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lunedì 7 aprile 2014
Lanfranco Turci: L'Europa della solidarietà contro la crisi
L’EUROPA DELLA SOLIDARIETA’ CONTRO LA CRISI
Introduzione LanfrancoTurci
Roma 4 aprile 2014
Siamo a meno di due mesi dalle elezioni europee, ma il tema Europa ancora non decolla adeguatamente nel dibattito pubblico, nonostante la crisi economica che ha al suo centro la politica europea e nonostante che in questi anni la riflessione critica, sia in Italia che all’estero, sulle ragioni della crisi e sugli effetti delle politiche liberiste e di austerity abbia conosciuto sviluppi senza precedenti , fino a coinvolgere gli stessi santuari del FMI. L’unica cosa che appare per ora sono le scomposte e sgangherate agitazioni degli antieuropeisti della Lega e del Movimento 5 stelle, in nome di una presunta e paradossale alleanza di tutti i nazionalismi europei che si vogliono liberare dall’Europa e dall’Euro. Sugli altri versanti, salvo qualche accenno ambiguo, parrebbe darsi per scontato che le cose in futuro debbano continuare sui binari che abbiamo già percorso e che la campagna elettorale debba servire ad altro.
Si delinea infatti il rischio, come in altre campagne elettorali europee, di un uso improprio del confronto elettorale europeo. Invece che la candidatura unitaria di Schulz e il programma dei socialisti europei, due fattori che rappresentano la vera novità delle prossime elezioni, e che possono fare la differenza con le precedenti, in Italia pare che queste elezioni debbano serire soprattutto a testare il gradimento popolare verso l’iperattivismo riformatore del nuovo Governo, e i suoi toni gladiatori nei confronti di tutto ciò che può essere catalogato come casta politica o politico-sindacale. Una gara che, così impostata, sembra aver di mira più che i conservatori europei il Movimento grillino. Ma non sui temi dell’Europa, bensì nella sfida a chi sa meglio cavalcare l’onda della protesta popolare avvolta nella bandiera dell'antipolitica. A voler essere particolarmente critici, si potrebbe dire che si sta riproponendo la vecchia formula romana del “ Pane et Circenses” con l’offerta al popolo del sacrificio dei Senatori al posto della corsa delle bighe al circo Massimo. Panem et senatores! E per il bisogno di lavoro si confida sulla flessibilità ad libitum!
Speriamo che la campagna elettorale non sia tutta assorbita dalla discussione sul nuovo impetuoso ciclo della politica italiana , che comunque lo si voglia giudicare, non può sostituire l'esigenza di una svolta in Europa, neppure con la formula giustificativa dei due tempi: prima aggiustiamo le cose in Italia poi pensiamo ad aggiustare le cose in Europa! Bisogna chiamare gli elettori a valutare come funziona questa Europa e cosa le forze socialiste e di sinistra vogliono fare per cambiarla. La recente e importante decisione del Pd di aderire al PSE, dopo le tante incertezze e titubanze, dovrebbe comportare questa scelta e dovrebbe accrescere la consapevolezza che non ci sono compiti a casa, anche se fossero ben fatti, che possano surrogare decisioni strategiche che dipendono da un'Europa cui abbiamo consegnato con la nascita dell'Euro la nostra sovranità monetaria e fiscale.
Noi siamo qui per fare il punto sull’Europa, discutere del livello cui è giunta la crisi, discutere sulla possibilità di cambiare le politiche neoliberiste delle destre che hanno avuto la maggioranza in Europa in questi anni, interrogarci su come il socialismo europeo si sta attrezzando a questa sfida.
Con un caveat dunque necessario e preliminare:
Le forze della sinistra sbaglierebbero a porre al centro della loro campagna lo scontro con gli antieuropeisti. Per quanto questi portino al loro seguito umori pericolosi, populisti e di destra, non possiamo commettere l’errore di guardare al dito e non alla luna, cioè alla profonda crisi economica, sociale e ideale di cui si nutre l’antieuropeismo. La cattura dei socialisti e delle altre forze di sinistra dentro a uno schema europeisti contro antieuropeisti, sarebbe esiziale per noi. Soprattutto nel nostro paese dobbiamo evitare di cedere al tradizionale europeismo retorico che ci ha indotto a firmare ad occhi chiusi, senza mai un vero dibattito pubblico, tutti i trattati e i passi europei, compresa la sciagurata modifica dell’Art. 81 della Costituzione.
Il problema è fare quello che non è emerso a sufficienza in questi anni ( come si è visto anche nelle elezioni francesi di domenica scorsa): fare emergere una risposta socialista europea alla politica della destra, alle politiche che hanno segnato la stessa costruzione dell’Euro, lo statuto della Bce e l’architettura dell’Unione.
Simbolo e bandiera di queste politiche è l'austerità ( quello che anche Confindustria chiama ormai criticamente il dogma dell'austerità ) che per paesi come il nostro ha funzionato come il cane che si mangia la coda , con un susseguirsi di tagli e sacrifici che mai raggiungevano la diminuzione del rapporto debito/Pil in quanto nel frattempo il pil calava più velocemente col suo seguito di disoccupazione e disperazione sociale. L'altro simbolo è il Fiscal Compact con i suoi obblighi ancora più cogenti a partire dall'anno prossimo. Obblighi del tutto irrealistici che ridurrebbero gran parte dell'Europa a un cimitero sociale e che neppure regimi apertamente autoritari avrebbero la capacità di fare applicare. Noi facciamo bene a chiedere la modifica del Fiscal Compact, ma devo dirvi che esso mi fa pensare nelle attuali condizioni dell’Europa al TANKO costruito dai cinque indipendesti veneti arrestati in questi giorni !
Occorre avere il coraggio di mettere apertamente in discussione queste politiche.Se nella campagna elettorale emergerà questa risposta, anche in dialogo con la lista Tsipras che non si muove sul terreno dell’antieuropeismo, bensì della riforma dell’Europa, sarà possibile contenere i l voto euroscettico e insieme avviare la svolta sotto la guida di Schulz.
Se no, non sarà solo una sconfitta per la sinistra, ma aumenteranno anche i rischi tutt’altro che teorici di una crisi catastrofica dell'Europa, della dissoluzione dell’euro e di un drammatico passo indietro della stessa Unione Europea
Concepita dai nostri padri, dopo l’ennesima tragedia della seconda guerra mondiale, come strumento di unificazione, di pace e solidarietà dei popoli europei, capace di garantire i valori della democrazia , della giustizia e del progresso sociale, l’Unione Europea in questi anni ha marciato col passo del gambero. Dopo la adozione della moneta unica, si sono aggravati gli squilibri fra i vari paesi e le contraddizioni sociali al loro interno, indebolendo le istituzioni democratiche a favore delle sedi tecnocratiche e del potere dei mercati finanziari. Bisogna avere il coraggio di riconoscere, fuori da retoriche che non parlano più a chi soffre la crisi, che è stato un errore adottare L’Euro senza la costruzione preliminare o almeno contemporanea di un adeguato governo economico e finanziario, e quindi politico, dell’Eurozona. Pensando che l'Euro avrebbe sopperito alle scelte politiche non fatte o che si riteneva impossibile fare al momento.
La Banca Centrale non è stata organizzata sul modello della FED o della Banca d’Inghilterra, responsabilizzandola anche per gli obiettivi della piena occupazione e dell’assistenza agli Stati membri nella gestione del debito pubblico.
Il tutto però- anche questo va detto- non è stato il frutto di sviste o dimenticanze, ma dell’egemonia culturale delle teorie neoliberiste che dominano l’orizzonte politico dell’occidente dai primi anni ’80 e che hanno ispirato l’architettura dell’Euro. Ora i nodi sono venuti al pettine. L’arrivo nel 2008 della crisi finanziaria partita dallo scoppio della bolla dei mutui subprime degli Stati Uniti, ha fatto emergere i gravi squilibri fra i paesi europei che hanno il loro perno nello straordinario surplus commerciale della Germania. L’assistenza alle banche europee colpite dalla crisi finanziaria ha trasferito il debito privato sulle spalle degli Stati, facendo esplodere la crisi dei debiti sovrani. Su quei debiti si è scatenata la speculazione finanziaria internazionale, ben poco contrastata dalla BCE per i limiti posti dal suo statuto e non contrastata dalla Unione Europea per il rifiuto di anche le più prudenti proposte di mutualizzazione dei debiti sovrani.
La cura che continua ad essere sostenuta dalle forze conservatrici in sede europea è quella dell’austerity e delle riforme strutturali, ossia di politiche di svalutazione interna dei paesi più colpiti dalla crisi, attraverso tagli ai bilanci pubblici, privatizzazioni, ulteriori destrutturazioni del mercato del lavoro e riduzione dei salari. La cura del dumping salariale e fiscale. Di questo passo possono solo aumentare la disoccupazione e la recessione fino al rischio concreto e ravvicinato della deflazione.
Non c’è da stupirsi se lo sviluppo di questi processi negativi sta mettendo in discussione la stessa sopravvivenza dell’Euro, sta minando negli strati popolari di molti paesi la fiducia nell’Europa e se ciò colpisce in particolare le forze politiche di sinistra e socialiste, che vedono ridursi il consenso delle loro tradizionali basi sociali.
Come è scritto nel Programma del Pse l’Europa della solidarietà deve innalzare la bandiera dello sviluppo,della difesa del lavoro e del Welfare, con l’obiettivo di rilanciare la occupazione e di sfruttare la innovazione scientifica per orientare la crescita nella direzione del benessere delle persone e della difesa dell’ambiente e del territorio, promuovendo comuni politiche di rilancio degli investimenti e di sostegno della domanda.
La campagna elettorale deve parlare alle aspettative del mondo del lavoro e dei ceti popolari, che devono sentire che c’è una forza politica europea che li richiama in primo piano e confida sul loro protagonismo. Questo è sempre stato e deve tornare ad essere lo spirito del socialismo.
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