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giovedì 21 febbraio 2013
Renzo Penna: Sostenere con il voto la svolta che viene da Milano
Sostenere con il voto la svolta che viene da Milano
di Renzo Penna
Come è già avvenuto due anni fa per il Comune - con la vittoria e l’elezione esaltante a sindaco di Giuliano Pisapia - tocca nuovamente a Milano dare il segno del riscatto della cultura di governo progressista portando alla guida della Lombardia l’impegno civico, la serietà e il rigore di Umberto Ambrosoli. Riscoprendo, dopo un lungo periodo nel quale a prevalere era stato l’individualismo egoista, l’arricchimento facile, il populismo leghista e l’affarismo senza regole della destra berlusconiana, la migliore tradizione riformatrice che può favorire, a livello nazionale, una vittoria limpida della coalizione di centro sinistra in entrambi i rami del Parlamento.
Dopo la bella e partecipata manifestazione di domenica scorsa in piazza Duomo: “prima Milano, poi la Lombardia e l’Italia” diviene la progressione cui può credibilmente puntare Pierluigi Bersani, designato al ruolo di premier dal doppio voto delle primarie.
Naturalmente la sfida rimane difficile, ma come ha commentato Gad Lerner: “il disonorevole esito della reputazione pubblica di Formigoni, indagato per associazione a delinquere e screditato per le sue bugie e le dilapidazioni del suo stile di vita, conferma che la destra lombarda non ha più figure presentabili da mettere in campo”.(1) Mentre si sta sgretolando il sistema dell’arricchimento facile, della sanità privata a spese del pubblico, della cementificazione aggressiva che ha inquinato l’ambiente e devastato il territorio, e che aveva i suoi campioni nei Ligresti, i don Verzè, i Ponzellini e i Daccò.
In maniera analoga in Piemonte le ultime accuse di corruzione e abuso cadute su un assessore di punta della giunta Cota si sommano alla pessima qualità del suo governo, la cui vittoria, ottenuta per una manciata di voti raccolti da una lista fasulla, è stata propiziata - va ricordato - dalla presenza del partito di Grillo.
La presenza a sorpresa sul palco a Milano di Romano Prodi a sottolineare l’importanza della doppia sfida: lombarda e per la guida del Paese, ha rappresentato un segnale pieno di significati perché, prendendo nettamente le distanze da Monti e dal governo tecnico che “non ha saputo accompagnare al rigore una politica di rilancio dell’economia”, ha sancito l’unità e la compattezza della squadra che si è formato nell’intesa tra Bersani e Vendola. Una squadra plurale che resterà unita anche al governo perché, a differenza del passato, “ha imparato la lezione”. E nessuno meglio di Prodi, che negli anni dell’Ulivo ha saputo tenere insieme le diverse anime del riformismo italiano e mantenere nella politica una visione europea, è in grado di rappresentare una garanzia sia nei confronti dei settori economici e produttivi italiani - che vogliono competere con l’innovazione e la ricerca - che delle istituzioni comunitarie.
Ma il professore ha voluto sottolineare anche il comportamento corretto tenuto da Matteo Renzi il quale: “ha perso le primarie e non ha sbattuto la porta, ma ha interpretato come si deve in un partito democratico le regole della democrazia.”(2) In questo modo, sancendo l’autonomia e la compattezza della squadra progressista, Prodi ha spinto Bersani ad un maggiore coraggio, spronandolo a puntare a una “vittoria piena”. A non più rincorrere la coalizione di Monti che, specie in campagna elettorale, sta sempre più disvelando sui temi sociali e del lavoro i lineamenti dogmatici di una politica liberista la quale si manifesta nei ripetuti e strumentali attacchi alla Cgil e alla sinistra della coalizione.
Dal canto suo Nichi Vendola, che ha preso con nettezza le distanze dalla fallimentare esperienza dell’Arcobaleno del 2008 e dalle posizioni di Bertinotti, nel concreto governo della sua Regione, la Puglia, ha saputo dimostrare, in quasi due mandati, capacità e concretezza amministrativa e oggi può vantare, nella correttezza dei conti, nella creazione di posti di lavoro e nella tutela dei più deboli, i migliori risultati tra le regioni del mezzogiorno e non solo.
Stiamo, comunque, andando al voto dopo una campagna elettorale confusa e caotica, senza un confronto alla pari tra i candidati - come è ormai prassi nelle normali democrazie - giocata negli ultimi giorni da promesse mirabolanti e veri e propri imbrogli, quali la lettera sul rimborso dell’Imu inviata a milioni di italiani da Berlusconi. E questo in un Paese che, in maggioranza, vive con crescente incertezza il futuro, per la crisi dell’economia, per la mancanza di lavoro, in particolare, dei più giovani e la perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni che sta determinando un preoccupante aumento delle povertà.
Per questo le ultime ore prima del voto vanno utilizzate per convincere chi è ancora incerto se votare sulla necessità di esercitare il proprio diritto, anche superando le legittime perplessità e le critiche nei confronti di un sistema elettorale indegno. Indirizzando il proprio voto nei confronti di una delle formazioni politiche che si impegnano a contrastare l’attuale destra illiberale e antidemocratica e, in particolare - questo è il mio pensiero - verso i partiti che compongono la coalizione “Italia Bene Comune” la quale - con il candidato alla presidenza del Consiglio Pierluigi Bersani - più di altre ha la concreta possibilità di vincere, battere la destra e governare.
E’ il momento - come sostengono nel loro appello Eco e Zagrebelsky - di mettere la parola fine al berlusconismo richiamando gli elettori all’impegno per: “superare in modo netto e definitivo una lunga e umiliante fase della nostra storia.”(3) Solo una volta sconfitto il Cavaliere si potrà infatti finalmente aprire una nuova era, riparando il «tessuto sociale, liberandolo da criminalità e corruzione».
Alessandria, 21 febbraio 2013
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[1] Gad Lerner: “Il vento riformista” - la repubblica 18/02/2013
[2] Marco Merozzi: “Il nuovo ritorno di Romano” - la repubblica 18/02/2013
[3] U.Eco e G.Zagrebelsky: Appello “Tutti al voto per battere il Cavaliere” - Libertà e Giustizia 8/02 2013
21/02/2013 00:29:41
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