domenica 16 settembre 2012

Peppe Giudice: Non ha senso il socialismo senza conflitto sociale

Non ha senso il socialismo senza conflitto sociale



Jurgen Habermas scriveva dopo la fine del comunismo reale, che il socialismo non sparirà se non sparisce l'oggetto della sua critica, vale a dire il capitalismo. Del resto il termine socialismo è molto più politico e storico di quello di comunismo, dal carattere più filosofico che indica piuttosto un modello ideale di convivenza tra gli uomini. P

resente nelle utopie rinascimentali (la migliore quella di Thomas Moore) che però hanno radici nella cultura giudaico-cristiana. E' nella Bibbia che si trova forte la critica al concetto di proprietà e l'aspirazione alla giustizia sociale. Concetti estranei al modo pagano (anche se nel mondo oun concetto di giustizia è abbozzato). Come diceva Erich Fromm la civiltà occidentale è l'incontro tra la civiltà giudaico-cristiana e quella greco.romano- ellenistica. Dicevo che il socialismo è un concetto più storico e politico che incarna nella realtà storica concreta quella insopprimibile tensione emancipatoria. Il socialismo è la risposta al capitalismo indusrtiale, all'emergere della questione sociale. Già Ricardo (che era un liberale) prima di Marx (che il concetto lo ha sistematizzato) rilevava il carattere antagonistico del modo di produzione capitalistico. Egli allora vedeva sopratutto il conflitto tra capitale e rendita fondiaria, ma anche quello molto embrionale, ai suoi tempi, tra capitale e lavoro. Una idea di sinistra avulsa dal socialismo è una idea molti, ma molto debole. Perchè è il socialismo che da senso all'idea di sinistra come trasformazione dei rapporti sociali. Che si fonda sulla finalizzazione e governo del conflitto sociale. Giacomo Matteotti (che non era solo un martire ma uno con le idee profonde) distingueva nettamente il concetto di lotta di classe del socialismo democratico da quello di guera di classe del comunismo bolscevico. Il primo era un processo di autoemancipazione della classe lavoratrice , un movimento dal basso verso l'alto, per abbattere gli ostacoli che si frappongono a questa emancipazione; l'altro si inseriva in una visione militare dell'annientamento dell'avversario che presupponeva l'esistenza di una avanguardia che si auto-legittimava (con le conseguenze devastanti che ne sono derivate).Ma è sbagliato anche vedere nella lotta di classe , così come fa un certo marxismo strutturalista e determinista un puro e semplice riflesso della dialettica tra forse produttive e rapporti di produzione o come, al contrario nelle interpretazioni idealistiche che risolve la lotta nel politicismo. Ridolfo Mondolfo uno dei più grandi interpreti del marxismo , che purtroppo la egemonia del togliattismo ha emarginato, mi ha insegnato che accanto alla dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione , c'è anche quella tra struttura e sovrastruttura, tra politica ed economia cioè (che il postkeynesismo ha reso manifesta). Che c'è un continuo rapporto di interazione e retroazione tra soggetto ed oggetto (il rovesciamento della prassi). Il socialismo democratico e revisionista di De Man ed Hilferding degli anni 20 ha evidenziato come accabto alla motivazione strattamente economica c'è n'è un'altra nel conflitto capitale-lavoro: il superamento di una condizione umana di inferiorità da parte della classe operaia (concetto tratto dalla psicanalisi di Alfred Adler . che era socialista, fra l'altro).Quindi tutte le deformazioni unilaterali (strutturaliste e politicste. nonchè quelle devastanti militariste) non danno ragione dell'essenza della lotta sociale e del contenuto del socialismo. Come non socoaliste ma liberali sono le concezioni alla Martelli di un concetto di giustizia astorico ed avulse dal conflitto sociale e vedono la solidarietà come un movimento dall'alto verso il basso - si trovano anche nella visione democristiana). Questo spiega la esigenza di una forte autonomia culturale del socialismo democratico. Che unisce l'idea normativa (che distingue con forza ciò che è socialismo da ciò che è sua negazione: stalinismo o maoismo) dalla necessità di inarnarla in un contesto storico di conflitto permanente. Assumere questo punto di vista oggi comporta l'assunzione di una chiaro impegno politico a ricostruire memoria e cultura socialista in una sinistra che l'ha cancellata. Un impegno politico a combattere l'americanismo di Veltroni ed il politicismo posttogliattio di D'Alema, E il massimalismo gutturale ed affabulatorio di Bertinotti. Non c'è nulla più lontana dalla lotta di classe (intesa nel senso che l'intendeva Matteotti) che il radicalismo parolaio e gutturale. Di cui sono espressione un pezzo di coloro che hanno promosso un referendum che non potrà essere tenuto, che quindi non serve a far pressione politica e di fatto delegittima la CGIL. Non possiamo permetterlo. So benissimo che Vendola ha aderito per ragioni tattiche e non ha certo nessuna voglia di contrastare la CGIL (e lo ha anche spiegato). Ma io non lo firmerò (l'ho dett anche al mio segretario di circolo SeL) Ma comprendo Vendola. Oggi la CGIL è l'unico punto di riferimento per chi vuole una sinistra di governo alla Hollande ed alla Kraft. Di chi vuole una chiara rottura di continuità con Monti ma non vuole cadere nella brace populista (o peggio nel dipiterismo). La CGIL va difesa dagli attachi di destra di Scalari e da quelli cilatroni dela Fatto.



Peppe Giudice

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