sabato 17 maggio 2014

Vittorio Melandri: Corruzione

CORRUZIONE ITALIANA – PERCHÉ SIAMO CADUTI COSÌ IN BASSO!? Quando si è formato il grande ‘lago italiano’ che si chiama “Corruzione”? Se ci si riferisce all’Italia unita, non erano ancora passati trent’anni dal 17 marzo 1861, quando sul finire degli anni ottanta di quel secolo emerse il cosiddetto “scandalo della Banca Romana”, che fra l’altro innescò le condizioni politiche che portarono, il 10 agosto del 1893, al varo della legge n. 449, con cui fu fondata la Banca d’Italia. Certo è che il grande lago italiano che si chiama “Corruzione”, continua ancora oggi ad essere alimentato da un fiume tributario che arriva da molto lontano, di cui è persino difficile risalire alle sorgenti; ci vorrebbe un Livingstone, ma è bene ricordare che anche lui cercando le sorgenti del Nilo, trovò invece quelle del Congo, e di un esploratore del tipo di Burckhart Waldecker, che nella prima metà del novecento scoprì quelle vere del Nilo, non si ha notizia in Italia. Ci si può però con buona approssimazione affidare ai poeti, perché come ricorda in dialetto piacentino il poeta Ferdinando Cogni, “pulìtic quattä - pueta dasquattä”, il politico copre, e il poeta scopre. Già a cavallo fra XIII e XIV secolo il ‘sommo Poeta’, il VI canto del Purgatorio, quello al cui centro spicca il versetto “Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello!”, lo scrive tutto in forma di invettiva contro la “corruzione in Italia”. E saltando i secoli per avvicinarci a noi, possiamo leggere Leopardi, che sottolineava come… “le classi superiori d’Italia, (siano) le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano (sia) il più cinico di tutti i popolacci”; poi possiamo citare sempre in ordine cronologico di avvicinamento al tempo presente, Prezzolini e Calvino, il primo che affermava, “i cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi”….. il secondo, che nell’apologo apparso su la Repubblica, il 15 marzo 1980, col titolo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti”, raccontava di un paese …. “che si reggeva sull’illecito”. Concludo questa mesta carrellata rifacendomi da ultimo non ad un poeta, ma ad un economista, che è stato anche un “servitore dello Stato”, Paolo Sylos Labini, che giunto alla fine della sua vita (è morto il 7 dicembre 2005), ha lasciato a noi suoi concittadini, un appello uscito postumo in forma di pamphlet nel febbraio 2006, sotto il titolo “Ahi serva Italia – un appello ai miei concittadini”, a cura di Roberto Petrini, che in premessa questo ci chiedeva: “II discorso è angoscioso, ma mi sembra giusto farlo, dal momento che sulla questione ho riflettuto molto e riguarda noi tutti. Perché siamo caduti così in basso? Non per orgoglio né per presunzione, ma per «disperazione sociale» mi rivolgo ai miei concittadini per esortarli a fare uno spietato esame critico della coscienza civile evitando ogni formula consolatoria. È la premessa per uscire dall’abisso.” Tutto questo mi è stato dettato dalla lettura di un articolo apparso su “il manifesto” di oggi 15 maggio, a firma di Paolo Favilli, che partendo dalla sentenza Dell’Utri, argomenta sì in modo corretto, ma a mio parere anche “deviante”. Favilli scrive del cosiddetto “ventennio berlusconiano”, e riferisce dell’operazione “Berlusconi-Dell’Utri-Previti” come un’operazione che sarebbe stata sì collettiva e che nel 1994 “aveva come fine quello di assicurarsi un rapporto biunivoco e funzionale tra sfera criminale e sfera politica”, ma al cui centro comunque se ne stava insediato Silvio Berlusconi. Ma se come afferma sempre l’autore, “le ragioni dei vent’anni berlusconiani affondano profondamente nella sfera sociale e in quella politica italiane”, dobbiamo avere la consapevolezza che il Berlusconi raccontato sin dal 1995 da Peppino Fiori, che è stato all’inizio un…. “… giovanotto del think-big, (pensare in grande) ma di portafoglio ancora sgombro….” … che nell’Edilnord sas di Silvio Berlusconi e C. “…era socio «accomandatario» (o «socio d’opera») quelli che … s’incaricano dei permessi, scelgono i progettisti, appaltano i lavori, trattano con le burocrazie comunali-politiche, con gli operai, con i clienti, oppure tirano su i muri – mentre i soci «accomandanti», i finanziatori erano Carlo Rasini e un avvocato d’affari svizzero, Renzo Rezzonico, legale rappresentante d’una finanziaria di Lugano.” Era già allora non un MANDANTE….. bensì un …. MANDATO…. dietro le cui spalle se ne stava la Banca Rasini ed altro…. e cos’era “… in effetti la microbanca di Carlo Rasini?” Ancora Peppino Fiori….. “Un giornalista del «New York Times», Nick Tosches, incontra a New York nel 1984 e nel carcere di Voghera a maggio, agosto e settembre del 1985 il finanziere malavitoso Michele Sindona. Dalle molte interviste viene fuori un libro, Il mistero Sindona, pubblicato pubblicato in Italia da Sugarco nel 1986. Interessa qui andare svelti a pagina 111: «”Quelli che hanno provocato la tua caduta”, dissi, “ti hanno accusato di lavorare per la mafia”. “Sì”, annuì, “mi hanno accusato di questo. Mi hanno accusato di tutto, eccetto di avere inchiodato Cristo alla croce”, rise. Poi si schiarì la gola e tirò un lungo sospiro. “Se fossi davvero implicato come dicono, adesso non me ne starei qui come un fottuto rottame. La verità è, vedi”, proseguì, “che io non ho mai avuto bisogno di loro e loro non hanno mai avuto bisogno di me. Come sai, le mie banche italiane erano istituti di prim’ordine, con soci di primo ordine. La Banca Privata era una banca dell’aristocrazia. La mafia invece si serve sempre di istituti e professionisti di second’ordine”. Socchiuse gli occhi con espressione scaltra [ ... ] “Quali sono le banche usate dalla mafia?”, chiesi. (….) “In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in piazza Mercanti.” Se questo è il quadro di riferimento, e purtroppo lo è, è fuorviante da un lato considerare l’antiberlusconismo sciocco e di maniera come ancora si è letto sempre su il manifesto, a firma di Massimo Villone, e dall’altro proporre Berlusconi al centro di un fenomeno di cui è emissario e non tributario, burattino e non burattinaio, MANDATO e non MANDANTE. Vale oggi più che mai la conclusione del pamphlet di Sylos Labini, che personalmente penso, aggiornandolo ai quasi dieci anni trascorsi invano, si debba estendere non solo ai leader dell’attuale centrosinistra, ma anche a quelli della sinistra sedicente radicale…. UN APPELLO ACCORATO….. “Rischiando di apparire un ingenuo vorrei esprimere un auspicio, anzi un appello appassionato. I leader del centrosinistra da giovani non erano così cinici, avevano ideali che poi l’esperienza politica del nostro infelice paese li ha spinti ad abbandonare. Certo, i membri dei partiti del centrosinistra, che si rendevano conto di come stessero andando le cose sono stati troppo timidi, forse come strascico di un’antica malintesa, disciplina di partito. Oggi i segni incoraggianti si moltiplicano, forse perché vedono la morte politica. Perciò dico loro: lasciate la strada che porta all’autodisistima generalizzata descritta spietatamente da Smith e da Leopardi e addirittura all’autodisprezzo. Non dovete pensare che i vostri figli saranno orgogliosi di voi perché vi siete affermati politicamente. Al contrario, quando «capiranno», si vergogneranno di voi. Recuperate gli ideali della vostra giovinezza. Sono pronto a superare i giudizi negativi se vengo convinto dai fatti; le parole non bastano. Ecco, ho cominciato questo libro con un’invettiva. Lo concludo con un appello accorato.” Al netto dei -segni incoraggianti- che per “sua fortuna” Sylos Labini non ha visto sbiadire velocissimamente, vale ancora oggi più che mai che dinnanzi ai “figli” (ogni riferimento a Matteo Renzi non è casuale) che non si vergognano di fare accordi con i corrotti, addirittura per cambiare la Costituzione, non resta che sperare nella vergogna dei nipoti….. …… che almeno loro un giorno capiscano….!!! Vittorio Melandri

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