venerdì 30 novembre 2018

Paolo Bagnoli: Progettare la democrazia

Home > News > 10, Anno II - NOVEMBRE 2018 > EDITORIALE "PROGETTARE LA DEMOCRAZIA" di Paolo Bagnoli 27-11-2018 - EDITORIALE La rivoluzione democratica Ci risiamo. E’ triste, ma ci risiamo. A cosa? Al tentativo di scaricare sulle istituzioni quella che altro non è se non la debolezza della politica; l’incapacità di chi è al governo nel governare, appunto. In questi giorni, che ci stanno squadernando tutto l’egoistico avventurismo possibile, le due forze del governo a contratto hanno cominciato a far veicolare ragionamenti di riforma della Costituzione. Questa volta non si parla di abolizione di una delle due Camere, ma di elezione diretta del Capo dello Stato. In tal modo, oltre a voler volgere altrove dal presente l’attenzione del Paese, si cerca maldestramente di giustificare il pantano in cui il governo ha portato l’Italia non solo all’Europa, ai poteri forti e così via - ai nemici del popolo,per intenderci - ma anche all’assetto costituzionale. E’ un qualcosa di maldestro e di ignobile; un qualcosa che, tuttavia, segna il ritorno di un vecchio vizio nostrano: ritenere che soluzioni tecniche possano risolvere quelle politiche. Il più recente clamoroso esempio è quello di Matteo Renzi il quale, in un’ubriacatura di se stesso e del proprio solipsistico ruolo, cercò di modificare la Costituzione in abbinato alla legge elettorale pensando che, se tutto fosse andato in porto, lui sarebbe stato il dominus guidante e dominante l’Italia per una lunga stagione politica. Come poi sono andate le cose è ben noto. La lezione, però, non è servita a nulla. La debolezza crea paura e arroganza; l’incertezza conduce allo sbandamento; l’insufficienza dell’operare politico genera fratture profonde nella realtà democratica con gravi ripercussioni sociali. Debolezza, paura, arroganza, incertezza sono quattro caratteristiche proprie delle forze riunite nel contratto che le rappresenta in maniera doppia poiché, come emerge chiaramente, appartengono a entrambe. Il presidente del consiglio lasciamolo pure nell’illusione fanciullesca di essere l’avvocato del popolo visto che delle ragioni dell’Italia non lo è sicuramente. Recentemente ha dichiarato di non essere preoccupato; se, in una situazione del genere non lo è, vuol dire che è irresponsabile. Tertium non datur. Tanti italiani e con essi l’Europa tutta – quella comunitaria è accertato – sono in attesa di vedere come questa tragicommedia del governo gialloverde andrà a finire. Tra dichiarazioni spaccone e atteggiamenti volitivi sia la Lega che i 5Stelle sono in surplace, aspettando il momento che ritengono ognuna più favorevole per rompere. Tra le due la prospettiva più drammatica la vivono i 5Stelle che non hanno altra prospettiva politica se non il governo, la Lega ha ancora la riserva del centro-destra; nessuna delle due, comunque, ha un’idea vera e culturalmente forte dell’Italia che vuole; a malapena sanno quella che non vogliono. Ma in negativo non si governa; in negativo non si produce politica alcuna. Dobbiamo ancora una volta constatare come, quanto più la crisi si inacidisce, tanto più il problema di fondo di una democrazia mutilata da oltre un quarto di secolo sia sempre lì a urlare l’esigenza di progettare la politica se vogliamo ricostruire un sistema democratico conforme alla lettera e allo spirito repubblicano della Costituzione. Ciò non può avvenire se sovranismo, populismo, demagogia si consolidano e prendono campo essendo i tre fattori antipolitici e intrinsecamente antidemocratici. Occorrerebbero soggetti politici i quali, prima di cercare voti, si dotassero di idee capaci di generare dei pensieri compiuti che muovano strumenti – ossia dei partiti – propositori, mediatori e soggetti di un sano confronto/incontro democratico; rappresentanti identità e istanze sociali traguardate in un’ altrettanto compiuta idea dell’Italia. Sulla rabbia e i proclami si possono ottenere successi elettorali, ma il meccanismo che li genera è tale che il popolo prima plaudente può velocemente girare le spalle. Così, di sbandamento in sbandamento, aumenta la corrosione strutturale di quanto sta a fondamento della Repubblica e dei suoi principi fondamentali, comprese le norme non scritte che da essi civicamente si ricavano. La questione riguarda la responsabilità del civismo repubblicano, un qualcosa di cui sembra esserci solo un vago sbiadito ricord

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