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giovedì 11 maggio 2017
Andrea Ermano: A lunga gittata
A lunga gittata
Nell'autunno prossimo questa vecchia testata socialista va a compiere centoventi anni di attività. È dunque lecito, e forse
persino doveroso, porsi domande un po' più "a lunga gittata".
di Andrea Ermano
Dall'Avvenire dei lavoratori
Ci sono conventicole molto incavolate con Papa Francesco a causa del suo sostegno ai migranti, i quali, secondo le conventicole medesime, tenderebbero a profanare orribilmente i simboli della fede cristiana. Sempre contro Bergoglio furoreggia, poi, l'accusa di "papolatria", che negli ultimi cinque secoli era stata monopolio di protestanti e anticlericali e che oggi dilaga invece nei blog di osservanza ultra-clericale.
Perché? "Perché questo papa è troppo relativista", ci ha spiegato una persona colta e sensibile, proveniente dal variegato mondo che, ai tempi della prima repubblica, faceva riferimento alla DC.
Sarà, ma bisogna riconoscere che il capo della Chiesa universale ha posto in evidenza un fatto storico di assoluto rilievo: "Siamo di fronte a un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti", ha detto nell'agosto del 2014 rientrando dal suo viaggio in Corea.
In effetti, centinaia e centinaia di migliaia di morti nella sola regione che va dalla Siria all'Iraq confermano la tragica validità di quel giudizio. Ma perché non ce ne rendiamo conto tutti con un gran sobbalzo?!
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Aleppo, crateri delle bombe
diventano piscine per i bimbi
Forse non ce ne rendiamo conto anche perché nelle guerre post-moderne muoiono ormai quasi solo i "civili" appartenenti a popolazioni lontane. Le perdite militari sono ridotte al minimo, soprattutto per quel che concerne gli eserciti occidentali. Sicché i nostri ragazzi – che stanno là per dare una mano a sempre incerti alleati in nome di alti e nobili ideali – lavorano, per fortuna, in condizioni di quasi sicurezza, coadiuvati per altro dai temibili dispositivi dell'intelligenza artificiale, i cosiddetti "droni".
Tutto ok? Oddio, non è che – se qualcuno ce lo domandasse a brutto muso – noi diremmo di considerare "meno preziosa" la dignità personale dei bambini siriani o afgani o iracheni o africani o sudamericani, e sono tanti quelli uccisi nei vari conflitti sociali e politici.
È che ogni giorno, in diretta e in differita, assistiamo a ore e ore di reality che ci distraggono dalla guerra mondiale a pezzetti.
È che, fin dalla più tenera età, la cultura massmediatica ci ha insegnato che ciascuno di noi ha il preciso dovere morale di realizzare se stesso, cioè le sue potenzialità più autentiche, cioè i propri desideri.
Soddisfare i propri desideri, mano a mano che questi emergono misteriosamente dall'animo, non è complicato. C'è quasi sempre, alla fine della fiera, un oggetto, più o meno carino, più o meno prezioso, oppure una vacanza più o meno rilassante, più o meno esotica, in grado di renderci felici, almeno per un po'.
Ed è bello che la felicità abbia un costo abbordabile in quarantotto comode rate mensili, interessi inclusi. Ma tutto questo, ovviamente, comporta un sacco di cose: in termini d'indebitamento (pubblico, privato e bancario), in termini d'inquinamento ambientale, in termini di delocalizzazione e robotizzazione, cioè di disoccupazione.
Ma T.I.N.A. – There Is No Alternative! – non si vede altrimenti come mantenere bassi i prezzi della felicità alla quale tutti abbiamo diritto.
Guardiamoci intorno – dal Mediterraneo al Caucaso, dall'Africa al Sudamerica, dal Medio all'Estremo Oriente – siamo finiti per davvero in un nuovo conflitto globale, anche se noi non lo percepiamo. E non lo percepiamo sia perché circonfusi da un'informazione "a pezzetti", sia soprattutto perché, a morire in guerra, ci pensano gli altri.
Si capisce che un mondo dominato da questo livello spaventoso di crudeltà preferisca restare in ombra. Il che corrisponderebbe all'essenza più "genuina" dello spirito oscurantista-reazionario. La cui natura consiste appunto in uno scambio estremamente ipocrita ("simoniaco" diceva Marco Pannella, richiamandosi al gran padre Dante) tra il cinismo del potere e l'uso auto-assolutorio della religione.
Immaginatevi, dunque, quanto sono incavolati lor signori con questo tizio venuto al soglio di Pietro "quasi dalla fine del mondo" per strappare il velo di alcune, sensibili, post-verità.
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L'odio dei sovranisti europei verso Papa Francesco somiglia all'odio dei suprematisti trumpiani verso Barack Obama. Agli occhi delle destre sovraniste e suprematiste, d'Europa e d'America, Obama e Bergoglio sono rei di avere portato la "questione sociale globale" dentro l'agenda dell'Occidente. Non solo: lo hanno fatto nella loro veste di capi legittimi nei rispettivi imperi e, quel che è peggio, mostrandosi capaci di raccogliere un vasto consenso popolare, ben oltre i confini tradizionali delle rispettive potestates.
È notevole che – mentre in Europa la socialdemocrazia cade di nuovo in pezzi – la sinistra liberale USA, di cui l'ex presidente Obama appare oggi l'unico leader dotato di carisma internazionale, converga abbastanza stabilmente e credibilmente su posizioni di evidente profilo socialdemocratico europeo.
Ed è non meno notevole che analoga convergenza stia compiendo la Chiesa Cattolica a guida bergogliana, come dimostra anche, proprio in questi giorni, l'importante iniziativa vaticana presso le Nazioni Unite per una riduzione del debito dei Paesi poveri. Questa iniziativa, ricordiamolo, si pone in un continuum ideale con l'azione inaugurata, nel lontano 1990, da Bettino Craxi su mandato del segretario generale dell'ONU di allora, Javier Perez de Cuellar.
La convergenza "socialdemocratica" tra Washington e Roma è il bandolo oggettivo di quella matassa nella quale può sostanziarsi una prospettiva di riorganizzazione anche della sinistra europea nel XXI secolo. Ma ci sono almeno tre grossi nodi da sciogliere:
a) Quale 'statualità' sarà possibile dopo la crisi del liberismo finanziario globale che ha disarticolato lo stato nazionale europeo?
b) Quali saranno i criteri del rapporto tra una nuova 'statualità' e la scienza-tecnica, rapporto su cui s'impernierà l'ineludibile transizione dall'umanesimo al post-umanesimo?
c) Quale forma potrà assumere in ciò una 'statualità' specificamente europea, cioè specificamente socialdemocratica?
Dalla risposta alla prima questione (a) dipendono forme e prospettive del welfare, cioè della coesione sociale, che sta e cade insieme alla possibilità di una forma statuale al di là dello stato nazionale europeo. Per inciso, non si rendono conto i sovranisti che la grandezza di scala "nazione" è tanto superata quanto quella dei comuni medievali e delle signorie rinascimentali?
Dalla risposta alla seconda questione (b) dipendono le forme e le prospettive della laicità, cioè della libertà di ricerca scientifica nell'epoca in cui questa fondamentale conquista moderna esige l'elaborazione di criteri etici e giuridici all'altezza di una sfida la cui posta in gioco è, detto semplicemente, l'umanità.
Dalla risposta alla terza questione (c) dipende la condizione in cui si troveranno a operare le nuove generazioni europee nella prospettiva, auspicabile, di un assetto cosmopolitico mondiale dal quale dipende, detto semplicemente, il loro futuro.
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Barcellona, 18.2.2017 – 160mila ragazzi manifestano
a favore di una politica dell'accoglienza per i rifugiati
Nell'autunno prossimo questa piccola testata socialista va a compiere centoventi anni di attività. È, dunque, lecito, e forse doveroso, chiedersi come saranno i prossimi centoventi anni.
Si è colti come da una vertigine della ricapitolazione.
E potremmo allora citare in ausilio Jürgen Habermas e Michael Walzer che hanno magistralmente ricapitolato importanti aspetti dell'idea di laicità nel rapporto tra scienza ed etica; oppure Jacques Attali che ci mette innanzi a un inquietante affresco dello scatenamento capitalistico in accelerazione; oppure Giorgio Agamben che ha scavato i segni del tempo messianico; oppure ancora Rosi Braidotti che propone una rilettura "in positivo" delle filosofie umaniste, anti-umaniste e post-umaniste da Spinoza al femminismo contemporaneo.
Infine, c'è Yuval Harari. Che – nel suo recente Homo Deus. A Brief History of Tomorrow ("Homo Deus. Una breve storia di domani") – ricapitola lo stato dell'arte con queste chiare parole:
«Se pensiamo in termini di mesi, dobbiamo porre occhio a problemi immediati come le convulsioni nel Vicino Oriente, la crisi migratoria verso l'Europa e l'indebolimento dell'economia cinese. Se riflettiamo su scala pluridecennale, un ruolo centrale è assunto dal mutamento climatico, dalla crescente diseguaglianza e dal tracollo del mercato del lavoro. Se però consideriamo la vita nel suo complesso, tutte le altre questioni e vicende vengono poste in ombra da tre processi interconnessi tra loro:
1. La scienza si va convertendo in un dogma onnicomprensivo che asserisce essere gli organismi strutture algoritmiche e la vita un'elaborazione di dati.
2. L'intelligenza [dei nostri dispositivi artificiali, ndr] si va separando dalla coscienza.
3. Ben presto, strutture algoritmiche non-coscienti, ma altamente intelligenti, potrebbero conoscerci meglio di noi stessi.»
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