NUOVE RAGIONI DEL SOCIALISMO 19
Le minacce della Lega di andare da sola alle prossime
elezioni amministrative di maggio, a cominciare
dalla città di Varese, uno dei simboli
del sistema di governo locale del Carroccio, non
possono sorprendere più di tanto. Infatti, se a
Roma, Bossi non perde occasione per dimostrare
la sua lealtà nei confronti di Berlusconi, nonostante le
evidenti difficoltà a portare a termine la legislatura, la Lega
continua con tenacia e testardaggine la sua “campagna
del Nord”. Nelle elezioni regionali del 2010,
il Carroccio aveva lanciato con le candidature
di Zaia in Veneto e Cota in Piemonte, una
vera e propria Opa sulla politica italiana e in
particolare per la conquista della leadership
del centrodestra nelle regioni settentrionali.
Un obiettivo politicamente raggiunto con la
vittoria sia in Veneto (rispetto alle aspettative
della vigilia il distacco rispetto al centrosinistra
è stato molto più netto) sia in Piemonte (strappato
alla Presidente Bresso uscente per poco più di 9.000 voti).
Nei primi mesi delle nuove amministrazioni regionali
è risultato evidente uno straordinario investimento mediatico
nazionale sui due governatori leghisti. Parallelamente
nell’opinione pubblica e negli ambienti che contano
sia piemontesi sia veneti, ci si domanda ormai dove sia
finito (e se esista ancora) il Pdl e il suo gruppo dirigente
locale, schiacciato dal dinamismo leghista. Gli uomini e
le donne del Carroccio al Nord sembrano avere una marcia
in più rispetto a un non-partito qual’è oggi il Pdl, per
di più alle prese con la scissione di “Futuro e Libertà” che
se non ha provocato nelle regioni settentrionali grandi
sconquassi tra i gruppi dirigenti e nelle rappresentanze istituzionali,
ha certamente incrinato i rapporti con quella parte
del mondo moderato che non ha mai visto con favore
gli eccessi di protagonismo della Lega.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che il prossimo 15 e
16 maggio andranno a votare circa 12,8 milioni di italiani,
che saranno chiamati a esprimersi per il rinnovo di
1.343 comuni (sei i capoluoghi di regione) e 11 province.
Nel Nord si voterà, tra gli altri, per i nuovi consigli comunali
di Torino, Milano, Bologna e Trieste e le province
di Vercelli, Pavia, Mantova, Treviso, Gorizia e Trieste.
Se a Torino e Milano la Lega ha acconsentito di appog-
BALLA DA SOLA
ELEZIONI
Con le Amministrative
la Lega prova a rafforzare
il proprio disegno
egemonico: conquistare
la leadership al Nord
la Lega pigliatutto
DI
FEDERICO
FORNARO
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sarà del Pdl dopo Berlusconi rappresenta,
dunque, la terza fase
dell’Opa leghista che passa per
una grande affermazione del Carroccio
alle amministrative di
maggio. Una vittoria che sarebbe
funzionale a consolidare e dare
nuovo impulso a questa “strategia
pigliatutto”, che passa, inoltre,
per un’interlocuzione crescente
con gli ambienti industriali
e finanziari della grande borghesia
produttiva settentrionale,
in passato diffidente verso gli
estremismi verbali leghisti, e la
richiesta di contare di più nelle
fondazioni di origine bancaria,
che detengono quote significative
delle principali banche del
Paese. Proprio quelle banche da
sempre indicate come il “nemico
di classe” da parte del sistema di
piccole e piccolissime imprese,
bacino naturale del consenso storico
del partito di Bossi.
In definitiva, quello della Lega
appare, per usare un termine
apparentemente caduto in disuso,
un disegno egemonico: conquistare
la leadership del Nord Italia
da far valere sul tavolo della politica
italiana oggi e domani, restando
comunque sempre pronta
a far saltare il banco in caso di
eventi eccezionali .
Non deve essere sottovalutato,
infatti, come ha recentemente osservato
Roberto Biorcio, che nel
sistema di simboli e valori leghisti,
la Padania, ovvero la prospettiva
della secessione da “Roma
ladrona”, è paragonabile a quello
che per il popolo della sinistra
è stato per decenni il “sol dell’avvenire”.
Se si dovessero mai presentare
condizioni economiche e politiche
catastrofiche (crisi finanziaria
dello stato sul modello Grecia
e dissoluzione della seconda
repubblica), Bossi potrebbe non
essere in grado di tirarsi indietro,
anche se oggi,realisticamente, dice
di accontentarsi del federalismo.
l
futurista”. A onor del vero, iniziano
a filtrare anche dai palazzi del
potere leghista i primi segnali di
nascita di correnti interne e di lavorii
sotterranei, ma al momento
giusto Bossi appare ancora in grado
di fare sintesi e assumere decisioni,
anche drastiche come i
commissariamenti delle sezioni e
delle federazioni, oltre all’espulsione
su due piedi di militanti e
dirigenti andati “fuori linea”, senza
che trapelino all’esterno dichiarazioni
di dissenso e neppure
flebili critiche.
In questa fase, poi, Bossi sembra
orientato a propagandare ai
quattro venti la conquista del federalismo.
Sull’altare di questi
ragionamenti tattici la Lega ha rinunciato
a qualsiasi velleità di
smarcamento da un Berlusconi
apparso in più di un’occasione
sul punto di buttare la spugna se
fosse mancato l’appoggio dell’alleato
più fedele; ma, con
l’istinto del politico di razza, Bossi
non intende certo perdere l’occasione
di massimizzare i consensi
al Carroccio, sfruttando
proprio l’attuale debolezza del
partito del Presidente del Consiglio.
In altri termini, l’intento primario
è quello di intercettare il
voto critico in uscita dal Pdl, prima
che vada a gonfiare il “fiume”
in crescita dell’astensionismo.
Non è difficile, infine, intravedere
in tutto questo un posizionamento
strategico nella prospettiva
del dopo Berlusconi e il rafforzamento
dell’asse preferenziale
nordista tra Bossi e Tremonti.
In questa chiave la Lega ha tutto
l’interesse a presentarsi a quel
tavolo (quando sarà) il più forte
possibile sotto il profilo elettorale,
ma soprattutto (questo è il loro
auspicio neppur troppo segreto)
come il primo partito della
coalizione di centrodestra nelle
principali regioni del Nord (e
quindi essere determinante per il
governo del Paese). Costruire
un’alleanza alla pari con quel che
giare il candidato del Pdl (rispettivamente
Michele Coppola e il
sindaco uscente Letizia Moratti),
in molte realtà stanno venendo a
galla gravi problemi di convivenza
all’interno delle coalizioni di
centrodestra. Nel Pdl, infatti, cresce
un’insofferenza per l’attivismo
di sindaci e assessori leghisti
che tendono a muoversi come
una sorta di “coorte verde”, in
stretta sintonia con il partito e fedeli
alle disposizioni propagandistiche
puntualmente impartite dai
vertici del Carroccio. Dal canto
suo, in molti territori la Lega è
tentata dalla sfida dell’emancipazione
rispetto al Pdl e dalla conseguente
decisione di presentarsi
da sola per fare bottino pieno battendo
in un colpo solo i vecchi alleati
e il centro-sinistra. In ballo
alle prossime amministrative
parziali, c’è, dunque, la seconda
fase dell’Opa del Carroccio: dopo
la conquista dei vertici di Piemonte
e Veneto, aumentare il numero
di amministrazioni comunali
e provinciali a guida leghista
per rafforzare il disegno di diventare
il rappresentante autentico
delle istanze e dei bisogni dei cittadini
del Nord. Un obiettivo ambizioso
che può diventare, però,
realistico anche in ragione delle
difficoltà attuali di Berlusconi.
Non è difficile immaginare che,
salvata la faccia con candidature
unitarie nei principali centri chiamati
al voto, non si leveranno più
di tanto grida polemiche per posizionamenti
autonomi della Lega
in comuni e province “minori”.
D’altronde non è un mistero
per nessuno che Berlusconi sia
ipercritico sulla gestione del suo
partito in periferia, dove in buona
sostanza il Partito della Libertà
non è mai nato e negli organismi
dirigenti prevale un armistizio
armato tra le diverse cordate
di ras locali provenienti da Forza
Italia e le truppe dell’ex Alleanza
Nazionale che non hanno seguito
Fini nella sua “avventura
ELEZIONI
20 LE NUOVE RAGIONI DEL SOCIALISMO
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