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martedì 13 maggio 2014
Pierpaolo Pecchiari: Mariuoli
Mariuoli... a lunga conservazione
Qualcuno ha detto – e altri hanno scritto – che le recenti, tristi vicende politico-giudiziarie milanesi ci riportano indietro di vent’anni.
Stessi protagonisti, stesse prassi spregiudicate, stessa abilità manovriera nell’operare in quella zona grigia tra malaffare e cattiva politica.
Eppure qualcosa è cambiato.
Nel 1992 era oggettivamente indiscutibile che il sistema corruttivo fosse al servizio del finanziamento della politica: dei partiti, e delle loro correnti (soprattutto). Siccome i mariuoli hanno le dita appiccicose, qualcosa restava anche a loro.
Oggi, invece, è opinione diffusa che il sistema corruttivo sia al servizio di interessi privati e personalissimi.
I partiti non ci sono più, mentre i mariuoli – a volte “a lunga conservazione”, come nel caso di Frigerio e Greganti – ci sono ancora. Vivono e lottano, più contro che insieme a noi. Parrebbe quasi un problema di antropologia culturale. Come negli studi di Lombroso, alcuni sarebbero addirittura mariuoli incorreggibili, soggetti ad una inesorabile coazione a ripetere.
Per fortuna, ogni tanto qualcuno di loro viene preso e messo nelle condizioni di non nuocere. E tutti noi possiamo tornare a vivere felici e contenti.
In fondo, era chiaro a tutti che, una volta abbattuto il Cinghialone e ridotta ai minimi termini quell’organizzazione criminale che rispondeva al nome di Partito Socialista Italiano, l’Italia sarebbe tornata un tempio di democrazia e di trasparenza.
O no?
Purtroppo, no.
E’ vero: i mariuoli ci sono ancora, e i partiti non ci sono più. Ma non per questo i mariuoli di oggi sono dei “ronin”, dei samurai senza padrone, al servizio solo di loro stessi. Vero: i partiti non ci sono più, ridotti a sommatorie di comitati elettorali, privati di risorse finanziarie e organizzative, svuotati di significato nella loro vita democratica. Ma sono stati sostituiti da veri e propri conglomerati di potere affaristico-politico-elettorale, che si alimentano proprio con i proventi della corruzione.
Oggi come allora – forse molto peggio di allora – la corruzione è al servizio di un sistema di potere.
Arrestare quattro mariuoli serve a poco. Quello di cui il Paese ha bisogno è un incisivo e serrato attacco alla corruzione politico-affaristica. Ci vogliono leggi ad hoc, che affrontino il fenomeno della corruzione a 360°, contrastandolo in tutti i suoi aspetti. E ci vuole la volontà politica di applicarle.
Inutile dire: non posso, non voglio essere garantista. Sappiamo tutti molto bene che non è solo questione di appalti Expo. Quanti tra noi hanno conoscenza diretta del mondo, e magari avuto negli ultimi anni responsabilità amministrative, potrebbero citare numerosissime situazioni poco chiare. Interventi infrastrutturali di dubbia utilità; rilocalizzazioni di complessi ospedalieri; operazioni di acquisizioni, fusioni e cessioni di aziende a partecipazione pubblica; riqualificazioni di aree ex industriali condotte senza farsi troppi scrupoli e problemi. Il tutto nella stretta osservanza di un “rito ambrosiano” assolutamente inclusivo, quasi evangelico nell’aggiungere posti a tavola e nel concedere qualcosa a tutti.
Ne abbiamo abbastanza per andare in Procura? Indubbiamente no.
Abbiamo elementi sufficienti per diffidare, vigilare, sollevare questioni politiche? Certamente si.
Mi pare chiara la necessità di sviluppare un’iniziativa politica forte, per contrastare tre fenomeni tra loro strettamente collegati: il connubio tra malaffare e cattiva politica; l’evasione, il nero e il sommerso; le infiltrazioni della criminalità organizzata.
A quanti si riconoscono in una prospettiva di alternativa socialista la responsabilità di far tornare a soffiare il Vento del Nord.
Sia un vento gelido, che mette i brividi a chi ne è colpito.
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