venerdì 25 aprile 2014

Franco Astengo: 25 aprile

L’ALBA RADIOSA DEL 25 APRILE di Franco Astengo dal blog http://sinistrainparlamento.blogspot.it Anche Quest’anno è spuntata l’alba radiosa del 25 Aprile. Il giorno delle Liberazione dal nazi-fascismo. Il giorno dell’esito vittorioso della lotta di popolo, sostenuta dalla nostra gente tra l’ignominia dell’8 settembre 1943 fino al 25 aprile 1945 per diciotto lunghi mesi. Non ci si dovrà stancare mai di considerare il 25 Aprile il giorno più importante nella storia d’Italia. Così come non ci si dovrà mai stancare di ricordarlo, indicando questa data alla memoria delle generazioni passate ma soprattutto verso il domani di quelle future. Dalla Resistenza nacque la nostra Costituzione. Una Costituzione che disegna un modello di democrazia repubblicana fondato sulla centralità del Parlamento, che i padri fondatori consideravano come “lo specchio del Paese”: un impianto, questo, che è stato fortemente messo in discussione nel corso degli ultimi anni, contrapponendovi un’idea di Costituzione materiale fondata sul presidenzialismo personalistico e la centralità del “governo”. Così si scivola pericolosamente all’indietro verso forme di plebiscitarismo populista: un modello che, nella storia, ha già fornito pessime prove. La Costituzione italiana e il modello di democrazia repubblicana non sono nate per caso o dalla testa di qualche professore di diritto costituzionale o di filosofia politica. L’origine della nostra Costituzione deve essere ricercata, in maniera netta e precisa, all’interno dei contenuti morali, politici, sociali che si espressero proprio durante la lotta di Liberazione dal nazi-fascismo. Non è retorica ricordare questo fatto. E’ semplicemente ricordare la verità storica, per difenderla e affermarla pienamente ancora una volta. La svolta verso una democrazia di massa di tipo sociale, molto diversa da quella di tipo meramente liberale che aveva caratterizzato la fase di costruzione dell’Unità d’Italia, avvenne proprio 70 anni fa, nel corso di quel 1944 durante il quale si delinearono con precisione le sorti della guerra mondiale: lo sbarco in Normandia, la liberazione delle due grandi capitali Parigi e Roma, lo spostamento del fronte da Oriente verso Occidente per opera dell’Armata Rossa in esito della battaglia di Stalingrado furono i fatti fondamentali, decisivi, che segnarono l’esito di quel grande scontro. Nello stesso tempo, nel 1944 settant’anni fa in Italia si segnò il carattere stesso della lotta all’invasione nazi-fascista, facendole assumere decisamente il carattere di una vera lotta di popolo. Cosa accadde allora? Andando per ordine: 1) L’ingresso diretto nella lotta della classe operaia, quella delle grandi fabbriche del triangolo industriale. Dal 1 marzo 1944 e per tutta la settimana seguente uno sciopero generale, approvato dal CLN, scosse tutte le ragioni occupate dall’invasore tedesco, coinvolgendo soprattutto nel triangolo Torino – Milano – Genova centinaia di migliaia di lavoratori. L’eco di questo fatto si ripercosse in tutta Europa. I tedeschi arrestarono centinaia di scioperanti, la maggior parte dei quali fu deportata in Germania, sia nei campi di sterminio, sia in quelli di lavoro. La repressione non fiaccò la resistenza della classe operaia: anzi il 15 Giugno successivo, un altro sciopero proclamato ala Fiat Mirafiori ebbe un grande successo: 2) All’indomani della Liberazione di Roma, l’11 Giugno, il governo “militare” del maresciallo Badoglio (al quale comunque avevano già aderito i comunisti, al momento del rientro di Togliatti in Italia) fu sostituto da un governo formato da esponenti dei partiti del CLN e presieduto da Ivanoe Bonomi. Questo fatto deve essere considerato come un punto di svolta fondamentale rispetto alla qualità stessa del progetto democratico che s’intendeva proporre al Paese nel momento della fine del conflitto e della Liberazione rifiutando, come invece sosteneva Benedetto Croce, sia di considerare il fascismo come una semplice parentesi, sia una soluzione intrecciata tra monarchia e fascismo “non compromesso” come sosteneva, invece, sir Winston Churchill; 3) Nell’estate di quell’anno 1944 i nazisti perpetrarono le grandi stragi della loro feroce repressione: Fosse Ardeatine, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Benedicta. La risposta della Resistenza non fu quella di un ripiegamento ma quella della formazione delle repubbliche libere: Ossola, Carnia, Montefiorino, Torriglia, Alba. Quelle repubbliche libere durarono, è vero, il tempo dell’estate: poi cui ci fu la controffensiva nazista, ma il seme di una diversa concezione della democrazia fu gettato e praticato proprio in quelle occasioni storiche che non possono assolutamente essere dimenticate; 4) L’esperienza delle repubbliche libere risultò, poi, determinante anche nella riposta che il CLN riuscì a fornire al “proclama Alexander”, allorquando il generale inglese invitò le forze partigiane a ripiegare e a cessare sostanzialmente l’attività di guerriglia per attendere la liberazione da parte degli eserciti alleati. Quell’invito fu rifiutato e fu evitato lo smantellamento delle formazioni partigiane. L'esito di quella scelta coraggiosa, che sarebbe risultata impossibile senza il pieno appoggio delle popolazioni ai combattenti, risultò determinante il 25 Aprile del 1945, quando le grandi città del Nord furono liberate dai partigiani e non dagli eserciti alleati. A Genova, caso unico in tutta Europa, i tedeschi si arresero davanti agli esponenti del CLN, deponendo le armi e consegnandosi prigionieri. A Villa Migone l’orgoglioso Junker prussiano generale Mainhold depose la sua spada nelle mani di Remo Scappini, un operaio dell’Ansaldo. Fu quello il momento più alto nel quale anche nell’Italia del Risorgimento incompiuto come aveva scritto Antonio Gramsci, le masse erano finalmente entrate nella storia. Sono state queste le basi, rese solide dal sacrificio di migliaia di combattenti, donne, uomini, ragazzi, gente comune che si è edificata la democrazia ed è stata scelta la Repubblica. Una repubblica che ha vissuto, dal 2 Giugno 1946, dalla sua fondazione attraverso il voto popolare, processi sociali, politici, economici, culturali, sicuramente difficili e complicati: non sono mancati i ritardi e le vere e proprie battute d’arresto. Ma la Repubblica fondata sulla Costituzione ha garantito il suo essere fattore di miglioramento nella qualità di espressione della democrazia e della materialità delle condizioni di vita per la maggior parte dei ceti sociali, pur rimanendo forti diseguaglianze tra i diversi settori sociali, sia tra il Nord e il Sud del Paese. Non possiamo arretrare dalle condizioni democratiche poste dalla Costituzione Repubblicana. Non possiamo cedere il passo a una politica nella quale l’estetica prenda il posto dell’etica. Dobbiamo reagire all’individualismo, alla ricerca dell’interesse personale in luogo di quello generale e collettivo. Si tratta di un impegno che ci chiede la nostra storia: quella storia scritta sui monti, nelle campagne, nelle città da coloro che combatterono per realizzare la Liberazione, ma anche dal popolo tutto, quel popolo, quelle donne e quegli uomini che sfamarono i combattenti, li nascosero, lo accompagnarono nei rifugi, diffusero la stampa clandestina, colmarono i partigiani di affetto e di riconoscenza. Fu, quella della Resistenza una vera lotta di popolo. E’ necessario ricordarlo ancora una volta: fu quell’afflato di popolo che permise, attraverso il voto cui parteciparono per la prima volta anche le donne, alla Repubblica di vincere nel giorno del Referendum. Si usava un tempo, una formula che oggi molti considereranno retorica ma che va ripresa e ripetuta, a monito di coloro che vogliono tornare indietro da questa pietra miliare della nostra storia: viva la Repubblica nata dalla Resistenza, via la Costituzione democratica.

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