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martedì 13 novembre 2018
Alessandro Pollio Salimbeni: Verso il manifesto per l'alternativa. Cambiare l'Italia
Verso il Manifesto per l’alternativa: Cambiare l’Italia
L’Italia sta correndo un serio rischio di collasso
a. finanziario, perché non si riesce ad invertire il ciclo né la manovra ancorché in deficit ha il volume e l’orientamento politico-sociale per farlo;
b. materiale, con la crisi acuta tra infrastrutture ed eventi naturali;
c. civile, per le dosi crescenti di intolleranza e di violenza nella politica e nei comportamenti.
La miscela di queste tre componenti può diventare incontrollabile e la continua “ricerca del nemico” peggiora le condizioni descritte. E allora bisogna dire la verità su tali condizioni, disegnare discontinuità forti in termini non tanto di indignazione quanto di nuovo profilo di politiche pubbliche, costruire intorno a questi nuovi profili uno o più soggetti politici che si facciano carico del cambiamento del Paese. Certamente questo riguarda la sinistra ma altrettanto certamente riguarda anche settori culturalmente e politicamente moderati e di sicuro orientamento democratico. Il richiamo alla Costituzione antifascista nata dalla Resistenza assume in questo contesto il valore di continuità democratica e di ispirazione per valori ed obiettivi di coesione nazionale, equità, giustizia sociale, sostenibilità.
E’ un processo lungo, a quanto appare, mentre le urgenze e i rischi sono a breve ma è bene non farsi illusioni di scorciatoie. Ecco perché occorre iniziare adesso, per aggregazioni progressive e non con logiche di cartello tanto più se elettorale: i cartelli sono infatti una nuova forma sotto la quale si presentano forze politiche che portano su di sé il peso (proporzionale alle dimensioni di ciascuna) delle responsabilità della situazione attuale e dunque fanno parte del problema e non della soluzione, non per un destino cinico e cattivo ma perché, come è sotto gli occhi di tutti, non propongono un punto di vista nuovo come nuovi sono i paradigmi con i quali misurarsi.
Su questo punto poggiano il consenso ed il successo di M5S e della Lega, a cui nessuno rimprovera nemmeno più essere stata corresponsabile di almeno dieci degli ultimi venti anni di governi e maggioranze parlamentari. Le risposte non possono essere nella continuità sostanziale degli ultimi anni, e ciò vale per chi ha governato quanto per chi si è opposto senza esiti, nemmeno elettorali.
Concentrare l’attenzione solo su alcune condizioni preliminari, cioè le vere urgenze del Paese, significa limitarsi ad indicare alcuni punti di carattere fondativo, che indichino senza equivoci la direzione di marcia e del senso generale della impronta da dare all’opera di cambiamento del Paese. Appunto, una Alternativa che prima è di punto di vista, di analisi e poi di proposta. Ne devono risultare senza quasi necessità di ulteriori spiegazioni e motivazioni il carattere di equità, giustizia sociale e redistributiva, di rispetto delle regole e di proiezione verso il futuro che la collettività nazionale sceglie di darsi in questo difficile passaggio d’epoca, in cui si ridefiniscono i paradigmi di fondo.
E allora, in primo luogo, si propone la reintroduzione dell’IMU, anche per la prima casa, la riforma del catasto, e la reintroduzione dell’imposta di successione. Un fisco improntato a stabilità, equità, progressività e basato essenzialmente sul patrimonio e non sui consumi è l’unica garanzia di sostegno al risparmio delle famiglie, alle possibilità di avanzamento sociale, di stabilità delle condizioni economiche e finanziarie, di equità nella considerazione di costi e benefici di tutte le politiche pubbliche. La reintroduzione delle due imposte principali, oltre ai fattori di equità, metterebbe a disposizione la base sia per la semplificazione del bosco di provvedimenti accumulati negli anni sia per costruire un nuovo sistema complessivamente più giusto ed efficiente. E il risultato finale può davvero diventare quello del fisco amico – perché lo è nei risultati – e del fisco più leggero – perché solo così pagano tutti.
Una seconda condizione preliminare è un fortissimo intervento per la parità tra uomo e donna nei livelli retributivi e con un programma straordinario di sostegno al lavoro femminile.
La terza condizione preliminare è la ripresa delle politiche di sostegno alla innovazione tecnologica e al digitale, sviluppando il programma Industria 4.0, piani regolatori delle reti e delle piattaforme digitali (come chiesto dai grandi soggetti sindacali italiani) e sostenendo le politiche della proprietà pubblica dei dati sull’esempio di Barcellona.
La quarta condizione preliminare riguarda alcuni primi interventi nel settore della giustizia: reintroduzione del reato di falso in bilancio, come punto di partenza di una operazione di revisione delle norme in materia economica con particolare riferimento al rapporto tra economia, amministrazione (e relativi codici e procedure), impugnazione e competenze per LLPP e contratti, ecc.; abolizione della legge Bossi –Fini e superamento della legge Giovanardi.
Numerose altre proposte, che hanno medesimo orientamento sociale ed economico, possono essere sostenute e il programma che segue ne indica un certo numero: ma queste sono condizioni preliminari nel campo finanziario, economico, sociale e della grande innovazione di sistema. La forza o le forze che intendono proporle hanno, secondo noi, il dovere morale di chiedere si proceda ad elezioni politiche da svolgere con sistema tendenzialmente proporzionale per esplicitare il mandato di cui hanno bisogno, con alternative chiare e semplici perché gli elettori possano scegliere in piena consapevolezza. Proporzionale perché, come agli inizi dell’epoca storica della democrazia, la rappresentanza e la sua legittimazione sono di nuovo in primo piano, sono in crisi da tempo e vanno ricostruite.
Per quanto riguarda le altre proposte, se ne presentano le linee fondamentali di scorrimento.
1. collocare l’Italia in Europa e nel mondo
Definire l’arco dell’interesse geopolitico e geostrategico nazionale è una questione politica essenziale.
Sviluppo dei processi di integrazione nella Unione Europea: l’interesse dell’Italia è chiaro e consiste nel fatto che solo grandi soggetti politico-economici possono tornare a dare stabilità internazionale, sviluppando politiche economiche e sociali orientati all’equità e azioni per il ristabilimento di condizioni di equilibrio ambientale. Le condizioni produttive e sociali in grado di portare verso questi obiettivi non sono più nelle mani degli storici soggetti statuali occidentali e i volumi di risorse (di ogni tipo) necessari – da un lato – e la forza di nuovi soggetti planetari (attuali come la Cina e potenziali come l’Africa) richiedono uno straordinario cambiamento. Per l’Italia (ma vale anche per gli altri Paesi della UE, come indicano tutti i risultati elettorali) occorre indicare con chiarezza quali sono i vantaggi concreti, per la vita di tutti i giorni, che l’integrazione europea può portare. Integrazione a mezzo di cooperazione rafforzata.
Ciò implica affrontare con modi tempi e strumenti adeguati i nodi politici e strategici di fondo: assetti geostrategici, poteri e caratteri delle istituzioni europee, politica estera e militare, rilanciare la iniziativa per lo Spazio economico del Mediterraneo che sarebbe la “gamba” europea del “Piano Marshall” (meglio non chiamarlo così!) per l’Africa e potrebbe aiutare a stabilizzare il bacino (al di là delle giaculatorie sulle primavere arabe) perfino con effetti sulla Palestina e certamente darebbe un ruolo innovatore alle aree del nostro Sud. Riprendere la questione dei settori da portare progressivamente a cooperazione rafforzata per riequilibrare il processo di ampliamento esagerato, certamente in riferimento alla integrazione fiscale e sociale su un versante e su quelli militare e della politica estera dall’altro. A questo proposito, vale un esempio della storia: siamo come circa 200 anni fa, quando si esaurì l’idea che il Congresso di Vienna avrebbe sistemato gli equilibri in Europa per sempre. I protagonisti dell’epoca pensavano questo e invece stavano maturando il ’48 e, come si disse, la primavera dei popoli, tra cui quello italiano. Insomma, allora – esattamente come oggi – stava già cambiando il paradigma per tutti: oggi c’è bisogno di cambiare radicalmente i punti di vista e i parametri dei giudizi, nessuno dei protagonisti è più quello di prima, anche se deve rimanere fermo il primo degli obiettivi, la progressiva riduzione degli armamenti tattici e strategici.
2. reagire alla polarizzazione combinata con la frammentazione economica, sociale e di istruzione/formazione (linea dell’equità e della uguaglianza): politiche fiscali basate sulla progressività, rilancio qualificato della sanità e della scuola pubblica, reddito minimo (paga oraria minima? redditi di inserimento? Contributi figurativi ai fini pensionistici per i periodi di accertata disoccupazione involontaria), politiche attive del lavoro, politiche per le donne [antidiscriminatorie (contro il sessismo in ogni suo aspetto, consultori e obiettori IVG), promozionali (carriere, riconoscimento lavoro di cura, potenziamento servizi infanzia e famiglia in generale)].
3. verso un più equilibrato e sostenibile modello di sviluppo: economia della conoscenza, economia circolare, innovazione digitalizzazione e sburocratizzazione (riforma della PA), riforma della giustizia civile e amministrativa; perno sulle quattro filiere che ci fanno grandi nel mondo: made in Italy, enogastronomia, macchinari, turismo (linea dello sviluppo) – e sulle filiere per rifare l’Italia: piano di opere di manutenzione del territorio, investimenti qualificati per infrastrutture (compresa clausola di supremazia), diritto all’abitare, rigenerazione urbana.
Articolazioni possibili:
a. Investimenti e fondi europei: va ripreso il lavoro impostato da Fabrizio Barca; come usare l’incremento necessario degli investimenti pubblici come leva per incrementare quelli privati; quali strutture tecniche e di progettazione/pianificazione diventano necessarie;
b. agenzie del lavoro e di sostegno all’impiego, forme di integrazione temporanea del reddito e strumenti per l’integrazione pensionistica per i periodi di disoccupazione involontaria;
c. cambiamento e innovazione della PA (sia per asciugare i serbatoi di precariato permanente e di lunghissimo periodo sia però impegnando il sistema a ringiovanire e specializzare in competenze non tradizionali la PA;
d. superamento delle barriere all’accesso alla salute: diagnostica e strumentistica (tempi e costi), dimensionamento e qualità delle strutture, territorializzazione;
e. istruzione e formazione (a cosa serve la scuola, a formare cittadini e dare loro competenze professionali oppure solo offrire à la carte personale variamente qualificato per un sistema produttivo in corso di sconvolgimento? Gli insegnanti vanno dove ci sono gli studenti o viceversa? La valutazione: continuiamo a far finta che siano tutti bravi? E a quando un piano vero e moderno di diritto allo studio per attuare la lungimirante disposizione della Cost? Un giudizio - da cui ricavare le linee di azione – sulle riforme affastellate senza disegno strategico di ricomposizione e coerenza, come nel caso della alternanza scuola-lavoro);
f. lavoro giovanile: in realtà le risposte vere e di lungo periodo sono nel rilancio complessivo di una economia che torni a produrre e non a distruggere ricchezza. Poi ci possono essere misure specifiche di sostegno, quali tagli sostanziosi e strutturali al cuneo fiscale. Sarebbe molto utile la istituzione del servizio civile (capisco l’impopolarità ma può produrre effetti positivi su molti piani diversi e convergenti nelle politiche per la cittadinanza) riconosciuto a tutti gli effetti giuridici, economici e di carriera.
g. Rivedere le politiche pensionistiche nel senso di aumentarne la flessibilità a valle della distinzione tra previdenza e assistenza, anche attraverso separazioni funzionali;
h. Politiche della ricerca;
i. Il territorio come risorsa complessiva: le città e il consumo di suolo, le acque, i rifiuti, la salvaguardia e la ricostruzione, la prevenzione dei disastri (sismicità, vulcani, ecc.). Valorizzare le esperienze di gestione pubblica dei servizi come fattore di sviluppo non solo locale, superando il tradizionale schema di giudizio di tipo giuridico-amministrativo. In generale, gestione pubblica ove possibile e motivata dai risultati: basta con le campagne superficialmente “nazionali” che sono state solo enormi costi per le finanze pubbliche senza risultati, come nel caso dell’Alitalia;
j. Revisione radicale del fiume di contributi a imprese, comprese start up e simili, perché manca qualsiasi riscontro sulla effettiva portata di questi interventi. Invece servono strumenti di finanziamento relativamente “piccoli”, erogati dalle banche o dai PIR (da valutare con attenzione e interesse perché raccolgono molto risparmio e si tratta di vedere come verranno gestiti in uscita – in ogni caso sarebbe bene cancellare la possibilità che i PIR finanzino imprese immobiliari): il punto delicato è l’equilibrio tra livelli “bassi” di garanzie da chiedere e non tanto il rispetto dei requisiti delle varie Basilea quanto la necessità di non aprire voragini di crediti di sicuro incaglio. Del resto, il sostegno va dato in qualità di capitale di rischio, perché questo è il tema assente;
k. il tema del Meridione deve correre lungo tutti i temi, verificando bene se, dove e come sia necessaria una sottolineatura ovvero una specifica declinazione. In generale, uscire dalla logica degli interventi speciali in economia: il tema è molto più in termini di fallimento dei gruppi dirigenti (politici e non solo), delle soluzioni amministrative e di governo (in particolare delle Regioni), della presenza e della autorevolezza delle istituzioni (perfino qualcosa di più della questione crucialissima della legalità. Forse un tratto specifico è quello delle condizioni urbane. Nell’insieme, o c’è una serie di politiche nazionali entro le quali si iscrive anche l’area Sud (ma vedi anche il tema dello Spazio Mediterraneo) oppure si replicheranno le (critiche) esperienze precedenti.
4. Rispetto delle regole, rinnovare meccanismi e apparati decisionali (ed anche le tecnostrutture per gli apparati analitici, di indagine conoscitiva e di controllo ex post) comprese le procedure partecipative (linea della democrazia).
Non può venire mai meno l’impegno contro le grandi organizzazioni criminali, tanto più a fronte di evidenti cambiamenti delle strategie, oggi orientate al diretto inserimento nei circuiti legali dell’economia locale e nazionale, pur dovendo rimanere alta la vigilanza, come oggi non è, verso forme inferiori e antiche nella intermediazione della manodopera (caporalato).
Particolare urgenza assume la necessità di rivedere tutta la normativa in materia di diritto dell’economia, in particolare la disciplina delle OOPP, la contrattualistica pubblica, il rapporto tra giurisdizione amministrativa e quella ordinaria. Così come vanno riviste le norme che hanno effetto diretto ed indiretto su fattori di competitività, dalle troppo diverse velocitò cui il Paese si muove, alle numerose strozzature infrastrutturali.
Dopo il referendum del 2016, silenzio generale preoccupante. Alcuni punti essenziali possono essere
a. Bicameralismo differenziato: camera politica (che dà la fiducia, per capirsi) e camera delle regioni, con distinzione delle funzioni e modo di costituzione sul modello tedesco (rinvio per comodità); è una necessità indotta dal fatto che la sua centralità nel sistema è in gran parte presunta, essendo in parte non piccola svuotata dal trasferimento a livello europeo e regionale di parte della competenza esclusiva di tipo legislativo, da cattive prassi i cui fondamenti oggettivi non sembrano destinati a venire meno (maggioranze meno ampie e coese di un tempo), da leggi finanziarie sostanzialmente vincolate;
b. Riduzione del numero dei parlamentari da 630 a 400/450 e costituzione di agenzie di ricerca e supporto;
c. Sfiducia costruttiva e poteri del presidente del consiglio;
d. Legge elettorale: sistema tedesco in tutti i suoi punti fondamentali, perché è quello che ha dato migliore prova, è del tutto compatibile con la nostra storia istituzionale e culturale, tiene in equilibrio rappresentanza e decisione; rivedere nel suo insieme la legge per il voto degli italiani all’estero, in connessione con le leggi sulla cittadinanza; divieto di liste personali o personalizzate;
e. Obbligo e tempi certi di esame delle leggi di iniziativa popolare (senza cambiare il numero di firme richieste);
f. Legge sulle procedure di discussione pubblica (alcune regioni hanno buone leggi ma non so se buone esperienze);
g. No all’ampliamento degli argomenti sottoponibili a referendum, no ai referendum di indirizzo;
h. Legge ordinamentale sui partiti e sindacati;
i. Revisione dell’assetto delle grandi agenzie tecniche nazionali, disgregate da anni con le regionalizzazioni (qualcuno ne ha mai fatto un bilancio?);
j. Nessun ricorso né a primarie né ad elezioni dirette perché le une e le altre fanno parte del problema (verticalità, verticismo, populismo, iperdelega) e non della soluzione.
5. sostenere l’integrazione lavorativa e sociale degli immigrati (linea della solidarietà e della integrazione): interventi legislativi (Dublino, ius soli); interventi operativi (traffico nel Mediterraneo, campi UNHCR in Libia e negli altri snodi sub sahariani; politiche di accoglienza (salute, lingua) e di integrazione (lavoro, abitazione). Attuazione direttiva europea sul voto agli immigrati (salvo requisiti). Sono state sovrapposte senza residui accoglienza e integrazione che invece sono azioni del tutto distinte (materialmente ed eticamente): la prima tendenzialmente non ha limite perché si misura con situazioni di emergenza vitale [ma forse qui c’è una linea di distinzione che va pensata e verificata: il controllo (per quanto possibile) degli arrivi serve anche a distinguere le emergenze vere da quelle create (per lucro e malavita)], la seconda ha limiti oggettivi e misurabili (es. ampiezza e caratteristiche del mercato del lavoro).
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