al meglio di come la storia del mondo dimostra, un valore fondante: il valore
della libertà. Senza di esso non ci sarebbe nemmeno quello della democrazia; senza la
libertà e la democrazia il significato concreto dell’umanità formata da persone, ossia da
tanti mondi morali, non esisterebbe e, con ciò, i dati altrettanto concreti della libertà e
della democrazia, compresa la sua intrinseca nozione sociale che ha nella giustizia un
sostanziale elemento costitutivo.
L’Occidente, intendendo cioè quell’arco storico che inizia con il mondo classico,
esprime un’ identità che non nega la molteplice diversità delle sue società comprese quelle
interne. Essere deboli a fronte di tale identità vuol dire smarrire pure il significato e il
valore delle nostre libertà e delle nostre democrazie. Di conseguenza, vuol dire rischiare di
perdere le une e le altre che esistono se sono congiuntamente operanti.
Oggi sull’Europa pesa questa responsabilità poiché essa sta divenendo il campo di
uno scontro di cui la Storia ci ha già dato qualche assaggio drammatico. Avere devirilizzato
il potere degli Stati per sostituirvi il “vuoto” dei mercati e delle banche non solo ci dice
dell’inadeguatezza della classe politica europea, ma, soprattutto, ci conferma di come non
ci si renda conto della scontro in atto; di come occorra un ampio fronte di alleanze le cui
forze siano disponibili a collocarsi nel campo anti l’Islam politico rappresentato dallo
“stato” del califfo. Quindi, muoversi di conseguenza. Una volta sbaragliato il campo
avversario anche le varie centrali criminali che abbiamo in casa cadranno. Seguirà anche il
tempo per le disquisizioni culturali, religiose, sociali e sociologiche; quando questo dopo
sarà conquistato.
Avere paura della realtà è il modo peggiore per fare politica; ma chissà se la lezione
da cui nasce la moderna concezione della politica, quella di Niccolò Machiavelli per capirsi,
è presente a chi si trova a doverci guidare in uno stato di emergenza qual è quello in cui si
trova di questi tempi il mondo? Che sulla libertà occorra “tenerci le mani sopra” è forse
l’ammonizione più forte che ci viene dal segretario fiorentino. Il richiamo all’Europa dei
padri fondatori è solo retorica. Essi hanno avuto il merito di aver avviato un processo nelle
condizioni allora date; invece della retorica perché non sviluppare quanto era implicito in
quel disegno e nell’intenzione di fondo che lo muoveva? Essere venuti a sapere che dopo i
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130 morti di Parigi ancora manca una sinergia tra gli Stati europei la dice lunga sul vuoto
d’intenzione nel quale l’Europa è caduta. D’altronde, se usciamo dallo specifico del
terrorismo, la grande questione dei cosiddetti “migranti” e le modalità stesse della
trattativa con la Turchia dimostrano a quale punto di abiezione siamo giunti.
La liberazione di Palmira ci dice che l’Isis sta perdendo terreno nonostante la forte
rete europea che giorno dopo giorno emerge con sempre più evidenza; emerge la fonte per
la buona riuscita degli attacchi terroristici che il califfato ispira e attua. Dobbiamo, tuttavia,
ai combattimenti dei curdi siriani e delle forze armate di Assad sostenute dai russi la
liberazione di Palmira che apre la strada alla riconquista di Raqqa. Non solo, ma anche
l’esercito iracheno, che non brilla per spirito combattivo ed efficienza, dopo l’intervento
russo è apparso più efficace e, con esso, operano bene le milizie sciite-iraniane e quelle
curde irachene, supportate dall’aviazione della coalizione guidata dagli Stati Uniti che, a
loro volta, si dirigono verso Mosul in un lungo percorso che ne prevede la liberazione
entro l’anno. Ne consegue che, se le azioni assassine dell’Isis in Occidente sono la
conseguenza della stretta nella quale l’Isis si trova, ciò vuol dire che il califfato sta
vacillando. Significa che il jihadismo è al tramonto? Proprio no; il fuoco non si spenge in
una volta poiché ciò comporta che i Paesi arabi vicini alla Siria e all’Iraq taglino coi
jihadisti ogni rapporto. Vogliamo dire che non pensiamo che il rischio terroristico sia
cancellato d’un botto, ma certo lo scenario cambierebbe e una coordinata ed efficace azione
di intelligence farebbe il resto.
In tale drammatico scenario notiamo l’assenza delle grandi comunità islamiche che
vivono nei Paesi europei; non abbiamo udito voci ferme e d’insieme. A Lahore si è
consumata l’ennesima strage di cristiani; possibile che non si alzi nemmeno un urlo, non
solo forte, ma significativo in Europa? Limitarsi a dire che il Corano non prevede cose dei
genere è certamente importante, però non basta: nel campo della fede esistono differenze e
divisioni, non infedeli da uccidere!
Che integrazione vi può essere se non c’è certezza su quanto sopra.
Multiculturalismo è unità tra diversi; è il nocciolo delle società fondate sul pluralismo. Chi
viene in Europa deve saperlo e se non lo sa deve essere istruito a modo; chi vive in Europa
fa parte di società pluralistiche e gli islamici non possono considerarsi parti separate da
esse e legate solo ai rispettivi Paesi d’origine. Nell’Occidente non possono esistere società
parallele nelle quali, peraltro, il reclutamento terroristico è facilitato. Massimo D’Alema
ha sostenuto che la questione si risolve costruendo più moschee; sarebbe troppo semplice
ed è un non sense. Tutto ciò che va contro la Costituzione deve essere combattuto con la
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legge, con la durezza della legge dello Stato democratico. Ha ragione chi ha scritto che in
Italia, o negli altri Paesi europei, non si può essere mussulmani come lo si è là dove l’Islam
predomina; lo si può essere e si ha il diritto di esserlo entro le leggi del regime
democratico e le norme non scritte della civiltà occidentale; quelle del rispetto reciproco e
della tolleranza.
I popoli occidentali devono difendersi; sono nelle condizioni di farlo e con successo.
Bisogna volerlo, però con una politica realistica e intransigente. Ancora non solo non
l’abbiamo, ma non si vede nemmeno un qualcosa che le assomigli.
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