Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
venerdì 25 ottobre 2013
Felice Besostri: Relazione alla Costituente delle idee
BESOSTRI RELAZIONEXCOSTITUENTE DELLEIDELABORATORIO Roma 24 ottobre 2013
Ringrazio Laboratorio Politico-Costituente delle Idee per aver accettato una mia proposta di riflessione sulle riforme istituzionali ed elettorali in vista delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Dalla sua costituzione faccio parte di Laboratorio Politico* pur non essendo come molti altri membro del PD: la decisione di costituirlo, motivò la mia decisione di lasciare i DS al Congresso di Firenze dell’aprile 2007 Resto tuttavia convinto che senza il PD, i suoi iscritti ed elettori, non ci sia alcuna possibilità né teorica, né fattuale di costituire un’alternativa democratica e progressista al centro e alla destra, tantomeno che una sinistra europea si possa costruire contro il PD, invece di recuperalo ad una prospettiva di fronte democratico, laico e progressista, che abbia la sua corrispondenza in un gruppo parlamentare europeo vincolato maggioritariamente al PSE.
La congiuntura politica istituzionale è condizionata dai problemi non risolti. Con le sentenze n. 15 e 16 del 2008 del 23/01/2012 (l’udienza pubblica nella quale ho discusso l’ammissibilità dei referendum Guzzetta, opponendomi si era tenuta il 13/12/2011), la nostra Corte Costituzionale, non pronta proceduralmente ad accogliere le obiezioni sul premio di maggioranza che i quesiti referendari avrebbero accentuato con il divieto di coalizioni, aveva lanciato un forte monito al Parlamento e alle forze politiche di modificare il premio di maggioranza prevedendo una soglia minima in voti o seggi. L’invito, reiterato con la sentenza n. 13 del 2012, è rimasto inascoltato al pari degli appelli del Capo dello Stato. Si è votato, invece, con quella legge di dubbia costituzionalità nel 2008 e nel 2013, confidando in quella giurisprudenza, consolidata delle SS.UU. di Cassazione e del Consiglio di Stato sulla carenza assoluta di giurisdizione nei confronti delle operazioni elettorali, grazie ad un’abnorme interpretazione dell’art. 66 della Costituzione., Le Camere elette, anche con legge di dubbia, anzi addirittura manifesta incostituzionalità, sono arbitre di giudicare sui ricorsi contro le operazioni elettorali. Il risultato pratico è che una legge incostituzionale che fosse votata da una maggioranza artificiale, grazie ad un premio di maggioranza, che fosse promulgata da un Presidente eletto dalla stessa maggioranza non avrebbe un giudice nemmeno per le operazioni elettorali preparatorie, benché il Parlamento con la norma di delegazione dell’art.44, c. 2 lett. d) l.n. 69/2009 avesse previsto lo stesso giudice per le operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni e Delegazione italiana nel Parlamento Europeo, anche per le operazioni elettorali preparatorie di Camera e Senato. Il codice del processo aministrativo non l’ha previsto, con dubbi che ciò sia avvenuto con violazione dell’art. 76 Cost.. Lo stesso decreto di convocazione dei comizi elettorali sarebbe atto inimpugnabile, TAR Lazio Sez.IIbis n. 1855/2008 e CdS, sez.IV, n.1053/2008, quindi anche se emanato ln violazione del termine di 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. Eppure la Corte Costituzionale aveva fatto una richiesta minimale di fissare una soglia di accesso, che ben poteva coincidere con il 25% della fascistissima legge Acerbo. Il mancato adeguamento della legge elettorale non dipendeva dalla soglia di accesso o dalla difficoltà di rinunciare al premio di maggioranza, ma probabilmente dalle liste bloccate, che sono un bene irrinunciabile per i gruppi dirigenti o per i padroni di partiti e/o liste. Un parlamento di nominati, e la cui ripresentazione dipende da un gruppo ristretto di persone, è un organo più docile di chi debba rispondere ai propri elettori. La docilità e la prevedibilità dei loro comportamenti, salvo che quando entrano in gioco, altri fenomeni come la corruzione o semplicemente il desiderio di non perdere il posto e i connessi vantaggi, consentono di assicurare la stabilità e quindi la governabilità, che è la chiave di lettura delle scelte compiute in materia elettorale. Non si è tenuto conto che in una democrazia rappresentativa, che resta, a mio avviso, la miglior forma di governo, che può essere integrata e completata, ma non sostituita, da istituti di partecipazione popolare e democrazia diretta, è il dibattito pubblico che deve precedere le deliberazioni, l'essenza della democrazia, come ci insegna Nadia Urbinati, più dei sistemi elettorali, aggiungo io. Si spiega così che scelte come la modifica degli artt. 81, 97, 117 e 117 Cost. con una maggioranza straripante superiore ai due terzi sia sta presa in condizioni di semi-clandestinità. Stabilità e governabilità spiegano la preferenza per sistemi elettorali maggioritari e bipolarizzanti, come se questo fatto potesse sostituire l’elaborazione di programmi all’altezza dei problemi da risolvere e la capacità di organizzare un blocco politico e sociale egemone, in grado di garantire una maggioranza non solo numerica ed apparente, come quella che deriva dalla combinazione di premi in seggi e soglie di accesso che trasformano minoranze occasionalmente più forti in maggioranze eterogene” Il prof. Onida , che purtroppo non può essere tra noi, ha definito queste scelta: “La fiera dei premi di maggioranza” nel valutare positivamente l’ordinanza del Tar Lombardia, che ha inviato in Corte Costituzionale la L.R. 17/2012 della Lombardia , con norme condivise da altre leggi elettorali regionali. La legge elettorale regionale lombarda può così raggiungere alla Consulta le modifiche introdotte dalla l. 270/2005, la cui discussione è fissata al prossimo 3 dicembre. Il vertice dell’equivoco si è raggiunto coll’errata convinzione che si debba sapere chi ha vinto le elezioni e quindi governerà la sera stessa delle elezioni. E’ una pretesa che non ha riscontro neppure nei sistemi presidenziali: Obama ne è dimostrazione. La situazione non è migliore neppure nei sistemi semipresidenziali: non solo ci sono state 2 coabitazioni in Francia, ma in astratto non è garantito, che il Presidente abbia la maggioranza nelle seguenti elezioni dell’Assemblea Nazional. Persino in Gran Bretagna chi avrebbe governato sarebbe dipeso dalle scelte dei liberali, come in Germania il successo personale della Merkel non le garantisce il Governo finché non firma un contratto di coalizione con un secondo partner, perché nel Bundestag è in minoranza come lo era nel 2005 e negli ultimo scorcio della coalizione con la FDP nel Bundesrat. Per noi che abbiamo gioito per la chiara vittoria di Hollande sia alle presidenziali che alle legislative desta preoccupazione il fatto che a poco meno di un anno e mezzo dal maggio 2012 non sia garantito di poter governare, cioè di poter mantener fede al proprio programma e tutto ciò malgrado una confortevole maggioranza, frutto del sistema maggioritario a doppio turno, che piace a molti, anche nel centro-sinistra. Ebbene senza la disciplina repubblicana il sistema maggioritario a doppio turno non assicurerebbe stabili maggioranze. La cultura politica, che determina i comportamenti, pare non far parte delle riflessioni o del bagaglio di conoscenze ,di chi si occupa da politico o da giurista di leggi elettorali. Il maggioritario di collegio uninominale con ballottaggio eventuale, che ha il consenso di molti, senza disciplina repubblicana, senza la polarizzazione destra-sinistra e la discriminante anti-fascista verso la destra estrema e con, a contrario, forti partiti regionali e vaste porzioni del territorio a forte dominanza clientelare, quando non di influenza elettorale della criminalità organizzata, avrebbe esiti diversi, se non opposti, in un Paese come l’Italia. Lo stesso con un sistema elettorale, come quello tedesco -l’altro grande modello di riferimento -con un sistema tripartito prima Union-SPD e FDP e quadripartito poi con i Verdi- si poteva scommettere che in Italia non avremo avuti Cancellieri democristiani o socialdemocratici ma liberali o verdi, finché DC e PCI non fossero stati pronti a praticare larghe intese o una sorta di Große Koalition grazie al Compromesso Storico. Nei paesi scandinavi, quando tramontò il periodo delle maggioranze assolute dei socialdemocratici furono possibili stabili governi di minoranza perché i partiti a sinistra dei socialdemocratici, mai avrebbero unito i loro voti a quelli dei partiti borghesi per sfiduciare o mettere in minoranza il governo: questo scrupolo è invece stato assente in Italia per sfiduciare il governo Prodi nell’ottobre 1998 e nel gennaio 2008 il logoramento del Governo ad opera di sue componenti di sinistra della maggioranza aveva preceduto la sfiducia formale. Vogliamo pensare ai paradossi della governabilità e del bipolarismo, che avrebbero dovuto essere favoriti da leggi elettorali con premio di maggioranza, si sono avute legislature a fine anticipate dopo le elezioni del 2006 e senza la crisi economica e l’emergenza dopo quelle del 2008 e la stessa legislatura del 2013 non è destinata a durare fino al 2018, anzi sarebbe già terminata come la precedente se si fosse riformata la legge elettorale. Nel dibattito attuale preoccupa, che invece di trarre lezione da quanto accaduto si pensi di accentuare l’artificialità di maggioranze con l’introduzione di un premio di maggioranza nazionale anche al Senato, malgrado l’art. 57 Cost., quando la differenza di possibili maggioranze politiche tra Camera e Senato non dipende dal premio di maggioranza nazionale per la prima e regionale per il secondo, ma dalle diverse soglie di accesso e di deroghe per le liste coalizzate, che contro ogni nozione minima di matematica, sono più elevate per il Senato anche fino al doppio, benché abbia la metà dei componenti della Camera. Questo fatto impedisce che ci sia le stessa offerta politica alla Camera e al Senato.
L’elezione diretta dei vertici esecutivi, insieme con la prevalenza dell’esposizione mediatica, nella scelta dei cittadini ha modificato il criterio di scelta della classe politica i cui effetti non positivi cominciano ad emergere anche nel caso dei Sindaci di grandi città. Tra i criteri di scelta non compare la valutazione della capacità di essere un buon sindaco, ma solo quello di poter abbattere l’avversario nei consensi. Se questo è il criterio è logico che il Sindaco di Milano non voglia fare un secondo mandato e quello di Firenze abbia da tempo concepito la carica come trampolino per altri destini, avendo un chiaro obiettivo finale la Presidenza del Consiglio. La stessa logica di stabilità ha presieduto alle riforme elettorali di comuni, province e regioni, con accentuazione per queste ultime dalla mancata previsioni di un secondo turno di ballottaggio. Siamo riusciti ad inventare un sistema elettorale sui generis, che subordina l’assemblea rappresentativa al vertice del potere esecutivo, contraddicendo 200 anni di sviluppo di democrazia e assegnando al vertice esecutivo, Sindaco, Presidente di Provincia( specie in via di esaurimento) e di Regione un potere inesistente persino nelle forme di governo presidenziale(dove non può sciogliere il Congresso) o semi-presidenziale. Negli Stati Uniti il Presidente non ha la garanzia di controllare il Congresso, le elezioni non sono mai totalmente contestuali e neppure in Francia. In questi due paesi a nessuno è mai venuto in mente di eleggere presidente e assemblee legislative in un unico election’s day, assegnando un premio di maggioranza al presidente con più voti al primo ed unico turno negli USA o al ballottaggio in Francia.
L’esperienza ha provveduto a smentire nei fatti che per assicurare stabilità fosse sufficiente assegnare un alto premio di maggioranza( se volessimo pulire il linguaggio dovremo chiamarlo premio alla minoranza più forte), senza tener conto che il premio è incentivo a raccogliere il più ampio arco di forze e quindi senza badare troppo alla loro eterogeneità. Il premio, quando si presentano problemi politici, non costituisce legame per il governo , così è stato con le elezioni del 2006, del 2008 e persino del 2013 la coalizione IBC non ha resistito 60 giorni alla mezza vittoria della coalizione (Parafrasando il Talmud sulle mezze verità, che sono una bugia intera, le mezze vittorie sono una sconfitta totale).
La riforma del sistema elettorale nei Comuni ha avuto un buon avvio, a prescindere dal premio di maggioranza legato ai voti del Sindaco, ma al primo turno le liste collegate al Sindaco devono avere almeno il 40% dei voti, il sindaco la maggioranza assoluta e nessun gruppo di liste collegato ad altro candidato il 50%( art. 72 TU EE.LL), mentre lo stesso premio viene attribuito in un unico turno al candidato presidente di regione, eletto a maggioranza relativa( che è una minoranza assoluta solo anche di poco superiore alla minoranza assoluta concorrente). Il voto personale e uguale del nostro articolo 48 Cost. è leso dal fatto che per il Presidente è ammesso il voto disgiunto, quindi chi non voti per alcuna lista o addirittura per una lista collegata ad un candidato presidente concorrente: questa possibile incostituzionalità della norma è stata oggetto di rinvio alla Corte Costituzionale dal TAR Lombardia, sez. III con ordinanza n2261/13 del 8-9/10/2013. I progetti di riforma dovrebbero tener conto di queste ordinanze di rinvio, non perché l’incostituzionalità sia certa, non siamo in Germania dove la giurisprudenza della Bundesverfassunsgericht è estremamente severa in termini di rispetto del voto uguale e diretto previsto dall’art. 38 GG, tanto che con sentenza del 2011 ha dichiarato costituzionalmente illegittime le soglie di accesso (Sperrklausel), nella legge elettorale europea in Germania, mentre noi l’abbiamo introdotta con la riforma della legge europea nel 2009 alla vigilia delle elezioni: sarebbe il caso di introdurre un semestre bianco anche per le leggi elettorali.
In ogni riforma elettorale bisogna anche tener presente la reciproca interazione tra sistema dei partiti e sistema elettorale, che con un sistema debole di partiti diventa metodo di selezione della classe dirigente. In un sistema di democrazia rappresentativa, completato con istituti di democrazia diretta devono esserci corpi intermedi stabili, che organizzino il dibattito pubblico, selezionino la classe politica e rappresentino gruppi sociali o interessi di parti della società. I partiti sono andati, il loro prestigio è basso e come conseguenza da anni si sta legiferando sotto la spinta emotiva di un'opinione pubblica aizzata più che informata i partiti non sono più un organismo che non dico indirizzi l'opinione pubblica, ma almeno fungano da vasca di decantazione. Dall’abolizione delle province, al costo della politica o al superamento del bicameralismo( detto per inciso e tra parentesi che potrebbe essere modificato eliminando alcuni difetti della spola tra le due Camere in gran parte con una semplice modica di articoli di regolamento di Camera (art. 107)e Senato(artt. 74 e 81), per evitare la decadenza di tutto il lavoro fatto nella precedente legislatura). I temi sono trattati ed imposti dall’esterno del Parlamento senza neppure la mediazione dei partiti. Un partito deve identificarsi con un leader carismatico televisivo. Questi leader hanno meno autonomia di leader di una volta, a sinistra, un Togliatti o un Nenni, questi cercavano di indirizzare le masse, mentre quelli televisivi le seguono e le assecondano, per esigenze di popolarità. Devono essere al servizio di chi ha il controllo dei mezzi di comunicazione, che non sono solo la proprietà, ma anche i conduttori, sia che si mettano in proprio ( Marrazzo, Badaloni) ovvero inventino personaggi deleteri come ha fatto Floris con la Polverini, senza doverne rispondere. Una riforma elettorale non può prescindere dal dare finalmente esecuzione all’art. 49 Cost. con una legge sui partiti politici come ne esistono in Germania, Francia e Spagna, i cui sistemi elettorali volta a volta sono presi a modello, come se fossero avulsi da un sistema dei partiti. Sulle riforme istituzionali e costituzionali condividendo il contributo del Prof. Augusto Cerri non spendo molte parole, spero solo che si sappia trovare una mediazione sull’approvazione finale, che dovrebbe essere opera di un parlamento** di non nominati, . perché i nominati sono più facilmente condizionabili, in specie se convinti che senza un loro pronta acquiescenza è in pericolo la durata della legislatura e la loro rielezione. I nominati sono naturalmente troppo sensibili alle pressioni di chi li ha trasformati in parlamentari e quindi di essere eterodiretti. La qualità del loro lavoro sarà tanto più alta quando sapranno che l’approvazione finale spetta ad altra legislatura e che la durata della loro legislatura non dipende dall’approvazione finale delle modifiche costituzionali nei tempi dettati da altri poteri, ma dalla capacità di questo Parlamento di far uscire il Pase dalla crisi economica e sociale.
Vorrei soltanto concludere con un accenno alla legge elettorale europea: quella vigente deve essere cambiata. E’ stata modificata con l.10/2009 nel febbraio con elezioni già previste per il giugno, con lo scopo dichiarato dai relatori al Senato Ceccanti e Malan di impedire che rientrassero in gioco le forze politiche escluse dal Parlamento nel 2008. Poiché sono rientrate in gioco nel 2013, bisogna prenderne atto con la stessa logica. Ci sono altri argomenti più importanti. Il ruolo crescente dell’Europa e il perdurante deficit di democrazia richiedono un aumento del ruolo del Parlamento Europeo, per il quale non basta l’aumento dei poteri sulla carta, se si indebolisce la sua legittimazione politica. Il tasso di partecipazione elettorale è importante specialmente in confronto alle elezioni del 2009. Il tasso di astensione è cresciuto di quasi 27 punti percentuali, dal 30,08% del 1979 al 57% del 2009 e, quindi, per la prima volta alle elezioni europee hanno partecipato meno del 50% degli aventi diritto. Se non si inverte la tendenza c’è il rischio che i movimenti anti-europeisti, anzi anti-europei tout court siano sovra rappresentati. Preoccupante la composizione demografica dei non votanti: 18-24 anni 70,9%, 25-39 anni 64,3% cioè i giovani e quelli nel pieno delle forze produttive. Altro dato preoccupante quello dell’appartenenza dei non votanti a classe sociale: Bassa (1-4) 66,8% Media (5-6) 55,7% Alta (7-10) 46,5%
I trattati europei( art.190 TCE) affermando che “il Parlamento europeo elaborerà un progetto inteso a permettere l’elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o conformemente a principi comuni a tutti gli Stati membri” prevedono che l’elezione si tenga con una legge elettorale uniforme, che tuttavia non è mai stata approvata. Principi comuni a livello europeo( gli ultimi sono del 2002), sono stati approvati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona( 1 dicembre 2009,) successiva alle stesse elezioni del 2009 e quindi non sono in completa consonanza con lo stesso. L’incostituzionalità dichiarata dalla Corte Costituzionale Federale tedesca non può essere ignorata in quanto le argomentazioni si attagliano anche all’Italia, perché l’uguaglianza del voto può, nel bilanciamento dei valori costituzionali, essere sacrificata per assicurare la governabilità, obiettivo totalmente assente nel caso del Parlamento Europeo. Di più con raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2013 si è chiesto agli stati membri di modificare la legislazione nazionale per l’elezione del parlamento europeo introducendo per le liste concorrenti il richiamo al partito europeo di riferimento. Nello stesso senso si è espresso il Parlamento Europeo con risoluzione del 12 giugno 2013, che vale la pena di ricordare contiene anche il seguente ” considerando che la democrazia interna ai partiti e il rispetto di elevati standard di apertura e integrità da parte dei partiti politici sono un fondamento essenziale per aumentare la fiducia del pubblico nel sistema politico”: ebbene con la l. n. 10 del 2009 abbiamo eleminato dalla delegazione italiana al Parlamento europeo ben 4 partiti membri di un partito europeo(PSI, Verdi e PRC-PdCI aderenti rispettivamente a PSE, PVE e SUE). Vi è poi una ragione specifica derivante dagli effetti della Sentenza Gargani CdS Sez. V, n.. 02886/2011 del 13/05/2011 resa nel ricorso R.G. 00642 , con la quale interpretando il combinato disposto degli artt. 2 e 51 della L. 18/79/2011. Ha disapplicato l’art. 21 della legge applicando in suo luogo l’art. 83, comma 1, n. 8, del decreto. D.P.R. 367/1957 e s.m.i. affinché i seggi restino nella Circoscrizione cui sono stati assegnati in rapporto alla popolazione residente invece di trasmigrare in altra Circoscrizione in relazione alla partecipazione e al comportamento elettorale degli elettori residenti penalizzando il Sud (15 eletti, in luogo dei 18 seggi assegnati dal D.P.R. 18.4.2009) e le Isole (6 eletti, in luogo degli 8 seggi assegnati dal D.P.R. cit.). La Lega si è trovata con 2 europarlamentari in più nel Nord-Ovest e nel Centro, perché al Sud e nelle Isole non l’hanno votata ma hanno votato per Sinistra e Libertà di Vendola e socialisti e per il MPA di Lombardo. Altro problema di rilievi costituzionale è costituito dall’art. 12 della l. 18/1979 che fa un trattamento di favore le minoranze linguistiche francese, tedesca e slovena, in realtà per la sola SVP, mentre la L. 482/1999 ne riconosce 12 e con una differenza di trattamento ingiustificabile rispetto alla norma per la camera dei deputati (art. 83 D.P.R. 361/1957 e s.m.i, c.1 n. 3 lett. a) prevede un trattamento particolare per le minoranze linguistiche che hanno presentata liste “esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche”. Il friulano e il sardo sono quindi tutelati,ma non le pur numerose minoranze linguistiche presenti in regioni a Statuto ordinario, come l’occitano, il tedesco e il franco provenzale in Piemonte e l’albanese e il grecanico in Calabria. Norme speciali per minoranze linguistiche, compreso il diritto di coalizione e la deroga alla soglia di accesso nazionale, senza prevederle per minoranze politiche( diritto di tribuna) pongono un problema di compatibilità con l’art. 3 Cost..
In relazione al diritto europeo che con l’art. 117 , c.1 Cost., nel testo novellato nel 2011, è vincolo per la legislazione statale e regionale, vi sono dubbi, anche in relazione all’art. 51 Cost., delle norme che privilegiano forze politiche uscenti esentandole dalla raccolta firme di presentazione per le liste e per le modifiche derivante dal mancato coordinamento tra le norme di introduzione della soglia di accesso e quelle sul finanziamento delle campagne elettorali. La norma prevedeva che per aver diritto al rimborso delle campagne elettorali era necessario eleggere almeno un parlamentare europeo con una legge che consentiva di eleggere un parlamentare anche con meno deell’1% dei voti validi: improvvisamente con le modifiche della L. 10/2009 soglia di accesso all’elezione e soglia per il finanziamento vengono a coincidere, il che è irrazionale e non ha precedenti in nessuna legislazione nazionale per l’elezione dei rappresentanti nazionali nel Parlamento europeo. Alla luce dei principi enunciati nella sentenza 23 aprile 1986 “ federation Les Verts v. Parlament Européen” sono illegittimi tutti i privilegi e vantaggi concessi a gruppi politici uscenti rispetto a nuove formazioni. Richiedere modifiche alla legge elettorale europea vigente è al contempo una richiesta di ricondurla a conformità costituzionale e dei trattati europei, e una scelta politica, quella che a sinistra siano possibili alleanze e convergenze sul terreno proprio dei programmi europei. Un rischio maggiore incombe sulle elezioni europee, che si celebrino dopo elezioni nazionali anticipate oscurandole, perché nella nostra cultura politica quelle sono le vere elezioni.
*La relazione riflette mie opinioni non concordate all’interno di Laboratorio Politico, che elaborerà una sua posizione dopo questo Seminario e sulla base del confronto delle legittime opinioni diverse ed anche contrastanti sui punti trattati.
**Niente di nuovo è la procedura ordinaria di revisione in Svezia
Capitolo VIII. Leggi e altre norme giuridiche
Art. 15 - Le leggi costituzionali sono approvate con due delibere di identico tenore. La seconda di tali deliberazioni non può intervenire se non dopo che si sono tenute nuove elezioni generali per il Riksdag e la nuova assemblea si è riunita. Inoltre devono trascorrere non meno di nove mesi fra la data della prima presentazione della questione all'assemblea del Riksdag e la data delle elezioni, a meno che la Commissione degli affari costituzionali non consenta una deroga per mezzo di una delibera pronunziata entro il periodo di esame della questione, e alla quale abbiano aderito almeno i cinque sesti dei membri.
e per modifiche di parti rilevanti in Spagna
Art. 168. - 1) Qualora si intenda promuovere la revisione completa della Costituzione o
una revisione parziale riguardante: il Titolo preliminare; il Capitolo II, Sezione I, del Titolo I;
o il Titolo II, si procederà all'approvazione di tale delibera a maggioranza dei due terzi di
ciascuna Camera, e allo scioglimento immediato delle Cortes.
2) Le Camere elette dovranno ratificare la decisione e procedere allo studio del nuovo
testo costituzionale, che dovrà essere approvato a maggioranza dei due terzi di entrambe le Camere.
3) Una volta approvata dalle Cortes, la revisione sarà sottoposta a referendum per la sua
ratifica.
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