sabato 4 giugno 2011

Antonio Caputo: Perché sì, oltre il referendum

MOVIMENTO D’AZIONE GIUSTIZIA E LIBERTA’:



La battaglia per lo “stato di diritto” e il referendum sul c.d. legittimo impedimento”: lotta continua.. sara’!





La sovranita’ popolare, in senso stretto, e la concezione del popolo come insieme di cittadini storicamente diseguali per nascita, doti naturali, fortune acquisite, comportano che i pubblici poteri devono essere considerati “strumenti” a servizio dei cittadini.
L’abuso nell’esercizio del potere e la contrapposta aspirazione ad avere idonee forme di controllo di esso e’ antica, come nell’Eforato spartano.

Il Tribunato della plebe, contropotere limitativo del potere, definito da J.J.Rousseau quel potere che “non potendo fare nulla puo’ tutto impedire”, costituisce tuttora un modello che ha ispirato il moderno Ombudsman. Il Defensor del Pueblo, il Mediateur europeo, il Difensore Civico.

La grave crisi della democrazia rappresentativa e la ricerca incessante di un sistema adeguato di bilanciamento dei poteri che metta al centro la tutela della persona e dei suoi diritti contro l’abuso e la sopraffazione, accompagnano l’evoluzione del principio della separazione dei poteri, oltre il modello tripartito statuale di Montesqieu.

Memori dell’antico e vivo insegnamento montesqieuiano che chi ha il potere e’ portato ad abusarne se non trovi limiti in altri poteri, proiettati deonticamente verso l’utopia kantiana della pace perpetua, siamo consapevoli che, nel tempo della globalizzazione, la difesa dello stato di diritto richiede l’attivazione di “profeti armati”, come quello machiavellico, di forti principi e di salde speranze: la societa’ civile e i suoi anticorpi, anche al di la’ dei confini nazionali.

Vi e’ oggi un divario drammatico tra la sfera giuridica dei soggetti dotati di potere(soprattutto economico) e la sfera giuridica dei soggetti privi di potere che hanno crescente difficolta’ ad affidarsi alla tutela “contrattuale”, senza il vincolo di norme costituzionali e legislative.

In tale quadro inteso a dare voce al principio della sovranita’ popolare di cui il referendum abrogativo costituisce importante articolazione, sta la battaglia per lo stato di diritto affrontata il 12 e 13 giugno.

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Il nostro accorato appello a votare SI all’abrogazione ha il senso di alimentare questa battaglia in vista di nuove battaglie.



SIGNIFICATO E FINALITA’ DELLA RICHIESTA ABROGAZIONE



Il quesito: “Volete Voi che siano abrogati gli articoli 1, commi 1, 2, 3, 5, 6, nonche’ l’art. 2 della legge 7 aprile 2010 n.51 recante disposizioni in materia di “impedimento a comparire in udienza”?”



Invitiamo a votare per l’abrogazione, con le seguenti argomentazioni che intendono difendere e fare vivere lo stato costituzionale di diritto e gli stessi principi ispiratori della “forma repubblicana”.



La Corte Costituzionale, con la sentenza 25 gennaio 2011 n.23 che parzialmente abrogo’ l’originario testo normativo impedendo un qualunque automatismo per di piu’ frutto di autocertificazione dello stesso imputato premier in ordine ad impedimenti “ legittimi” dal medesimo opposti,non dichiarando l’integrale incostituzionalita’ del lodo Alfano, affermo’ tuttavia la necessita’ di un’interpretazione tale da riportare la legge “nel solco della disciplina comune, in conformita’ dell’istituto processuale generale di cui e’ espressione l’art.420 del codice di procedura penale”: la norma che disciplina l’impedimento a comparire in udienza di qualunque imputato.

Cosa restava dunque della legge 51, se e’ garantito al Giudice, anche con riguardo ad attivita’ preparatorie e consequenziali del Premier (e dei Ministri) il triplice potere: di valutare la prova della sussistenza de facto dell’impedimento lamentato; di accertare che l’mpedimento rientri tra le ipotesi previste dall’art.1, commi 1 e 2 della legge ovvero che si tratti di impedimento connesso ad una “attribuzione coessenziale alla funzione di governo”; di accertare che l’impedimento abbia carattere assoluto ed attuale?

Purtroppo, tanto.

E’ cio’ che si e’ inteso abrogare, per ripristinare il principio di legalita’ violato da una legge capace di consentire a taluno un inammissibile privilegio, tanto piu’ inammissibile in quanto a beneficiarne e’ un “potente”, privilegio viceversa negato al comune mortale.

IL PERCHE’ DEL SI

1) L’art. 1 comma 1 della legge , nel testo sottoposto a referendum, non conteneva alcuna articolata previsione di ipotesi, definite e rigorosamente circoscritte, tali da tipizzare le situazioni di legittimo impedimento. Tale indeterminatezza , in quanto tale, e’ fonte non solo potenziale di conflitti veri o presunti, tali da impedire o comunque ostacolare e ritardare il corretto svolgimento del processo:

In presenza di sentenza interpretativa di rigetto, come quella della Corte Costituzionale, il tutto e’ rimesso alla dialettica del processo e alla decisione di caso in caso, con evidenti rischi di continue schermaglie tra difensori e P.M circa la “legittimita’” dell’impedimento.

Ne’ agevole puo’ risultare il compito del Giudice, considerandosi la genericita’ estrema delle fattispecie disciplinate dal regolamento interno del Consiglio dei Ministri (circa le riunioni dello stesso) e anche delle norme della legge n.400 del 1988, che disciplina le funzioni presidenziali, richiamate dall’art. 1 comma 1 del Lodo Alfano;



2) Poiche’ la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 1 comma 2, che riguarda i Ministri e il loro impedimento, ne derivava, nei loro confronti, l’applicabilita’ del lodo Alfano, sino ad una nuova ipotetica pronuncia della stessa Corte, in ipotesi chiamata a pronunciarsi.



Le conseguenze di tutto cio’:

a) continue “battaglie” e schermaglie tra Premier e Ministri da una parte e Procure, dall’altro, con continui ricorsi, anche strumentali, alla Corte Costituzionale per risolvere il relativo “conflitto di attribuzione”;

b) paralisi dei processi;

c) perdita di credibilita’ e delegittimazione della Giustizia e dei Giudici

Nemmeno puo’ farci dormire sonni tranquilli il pensare che, secondo la Corte Costituzionale” potrebbe ipotizzarsi l’introduzione di un regime “privilegiato” per il Premier e i ministri, attraverso la revisione della Costituzione, ovvero secondo la procedura di cui all’art.138, divenuta in tempi di porcellum il mezzo per cambiare la Carta con una maggioranza (parlamentare) non coincidente con la maggioranza dei cittadini , considerandosi l’incredibile e vergognoso premio di maggioranza previsto per il partito di maggioranza relativa, che ha come unico storico e infausto precedente la legge Acerbo del 1923 che spalanco’ le porte al Cavaliere del tempo.

Ma ancor prima sovvengono i “sacri”principi del costituzionalismo, a motivare la nostra lotta.

Se il costituzionalismo impone e la Costituzione repubblicane intende limitare e circoscrivere il potere, sempre soggetto alla Legge amministrata dal Giudice autonomo e indipendente, mai e poi mai siffatta revisione potra’ essere ammessa..

Svanirebbe in tal modo la stessa “forma repubblicana” che l’art. 139 dichiara immodificabile e che si concreta nel bilanciamento, alias separazione dei poteri e si aprirebbe la voragine della tirannide della maggioranza.



Antonio Caputo

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