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giovedì 15 marzo 2018
Valdo Spini: Necessità di una sinistra nuova
Necessità di una sinistra nuova
Di Valdo Spini
Trai risultati realmente epocali delle elezioni del 4 marzo 2O18 c’è quello che riguarda la sinistra o, come si dice ora, il centro-sinistra. Giustamente Giovanni Sabbatucci aveva richiamato che la somma socialisti-comunisti e liste affini era rimasta stabile per tutto il corso della “prima” repubblica. Dalle elezioni del 1946 almeno fino a quelle del 1987 i due partiti hanno sempre totalizzato più del 40% dell’elettorato, naturalmente con una composizione diversa di questa sommatoria: nel 1946 divisa a metà con una lieve superiorità dei socialisti, poi via con una netta redistribuzione a favore dei comunisti fino all’avvento di Craxi, che operò un parziale recupero a favore del Psi.
Durante la seconda repubblica con tutti i nuovi partiti che sono via via sorti nell’area di centro-sinistra si arrivò al 33% circa con il Pd di Veltroni e al 38$ della sua coalizione.
Ora, in queste elezioni siamo arrivati ad un Pd che va sotto il 20%, (partendo dal 40,8% dell’europee del 2014) ad una nuova formazione la Leu, che nonostante la presenza dei presidenti uscenti delle due camere supera di poco la soglia di sbarramento del 3% e una lista ancora più a sinistra, Potere al Popolo che supera di poco l’1%. Totale: 25%.
Un risultato drammatico, anche se certamente in Europa non isolato e le cui radici stanno evidentemente nell’evoluzione economica e sociale susseguente alla crisi del 2007-2008. Direi drammatico, anche perché per molti versi, dagli interessati inatteso. Se le radici strutturali di questo risultato stanno nelle crescenti disuguaglianze e nel senso di esclusione che questo risultato ha generato, quelle politiche affondano nel modo in cui si è affrontata la vittoria del NO al referendum del dicembre 2016. Matteo Renzi aveva due scelte serie di fonte a sé. O ritirarsi realmente lasciando che il Pd cercasse di risalire la china con dirigenti e approcci diversi, (salvo ritornare ove richiamato) oppure aprire al no cooptando idee, ragioni ed esponenti del NO nell’attività di governo e nella ristrutturazione del partito. Ha scelto un terzo approccio, quello della rivincita, che si è dimostrato fallimentare.
In questo senso mi sentirei di dire che Il Partito Democratico si è rivelato come un partito frettolosamente costituito e frettolosamente diviso. Oggi è al tempo stesso l’ago della bilancia della soluzione di governo postelettorale, ma anche il campo di tensione della stessa, percorso com’è dalle scosse elettriche delle possibili soluzioni.
Il Pd sembra quasi invitare le due forze uscite vittoriose dalle urne, Movimento 5Stelle e Lega a formare un’alleanza, rispetto alla quale assumere una chiara posizione di opposizione. Ma se questo non avviene? A prendere sul serio le pronunce del Pd avverso ad alleanze sia col Movimento 5 stelle che con il centro-destra, c’è da credere che o col governo Gentiloni o con un brevissimo governo di scopo sostenuto da tutti si vada a breve termine a nuove votazioni, magari precedute da una piccola ma incisiva riforma elettorale. Nuove elezioni a breve in che condizioni troverebbero l’area di sinistra e di centro-sinistra e il Pd in particolare?
E in questo caso bastano per rilanciare il Pd la prospettiva di assemblee interne di partito, aperte magari alla partecipazione di qualche esterno? Piuttosto si dovrebbe invece cercare attraverso dialoghi nella società civile e con le diaspore politiche che si sono formate, di arrivare ad una vera costituente, che si proponga innanzitutto di definire che cosa sia una sinistra di governo e di unirsi intorno a questa comune presa di coscienza.
L’iniziativa di dibattito presa dalla Fondazione Circolo Rosselli vuole proprio invitare la società civile che si riconosce nei valori del centro-sinistra e della sinistra a fare sentire la propria voce.
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