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martedì 15 ottobre 2013
Sergio Ferrari: Lettera aperta dell’Associazione LABOUR sulla proposta di formare un nuovo partito Socialista
Lettera aperta dell’Associazione LABOUR sulla proposta di formare un nuovo partito Socialista
di Sergio Ferrari*
Cari compagni,
intervengo sulle questioni relative alla nuova iniziativa che intende dare vita a una unificazione dell’area socialista e alla creazione di un nuovo partito. Certamente la domanda di socialismo si è andata rafforzando nel nostro paese, anche se, forse, in maniera indiretta, cioè indipendentemente dalla nostra azione. Diverse azioni, più o meni simili, sono state tentate in oltre vent’anni di diaspora, con esiti, però, tutti negativi. E oggi le giovani generazioni - un riferimento fondamentale per ogni nuova formazione politica della sinistra - sentono sovente rivendicare l’appartenenza “socialista” da personaggi che poco hanno da spartire con il rigore politico e morale di figure come Nenni, Pertini o Lombardi.
Ci sembra, quindi, doveroso procedere cercando di evitare di allungare la serie degli insuccessi organizzativi che, comunque, come tali hanno un effetto negativo. Una riflessine su queste esperienze andrebbe fatta, non certo per cercare delle responsabilità, ma per capire dove si sono commessi gli errori e, quindi, come cercare di evitarli. Anche perché, per noi socialisti, il partito è e rimane uno strumento della politica e non un fine. E soprattutto perché quello che manca, nello scenario politico a sinistra in questo Paese, è una cultura riformatrice e laica capace di rappresentare, insieme, la fonte d’ispirazione della proposta politica e il collegamento con quelle forze sociali che s’intendono rappresentare. E’ su questo piano che ci sembra di rilevare i maggiori limiti delle attuali forze politiche della sinistra ancorché aderenti, o avendo chiesto l’adesione, al PSE, come è il caso del PSI e di SEL, o anche di un PD alleato con il PSE in Europa, ma che esprime un Letta , un Franceschini, un Fioroni, un Renzi e, in Italia, si allea con Alfano e Monti.
Come tutti noi ben sappiamo le origini della crisi della sinistra italiana nascono con il crollo del muro di Berlino e la concomitante tangentopoli nazionale. Le scelte conseguenti assunte dal PCI e dalle formazioni successive, sono state ricordate recentemente anche dal compagno Giudice e quindi non le ripetiamo. La prevalenza delle cosiddette riforme liberiste ha offerto a questa pseudo sinistra il riferimento per varare una nuovo forma di egemonia mediata con la ex Democrazia Cristiana. Paradossalmente oggi la politica liberista, avendo commesso i ben noti disastri, soffre di una crisi esistenziale, ma tuttavia viene tenuta in vita proprio da questa pseudo sinistra.
La violenta crisi economica e sociale in atto tende a mettere in crisi questa alleanza mentre la presunta fine della classe operaia dovrebbe essere letta piuttosto in termini di allargamento di un ceto che per condizioni sociali e livelli retributivi peggiora le sue condizioni.
Cari compagni, queste brevi annotazioni solo per segnalare che se s’intende davvero fare un partito, gli spazi, almeno a nostro giudizio, appaiono ormai ampiamente occupati e le prospettive sembrano poco incoraggianti, talché ci sembrerebbe opportuno aprire su questa intenzione un preliminare e franco approfondimento, anche per esaminare forme meno tradizionali di presenza politica.
Inoltre se s’intende operare per determinare un cambiamento e un aggiornamento culturale e politico della sinistra, senza i quali ogni prospettiva di socialismo appare attualmente utopica, allora le nostre risorse dovrebbero avere una finalizzazione accentuata in questa direzione, anche perché queste risorse non mi sembrano infinite.
Insomma, cari compagni il mio intervento - anche a nome dei compagni dell’Associazione Labour - vorrebbe, da un lato evitare che iniziative certamente generose possano trascurare o sottovalutare le eventuali ricadute negative, dall’altro segnalare la necessità che, comunque, una proposta politica socialista deve partire certamente dal richiamo di valori e di etiche proprie del movimento socialista, ma deve anche elaborare e proporre riforme adeguate ai problemi della società attuale e degli scenari internazionale alla cui costruzione occorre concorrere. Le attuali minitattiche, le soluzioni a breve e le ottiche miopi non hanno nulla che vedere con il socialismo, ma, ci rendiamo conto, colmare questa distanza non è facile.
*per l’Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi”
Roma, ottobre 2013
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2 commenti:
Caro Veltri,
con riferimento alla lettera aperta inviata dal sottoscritto - anche a nome dei compagni dell’Associazione LABOUR Riccardo Lombardi e non solo - quell’atteggiamento di remora, che tu segnali, era rivolto, mi sembra chiaro, al rischio di percorrere esperienze già varie volte tentate con esiti negativi o di aggiungere un partitino all’elenco attuale dei partiti della sinistra. Inutile aggiungere che si tratta di una remora il cui significato è ovviamente diverso se non opposto rispetto a quello da te indicato: il desiderio di non fallire è esattamente il contrario del non voler far nulla o peggio.
Ma quelle che mi sembrano di maggior rilievo sono le motivazioni che vengono espresse in quella lettera di Labour e il fatto che non mi sembra trovino nella tua risposta una argomentazione critica convincente.
Le questioni - tra loro collegate – erano, e sono: .
- la necessità di esaminare le cause dei precedenti e falliti tentativi non solo per ovvii motivi, ma anche perché aggiungerne attualmente una altro non avrebbe, probabilmente, gli stessi effetti negativi marginali sull’ipotesi di riunificazione e sviluppo del movimento socialista. Cercare di evitare di ripetere e, possibilmente, di inventarsi nuovi errori non mi pare una preoccupazione fuori luogo. Inutile aggiungere che non c’è in questo nessuna critica a nessuno e nessuna voglia di aprire una polemica essendo ben diversa la questione che ci interessa e che merita tutt’altri livelli di impegno.
- Penso che sia vero che ci siano segnali di un interesse per la storia del socialismo e anche una domanda di socialismo per l’oggi, anche se magari espressa evitando accuratamente la parola socialismo, ma questo accresce le responsabilità di chi sente questa storia come attuale anche per affrontare il profondo declino culturale, sociale ed economico del nostro paese. Peraltro, più il tempo passa più la memoria del partito e del movimento socialista diventano questioni da uffici studi. Quindi mi sembra necessario considerare che una adesione delle nuove generazioni non può verificarsi sulla base dei meriti storici e dal solo richiamo ai valori ideali permanenti di un movimento socialista - eguaglianza e libertà – ma piuttosto con riferimento ad una identità Progettuale e Programmatica che avevamo costruito nel passato ma che oggi dovrebbe essere ricostruita per l’oggi. e per l’attuale futuro. Quale forma organizzativa – Partito, Movimento, Associazione o altro – sarà il frutto di un lavoro prima di tutto di presenza e di ricostruzione culturale. Il ventennio di vuoto politico trascorso non consente di rifarci, su queste questioni organizzative, al passato. Come interloquire con le nuove generazioni ma anche con quanti potrebbero essere partecipi, con quanti sono in attesa di una “sinistra”; come mai questa domanda di socialismo non è riuscita in tutti questi anni a darsi una evidenza, sono tutte questioni aperte che non mi sembra possano semplicemente essere rinviate ad un dopo.
- Tu citi alcuna dati relativi alla ricchezza degli italiani, alla pessima distribuzione della ricchezza nel nostro paese ma andrebbe anche tenuto presente che da un paio di decenni stiamo perdendo colpi rispetto ai nostri partner europei e che, ad esempio con il 2002 il nostro Pil pro capite è sceso sotto il valor medio dell’UE 15 e, dal 2005, sotto il valore medio della UE 25,. per non citare i dati sulla occupazione, ecc. E non si tratta certo di un nuovo modello di sviluppo ma di un declino ormai volto al degrado, non solo economico ma civile e culturale. Una tendenza negativa che tende a crescere con il passare del tempo. Mi sembra di rilevare che rispetto a questa crisi del paese – da non confondersi con la crisi internazionale – una proposta di sinistra sia del tutto assente. Mi sembra una questione da non rinviare, ma che deve essere preliminarmente affrontata, anche per verificare le possibili adesioni e le alleanze. Si tratta anche di individuare forme e strutture adeguate alle riforme che s’intendono necessarie e, altrimenti, impraticabili. Penso alla scuola ma anche alle capacità di elaborazioni strutturali e di raccordi con le variabili sociali, incominciando dal sistema dell’informazione. Anche queste non mi sembrano questione da rinviare ad un dopo.
- Infine tu ricordi i Sylos Labini, i Riccardo Lombardi, i Giorgio Ruffolo e tanti altri. Tutti frutti di movimenti culturali prima che partitici e come tali autori dell’unica fase storica di riforme nel nostro paese. Occorrerebbe cercare di aggiornare quelle analisi, quelle riflessioni, e quindi, le proposte riformatrici attualmente necessarie e i relativi strumenti attuativi.
Sergio Ferrari
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