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giovedì 17 settembre 2015
Franco Astengo: Senato, la vera posta in palio
SENATO: LA VERA POSTA IN PALIO di Franco Astengo
E’ molto probabile che il confronto in atto al Senato della Repubblica attorno ai nodi delle caratteristiche che dovrà avere questo organismo nel prossimo futuro dell’ordinamento istituzionale finirà con un grande assemblaggio politicista.
Un esito che sembra già compreso nella corsa all’Aula dove il dibattito comincerà fin da questa mattina.
La “deformazione” (non riforma, copyright di Felice Besostri) proposta dal governo finirà con il passare perché l’imperativo riguardante la costruzione del Partito (Unico) della Nazione è più forte dello stesso senso di conservazione del posto che pure anima i senatori uscenti.
Nascerà così un vero e proprio “monstrum” dal punto di vista dell’architettura istituzionale e sarà “rovesciata” la stessa Costituzione Repubblicana: ma non importa, conta soltanto andare avanti fornendo al popolo l’idea del “nuovismo” trionfante.
Senza alcun riguardo per la realtà.
SI tratta di una delle tante panzane che si raccontano in giro, in particolare sul piano economico e che adesso costituiscono elemento di “narrazione” anche su quello politico.
Uno degli argomenti che viene usato per minimizzare lo scontro in atto è quello della scarsa se non nulla conoscenza che la gran parte dell’opinione pubblica ha della materia e del fatto che il tutto si riduca, alla fine, a una questione di cavilli giuridici attorno all’emendabilità o meno di un articolo di legge che sta compiendo l’iter previsto dall’articolo 138 della Costituzione.
Emerge da questa argomentazione la volontà di nascondere il tema principale di questo dibattito e di occultarne il senso.
A questa operazione d’intorbidamento delle acque partecipano anche settori di quella che dovrebbe definirsi opposizione, all’interno dei quali si sta verificando la campagna acquisti dei fautori del trasformismo.
Eppure la posta in palio sarebbe fondamentale per l’avvenire dell’identità costituzionale della Repubblica.
Non è vero che le grandi masse, in passato, non siano state coinvolte – nel bene e nel male – su questioni di questo carattere: dall’opposizione alla legge – truffa nel 1953; all’affermazione del sistema maggioritario avvenuto attraverso referendum sostenuto con mistificanti argomentazioni all’inizio degli anni’90 partecipazione e presenza dal basso non sono mancate.
Manca dunque la volontà politica per condurre fino in fondo contrassegnato dal rilievo politico che merita: d’altro canto la politica “praticata” sembra sempre di più nascosta dalla politica “propagandata”.
La questione, in realtà, può essere così riassunta (molti l’hanno già inquadrata al meglio ma mai come in questo caso repetita juvant): l’abolizione dell’elettività del Senato è strettamente legata a una riduzione complessiva nel ruolo delle assemblee elettive di primo e secondo grado.
Sulla questione delle spese, che rappresenta il grande alibi per questo assalto alla diligenza della democrazia si può ben affermare che è stato il marinaio a rovinare il porto: ma non si tratta di una buona ragione per affondare tutto quanto.
Il Senato si allineerebbe così sotto la scure di questa gratuita furia iconoclasta con le Province, le Comunità Montane (che costavano poco ed erano molto utili) le Circoscrizioni nelle città di medie dimensioni.
Mentre non si toccano le Regioni che rappresentano il vero bubbone della spesa pubblica crescita a dismisura attraverso la regionalizzazione di sanità e trasporti : due fonti di infinito clientelismo.
Non si toccano le Regioni vera sede di costruzione di un ceto politico di cattivo affare, com’ avvenuto almeno a partire dall’elezione diretta dei Presidenti in poi. Lo dimostrano le inchieste giudiziarie già concluse e in corso.
Senato e Province si trasformano così in sedi di una sorta di“partita di giro” del ceto politico.
Non solo vedremo all’opera i cumulatori di cariche ma anche la riproduzione di maggioranze “allargate” prive del tutto di rappresentanza politica.
Soprattutto però il tema dell’abolizione dell’elettività del Senato e la composizione della sua maggioranza in linea con quella delle Regioni è legato a quello della nuova legge elettorale per la Camera dei Deputati, che rimarrebbe la sola istituzione abilitata a concedere la fiducia al Governo.
Fiducia che, in questo caso, assomiglierebbe semplicemente a una pura ratifica, considerata l’enormità del premio di maggioranza concesso al partito vincente al ballottaggio e alla composizione del consesso che avverrebbe, per una quota parte molto rilevante, attraverso una sostanziale “nomina” da parte dei vari capi cordata.
Il dato più significativo che emerge in questo quadro è rappresentato dalla prospettiva che gli eletti di una sola lista potrebbero avere in mano la fiducia al Governo, l’elezione del Presidente della Repubblica, l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale, eventuali ulteriori modifiche costituzionali.
E’ in questo, e non tanto e non solo nel premio di maggioranza e nei “nominati”, che la legge elettorale (e il Senato dei nominati) fa apparire la prospettiva istituzionale del Paese facilmente assimilabile a quella aperta dalla legge Acerbo nel 1924.
In questo modo possono determinarsi le condizioni, prima di tutto, della formazione di un “Partito della Nazione” a vocazione non maggioritaria ma totalizzante e la conseguente solidificazione di un Regime che già oggi vediamo all’opera, specialmente nell’esercitare forme molto antipatiche d’inganno propagandistico e nella negazione di principi fondamentali di democrazia come quello della rappresentanza politica e dell’organizzazione dei corpi intermedi.
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26 commenti:
mah...secondo me più importante dei criteri costituzionali su come eleggere è la mancanza di criteri di controllo all’ interno dei partiti su come si decide chi è da eleggere. Per demagogia si è deciso di abolire il finanziamento pubblico, e quindi torneremo agli scandali a getto continuo, mentre sarebbe stato logico mantenere il finanziamento pubblici ai partiti che permettono il controllo di democraticità al loro interno
>>>
>>> La lunga fase di sostanziale immobilità dell’azione politica, il difetto assoluto di decisioni e d'iniziativa ci ha condotto ad un bivio con due (non tre) possibili vie: continuare a non far niente o fare male? Adesso facciamo male, ma la via del far bene è smarrita da tempo. Aspettiamo Pollicino.
>>> Mario Viviani
>>> Caro Mario,
>>> l’alternativa che tu poni è uno dei refrain della narrazione renziana.
>>> In realtà di innovazioni se ne sono avute molte, anche troppe: nel 2001 la riforma costituzionale del titolo V; nel 2005 la riforma della legge elettorale (Porcellum), poi dichiarata incostituzionale nel 2014; sempre nel 2005 la riforma costituzionale del titolo II, poi bocciata dal referendum confermativo nel 2006; nel 2015 la nuova riforma della legge elettorale (Italicum) …
>>> Più che quello nel presunto immobilismo, mi pare che il problema consista nel fatto che ciascuno dei poli ha usato le questioni istituzionali più per marcare il territorio, come i cani, che per avere una democrazia più efficiente. Rileggendo la riforma berlusconiana del titolo II viene davvero da chiedersi perché mai, avendo bocciato quella, dovremmo accettare dieci anni dopo la riforma Boschi, che oggettivamente pare perfino più pasticciata e cervellotica (e non era facile).
>>> Ormai siamo alle modifiche costituzionali fatte tanto per farle, per esibire un altro scalpo, senza minimamente curarsi delle conseguenze: cominciamo a cambiare, poi si vedrà …
>>> Come se tra la Costituzione, che dovrebbe essere sempre concepita sub specie aeternitatis, ed un successo contingente di un governo la priorità fosse il secondo.
>>> Io non mi capacito. In materia costituzionale che dubbio può esserci tra fare male e tenersi la Costituzione come è ? Ovvio che è meglio tenersi la Carta del 1948, ed anche ben stretta.
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>>> Luciano Belli Paci
>>>
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>>> Non basta, caro Luciano, l’aggettivo renziano (usato ovviamente in senso dispregiativo) per superare constatazioni evidenti come quella d'avere, con il generale nihil agere, dato tutela a posizioni di privilegio e parassitarie sempre più invadenti ed aggressive e negato tutela a quanti, ad esempio, erano e sono brutalmente sfruttati. La responsabilità di non aver fatto quant’era necessario, secondo me, coinvolge molti se non tutti ed oggi quasi giustifica il far male.- Ti pare?
>>> Grazie per la cordiale attenzione.
>>> Mario Viviani
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>>>
>>> Un consenso ed un dissenso con l’avv. Viviani. Sì, il “nihil agere” è stata una colpa evidente che risale nel tempo e non può certo essere addossata agli esponenti di oggi, per quanto male si pensi di loro, ma alla classe politica che ha governato l’Italia nei decenni trascorsi. No, le colpe del passato non giustificano il “mal fare” di oggi, perché mai?
>>> Semmai, c’è da chiedersi: come agire per impedire il mal fare, o almeno per fare un po’ meglio o un po’ meno male? E’ possibile, oppure dobbiamo rassegnarci e ritirarci nel privato, osservatori rattristati dalla propria impotenza?
>>> Paolo Zinna
>>>
>>
>> "Nihil agere" e' la caratteristica del nostro sistema di governare e di legiferare, sempre più faticoso e asimmetrico rispetto al tempo delle esigenze. Ogni qual volta sorgono esigenze, di " modernizzazione" del modo di agire e sostanziarsi della nostra democrazia, la contraerea degli autoreferenziale custodi entra in campo, e comincia la sagra dei falsi di autore ed il risultato è' sempre una riforma o presunta tale che è' inadeguata o inutile. Le riforme costituzionali SIN qui fatte non hanno modernizzato nulla e modernizzatori ed anti modernizzatori hanno in comune la tutela dei propri privilegi e la loro auto legittimazione. È' l'intero sistema della nostra governance che non rappresenta più un 'fattore critico" sia per la funzionalità di governo e sia per la democrazia. In Italia, l'opposizione non è' proporre soluzioni alternative ed il governo ombra, ma il come impedire a chi governa di governare, un retaggio di una concezione di sinistra radicale, che si legittima solo con l'identificazione di nemici, una volta i social traditori e oggi il renzismo con cui si cataloga chiunque non si adegui all'illuminismo democratico dei cavalieri della costituzione. Non sento dire che la doppia lettura delle leggi e' un non senso della governance, difficile da smontare proprio per i limiti imposti dalla Costituzione, cui nessun senatore chiede di bypassare rivolgendosi al popolo per sapere cosa ne pensa, il senato elettivo in Europa, riguarda solo l'Italia e quei pochi Paesi , arrivati più tardi alla democrazia: Spagna, Romania, Polonia, e Rep,Ceca. In Francia il centralismo della Stato fa i conti con le esigenze di funzionalità e di democrazia del governo locale riducendo lo spreco di una estesa frantumazione di amministrazioni territoriali, le città metropolitane assumono centralità di poteri sovracomunali e si elimina per legge la sovrapposizione di potestà tra i tre diversi livelli istituzionali senza presidi davanti al senato, da noi la Legge istitutiva delle città metropolitane del 1990 non è' mai stata attuata nella concordanza di fatto tra Governo, Regioni e Comuni per non leder egli interessi dei partiti e la loro lobby di amministratori. nei paesi democratici, la costituzionalità la si verifica ex ante non ex post dopo provocando danni e beffe. La disaffezione verso le istituzioni, il caratterizzarsi della politica tra populismi e corporativismi, il fatto che i protagonisti partiti e sindacati si auto legittimano dal punto di vista della democraticità rifiutando a priori alcun vincolo o norma, sono la conseguenza di un inveterato "nihil agere" che gli auto proclamati custodi della democrazia agitano e sostengono. Nel frattempo politica e democrazia latitano.
>
> Siamo il solo Paese in Europa (e probabilmente al mondo) ad avere un bicameralismo perfetto. Si discute da 70 anni della necessità di superarlo, senza arrivare ad alcuna conclusione. In Europa 15 su 28 Paesi non hanno una seconda Camera, e non c’è evidenza che la democrazia in quei Paesi sia andata a rotoli. In 15 su 28 Paesi (tra cui Germania, Francia e UK) la seconda camera viene eletta indirettamente. Infine in 5 Paesi, cito, , la seconda Camera viene eletta direttamente. Si sa che noi italiani ci riteniamo “più intelligenti” di tutti gli altri popoli, ma le classifiche internazionali sulla civiltà delle istituzioni e sulla istruzione ci collocano nella parte bassa. Non abbiamo niente da insegnare, casomai da imparare. Infine, la disputa sul Senato interessa, tutt’al più al 10/15% dei cittadini elettori. Agli altri non potrebbe importare di meno (evidentemente non siamo così civili).
> Cordialmente. Lorenzo Borla
>
come non concordare, la filosofia che sottende alla nostra governance è di tipo “impeditivo", ostacolare chi è legittimato a governare perché e’ il modello che non funge, se non governo io. Ci si rende conto che democrazia si fonda sull’elezione diretta di un Senato che non servirebbe, o almeno dovrebbe essere di secondo livello in un sistema che ha ben chiaro che la democrazia si costruisce sulla capacità, autonomia e responsabilità del suo sistema distribuito di governance. La capacità riformatrice è forte se, parafrasando Sartori, “l’ideologo è costretto a uscire dall’ideologia e incomincia a pensare, se non esce. E quello a cui siamo purtroppo costretti ad assistere, la semplificazione per esigenza, poco meditata e quindi esposta alla criticità di fatto, cui si contrappongono i perfezionisti della Costituzione Teo-idealizzata, da conservarsi alla lettera, e quando “avvertono che a forzarli, producono esiti invertiti ( i così detti falsi d’autore” la loro ricetta è solo quella di rincarare la dose” di esagerare solo per auto legittimarsi. Quando questo ruolo è esercitato dai radicalismi di sinistra, l’ossimoro è che i puri rivoluzionari e riformisti promuovono sensibilità popolari in nome di ideali che prefigurano un vecchio ordine, un ossimoro.
esattamente: è quello che io chiamo "il pendolo delle riforme" e che ha dato
il peggio di sé prima e durante il primo centro sinistra. Con una sinistra
radicale per cui nessuna riforma se non è perfetta, e una destra
conservatrice che era per nessuna riforma e basta, perchè anche quelle
imperfette ledevano qualche interesse: così, con la collaborazione del PCI
(nessuna riforma se non governiamo noi e niente Europa, perchè all'URSS non
va) si formava un blocco, anzi un macigno di blocco di qualunque cosa. Ma
quando c'è stata una miniapertura al PCI subito hanno abolito la contingenza
sulle liquidazioni di tutti i lavoratori dipendenti e tutti i giornali ne
han parlato in modo che non si potesse capire l'entità del danno...Da
allora, i perfezionisti delle riforme li disprezzo e li ritengo pericolosi
Se vogliamo giocare a questo gioco, io ci sto.
Ma allora bisogna essere coerenti: se dobbiamo fare come gli altri, lo facciamo sul serio.
Vogliamo il Bundesrat come in Germania ? Perfetto, allora diamogli le ampie competenze del Bundesrat ed eleggiamo la Camera "bassa" con il proporzionale corretto.
Vogliamo il Senato delle autonomie come in Francia ? Benissimo, allora lo facciamo eleggere anche noi da 150.000 amministratori locali, eleggiamo la Camera col doppio turno di collegio ed il Presidente della Repubblica a suffragio diretto.
Potrei andare avanti, ma non voglio annoiare. Ci siamo capiti.
Con la deforma Boschi saremo ancora una volta unici in Europa, ma in peggio.
Un caso unico con un Senato ridotto ad un ente inutile come il CNEL, che però costerà tantissimo (non se ne può più della propaganda sui senatori non pagati: quello che costa di più è la macchina-senato, lo dovrebbero sapere tutti ...); con una Camera eletta con uno smisurato premio dato ad una minoranza, magari neppure la maggiore delle minoranze perché al ballottaggio può vincere anche chi magari al primo turno aveva il 25 %; senza più uno straccio di meccanismi di garanzia ...
L'idea che pur di superare il bicameralismo perfetto sia accettabile un assetto istituzionale sudamericano continua a sembrarmi folle, ma sarò sicuramente io che non capisco.
Quanto all'interesse o disinteresse dei cittadini per le istituzioni democratiche, ma che razza di argomento è ? Ragazzi, ma siamo in un forum di discussione del Circolo Rosselli, o sbaglio ? Anche durante il fascismo il tema delle libertà perdute pareva interessare tutt'al più al 10/15 % dei cittadini (non più elettori). E con ciò ?
Peccato per gli italiani, peccato per l'Italia.
Luciano Belli Paci
Caro Luciano, giochiamo a questo gioco fino in fondo, se si vuole cambiare si sfida e si provoca, non ci si arrocca a difendere i privilegi di una categoria o di aspiranti a ritornare a farne parte è così via. La doppia lettura è' una indecenza democratica, che nasce dal compromesso costituzionale tra la visione di democrazia liberal democratica e la visione di una democrazia tutt'affatto diversa, lo stato si abbatte e no si cambia. Se non si può fare come la Francia meglio fare la battaglia per abolire il Senato e non per farne una sottospecie per le autonomie. Il mondo va verso le autonomie metropolitane leva per lo sviluppo e l'integrazione eppure i nostri sacerdoti che tutelano la nostra democrazia, secondo loro, non sono interessati al genere è presto li vedremo a tutelare le prerogative del contado in nome ci una democrazia di carta, costantemente vilipesa nel l'indifferenza. L'anti renzismo e tanto pericoloso quanto il comunque facere del Renzismo, forse anche di più perché soffoca la possibilità di fare meglio.,
Mi pare che i concetti evocati siano un po' troppo alti per essere usati su questa riforma: stiamo parlando della riforma BOSCHI!!!
Il la vedo molto piu' semplice, il bicameralismo perfetto va cambiato, ma NON è questo l'oggetto del contendere. SI puo' eliminare il bicameralismo perfetto in molti modi; l'oggetto reale del contendere è la partecipazione del senato al voto di fiducia. Renzi ha un problema, prenderà tra il 30% e il 35% alle prossime elezioni e vuole governare con la maggioranza assoluta in parlamento, oltretutto scegliendosi i parlamentari e con pocho contrappesi. Il sistema che ha creato: legge elettorale piu' riforma del senato serve semplicemente a questo, il resto è fumo negli occhi. L'Italia avrà l'unico sistema elettorale/istituzionale tra i grandi paesi democratici con coi appunto una minoranza anche piccola diventa automaticamente maggioranza assoluta. Insomma stanno facendo una riforma elettorare e istituzionale per Renzi, poi dopo magar,i per eterogenesi dei fini, ne beneficierà Salvini, ....
Daniele
Sono molto d'accordo con gli ultimi interventi, circa l'idea del "blocco se non governo io". Questo atteggiamento è quanto, fra l'altro, abbiamo visto anche in questi ultimi 20 anni, dove i due "partitoni" apparentemente antagonisti si bloccavano a vicenda e hanno portato l'Italia a fermarsi anch'essa, con le forze più radicali che hanno finito per essere velleitarie e produrre l'ossimoro che citava prima "bepmerlo45".
Tuttavia ho delle perplessità sulle conseguenze del discorso: non è affatto automatico che ad una stagione di immobilismo si debba rispondere sfasciando tutto. Cadremmo in un errore ancora peggiore e, fra l'altro, sarebbe esattamente la resa a chi vorrebbe cancellare alcune conquiste che proprio nella Costituzione sono scritte.
Le soluzioni per conciliare i principi della democrazia parlamentare e rappresentativa con le necessarie e ormai non più eludibili esigenze di efficienza nella governance del paese (a proposito, molto bello il concetto di bepmerlo45 che riporto qui: la democrazia si costruisce sulla capacità, autonomia e responsabilità del suo sistema distribuito di governance) ci sono, eccome se ci sono, e passano anche attraverso alcune modifiche costituzionali, che però non intaccano lo spirito originale della Costituzione.
Ad esempio, ma giusto per fare un esempio fra i tanti possibili:
1) abolizione secca del bicameralismo. Non serve a nulla prevedere una seconda camera, l'importante è che l'unica che resterebbe sia "pensata bene"
2) Legge elettorale che garantisca la pluralità di espressione ma anche una stabilità di governo:
A) niente liste coalizzate: ciascuno si presenta agli elettori con la responsabilità del proprio programma
B) sistema proporzionale con piccolissimo sbarramento, in modo da non escludere anche il mero diritto di testimonianza per forze che possano dare un apporto significativo alla politica del paese (tanto per non prendere i soliti a noi vicini, vogliamo dimenticare che Ugo La Malfa militava in un partitino che oggi non esisterebbe nemmeno con le attuali leggi?)
C) collegi elettorali di dimensione ampia ma non un unico collegio nazionale (le vecchie circoscrizioni della prima repubblica andavano bene) in modo da garantire il quorum, e quindi la presenza in parlamento, a forze "territorialmente significative". Credo che sia cosa ben diversa raggranellare un 3% di voti in tutto il territorio nazionale piuttosto che ottenerlo tutto in una unica circoscrizione: avere il 3% su base nazionale, ma presentandosi in una sola circoscrizione, significa aver ottenuto in quella circoscrizione almeno il 10% di voti, e quindi, per il principio di tutela dei territori, è giusto garantire una adeguata presenza in parlamento.
D) Premio "secco" di maggioranza del 10% alla lista che ottiene più voti, in modo da consentire il governo "da solo" al un partito che rappresenta almeno il 40% di degli elettori (e questo, scusatemi, lo trovo alquanto giusto), ma in modo anche da costringere a governi composti da più partiti nel caso nessuna delle liste ottenga il 40% dei voti. La democrazia è anche ricerca e raggiungimento di accordi, e se nessuno ha la maggioranza, allora DOPO le elezioni si cerca un accordo in parlamento fra le forze che hanno dimostrato di essere maggiormente significative. Questo risolverebbe anche il problema del diritto di veto dei piccoli partiti, che nelle coalizioni è invece, gioco forza, molto presente.
Ci vuole una particolare intelligenza per pensare semplici soluzioni come quella descritta? Non credo proprio. La sensazione che ho, invece, è che tutti questi strani giochi che mirano a complicare i meccanismi della democrazia siano solo finalizzati a stravolgerne il senso, per abbandonare la democrazia parlamentare e rappresentativa a favore di qualche altra forma non ben definita ma sicuramente meno rappresentativa.
Il fatto che la democrazia diventi meno rappresentativa si porta dietro una conseguenza non da poco: i governi devono necessariamente trovare una qualche forma di legittimazione del potere. Se questa legittimazione non risiede in un ampio e condiviso consenso popolare (e quando vediamo che alle elezioni non va a votare neanche la metà degli elettori il dubbio viene) allora dove risiede la legittimazione dei governi? Nelle lobbies e negli oscuri potentati economici?
Ecco, credo che la Sinistra dovrebbe avere la capacità di studiare e avanzare proposte di questo tipo, che difendono lo spirito della Costituzione molto meglio che il fallimentare tentativo di bloccare lo scorrere del tempo. Altro che stare a cavillare sull'articolo 2 al Senato!
Questa idea che una riforma fatta male è comunque meglio di nessuna riforma mi pare alquanto discutibile, soprattutto se parliamo di riforme costituzionali, che vanno a toccare il funzionamento primario di un sistema politico-istituzionale. Qui non si tratta infatti di una legge qualunque, per cui uno può sempre dire: se non funziona la cambiamo. Qui si parla della "grundnorm" (per dirla col vecchio Kelsen), e con quel tipo di norme non è davvero il caso di andarci leggeri, anche perché i danni rischiano di essere assai più complicati da riparare. Procedere in questo modo da apprendisti stregoni è cioè indice di assoluta sconsideratezza.
Gli argomenti che poi vengono addotti per questa riforma (risparmiare sui costi e accelerare i tempi di decisione) sono francamente del tutto risibili. I costi del Senato, come ha ben osservato Luciano, dipendono infatti assai più dall'esistenza del Senato in sé che non dal numero dei senatori (per cui a quel punto meglio sarebbe stato se il Senato lo si fosse semmai abolito del tutto, piuttosto che mettere in piedi questi pasticci); mentre la storia dei tempi è una bufala bell'e buona, come dimostra il fatto che quando ha voluto, il Parlamento (nei due rami) è stato in realtà perfettamente in grado di approvare leggi con grandissima rapidità. Non si può dunque sostenere che il "nihil agere" o il "nihil actum" siano dipesi dal sistema istituzionale o dal tanto deprecato bicameralismo perfetto. Le responsabilità dell'inazione sono semmai degli attori politici e non del sistema in quanto tale. Dunque è sugli attori che di dovrebbe intervenire (ad esempio non votandoli più), piuttosto che sul sistema. Andrebbe invece ricordato, viceversa, che il bicameralismo perfetto ha semmai permesso, in più di un'occasione, di rimediare ad errori anche grossolani compiuti nell'approvazione di leggi da parte di questo o quel ramo del Parlamento (il quale non di rado ha dimostrato di agire in modo frettoloso e maldestro, lasciandosi talvolta condizionare, nelle propria attività legislativa, da fattori contingenti, che poi, trascorsa magari l'emozione del momento, sono stati spesso ponderati in modo più meditato proprio grazie alle seconde letture).
Che a fare queste riforme costituzionali pasticciate sia poi un Parlamento eletto con legge incostituzionale, mi pare cosa ancora più grave. Dopo la sentenza della Corte, il buon senso, l'onestà e il senso delle istituzioni avrebbero infatti voluto che si eleggesse un nuovo Parlamento, o che il Parlamento in carica si limitasse tutt'al più ad un'attività di tipo "ordinario". Qui invece abbiamo un Parlamento illegittimo e non costituzionale che si erge di fatto ad assemblea costituente. Il che mi pare un'enormità.
Renzi e il PD, oltre tutto, hanno potuto imporre questa riforma anche grazie al fatto di disporre di un premio di maggioranza abnorme alla Camera dei Deputati : un premio che oltre ad essere in sé non legittimo (lo ha detto la Corte) è stato in realtà conquistato da una coalizione che non aveva nemmeno mai parlato, prima delle elezioni, di un siffatto programma di modifiche costituzionali. Non solo quindi si è avviato un processo di revisione dell'ordinamento dello Stato in forza di un beneficio in seggi che la Corte Costituzionale ha sentenziato essere stato conquistato in modo improprio, ma quei seggi sono oltre tutto conquistati con voti che non erano stati chiesti e presi su quel tipo di agenda. Personalmente ad esempio, ho contribuito con il mio voto alla vittoria (pur risicata) della coalizione "Italia Bene Comune", e dunque all'enorme premio di maggioranza di cui il PD renziano noggi beneficia, ma io non ho certo votato perché il PD procedesse in questo modo. Capisco bene che sul piano giuridico quest'ultima argomentazione non rileva gran che (anche perché i parlamentari non sono tenuti ad alcun vincolo di mandato, ed io trovo che sia senz'altro giusto che così). Ma ciò non toglie che migliaia e migliaia di elettori (quorum ego) si sentano oggi letteralmente defraudati, e che questa riforma avvenga in modo politicamente truffaldino. Renzi è in altre parole un imbroglione.
Quanto ai motivi reali per cui il governo Renzi vuole questa riforma sono quelli che espone qua sotto Daniele: assicurare ad un partito di minoranza un controllo assoluto del Legislativo, con la possibilità di predeterminare la composizione della rappresentanza parlamentare, riducendo nel contempo i contrappesi istituzionali. Questa a me pare una torsione autoritaria bell'e buona (e il fatto che Renzi risponda con una risata a queste contestazioni mi pare per certi versi ancora più inquietante).
E' una torsione compiuta, oltre tutto, in modo sconsiderato (quasi più per il gusto di esibire una sorta di malriposta immagine di muscolarità e di efficientismo politico che non per un calcolo particolarmente meditato e lungimirante): si manomette infatti l'ordinamento dello Stato con finalità di corto o cortissimo respiro (e che facilmente potrebbero ritorcersi contro gli stessi artefici dell'operazione), il che è francamente il modo più sbagliato di toccare una Costituzione.
Siamo dunque in presenza di una vera e propria mostruosità politica. E in tutto questo, trovo in vero quanto mai deprimente, al solito, l'atteggiamento della cosiddetta "minoranza Dem", che mi pare davvero gente senza spina dorsale.
Un saluto, Francesco Somaini
Dico subito che questa è una replica di impulso, non prometto né ordine né chiarezza. E no, caro Luciano, il gioco non è un giochino, perché ho riportato dati oggettivi. Non viviamo sotto il fascismo e quindi oggi c’è la libertà di pensare, e di dire, quello che ci pare: proprio per questo è significativo che il tema del Senato interessi (al massimo) al 10/15% dell’elettorato, in quanto si tratta di un fatto spontaneo. E se il tema non interessa la grande maggioranza degli italiani bensì un ristretta elite, è evidente che c’è qualcosa che non va; è evidente che la maggioranza democratica non vede alcuna minaccia alla democrazia rappresentata dalla riforma. E trovo anche divertenti le grida di dolore deprecativo che si sono levate da qualche intellettuale: Infatti nessuno, se non gli eletti ai Consigli provinciali, ne sente la mancanza; o peggio, ne teme una diminuzio della democrazia. . Ma chi lo dice, che se vogliamo il Bundesrat dobbiamo dargli le stesse competenze ed eleggere la Camera Bassa col proporzionale? Non so, per esempio, come si elegga il Senato francese, ma non credo proprio col proporzionale. E che dire della House of Lords che ha una elezione indiretta (e forse qualche Lord ci entra ancora per diritto di nascita)? E non se ne può più di chi sventola l’argomento della spesa (costerà tantissimo…)
Il che poi non è vero: non costerà più di adesso. E poi questa corrente di pensiero, si è mai occupata sul serio della spesa pubblica? Mi viene in mente una famosa uscita di Giusi La Ganga ai tempi d’oro del socialismo da bere: I soldi non sono mai un problema!. Lo credo, i soldi degli altri, per chi li ruba, non sono mai un problema… E mi sembra che qualcosa del genere avesse detto Gianni De Michelis a proposito della tangenziale di Venezia… Degli sperperi che hanno portato il debito pubblico alla cifra che sappiamo e delle enormi ingiustizie sociali che si sono create fra chi profittava (e rubava) e chi è rimasto indietro, mai che io abbia sentito anche il più flebile lamento, da queste parti. Ancora, chi lo dice, che se eleggiamo la Camera col doppio turno di collegio (metodo a cui sarei oltremodo favorevole) dovremmo eleggere ed il Presidente della Repubblica a suffragio diretto?
E poi, smettiamola di usare come deterrenti delle ipotesi estreme (il 25% che prende il 100% dei seggi) che appena un po’ di buonsenso ti dice che non si verificheranno… Certo, si può andare avanti all’infinito con queste ipotesi, e a discuterne, dal momento che siamo un forum di discussioni. Ma avendo ben chiaro che non ci muoviamo nell’ordine della realtà, ma della fantasia. E mi sembra che le grida di dolore che ho citato prima siano un frutto delle viscere piuttosto che della ragione: non portatemi via il giocattolo con cui mi sono divertito! Fermi tutti, il Senato non si tocca, meglio che resti così come è (come non si devono toccare il lavoro, le scuola eccetera). Tutto fermo (come stavamo bene...), oppure, ovviamente, le cose da fare sono ben altre, senza neanche riflettere che le riforme, qualsiasi riforma, è esposta al rischio dell’attuazione, e non si sa come funzionerà nella vita finché non verrà adottata e funzionerà in concreto. Ricordiamoci del titolo V di Amato, che probabilmente era pieno di buone intenzioni ed è stato un disastro. E sono d’accordo con Claudio che i perfezionisti delle riforme fanno danni.
Cordialmente. Lorenzo
Faccio sommessamente notare a Mimmo Merlo che la doppia lettura delle leggi, che per lui costituisce nientemeno che "una indecenza democratica", è il sistema vigente negli USA, dove le due Camere non danno la fiducia al governo ma esercitano la funzione legislativa più o meno come da noi.
Dopo di che, può benissimo non piacere e si può preferire una maggiore differenziazione tra i due rami del parlamento, oppure tenersene uno solo.
Ma dipingerlo come un mostro assoluto pur di legittimare a tutti i costi quel mostriciattolo vero e proprio partorito dal ducetto di Firenze e dalla fanfaniana di Arezzo è un po' troppo ! Esageruma nen (così anche Bellavita è contento :-)
LBP
Caro Luciano
ogni pesce naviga nella sua acqua, se le acque sono diverse anche i pesci assumono aspetti diversi.
In Europa, la doppia lettura ce l’hanno solo quelli usciti da non eccessivo tempo dalle dittature, gli altri non ne hanno sentito il bisogno.
Attorno alla modificabilità della Costituzione, indipendentemente dalla qualità delle modificazioni che si adottano, sempre e comunque criticabili, vedi la schifezza si sta realizzando, sono pregiudizialmente, con tanta enfasi e strumentalità di suggestione, contrastate in nome di una democrazia che si violerebbe, in quanto la Costituzione discende dal monte Omron, ed il suo spirito non può essere violato, anche se la stessa è disattesa e strutturalmente propensa ad esserlo, vedi il fantasmagorico percorso per dichiarare incostituzionale una legge.
Cosa ci può essere di democratico, se il nostro sistema nasce attorno ai partiti, almeno fino a qualche decennio fa c’erano, che si potevano permettere il lusso di modificare una legge emessa da altri colleghi di partito, non dico corretta bensì modificata, come non ricordare il ritardo legislativo di leggi necessarie dovuto alla doppia lettura e degli impatti sulla vita democratica, una democrazia che non indica il tempo per decidere tra i suoi fattori critici dei processi decisionali è una democrazia destinata ad essere sopraffatta da una pericolosa indifferenza o dalla reazione non solo di coloro che i sentono violati dei propri diritti, ma soprattutto da coloro che lo presumono.
Il nostro paese è dominato dal non fare ( i conservatori), per non mettersi mai in gioco, gli innovatori si devono buttare sulla creatività (dote che manca alla politica dei partiti), al rischio di provare a vedere oltre, mentre la saccenteria più o meno interessata, coinvolta, complice ci deve spiegare cosa è democratico o no, pensando di essere gli unici illuminati.
Il Senato è da abolire nella sua origine, non perché possa o non possa servire, perché questo angusto ed ottuso dibattito, con sceneggiate in piazza lo ha reso percepito come inutile, ma come si fa a pensare che la sua funzionalità o la sua democrazia stia nella sua elezione diretta, ma per piacere, detto da chi ritiene antidemocratico o pericolosamente democratico eleggere direttamente il capo dello Stato o piuttosto il Premier, mentre si eleggono a minoranza i presidenti di regione e via andare.
La confusione genera il pericolo alla democrazia, non la volontà e la possibilità di cambiare ciò che il tempo non regge, soprattutto quando il disegno nasce da un compromesso tra due concezioni assolutamente diverse e contrapposte di democrazia.
Non so la forma, ma credo da tempo che il popolo abbia una coscienza, che i corpi intermedi (partiti e sindacati) antepongano la loro sopravvivenza agli interessi generali, e se un tempo le contraddizioni emergevano dopo anni oggi emergono quasi in tempo reale.
Caro Francesco, non equivocare, il “nihil agere” è riferito a tutti coloro che ritengono intoccabile ogni forma di cambiamento che riguarda la costituzione e il sistema della governabilità, il pregiudiziale del pregiudizievole” che agita sempre alcuni e sempre gli stessi.
Con l’inserimento della città metropolitana in Costituzione, tutto il sistema della governance territoriale avrebbe richiesto un approfondimento, come peraltro sta avvenendo in Francia. Ma anche qui non ritocca, nulla, le leggi del 1990 e quella successiva Bassanini, che definivano ruoli e funzioni, non solo non sono state scandalosamente applicate, nell’ignavia generale, nessuno si è alzato prima, qualcuno ha denunciato dopo, e allora la domanda da porsi non è sulla tenuta dell’architettura costituzionale se viene modificata, ma se si può modificare ed allora questo si dovrebbe chiedere al Paese e quindi se il Senato è ritenuto utile dagli italiani o no, anziché chiederlo ai senatori in carica ed a quelli che vi aspirano. Cartesio avrebbe posto una filiera di interrogativi: il Senato serve sì o no, (ampia discussione su questo tema) se gli Italiani pensano che non serva metà delle discussioni cessano. Se serve cosa gli facciamo fare, una sua autonoma lettura, una doppia lettura o una semi lettura, vi può essere mediazione sul come procedere, non sul serve sì o serve no. Ne consegue che fuori da questo approccio ogni cosa rischia di essere abborracciata, come la centralità della sua elezione diretta svincolata dal che cosa fargli fare, in nome di una elezione diretta che sarebbe la sola garanzia di democraticità. Certo che Renzi vuole governare senza condizionamenti, ma il nodo è discutere di come si può governare o si dovrebbe e allora si ritorna alla grande riforma degli anni 80/90 rifiutata perché il fondamentale era il “nihil ag
ere"
La istituzione del bicameralismo perfetto è stato un errore dei padri costituenti preoccupati per la tenuta della democrazia post fascista. L'errore era già evidente qualche lustro dopo l'adozione, infatti è da allora che se ne discute. La ragione del nihil actum (secondo la felice spressione di B Merlo), nascondendosi dietro a nobili ideali, era invece un tantino più materiale: il Senato ha rappresentato un ricco postificio, e cioè una gran bella occasione, per i partiti, di sistemare i loro funzionari a spese dello Stato. Nonché i propri clienti in tutto l'indotto amministrativo burocratico strapagato. Certo, se a modificarlo non si risparmia, tanto varrebbe abolirlo del tutto. Cari saluti. Lorenzo Borla
Sulla soluzione bicamerale configurata nella costituzione non ho il giudizio negativo che mi pare abbiano tanti di voi. Non dimentico quanto di positivo ha portato la doppia lettura e, comunque, non mi piace abbattere un istituto perché ne abbiamo fatto maluso; se dovessimo sopprimere tutte le istituzioni diventate postifici, ne rimarrebbero in piedi pochissime (forse nessuna, nemmeno gli ospedali o le scuole per non dire dei tribunali).
Concordo con Paolo Zinna sul fatto che l’imperativo categorico di fare non giustifica il far male e che è meglio costruire l’alternativa del far bene. Ma nel frattempo -se non siamo stati capaci di definire e di far procedere il far bene- restiamo fermi? L’immobilità, in questi decenni, ha fatto consolidare (aggravandoli) privilegi e parassitismi, diseguaglianze e soprusi, allontanando ancor di più il far bene. Tutto questo penso a costo di apparire renzista e nonostante il giudizio negativo che ho su gran parte delle riforme renziane che ho conosciuto e son riuscito (almeno in parte) a capire.
Saluti cari.
Mario Viviani
Mario e Paolo non hanno torto. Perché due occhi vedono meglio di uno, però allora la questione è che sbagliano più gli altri di noi, non sarei così convinto.
Ma la questione l 'ha posta correttamente Mario, la questione della grande riforma fu posta da Craxi, negli anni 80, e fu sdegnosamente è politicamente respinta, in oltre un quarto di secolo non si è' stati capaci di sviluppare degli "Istitutional Agreement" per ridimensionare l'impatto della doppia lettura, anacronistica nel terzo millennio, primo passo per incominciare a provare a far bene, ma inseguito l'unico far bene da suggestionare è' stato il dover far nulla sfruttando tutti gli arpigli che diritto e costituzione mettono a disposizione. La propensione innaturale della politica italiana a dividere demonizzando l'altro, impone di parteggiare, e coloro che vorrebbero
Attivare i warning per evitare di far male, sono rifiutati a priori.
Inviato da iPad
Uno dei grandi errori di Craxi fu proprio l'aver evocato la grande riforma costituzionale senza però mai precisarne e definirne con chiarezza forme e contenuti. Per cui non si capì se il modello era la Repubblica presidenziale, quella semi-presidenziale o il cancellierato di tipo tedesco. A partire dai primi anni '90 si sono avute, come è stato ricordato, svariate riforme elettorali, che di per sé non sono materia costituzionale, ed anche delle riforme della Carta. Sono stati interventi pessimi, senza eccezione alcuna, perché attuati in assenza di una visione complessiva e coerente di ciò che si voleva realizzare. Inoltre - anche qui non dico nulla di nuovo - sono stati sempre concepiti in funzione di interessi contingenti e di parte, mai in funzione del bene della Repubblica. Renzi e il suo governo proseguono su questa linea e portano alle estreme conseguenze un indirizzo leaderistico finalizzato ad assicurare il dominio dei pochi sui molti senza garanzie, limiti e contrappesi. Il combinato disposto dell'Italicum e della sostanziale abolizione del Senato è un mostro costituzionale ed istituzionale senza uguali al mondo, che non può essere giustificato in alcun modo perché ingiusto e pericoloso.
Maurizio Giancola
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