LE RAGIONI DELLO SCIOPERO DELLA CGIL: REAGIRE AL DECLINO DEL PAESE
di Renzo Penna
Mentre il governo, sull’immigrazione, colleziona figuracce in Europa e il “premier”, inquisito, arringa, dentro e fuori il palazzo di giustizia di Milano, una piccola folla di seguaci per attaccare i magistrati, cresce il declino del Paese, peggiorano le condizioni delle famiglie italiane e aumenta la disoccupazione. Soprattutto tra i giovani e le donne.
Dopo oltre due anni dall’inizio della crisi l’Italia è oggi più povera, più povere sono le famiglie, più alta la disoccupazione. Il nostro Paese ha subito una riduzione della ricchezza maggiore della media europea. Il debito pubblico è cresciuto e lo stato sociale copre sempre meno i bisogni delle fasce più esposte della popolazione. Si è aggravata la condizione dei pensionati ed è aumentata la percezione di insicurezza per le giovani generazioni. Il lavoro paga la svalutazione di valore che ha subito negli ultimi anni e sopporta un carico fiscale eccessivo quanto ingiusto.
Secondo i più recenti dati dell’Istat nel corso del 2010 le famiglie italiane hanno, infatti, visto ridursi dello 0,6% il loro potere di acquisto, ossia il loro reddito disponibile in termini reali. Come conseguenza la propensione al risparmio delle famiglie si è attestata al 12,1%, registrando una diminuzione dell'1,3% rispetto all’anno precedente. Diminuzione del risparmio che arriva al suo minimo storico ed è causata da un aumento più consistente - pari al 2,5% - della spesa per consumi finali. Dati che confermano la gravità dell’impatto della crisi sulla vita della stragrande maggioranza degli italiani e, mentre i profitti tornano, seppur di poco, a salire, cala il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.
Per le famiglie, in questa accresciuta difficoltà economica, e limitandosi ad un solo aspetto, aumenta il disagio abitativo. E ciò nonostante nel paese ci siano più abitazioni che famiglie e siano stimati in 800 mila gli alloggi vuoti. Oggi le spese per le abitazione costituiscono una delle voci principali del bilancio familiare: quasi 2,5 milioni di famiglie, pari al 10% del totale, si trovano in condizione di serio disagio nel pagare tali spese che incidono per oltre il 40% sul reddito.
Si tratta in particolare di famiglie in affitto (31%), di quelle con redditi più bassi, inferiore a 15 mila euro (27%), di famiglie monogenitori con figli minori (26%), di persone sole con meno di 35 anni (24%), a conferma delle difficoltà che i giovani incontrano nel realizzare il progetto di uscita dalla famiglia di origine.
In tale contesto, sabato 9 aprile, giovani, precari e studenti e coloro che non vogliono essere più invisibili hanno manifestato in tutta Italia e all'estero per chiedere che siano riconosciuti a tutti pari diritti e dignità sul lavoro, mettendo al centro il valore del lavoro e la difesa di un'occupazione senza precarietà. A Roma, Milano, Napoli, Palermo, Torino, Bergamo, Bari, Perugia, e in altre 50 città, con un solo slogan: “Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta”, le varie realtà del mondo del lavoro precario: da quello della scuola, dell'università e della ricerca, ma anche della pubblica amministrazione, dei servizi e dell'industria, hanno preso la parola per chiedere che siano riconosciuti, senza escludere nessuno, pari diritti e dignità sul lavoro.
A questo proposito - mentre l'80% delle nuove assunzioni ormai avviene attraverso forme di lavoro precario - le principali proposte che la Cgil avanza si propongono di ridurre a quattro le forme di lavoro diverse dal tempo indeterminato e di aumentare i costi del lavoro precario per diminuirne il potere attrattivo da parte delle imprese. E, ancora, l’assunzione dei finti part time e dei finti stage, e l’estensione a tutti i giovani precari del sistema attuale degli ammortizzatori sociali.
Risulta così sempre più evidente la necessità e l’urgenza di due elementi che sono al centro delle rivendicazioni dello sciopero generale della Cgil del prossimo 6 maggio: una riforma fiscale che sposti il peso dal lavoro e dai redditi da lavoro e da pensione, all’evasione, alle rendite e alle grandi ricchezze e, contemporaneamente, un piano straordinario per promuovere l’occupazione.
Del resto le notizie contenute nel rapporto sulle entrate 2010 del dipartimento delle Finanze non sono affatto positive, poiché dimostrano come sia in atto un aumento silenzioso del prelievo su chi già paga e subisce la crisi: lavoratori e pensionati. L’aumento principale delle entrate fiscali nel 2010 - pari a quasi 7 miliardi di euro - grava infatti soprattutto sui salari e sulle pensioni. In particolar modo per effetto del “fiscal drag” e, mentre il reddito disponibile si sta riducendo, per i lavoratori e i pensionati aumenta il prelievo fiscale. Per quanto riguarda poi l’incremento registrato dell’Iva, questo non testimonia una ripresa dei consumi e della domanda. Di fatti tutto l’aumento dell’Iva - 4,5 miliardi di maggiori entrate per lo Stato - è relativo alle importazioni e dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime, alimentari ed energetiche, che graveranno, in particolar modo, sui consumi popolari.
Insomma i dati fiscali dello scorso anno non si prestano a nessuna lettura ottimistica per i redditi fissi e confermano la necessità di cambiare radicalmente il sistema fiscale italiano. Per questo la Cgil propone uno spostamento del prelievo da questi redditi e da quelli dei produttori verso le rendite improduttive e finanziarie perché il fisco, com’è strutturato oggi, aumenta in modo automatico il prelievo su chi già paga la crisi. Il sindacato di Susanna Camusso sostiene, anche, la campagna mondiale, lanciata dal sindacato internazionale, per una tassa sulle transazioni finanziarie. Una proposta che è volta a recuperare risorse a sostegno della ripresa economica senza gravare sui servizi e sui redditi da lavoro dipendente e da pensione.
In un paese, come l'Italia, sempre più colpito dal dramma della disoccupazione e del lavoro precario è altresì urgente una riforma degli ammortizzatori sociali. La proposta, recentemente elaborata dall’Istituto di ricerche della Cgil, prevede una drastica semplificazione degli strumenti normativi per tutti i settori. Questi dagli attuali sette si ridurrebbero a due: la Cassa integrazione guadagni e la Disoccupazione, con aliquote unificate per tutte le qualifiche. Una sola differenziazione resterebbe per le imprese fino a 15 dipendenti (aliquote più basse) e nei settori dell'Edilizia e dell'Industria dove le aliquote CIG sono maggiorate.
Dallo studio dell'Ires emerge inoltre come, in un mercato del lavoro più flessibile, sono sempre meno le persone che beneficiano di ammortizzatori sociali e stanno aumentando le imprese che terminato il periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali ordinari sono costretti a passare alla Cassa integrazione guadagni in deroga. Per queste ragioni le caratteristiche fondamentali della proposta riguardano: l'universalità, l'inclusione, la semplificazione e la sostenibilità economica. Dando a tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore in cui operano, dalla tipologia e dalla dimensione dell'azienda, una copertura di carattere universale.
In questo quadro, sommariamente accennato, sono del tutto evidenti le responsabilità del Governo che non ha voluto, o saputo contrastare efficacemente la crisi, non ha investito sul futuro limitando la propria iniziativa ad un’azione di contenimento in attesa di tempi migliori. Anche alla luce del fallimentare bilancio politico e di una deriva populista incurante di ogni valore etico il governo rappresenta, oggi, il principale ostacolo alla ripresa economica, sociale e di credibilità interna ed internazionale dell’Italia.
Un aspetto che, il 6 maggio, non potrà che risultare centrale nella giornata di lotta nazionale proclamata dalla Cgil.
Alessandria, 13 aprile 2011
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