sabato 2 aprile 2011

Peppe Giudice: La lobby di Scalfari e la sinistra italiana

.La lobby di Scalfari e la sinistra italiana.



Qualche tempo fa, Piero Sansonetti scrisse un articolo (che per me fu liberatorio) dal titolo: “sinistra liberati da Eugenio Scalfari”.

Poiché anche io da tempo sono convinto che il barbuto fondatore di Repubblica, con il suo editore De Benedetti, abbia giocato un ruolo fortemente negativo sulla sinistra e la sua area di opinione, sottoscrivo quella affermazione.

Per carità io non vedo dietro nessun complotto massonico, ma non c’è dubbio che in Italia il ruolo delle lobby sia divenuto molto più forte e stringente specie dopo il crollo dei partiti tradizionali.

Che quella di Scalfari e De Benedetti sia una lobby a tutti gli effetti, che non voglio demonizzare negli obbiettivi che persegue, ma di cui voglio sottolineare gli effetti negativi sulla cultura di sinistra in Italia, è una realtà difficilmente confutabile.

Fatto è che, spariti i partiti, i loro organi di stampa e comunicazione, e con la grossa lobby berlusconiana attorno alla quale si costruita la nostra destra anomala, la lobby di Repubblica è divenuta il punto di riferimento per coloro che a Berlisconi si oppongono. Tant’è che la stessa dialettica politica tra Ulivo (e poi PD) e PDL può anche essere letta come lo specchio deformante della lotta tra la Lobby Mediaset e quella De Benedetti. Certo la lettura può apparire schematica e sommaria, ma non c’è dubbio che la forte caduta di autonomia politica e culturale della sinistra italiana abbia in realtà favorito tale involuzione.

La Repubblica e l’Espresso formano l’opinione (per i non molti che leggono i giornali) di un pezzo di popolo della sinistra o progressista. Lo stesso fanno l’Unità che è oggi una “dependance” di Repubblica ed il “Fatto Quotidiano” diretto da Padellaro (ex Espresso) che ne rappresenta il degrado pecoreccio-qualunquista. Mentre MicroMega ne esalta le velleità intellettualistiche.

In realtà, a parte Sansonetti, Paolo Franchi, e Ritanna Armeni non esistono oggi veri giornalisti di sinistra liberi da condizionamenti lobbistici.

L’ideologia che Scalfari e c hanno cercato di immettere nella sinistra è quella del rifiuto del socialismo. Scalfari e De Benedetti sono stati i principali sponsor di Veltroni, sia quando pretendeva di trasformare l’Ulivo in partito, sia nell’idea della “vocazione maggioritaria” bipartitica del PD (che alla fine ha di fatto rilegittimato e rilanciato Berlusconi) con le sue neafste conseguenze sulla sinistra.

Questo rifiuto del socialismo (Repubblica tenne un dibattito tutto strumentale con alcuni intellettuali “liberal” sul tema della morte del socialismo) porta a fondare sul puro e semplice antiberlusconismo le ragioni di opposizione alla destra. E questo fin dal 1994. Ed a fondare su una miscela di liberismo economico e giustizialsimo (il liberal-giustizialismo) la sub-ideologia che ha dominato il centro-sinistra italiano ed a cui la sinistra non ha saputo reagire. Ed a ben vedere, proprio questo liberal-giustizialismo ha teso a concentrare l’opposizione alla destra sui temi della questione morale, piuttosto che su quelli sociali (dove trovavi Enrico Letta ed altri in sintonia con certa destra).

La “radicalità” del centrosinistra quindi non si è mai espressa sul terreno del progetto di società alternativo al liberismo, ma su quello giudiziario. Ora, siamo tutti convinti che la questione morale sia cosa seria (e riguarda ormai trasversalmente gli schieramenti) ma essa non la si affronta con le grida spagnolesche o con le esibizioni di indignazione sempre più ripetitive, ma con una seria riforma della politica che deve ripartire dalle idee e dai pensieri forti. Proprio quello che lo scalfarismo ha cercato di contrastare.

Del resto l’antiberlusconismo fine a se stesso ha finora solo avvantaggiato Berlusconi, ha indotto qualcuno a inserire Fini in una “santa alleanza”, ha completamente privato la sinistra di un suo pensiero autonomo. E seguente il nuovismo veltroniano-scalfariano la sinistra ha perso radicamento sociale.

La liberazione (anche solo culturale) dallo scalfarismo è quindi un primo passo necessario affinchè si ricostruisca l’autonomia della sinistra nel suo riappropriarsi del socialismo quale elemento imprescindibile di una critica moderna al capitalismo e di una idea alta di trasformazione sociale. E non si riduca la politica ad uno scontro di lobby.

3 commenti:

giovanni ha detto...

Caro Giudice, molte volte sono d’accordo con te: questa volta con particolare convinzione. E’ per questo che insisto, anche talvolta con consapevole pedanteria, perché i circoli volpediani si interessino con distacco alle vicende di potere e a vertenze politiche e sindacali contingenti, anche se in occasione di eventi come la sfida di Pisapia ad una delle roccaforti della destra peggiore, condizionata dalla Lega e prona di fronte ai grandi interessi capitalistici della metropoli lombarda (spesso con il beneplacido del PD), o come la necessaria solidarietà con la CGIL quando difende la civiltà del lavoro costruita con più di un secolo di lotte e di inenarrabili sacrifici dei lavoratori, l’impegno deve essere risoluto e senza tentennamenti, ma si concentrino con rinnovata determinazione alla definizione dei valori e dei contenuti programmatici di una sinistra autentica. Quando verrà (e io penso che prima o poi debba avvenire) il momento di una rinascita e riorganizzazione della sinistra in Italia, sarà decisivo il disporre di orizzonti ideali e di prospettive d’azione concrete. Per questo apprezzo i tuoi contributi, quelli di Turci e quelli del gruppo di persone che fanno riferimento a Macaluso. E’, a mio giudizio, l’unico compito a cui possiamo dedicarci nella temperie dei tempi difficili che corrono. E le fonti di ispirazione non possono che essere le variegate posizioni e proposte che vanno maturando nella grande famiglia del socialismo europeo, a dispetto di Scalfari e di quanti reputano che la vicenda socialista sia al tramonto nel nostro continente, mentre i valori che essa esprime, oltre a conferirle vitalità intrinseca, continuano a contagiare, con modalità e implicazioni a volte nuove e per noi inconsuete, anche altri paesi sia nell’America dl sud che in Asia. Cari saluti. Giovanni Baccalini

luciano ha detto...

Condivido la riflessione di Peppe Giudice, che individua molto bene il
meccanismo attraverso il quale in Italia il "pensiero unico" è diventato
effettivamente unico.
Vorrei solo proporre un emendamento. Scrive Giudice "spariti i partiti ...
la lobby di Repubblica è divenuta il punto di riferimento ...".
Io invece scriverei "fatti sparire i partiti ...".
Il ruolo di Repubblica nello sfibrare i partiti della "prima repubblica",
nel renderne irreversibile la crisi negli anni '90 e nell'impedirne la
rinascita negli ultimi 15 anni è stato decisivo.
Al fondo dell'odio anticraxiano coltivato a lungo dalla lobby scalfariana
non vi era solo il conflitto con gli interessi di De Benedetti, ma anche
l'individuazione in Craxi del baluardo del primato della politica.
Primato contro il quale Repubblica ha cavalcato tutte le campagne di
delegittimazione possibili, alimentando il mito della "società civile" e
giocando di sponda con le sciagurate spallate "referendarie" del geniale
(ironia) Mariotto Segni.
Facendo così, a ben riflettere, un servizio perfetto a Berlusconi, che
scendendo in campo ebbe buon gioco a vantare una superiorità in quanto "non
politico" ed a sfruttare tutte le opportunità che il nuovo sistema
elettorale offriva ad un potentato mediatico.
Ma ancor più determinante è stata l'opera di Repubblica nello spargere sale
sulle rovine della politica, in modo da impedire che i partiti potessero
rinascere.
Due i momenti cruciali.
Il 2001, quando il gruppo Repubblica-Espresso scatena tutta la sua potenza
di fuoco riuscendo ad impedire che Amato, presidente del consiglio in
carica, venisse scelto come candidato del centrosinistra. Se al posto del
"democratico" (ed effimero) Rutelli ci fosse stato Amato, non solo le
chances di battere Berlusconi in quelle elezioni sarebbero state maggiori
(se non altro perché i nostri avversari non avrebbero potuto metterci alla
berlina perché avevamo delegittimato noi stessi il nostro governo, non
scegliendo il candidato naturale), ma in ogni caso i DS sarebbero stati
premiati elettoralmente e sarebbe uscito rafforzato il tentativo in corso di
dare a quel partito un definitivo profilo socialdemocratico.
Gli anni 2003-2007, quando Repubblica scatena un vero e proprio kulturkampf
per far chiudere i partiti in formazione (DS e Margherita) e farli confluire
nel PD: nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma
bordello, proprio come l'Italia descritta da Dante.
Missione compiuta !

Luciano Belli Paci

claudio ha detto...

condivido Luciano e vi rimando un ragionamento (che forse ho fatto girare
solo nel PD) sulla "moda" della società civile...
.....che mi ha proprio stufato. Perchè è peggio di una moda, è una
stupidaggine.
Perchè correre dietro alla società civile significa che i politici che lo
fanno pensano di essere una società incivile. E in effetti, progredire in un
partito dove ai congressi non si vota mai sui nomi, dove gli elenchi dei
nomi da eleggere vengono fuori da segrete stanze dove non si sa bene chi può
entrare e chi no, però poi tutti li accettano, è una pratica degna del
partito di Mubarak, non di un partito europeo.
In pratica, da quando esiste il PD ci si è solo preoccupati di mantenere gli
spazi per i costituenti originari, non di rinnovare i quadri.
Faccio un esempio per dimostrare quanto la retorica della società civile
(che poi magari vuol dire una cordata di professionisti o di rotariani)
impedisca la crescita organizzativa di un partito, che, appunto, il teorico
del "papa straniero" voleva leggero, quasi inconsistente (come lui).
Il segretario del mio circolo era fino a poco fa un bravissimo ragazzo,
Matteo, che si è sempre speso per gli altri nel volontariato come in
politica. E' intelligente, equilibrato, capisce di politica e di
organizzazione, è stato eletto a 21 anni in circoscrizione, Adesso ha
cominciato a fare l'avvocato e lo farà sicuramente bene. Certo, che facendo
tanta politica , potrebbe essere meno noto di un suo collega che faccia solo
il suo mestiere, e pure guadagnerà di più. Trovi giusto che fra 10-15 anni
il PD preferisca a Matteo, un suo quadro validissimo, il suo collega perchè
rappresenta la società civile? e , a parte la giustizia, non la trovate una
scelta suicida?