Una pesante eredità
Sergio Ferrari,
02 luglio 2011, 14:59
La manovra finanziaria approvata dal governo ha certamente un grande pregio: quello di dire esplicitamente che non avendo né idee né capacità in materia, lascia la palla all'opposizione. In questo senso occorre riconoscere che ha ragione Cirino Pomicino quando dice che il governo ha deciso di andare presto alle elezioni politiche. Naturalmente l'opposizione non può pretendere di ricevere in eredità una palla da ping-pong
A questo punto la questione potrebbe essere archiviata se non fosse che la burocrazia della politica esige delle procedure e quindi è necessario capire quali sono i problemi che si pongono lungo questo percorso della successione. Aperto, per ora, per merito dell'attuale maggioranza.
Naturalmente ci sarebbe da valutare tutta la serie di interventi comunque contenuti nel piano del Governo. Ce ne è per tutti i gusti, con un denominatore finale rappresentato da un peggioramento dell'equità sociale del paese. Sappiamo quale è attualmente l'indice di Gini nel nostro paese - il peggiore in Europa - e quindi il minimo che ci si poteva decorosamente aspettare era un suo miglioramento. Si può scommettere che così non sarà. Ma a queste questioni sarà opportuno dedicare una analisi specifica, concentrando l'analisi, per ora, sui problemi di più lunga prospettiva .
Il primo è quello di verificare se quella volontà cosi chiaramente espressa viene confermata o se darà luogo a dei colpi di coda disperati. Data la qualità dei componenti non è detto che le conclusioni proposte risultino egualmente accettabili e che se è vero che le prospettive di questo governo da tempo si erano offuscate, tuttavia una certezza di "chiusura" dell'avventura non era cosi formalmente definita e non tutti gli interessi in gioco pensano di poter egualmente recuperare un ruolo nel nuovo quadro politico.
Il secondo sta nel fatto che il rinvio di un anno-due della manovra non è indolore nel senso che se ai ritardi pluriennali già accumulati si aggiunge un ritardo ulteriore, non è che le cose restino al punto di prima ma diventano ancora più pesanti. Non si deve dimenticare, infatti, che nonostante lo sforzo di allegria dell'attuale maggioranza per aver scaricato il problema sulle spalle dell'opposizione, la situazione del paese resta molto pesante, con rischi reali di aggravamento, con aree di drammaticità sociale crescente e - quel che è peggio - con malattie per molti aspetti prive di una diagnosi corretta e, quindi, senza una terapia convincente. L'unica questione evidente è che il tempo che passa senza interventi opportuni non è un nostro alleato. Questa questione richiederebbe da sola ben altro che una semplice segnalazione.
Il terzo problema potrebbe sembrare strano ma occorre evidenziarlo. Per anni si è parlato e discusso del fatto che in Italia non era possibile disporre di una sinistra "normale". In questi anni questa anomalia non è che sia stata superata ma almeno non è peggiorata. Ma a fronte di queste analisi, il presupposto non detto era che in Italia una destra "normale", invece c'era. Alle volte un po' clericale, alle volte un po' autoritaria, quasi sempre classista, ma comunque non del tutto anomala. Orbene si ha l'impressione che dopo questa crisi si porrà una nuova questione per la politica in Italia: l'assenza di una destra "normale". Sarebbe sbagliato se la sinistra sottovalutasse i limiti politici di una tale situazione, non certo nel senso di assumerne le veci ma in termini di qualità della nostra democrazia. Il pericolo è di confondere i due aspetti assumendo posizioni conservatrici per evidenziare il suo senso democratico. Inoltre, sapranno i Fini e i Casini coprire questo vuoto?,
Per loro una prima difficile prova si verificherà nella capacita di accompagnare la fine in atto di questa destra. In questo senso anche per loro una fase di opposizione - in questo caso ad un governo di centrosinistra - sarebbe utile se non necessario.
Il quarto problema consiste nel fatto che se, come sembra, continuano ad essere rilevanti i problemi di costruzione di forze politiche, di schieramenti, di alleanze, di giochi degli addetti e simili, quelle questioni di merito che l'attuale Governo non è stato in grado di affrontare rischiano di passare in secondo piano ma di travolgere nel contempo tutto e tutti. Il riferimento non è solo alla dimensione internazionale della crisi ma a quella specifica crisi italiana che si somma alla precedente e che, nel complesso, ci ha portato all'attenzione delle varie responsabilità finanziarie europee e delle, probabilmente interessate, società di rating. Dovremmo correggere un debito delle dimensioni di quello italiano e contemporaneamente sostenere la crescita. Sono anni che, ben che vada, stiamo più o meno fermi con il debito, ma abbiamo uno sviluppo sempre e crescentemente inferiore ormai da un paio di decenni a quello dei nostri partner. Abbiamo perso tempo ad inventarci delle spiegazioni senza successo, anzi raccontandoci la storia del costo del lavoro e simili, per scaricare il tutto su lavoro dipendente e poi sul lavoro pubblico più perché pubblico che per altro. Ma anche queste storie erano una pura invenzione e come tali non sono servite e, comunque, sono finite. Chi si assumerà la responsabilità alla quale ha rinunciato l'attuale Governo dovrà trovare una terapia corretta prima di tutto a questo problema e dovrà trovare insieme anche la capacità di ridare una speranza al Paese.
C'è ancora un problema che potrebbe essere considerato là dove e quando i segnali di una ripresa di equità distributiva dovesse consentire di andare oltre, e cioè la considerazione che il prossimo cambiamento di governo non è e non si potrà esaurire nei termini di una normale dialettica politica tra le parti, ma dovrà tradurre e comprendere cambiamenti ed evoluzioni che in questi anni si sono variamente evidenziati attraverso la crisi del liberismo, la ripresa di una presenza sociale dei giovani, la nuova storia scritta dalle donne, e per certi versi anche attraverso trasformazioni non univocamente giudicabili come la globalizzazione, l'emergere di nuovi attori internazionali, sino alla recente emersione della rivoluzione nord-africana; una dimensione mai prima esistente della capacità di trasformazione del lavoro e dei prodotti attraverso la tecnologia, una nuova dimensione delle questioni anagrafiche: la nuova domanda sociale che comprende un diverso e maggiore apprezzamento dei valori ambientali e culturali e, in definitiva, di democrazia e di eguaglianza,. ecc.
Ma per tutto questo ci vorrebbero le ali.
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