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sabato 24 marzo 2018
Paolo Bagnoli: la tragica realtà dell'oggi
In attesa del nuovo numero de La Rivoluzione Democratica, l'articolo di
Paolo Bagnoli pubblicato su “Non mollare” quindicinale post azionista |
016 | 19 marzo 2018.
La biscondola di Paolo Bagnoli - “La tragica realtà dell’oggi”.
E’ veramente difficile comprendere come possa evolvere il quadro
politico dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento. Fermi restando
i successi 5Stelle e Lega, la verità è che hanno perso tutte le
formazioni in competizione. Non solo il Pd che, almeno alle apparenze,
si è sdegnosamente e orgogliosamente ritirato in una specie di Aventino:
quasi una legge del contrappasso per chi aspirava a essere, addirittura,
“il partito della nazione”. Quanta e quale sia, in questi giorni, la
diplomazia più o meno clandestina, si può immaginare. Alla fine tutti
dichiarano di aspettare il Presidente della Repubblica che sicuramente
sarà in attivo democristiano movimento per vedere quale possa essere una
soluzione possibile e, in qualche misura, sufficientemente credibile.
I due vincitori rivendicano la guida del governo, ma nessuno dei due
esprime una capacità di soggetto coalizionale e, a nostro parere, i
5Stelle scontano la rivendicazione della loro diversità – una vera e
propria estraneità rispetto a tutti gli altri – la quale, benché
ammorbidita dalle banalità di Luigi Di Maio, persiste e salta fuori
appena possibile. Ma può essere una giustificazione seria richiedere la
presidenza della Camera perché si vogliono abolire i vitalizi? La cosa
si commenta da sola! Matteo Salvini potrebbe benissimo staccarsi dai
suoi compagni di coalizione e fare un governo coi grillini; tuttavia,
mentre muovendosi con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni i suoi voti
pesano di più e, con essi, il suo ruolo, andando per conto proprio
risalterebbe subito come i voti della Lega siano la metà di quelli del
5Stelle.
Cosa poi bolla nella pentola del Pd non si capisce. La sconfitta è stata
di quelle cocenti e occorreva essere ciechi per non vedere come essa
fosse nell’aria, ma ciò non giustifica il trinceramento dietro la
dichiarazione che gli italiani lo hanno mandato all’opposizione. Se pur
dall’opposizione una forza politica ha il dovere di proporre qualcosa,
tanto più se vi sono difficoltà di colloquio tra gli altri due soggetti;
insomma, unpartito deve avere, qualunque sia il suo stato, una proposta
politica. La fallita formazione di Pietro Grasso la sua l’ha avanzata,
se pur riguardante solo se stessa: appena derenzizzato il Pd i Liberi e
Uguali sono pronti a rientrare, se abbiamo capito bene le ultime
dichiarazioni di Roberto Speranza. Invece di bearsi all’opposizione il
Pd potrebbe buttare sul tavolo una proposta alta e pure coraggiosa;
ossia, considerata la situazione di emergenza nella quale ci troviamo,
si faccia un governo sostenuto da tutti, presieduto da una personalità
fuori dai giochi di ognuno, garantito dalla Presidenza della Repubblica,
con un programma preciso; la sua durata si determinerebbe da sola: In
tal modo il Pd non rinnegherebbe il ruolo di forza di opposizione, ma
rientrerebbe nel giuoco politico gettando lo scompiglio negli altri e
pure, pensiamo, ricompattando se stesso nell’attesa del congresso
annunciato che rischia di risucchiarlo in una lacerazione senza limiti.
Se rimane alla finestra può trovarsi, in breve tempo, a nuove elezioni
che ne peggiorerebbero le condizioni lasciandolo senza potenziali
interlocutori considerato che Forza Italia sembra aver intrapreso il
cammino di una discesa difficilmente recuperabile.
Questa la tragica realtà dell’oggi che segna un ulteriore sgretolamento
di una sistema senza politica e senza partiti veri. Quanto continua a
sorprendere è che nessuno, ma proprio nessuno, né tra gli addetti ai
lavori né tra i maitres à penser, venga nemmeno sfiorato il problema di
fondo: cosa bisogna fare per ricostruire la democrazia italiana? Nessuno
se ne occupa, la questione non incontra attenzione alcuna: i risultati
si vedono. Alla fine pure le lamentazioni hanno senso e,
pericolosamente, torna fuori il tema della riforma della Costituzione
che ha avanzato Dario Franceschini. La proposta è caduta nel vuoto, ma
si tratta di un silenzio intrigante. Siamo convinti che il referendum
del dicembre 2016 non abbia archiviato il problema e che ci si stia
pensando più di quanto non traspaia, riversando ancora una volta sulla
Costituzione le colpe della politica e di una classe politica
inadeguata. Naturalmente le conseguenze sarebbero a grave detrimento
della Repubblica e della politica democratica che le è strettamente
connessa.
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