Ricordando Paolo Sylos Labini
Approfondimenti
Il sito dell'Associazione Paolo Sylos Labini
A quattro anni dalla sua scomparsa, un convegno a Roma ha ricordato la figura dell’economista Paolo Sylos Labini, una delle coscienze più lucide dell’Italia contemporanea.
di Emilio Carnevali
"In una relazione sulle prospettive dell’economia mondiale, che presentai nell’aprile del 2002 a un convegno della Cgil (…) esprimevo gravi preoccupazioni sulle prospettive dell’economia americana, che condiziona fortemente le economie degli altri Paesi e, in particolare, quelle europee.
Da almeno due anni avevo notato alcune rassomiglianze fra la situazione che si era determinata in America negli anni Venti del secolo scorso, un periodo che sboccò nella più grande depressione nella storia del capitalismo, e la situazione che si andava delineanIl sdo oggi in America. Le principali rassomiglianze consistevano nella rilevanza di certe innovazioni (elettricità e automobili negli anni Venti, elettronica, informatica e telecomunicazioni nel nostro tempo); nella formazione e nella diffusione di profitti alti e crescenti, dapprima nelle industrie nuove e poi via via nelle altre; nella speculazione di borsa, alimentata non solo dai profitti realizzati, ma anche dalle aspettative di profitti crescenti; nell’indebitamento a breve e a lungo termine legato alle occasioni, per le imprese, di investire in impianti e di acquisire nuove imprese e, per le famiglie, in beni durevoli di consumo, come gli immobili".
Questo testo è del 2003 (tratto dalla rivista Moneta e Credito). È stato scritto da Paolo Sylos Labini in un momento in cui da parte degli economisti mainstream si celebrava la definitiva liberazione del capitalismo dalle oscillazioni del ciclo. Mentre (quasi) tutti festeggiavano il sospirato tramonto dell’epoca dell’instabilità - magari dopo aver brindato qualche anno prima alla ‘fine della storia’ - Sylos parlava di una “crisi americana”, soffermandosi su molti dei nodi che sarebbero venuti al pettine di lì a poco.
Non è difficile, rileggendo i suoi testi (numerosi dei quali affidati a MicroMega, di cui è stato per anni collaboratore), imbattersi in passaggi come questo: analisi lucidissime che non solo conservano ancora oggi una straordinaria attualità, ma che in molti casi trovano solo ora una conferma fattuale delle intuizioni ivi contenute.
Per questo motivo è stata molto intelligente la scelta di ricordarlo, a quattro anni dalla sua scomparsa (7 dicembre del 2005), attraverso i suoi testi, le sue parole, il suo lessico di intellettuale allo stesso tempo “rigorosissimo” e “scandaloso”, come lo ha definito Giuseppe Laterza nell’incontro che si è svolto ieri presso la sede romana della casa editrice.
Coordinati da Roberto Petrini, giornalista di Repubblica che di Sylos ha anche curato la pubblicazione degli ultimi scritti, dieci relatori si sono succeduti soffermandosi su altrettante parole del “lessico civile” dell’economista scomparso; parole a loro volta legate a brani tratti da un suo libro o da un suo articolo di giornale, visto che Sylos, oltre ad essere uno studioso di fama mondiale (sfiorò il Nobel con l’opera Oligopolio e progresso tecnico pubblicata nel 1957), fu anche un vivace polemista: Stile (Nello Ajello), Legalità (Giancarlo Caselli), Classi sociali (Innocenzo Cipolletta), Mercato (Marcello De Cecco), Istruzione (Tullio De Mauro), Petrolio (Giuseppe Guarino), Impegno civile (Antonio Padellaro), Etica politica (Alessandro Pizzorusso).
Intorno a queste voci si è snodato il percorso intellettuale ed umano di Sylos, che, come ha ricordato Petrini, ha poggiato su due grandi pilastri: da una parte lo “sdegno morale”, l’indignazione per la situazione di un Paese “a civiltà limitata” nel quale l’avvento di Berlusconi aveva rappresentato per lui “una sciagura nazionale”; dall’altra il riformismo economico, la critica quasi solitaria degli economisti neoliberisti - che tanto hanno influenzato anche la sinistra italiana negli ultimi anni - ovvero la tenace decostruzione di modelli fondati su “sintesi e ipotesi fuori dal tempo”.
Ma in Sylos questi due pilastri non furono mai separati, perché tantissimi erano e sono tuttora i legami e le reciproche implicazioni fra lo sviluppo etico-civile di un Paese e il suo livello di benessere economico-materiale. Lo ha sottolineato Giancarlo Caselli trattando la parola “Legalità”: “C’è una equazione che era molto cara a Sylos”, ha detto il procuratore capo di Torino: “più legalità significa meno mafia; e meno mafia significa più sviluppo economico” perché significa meno risorse sottratte al ciclo produttivo, più efficienza, più equità.
Il tema dello sviluppo e quello del “mercato”, inteso come “prodotto di una evoluzione secolare”, come “struttura giuridica” prima ancora che come “fenomeno economico”, furono al centro della sua riflessione di economista. Sylos – ha spiegato Marcello De Cecco - fu sempre un “economista politico”, capace di “penetrare i meccanismi dell’economia senza farsene penetrare”, cioè senza indulgere in una visione “autistica” o “marionettistica” del mercato, come invece hanno fatto e fanno tanti economisti teorici più affascinati dalla bellezza di certe costruzioni matematiche che dall’ansia di comprendere davvero i meccanismi dell’economia reale.
Qui riposa uno dei principali motivi di attualità della sua riflessione: oggi, ha sottolineato Giorgio Ruffolo, “la preoccupazione dominante è quella di fronteggiare le conseguenze della crisi, mentre pochissimi si interrogano sulle sue cause”. Rileggere Sylos Labini può servire anche a questo: a non smettere di interrogarsi sulla realtà con curiosità e passione. Nell’Italia di oggi, purtroppo, la passione può venire meno perché, come scriveva nel 2005 nella prefazione a Gli Intoccabili di Marco Travaglio e Saverio Lodato, “la tentazione sarebbe quella dell’angoscia e della disperazione”. Ma - aggiungeva subito dopo - “la prima è sacrosanta, e anche salutare. La seconda no, guai a disperare”.
(11 dicembre 2009)
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