PER UN’INIZIATIVA DI DEMOCRAZIA LIBERALE E SOCIALISTA
C’è un vuoto nella politica italiana. E’ l’assenza di una forza che professi idealmente e pratichi politicamente i valori della democrazia laica, liberale e socialista.
Questo vuoto condiziona l’intera politica. La crisi istituzionale e politica del nostro tempo deriva anche dall’assenza di forze autenticamente liberali e socialiste con radici nel passato e una visione del futuro.
Partiti di tradizione liberale e socialista sono stati spesso divisi nella storia d’Italia. In passato, in Italia come altrove, in un mondo fortemente diviso fra modelli statalisti e illiberali e modelli liberisti e inegualitari, socialisti e liberali stavano su opposte posizioni politiche. Ma oggi, dopo molti decenni di socialdemocrazia di successo e dopo la diffusione universale del liberalismo politico, e dopo il fallimento del mercatismo ideologico, appare sempre più chiaro che le radici diverse possono dar vita a un tronco comune. Di fronte al deserto ideale e politico, a destra come a sinistra, una prospettiva per le future generazioni può solo venire ispirandosi congiuntamente alla libertà ed alla giustizia sociale.
Il sistema politico pomposamente presentato come “seconda Repubblica” è evidentemente in crisi profonda. Pesa la rinuncia ad un'adeguata revisione della Costituzione perfino nelle parti che tutti dicevano di voler riformare. E pesa ancora di più la reiterata manipolazione delle leggi elettorali, pensate per favorire i notabili nelle periferie e le oligarchie al centro.
Con l’attuale sistema elettorale, in cui l'elezione popolare viene sostituita dalla nomina dall'alto, si perpetuano le oligarchie dei due protagonisti del “bipartitismo imperfetto”, e resta esclusa quella “terza forza” che nella storia della Repubblica ha avuto un ruolo decisivo nel promuovere lo sviluppo e la modernizzazione del paese.
E’ probabile che nel prossimo futuro, come accadde nel 1994, l’Italia uscirà dalla crisi con un radicale riassetto delle forze e degli schieramenti politici di cui peraltro oggi è difficile prevedere, nel bene e nel male, i tratti distintivi.
Noi respingiamo una politica fondata esclusivamente sul berlusconismo e l’antiberlusconismo, così come riteniamo deleterio ogni massimalismo, giacobinismo e populismo, sia che venga da destra che da sinistra.
Con qualsiasi futuro sistema politico - bipolare, tripolare o altro – è necessaria - noi diciamo indispensabile - una forza che esprima in Italia la tradizione e le soluzioni riformiste della moderna democrazia liberale e socialista, presenti ovunque in Europa meno che nel nostro paese.
La nostra visione del futuro si base su alcune idee-forza che non possono contraddirsi reciprocamente, ma che devono dar luogo a una sintesi dinamica: uguaglianza dei punti di partenza, diritti individuali, merito, competizione, efficienza economica, welfare senza assistenzialismo, buongoverno e buona amministrazione al servizio dei cittadini, giustizia non giacobina, autentica laicità, istituzioni forti e controlli efficienti.
Questi appunti sono la traccia di un possibile appello per un’iniziativa nazionale per la democrazia laica, liberale e socialista.
23 commenti:
Ricoinosco grande dignità culturale e politica sia alla tradizione liberale, che a quella socialista, ma non credo che possano confluire in un solo tronco e dar vita ad una nuova pianta. Le scorciatoie non servono ad aiutare ad uscire dalla profonda crisi sociale e politica in cui il nostro Paese è sprofondato, ma inseriscono nuovi elementi di confusione che ne possono solo prolungare l’agonia. Cari saluti. Giovanni Baccalini
da socialista ho letto con interesse il manifesto, ma credo sia tempo non di affermazioni generali di principio, ma di ipotesi di soluzioni.
Cosa significa oggi essere socialisti liberali o liberalsocialisti?
La rivoluzione in atto in tutta l'Africa del nord, i problemi irrisolti del nostro sud, gli altrettanto gravi problemi della globalizzazione richiedono risposte che non sono né semplici, né scontate.
A mio modestissimo avviso noi che ci diciamo socialisti non possiamo tacere di fronte al fatto che stiamo facendo pagare ai più poveri e al ceto medio gli sprechi dell'amministrazione pubblica.
Mi spiego meglio. E' giusto che la collettività si sobbarchi l'onere dei 30000 impiegati della regione Sicilia?
E' giusto ripianare i costi di Roma, di Catania e di Palermo?
Con quei saldi non si potrebbe iniziare una politica di risanamento del territorio e uno sgravio delle tasse alle famiglie più povere?
La sinistra ha appoggiato la riforma dell'università della Gelmini, anche se ha votato contro, ma non ha detto quasi nulla, a parte Jacona, sulle università fasulle aperte in un supermercato, sui diplomifici e via dicendo.
Qualcuno sa che quando il Minsitro della P.I. è venuto a Bergamo non ha messo piede in una scuola statale ed è andato nella sede di un diplomificio ben noto a Bergamo?
E' giusto che le industri ricevano una serie di agevolazioni statali quando delocalizzano la loro produzione?
Ovviamente non sono un esperto e ho buttato lì alcuni interrogativi, ma assicuro che sono quelli che si pongono gli elettori e che non trovano in una sinistra moderna alcuna risposta.
Cordialmente Rino Tiani
da socialista ho letto con interesse il manifesto, ma credo sia tempo non di affermazioni generali di principio, ma di ipotesi di soluzioni.
Cosa significa oggi essere socialisti liberali o liberalsocialisti?
La rivoluzione in atto in tutta l'Africa del nord, i problemi irrisolti del nostro sud, gli altrettanto gravi problemi della globalizzazione richiedono risposte che non sono né semplici, né scontate.
A mio modestissimo avviso noi che ci diciamo socialisti non possiamo tacere di fronte al fatto che stiamo facendo pagare ai più poveri e al ceto medio gli sprechi dell'amministrazione pubblica.
Mi spiego meglio. E' giusto che la collettività si sobbarchi l'onere dei 30000 impiegati della regione Sicilia?
E' giusto ripianare i costi di Roma, di Catania e di Palermo?
Con quei saldi non si potrebbe iniziare una politica di risanamento del territorio e uno sgravio delle tasse alle famiglie più povere?
La sinistra ha appoggiato la riforma dell'università della Gelmini, anche se ha votato contro, ma non ha detto quasi nulla, a parte Jacona, sulle università fasulle aperte in un supermercato, sui diplomifici e via dicendo.
Qualcuno sa che quando il Minsitro della P.I. è venuto a Bergamo non ha messo piede in una scuola statale ed è andato nella sede di un diplomificio ben noto a Bergamo?
E' giusto che le industri ricevano una serie di agevolazioni statali quando delocalizzano la loro produzione?
Ovviamente non sono un esperto e ho buttato lì alcuni interrogativi, ma assicuro che sono quelli che si pongono gli elettori e che non trovano in una sinistra moderna alcuna risposta.
Cordialmente Rino Tiani
Si legga il divertente "Manifesto per una democrazia liberale e socialista" (chi è sulla mailing-list del Rosselli l'ha avuta da Giovanni Scirocco) scritta dall'ex lombardiano pentito (oggi sagrestano di Nencini) Luigi Covatta (compagno intelligente e colto ma che da diversi anni pare aver smarrito la bussola politica) e dall'ex radicale prof. Massimo Teodori (che dieci anni fa era sostenitore della "guerra preventiva" di Bush).
Se si ha la possibilità di leggerlo (io l'ho memorizzato sull'altro computer) si può notare la radicale differenza (come ha evidenziato Lanfranco Turci) risaltano agli occhi due cose:
- l'incapacità di costoro di andare oltre gli anni 80 , considerati il "paradiso perduto"
- la radicale differenza tra questa iniziativa e quella che invece ci proponiamo noi come Socialisti per la Sinistra
Ed è proprio su tale radicale differenza che continueremo ad insistere nei prossimi mesi per fare comprendere bene (al di là di tutte le mistificazioni) cosa significa essere socialisti oggi.
PEPPE GIUDICE
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Partecipando negli scorsi giorni ad un dibattito su l’appello (qui http://www.legadeisocialistilombardia.it/joomla/politica/appello-del-gruppo-di-volpedo-per-le-elezioni-amministrative-delle-citta-del-nord-ovest-e-dei-capoluoghi-di-milano-torino-novara-savona.html) che il Gruppo di Volpedo stava predisponendo per le prossime amministrative – dove io, unico, ho votato contro -, scrivevo:
«Pur apprezzando lo sforzo e l'impegno profuso per cercare una sintesi, continuo a trovare il documento poco accettabile. Continuo a pensare che il semplice riproponimento di un'area laico-liberale-socialista, senza coniugarla chiaramente a sinistra, resta un progetto vecchio. Il tema delle libertà e dei diritti, oggi, per dei socialisti, se non coniugato con il tema del lavoro, ci allontana dai partiti socialisti di tutta Europa. Tra l'altro, se scopo del Gruppo di Volpedo è la costruzione, anche in Italia (anche attraverso un PSE che diventi transnazionale), di un grande partito socialista, difficilmente questo si legge nella proposizione di un'alleanza con forze (liberali, repubblicani, radicali) che fanno riferimento all'ALDE. »
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Ieri l’uscita del Manifesto per una democrazia laica, liberale e socialista a firma Covatta-Nencini-Teodori (qui http://www.legadeisocialistilombardia.it/joomla/politica/luigi-covatta-riccardo-nencini-massimo-teodori-manifesto-per-una-democrazia-laica-liberale-e-socialista.html).
Il problema non sta semplicemente nel riferimento politico europeo dei possibili interlocutori, ma nel non percepire come una nuova, autentica, proposta socialista non possa prescindere:
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1. da quanto accaduto a Mirafiori, dove il risultato del referendum, pur con la vittoria di misura dei sì, rappresenta un no chiaro al tentativo di governare le conseguenze sociali della crisi, e organizzare una possibile riattivazione dei processi di crescita, riducendo le rappresentanze sociali ad esclusivo momento interno ad una gestione meramente attuativa degli equilibri esistenti, economici , finanziari, e sociali, predeterminati da processi decisionali riservati in gran parte a tecnostrutture esterne alle sedi istituzionali deputate alla espressione della sovranità popolare. E, conseguentemente, sotto questo profilo l'esito del voto rappresenta per la sinistra italiana una occasione eccezionale per avviare finalmente una riflessione critica sulla propria incapacità di proposta e sulla bassissima qualità dei propri livelli di rappresentatività sociale, premessa inevitabile per una sua necessaria rifondazione attraverso la individuazione di un progetto di governo, autenticamente alternativo alle ragioni sociali responsabili della crisi verticale di un sistema di rapporti economici e finanziari che minaccia seriamente lo sviluppo futuro della nostra società, e la tenuta sostanziale della nostra democrazia.
- tanto che nel documento della sinistra socialista approvato a Sassuolo, e che ho contribuito a scrivere, dicevo che “su quello si giocherà la possibilità, e le scelte fatte ne saranno discrimine, per costruire la sinistra del futuro” -
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2. e dalla necessità del superamento dell’attuale schieramento di centro-sinistra, guidato da una forza politica in piena crisi di rappresentanza, come il PD, priva di una definita identità riformatrice, incapace a dispetto delle sue affermazioni di svolgere una autentica funzione nazionale, e soprattutto incapace, per i suoi limiti strutturali e culturali, di progettare un sistema di alleanze politiche e sociali potenzialmente maggioritario in grado di riattivare una autentica democrazia dell’alternanza all’interno della quale misurare democraticamente la volontà di cambiamento e di riforma di tutto lo schieramento progressista.
Occorre una rinnovata capacità di analisi ed interpretazione della realtà, necessaria ad impostare una azione politica diretta a collocare i socialisti alla guida di un processo di ricostruzione della sinistra, che porti l’insieme delle forze di progresso a recuperare una visione strutturale dei processi di riforma sociale ed economica necessari a risollevare il paese dal disastro in cui la crisi del modello neo-liberista ha gettato l’intero occidente sviluppato.
Sono le scelte che hanno fatto i socialisti in tutta Europa, non ultimo il New Labour inglese con l’elezione di Ed Miliband che, non a caso, nel suo discorso di insediamento come nuovo segretario laburista, affermava la necessità di lavorare per ridurre la differenza tra ricchi e poveri che danneggia non solo i poveri, ma tutti, e che esclude troppe persone dalle opportunità e, quindi, dalle vere libertà.
Riproporre, quindi, il tema dei diritti e della laicità, in sintesi della libertà, senza coniugarlo strettamente con il tema del lavoro, cioè collocandolo chiaramente a sinistra, propone uno schema vecchio, che forse andava bene negli anni ’80, e il cui ultimo tentativo, fallito, anche a livello politico è stato la Rosa nel Pugno.
La sinistra socialista, che non a caso, almeno come primo passo iniziale, in attesa della presentazione di un documento che ribadisca la nostra posizione in Consiglio Nazionale – anche qui, devo notare, sola – si è astenuta su un documento simile già presentato in Direzione del PSI, continua ad andare avanti nel progetto di una nuova forza della sinistra – cosa che, ad esempio, a Milano ci ha visti impegnati, sin dall’inizio, dalle primarie, nel sostegno a Pisapia – e a lavorare per trasformare il rapporto tra il PSI, SEL ed il PD, innanzitutto, oggi limitato alla sola comune partecipazione all’alleanza del nuovo ulivo, in una nuova grande forza politica unitaria, socialista e democratica, in grado di ricostruire l'identità riformista della sinistra italiana, e di guidare politicamente l’alleanza di centro-sinistra.
Ci domandiamo cosa intendano fare anche altri.
Pier Luigi Camagni
Lega dei Socialisti Lombardia
io mi astengo dal pronunciarmi su questa stranezza di ripresentarsi alle elezioni senza i radicali, confidando nell'ottimismo della volontà più che sull'analisi delle forze in campo e della nostra audience reale.
Sotto il profilo teorico, penso che la posizione da combattere sia quella che D'Alema ha enunciato già due o tre volte, che la globalizzazione rende superata la socialdemocrazia. E' proprio vero il contrario, che il compito dei socialisti europei è di esportare gli istituti del nostro welfare, perché, come indicano anche le rivolte nei paesi arabi, senza di questi la vita non è degna di essere vissuta. L'idea che la globalizzazione ci spinga a presentarci come zelanti amministratori del liberismo è indice di una politica per il potere e senza ideali, una politica indegna: si schieri D'Alema con Brunetta e Sacconi, che forse sono meglio di lui. Noi apprezziamo la fondazione Ebert, presente in numerose città del terzo mondo, in particolare nel sud Mediterraneo, a diffondere le idee dei socialisti.
A Milano i radicali hanno deciso loro di andare da soli (senza contare che a livello nazionale stanno trattando con Berlusconi: vorrei quindi evitare le solite farse che puntualmente si ripetono con i radicali).
Ieri sera a Milano i circoli solcialisti e libertari hanno fatto una scelta a favore di una lista municipale, in base alla situazione locale e alle motivazioni che verranno a breve illustrate in questa lista.
Un caro saluto
giovanni (d'accordo sul resto del messaggio di claudio)
Caro Giovanni
ma come era intitolato il libro di Rosselli? Se non sbaglio Il socialismo liberale,
e come titolavano Calogero e Capitini il loro Manifesto? se non erro per il Liberal-socialismo
É assai probabile che le culture liberale (non liberiste che sono un'altra cosa) e socialista siano proprio quelle che possono produrre in Italia, e non solo, un possibile sbocco politico alla deriva populistico-demagogica tipica delle culture totalitarie e che ancora sopravvivono in Italia.
La mancanza di una sintesi politica tra la Giustizia sociale ed i Diritti individuali ha prodotto la cosiddetta seconda Repubblica, in cui non esiste giustizia sociale e i diritti individuali sono virati verso un individualismo privo di valori e di solidarietà.
Dario Allamano
"Siamo antifascisti non tanto e non solo perché siamo contro quel complesso di fenomeni che chiamiamo fascismo, ma perché siamo per qualche cosa che il fascismo nega ed offende, e violentemente impedisce di conseguire. Siamo antifascisti perché in questa epoca di feroce oppressione di classe e di oscuramento dei valori umani, ci ostiniamo a volere una società libera e giusta, una società umana che distrugga le divisioni di classe e di razza e metta la ricchezza, ora accentrata nelle mani di pochi, al servizio di tutti. Siamo antifascisti perché nell’uomo riconosciamo il valore supremo, la ragione e la misura di tutte le cose, e non tolleriamo che lo si umilii a strumento di Stati, di Chiese, di Sette, fosse pure allo scopo di farlo un giorno più ricco e felice. Siamo antifascisti perché la nostra patria non si misura a frontiere e cannoni, ma coincide col nostro mondo morale e con la patria di tutti gli uomini liberi. Il nostro antifascismo implica, perciò, una fede positiva, la contrapposizione di un mondo nuovo al mondo che ha generato il fascismo. Questa nostra fede, questo nostro mondo, si chiamano libertà, socialismo, repubblica; dignità e autonomia della persona e di tutti i gruppi umani spontaneamente formati; emancipazione del lavoro e del pensiero dalla servitù capitalistica; nuovo Umanesimo.
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Forma moderna della reazione capitalistica, anzi ormai forma tipica di governo verso cui tende in tutti i paesi la classe dominante non appena senta minacciati i suoi privilegi, il fascismo esprime ad un tempo la feroce volontà di difesa della grande borghesia e la irrimediabile decadenza della civiltà che porta il suo nome.
Antifascismo è perciò sinonimo di anticapitalismo, di un anticapitalismo concreto e storico che si giustifica non tanto col richiamo ad un astratto schema teorico quanto con le sofferenze materiali e morali delle grandi masse lavoratrici, il cui destino è il nostro destino, e con la constatata incapacità di una classe dirigente che non riesce neppure a sfamare i suoi servi."
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Ringrazio il compagno Franco da Rif per aver riportato integralmente questo passo di Carlo Rosselli del 1934.
Il povero Rosseli non avrebbe mai immaginato l'uso strumentale del suo pensiero da parte dei grandi annacquatori del socialismo, per ultimo Luigi Covatta.
Ogni autore va letto nel suo contesto storico e sono soprattutto le parole che hanno un particolare significato in ognio contesto, significato diverso da latri contesti.
Nel 1990 in Italia tutti erano diventati liberali, da D'Alema a Fini a Berlusconi.
L'uso disinvolto di tale parola però dipende anche dalla grande indeterminatezza che il termine liberale ha sempre avuto, fin dalle origini. Infatti esso stava a significare il rifiuto dell'assolutismo monarchico senza indicare però un progetto in positivo. Per cui liberali erano Cromwell e Locke, Roberspierre, Danton e i girondini, Il repubblicanesimo democratico di Mazzini e la monarchia costituzionale conservatrice di Cavour. E indubbiamente, sia pur nella sua indeterminatezza il pensiero liberale contrneva un elemento positivo di emamncipazione. Ma parziale. Il socialismo ha superato e reso obsoleto il liberalismo perchè con il concetto di "democrazia sociale" (vedi Austro-Marxismo) ha di molto esteso e rivoluzionato i diritti di cittadinanza che i liberali confinano nella sfera dei diritti politici. Il socialismo democratico (quello dell'Austro-Marxismo) accetta la difesa e l'ampliamento dei diritti politici, ma estende il concetto di cittadinanza al campo sociale ed campo economico. Otto Bauer e Rosa Luxemburg dicevano che il socialismo è la piena realizzazione dell'idea democratica che viene estesa dal campo politico-normativo a quello sociale ed economico. Ma è il concetto di democrazia sociale che sottrae al mercato la gestione del lavoro, dei beni sociali e dei beni collettivi, che incontra la sempre più forte ostilità del pensiero liberale dagli anni 70 in poi. Il neo-liberalismo (nelle sue varie forme) si muove proprio contro la idea della democrazia sociale. E cioè che i diritti del lavoro, i diritti sociali siano diritti indisponibili che non possono assolutamente essere variabili dipendenti del mercato capitalistico. Lo scontro con Marchionne di fatto su questo verteva.
E torniamo al povero Rosselli. Egli parlava di "socialismo liberale rivoluzionario" -liberale nel metodo e rivoluzionario nei fini. Ma quel liberalsimo deglia nni 30 (influenza di Benedetto Croce) era sinonimo di "umanesimo democratico" - rispetto per la persona, per le minoranze, democrazia illimitata come mezzo del socialismo concepito esso stesso come filosofia di libertà (in polemica esplicita contro il totalitarsimo staniniano). Roselli ripete ciò che diceva 70 anni prima il socialista anarchico Bakunin "il socialismo senza libertà è oppressione, la libertà senza il socialismo è barbarie e sfruttamento".
Negli anni 80 e 90 il termine socialsimo liberale è stato esplicitamente usato (da Martelli, Amato e D'Alema) come profondo annacquamento della carica trasformatrice del socialismo. Una operazione cosmetica e deleteria.
Che ha prodotto il pensiero più debole ed annacquato mai visto. Quello del PD. Il quale consiste in un "liberalismo sociale" che accetta i dogmi della economia ortodossa con correzioni sociali. La posizione politica più stupida nel momento in cui il capitalismo è in forte crisi strutturale ( mettendo in discussione apertamente l'idea del "capitalismo fine della storia" che il PD di fatto accetta).
Per cui oggi socialismo e liberalismo stanno su sponde opposte e non conciliabili. Perchè rappresentano due risposte alternative alla evoluzione della società umana.
PEPPE GIUDICE
Aggiungo, a questa nota di Peppe Giudice (che sostanzialmente condivido) che in Italia il termine liberalismo (come, per altri versi, riformismo) è sostanzialmente e continuamente sputtanato, come in questi giorni, da chi confonde lo stato di diritto con lo stato d'eccezione e che non si ricorda che il liberalismo (quello vero...) è nato proprio per combattere contro chiunque si ritenga legibus solutus. Certo, un socialista poi non ritiene (e questa è la principale differenza, sul punto, con un liberale) che etica, economia, politica e diritto stiano separati per aria come i caciocavalli appesi (ma per questo non c'è bisogno di Marx, basta Bobbio...).
Saluti
Giovanni
L'nflazione toglie valore alla moneta, lo steso succede alle parole. Purtroppo è succeso a due aggettivi/sostantivi cari ad ogni socialista come liberale e riformista. Puoi avere in testa tutti i riferimenti storici ed ideologici ma oggi qundo dici liberale non pensi al socialismo liberale di Rosselli e quando dici riformista non sono Turati e Prampolini i primi nomi che vengono in mente alla generalità degli elettori. Dobbiamo prenderne atto per questo preferisco socialismo democratico,perchécomprende anche quello liberale, libertario è comunque meglio di liberale e riformatore a riformista. Il Manifesto di Teodori e Covatta lo voglio rileggere con calma un socialista democratico non liquida le posiziobi altrui con sprezzo, peò è indubbio che si inserisce in un'operazione con tratti terzaforzisti e centristi. Il PSI come apostrofo rosa tra PD e UDC. Il PSI che a sinistra avrebbe dovuto capitalizzare il fatto di essere l'unico membro italiano del PSE non mi pare che segua il mainstream revisionista( del liberalismo.liberista) socialista da Praga in poi Conclusione la sinistra italiana nel suo complesso è ancora arretrata nei suoi riferimenti internazionali, Tra i clasici del pensioro democratico liberale il Corriere ha ripubblicato il Manifesto di Ventotene di Rossi e Spinelli, ma opportunamente con la introduzioe di Colorni. Rossi era di Giustizia e libertà, Spinelli un comunista eretico e Colorni un socialsta. Queste sono le componenti ideali se dobbiamo superare le divisoni nella sinistra per un progetto socialista nel XXI° secolo, Un progetto che che deve unire uomini e donne laici, libertari, solidali e credenti.
Caro Felice, hai opportunamente citato l'edizione del "Manifesto di Ventotene" allegato oggi al "Corriere della Sera". Colorni, Spinelli, Rossi: ecco tre figure emblematiche di una sinistra da riprendere in mano, da ricostruire fuori dalle angustie e dai personalismi, con grande capacità collettiva di andare avanti guardando al meglio della storia di ogni componente.
Mi chiedo, però: perchè alla Manifestazione del 19 a Livorano avete invitato Bertinotti, vero distruttore di una idea di sinistra a favore di movimentismo e neoglobalismo? Un caro saluto da un comunista critico
Franco Astengo
Norberto Bobbio diceva che in Rosselli socialismo era aggettivo e liberale sostantivo. E comunque i termini usati vanno contestualizzati storicamente. Il socialismo libertario di Rosselli aveva un chiaro intento polemico verso il totalitarismo staliniano. Rosselli parlava altresì di socialismo liberale rivoluzionario (liberale nel metodo e rivoluzionario nei fini). Ma il liberlismo a cui faceva riferimento era quello di Croce che coerentemente con la sua filosofia distingueva in modo netto liberalismo politico e liberalismo economico. Questa distinzione in altri paesi non c'è.
Dagli anni 70 in poi il liberalismo si è nuovamente collocato su sponde opposte rispetto al socialismo.
Poichè le parole sono pietre e notariamente sono molto più brutale di Felice nel modo di esprimermi, ritengo che oggi parlare di democrazia liberale e socialista sia solo un modo per confondere le idee ed una copertura ideologica all'operazione nenciniana di ricongiungimento con Boselli. Io appartengo ad una categoria di socialisti a cui non è mai piaciuto l'abuso di aggettivi e soprattutto il loro uso per distruggere (come hanno fatto Martelli ed Amato) la vera tradizione socialista. Ho del resto scritto un articolo che si intitola "socialisti, non liberali"
Caro Felice,
Non posso che apprezzare il tuo meditato garbo, che contrasta nettamente con il modo rozzo e sovente offensivo di porre la questione che altri hanno, e di cui trovo frequenti manifestazioni nelle parole di chi a sinistra, (ed in questo del tutto affine a certe espressioni della destra), confonde liberismo e liberalismo, arbitrio e libertà. Io sottoscrivo il documento di Teodori e Covatta per quello che dice, che coincide largamente con i ragionamenti a partire dai quali, proprio in occasione di un convegno che Ti vide presente (il Forum 2 di Critica Liberale, maggio 2008), è poi partita l’iniziativa di Alleanza Lib-Lab. Non intendo adesso fare processi alle intenzioni. Ma sono convinto che cultura ed esperienze liberali e cultura ed esperienze socialiste sono state, sono, e potranno continuare ad essere, le premesse del progresso civile e sociale, e ritengo anche che l’una non possa prescindere dall’altra. Volerle considerare a priori come incompatibili significa, dall’una o dall’altra parte, svilirle in visioni valoriali chiuse, prive della capacità di revisione, e tali da trasformare il dibattito culturale in una sorta di esegesi delle proprie fonti.
Gim Cassano
Anche D'Alema e Veltroni sono stati i distruttori della sinistra italiana, per trasformarla in amorfo e intercambiabile partito senza connotazione nè orientamento nè organizzazione nè disciplina....e sono anche più noiosi e superbi di Bertinotti, per cui non sarà il caso di invitarli quando finalmente andranno in pensione....
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Non mi attarderò a stabilire le differenze tra il pensiero del
socialismo liberale rosselliano e quello liberalsocialista (senza
trattino come devo dirvelo!) di Guido Calogero e Aldo Capitini.
Certo è che coll manifesto Covatta-Nencini-Teodori si allineano alle
tesi, con 70 anni in ritardo, al manifesto liberalsosocialista del
1941. Certo loro Covatta e Teodori sanno bene quel che dicono.
Mentre Nencini penso che lo confonda con il socialismo liberista
blairista, questo si un ossimoro inconciliabile. Comunque è
l'apertura di possibili convergenze, pur tardive ma utili al dialogo
a sinistra.
Inoltre, a me interessa poco il peso avuto di Bertinotti nella caduta
del traballante spurio (ricordate Mastella e Dini ?) governo Prodi,
episodio di un percorso sbagliato dell'altrettanto lindistinto Ulivo
che solo tardivamente anche io mi sono accorto di essere non più
laico liberalsocialsta ecologista come avrebbe dovuto invece essere
con dirigenti di sinistra riformista intellettualmente onesti, che
hanno svenduto i pezzi pregiati pubblici dell'economia mista.
Nell'ultimo Prodi stavo con la Lidia Menapace che in commissione al
senato si metteva di traverso al disegno di legge Lanzillotta che
imponeva le privatizzazioni dei beni pubblici, come l'acqua. Poi
pienamente confermnato dal governo Berlusca.
A me interessa il Bertinotti che a Venezia ha liquidato il comunismo
violento della lotta di classe e la dittatura del proletariato
mettendo al suo posto la via pacifica al socialismo. In questo senso
sentiremo cosa ha da dire prossimamente a Livorno.
Noi del GdV siamo pronti a dire la nostra ?
Un dialogante fraterno saluto.
Luigi Fasce
il disastro della sinistra italiana deriva anche dalla enorme confusione di idee che si è prodotta negli ultimi venti anni di sostanziale antipolitica. Oggi escono fuori Covatta (a suo tempo fermo critico del liberalsocialsimo super-annacquato di Martelli) e Teodori e ci presentano non già una minestra riscaldata ma una fredda ed inacidita. Insistere con il lib-lab degli anni 80 dopo la crisi profonda del capitalismo liberista significa essere fuori dalla storia. Il lib-lab (che, fra l'altro Craxi non accettò mai) era il riflesso della egemonia neoliberale anni 80 sulla sinistra. Esso non tendeva a riformare il socialismo ma di fatto ad espellerlo dalla sinistra. A trasfigurarlo da progetto di trasformazione sociale all'interno di quelle che sono le contraddizioni del capitalismo ad una pura ed astratta esortazione alla solidarietà. Un pò quella che è la sotto-ideologia del PD. Dagli anni 80 in poi il termine liberale ha riassunto il chiaro e netto significato di un progetto antitetico al socialismo democratico. Andate a dire ai socialisti dell'America Latina di essere socialisti-liberali e vi spernacchieranno.
Le parole sono pietre: il termine socialismo ha un suo preciso significato quale progetto di emancipazione sociale e socializzazione della ricchezza, per costruire una società in cui "a ciascun individuo sia data la massima possibilità di determinare la propria esistenza e costruire la propria vita" R.Lombardi.
Covatta e Teodori fanno un sempice assist a Nencini per costruire l'apostrofo tra Pd e III Polo.
quello che mi lascia stupefatto in alcuni commenti al testo di covatta e teodori è il non accorgersi del sapore di terzaforzismo d'antan di quel documento.Si parla di un bipartitismo imperfetto e del bisogno di una terza forza,come se ne poteva parlare nei primi anni '50 dominati dal fronte popolare da una parte e dalla dc dall'altra.ma qualcuno può vedere nel pd attuale la reincarnazione del pci?(fosse vero mi viene da dire!) E qualcuno ,a parte la laicità,sa dirmi in cosa si differenziano i punti programmatici valoriali (le idee forza)indicati in quel documento da quelli correnti nel pd attuale?magari se possibile declinati, dai nostri autori ,in chiave un pò più moderata?la verità è che restiamo dentro la variante liberal-liberista della sinistra,variante in cui si iscrive gran parte del pd e del piccolo psi.una variante che esclude ogni approccio critico al capitalismo e che si culla nella illusione di poter evitare di fare i conti con la crisi in atto e i ripensamenti che sta proponendo in gran parte del socialismo europeo.c'è una pigrizia intellettuale a misurarsi con le letture degli economisti non ortodossi,keynesiani e marxisti,che pure sono quelle che più hanno da dirci sulle cause della crisi e sulle caratteristiche dell'attuale capitalismo della globalizzazione.pensare di sopperire a questa carenza miscelando in quote variabili socialismo(come generica ispirazione morale )e liberalismo è puro esercizio retorico per tentare di ritagliarsi un micro spazio politico, che tanto ricorda operazioni terzaforziste d'altri tempi, di cui non esistono oggi i presupposti ,dato che quello spazio è già ampiamente occupato dal pd.Perchè il vero effetto strutturale sul sistema politico della legge elettorale voluta a suo tempo dal centro destra e da pd non è l'assenza di una componente liberale e socialista come intesa da covatta e teodori,bensì la esclusione dal parlamento di una voce di sinistra critica,determinata anche dalla configurazione a quel momento della sinistra arcobaleno.La nascita di sel e la crescita del ruolo politico di vendola crea le premesse per superare questa situazione,ma soprattutto per rilanciare la battaglia anche dentro il pd e nel suo elettorato(oltre che fra la vasta massa di elettori non votanti) per la costruzione di un grande partito di sinistra,di massa ,collegato al socialismo europeo ,proprio in questa fase in cui al suo interno si ridiscutono le politiche seguite nel decennio trascorso.Il network per il socialismo europeo che stiamo costruendo vuole aiutare questo processo,che non può ridursi alla sola crescita di sel su se stessa,ma deve da subito vedere l'apporto autonomo e distinto di quanti avvertono da dentro i partiti del centro sinistra e da fuori di essi l'esigenza di cambiare l'assetto della sinistra italiana e di rinnovarne profondamente i riferimenti ideali,tornando a scoprire nel conflitto sociale,che per ora è agito solo dalle classi dominanti (marchionne docet),la ragione per dichiararsi socialisti.Per questo ben si colloca in questo dibattito il senso dell'antifascismo di rosselli.
la ragione per dichiararsi socialisti.
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