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martedì 4 aprile 2017
Paolo Bagnoli: Mentalità autoritaria e massiccia ignoranza
mentalità autoritaria
e massiccia ignoranza
paolo bagnoli
da critica liberale
L’osservazione è elementare. I 5Stelle il loro obiettivo – dar vita a una democrazia
diretta – lo hanno già raggiunto. Il caso delle comunarie di Genova lo testimonia con
chiarezza: diretta, appunto, da Beppe Grillo. La deriva cui è giunto il sistema della politica
in Italia fa sì che un episodio sul quale si sarebbe dovuto dire molto sia stato ridotto a un
titolo di giornale. La concorrenza, cioè il Pd, per il piombo che ha nelle ali, pur
alimentando un continuo duro battibecco con i rivali, non ha la forza necessaria per
denunciare con la decisione dovuta il senso delle scelte genovesi e i toni, veramente
preoccupanti, con i quali il garante del Movimento ha risposto a chi, all’interno e
all’esterno di questo, ha avanzato delle critiche. Certo che del loro, e nel loro, Movimento i
5Stelle possono fare quello che vogliono. Per una forza, tuttavia, che punta al governo del
Paese la questione della mentalità e dei metodi con i quali essa agisce riguarda tutti poiché
la democrazia sta, o dovrebbe stare, a cuore a tutti. Sottovalutarlo equivale a una fuga
rispetto a una realtà inquietante.
Oramai la politica ci regala un continuo spettacolo di gazzarra che altro non è se non
la rappresentazione della patologia cui siamo giunti. In quello che succede non vi è, infatti,
morale ossia senso dei valori concernenti la politica e le istituzioni. La febbre del potere
unitamente alla bramosia della sua conquista e del suo esercizio, prevalgono su ogni
legittima aspirazione al governo del Paese. Nella lotta i cui runner di testa sono il Pd e i
5Stelle, si tritura tutto e ci sembra che il primo dei due sopracitati soggetti non si renda
conto dell’errore che fa nel rincorrere i grillini sul loro terreno invece di arginarli e
combatterli come dovrebbe. Aveva ragione Pietro Nenni: in politica c’è sempre uno più
puro che ti epura. Oggi possiamo dire che a un rottamatore ne segue un altro che lo è
ancora di più.
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La mentalità autoritativa e dogmatica ha trovato una sua esplicitazione applicativa
in un gesto che definire di protesta è sbagliato mentre si avrebbe dovuto avere il coraggio
di chiamarlo per quello che è stato: un vero e proprio episodio dal sapore squadristico. Ci
riferiamo, naturalmente, al bliz tentato dai 5Stelle nell’ufficio di presidenza della Camera
quale risposta alla bocciatura che esso aveva fatto sui vitalizi. Bene ha fatto la presidente
Laura Boldrini a dichiarare che la Camera “non si farà intimidire”. Ce n’è bisogno e a fronte
di quello che il capogruppo Pd, Ettore Rosato, ha qualificato come “un attacco violento e
barbaro”. Le pressioni intimidatorie, tuttavia, non sono finite poiché i grillini, non paghi
del gesto squadristico, hanno completato l’iniziativa arringando, per bocca del
vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio, la piazza con una filippica miserevole e
retorica che ha rappresentato un altro atto di intimidazione contro il Parlamento. Non
dimentichiamoci che Di Maio è quello delle liste di proscrizione dei giornalisti che avevano
fatto delle inchieste che lo riguardavano. Beppe Grillo, il garante, di par suo, si è indirizzato
alla presidente Boldrini in questi termini: ”Chieda scusa in ginocchio per suo sopruso”. Nei
grillini sembra venire a sublimazione tutto il veleno che in questi anni è montato contro il
Parlamento raffigurato come un luogo di salvaguardia castale, di usurpatori del privilegio e
non c’è da stupirsi di essere arrivati a questo punto quando sotto il manto perbenistico di
critiche su particolari situazioni, quando ciò che interessa è solo fare scandalo e generare
denigrazione. E’ inevitabile che a forza di seminare vento si raccolga tempesta.
Quelli dei grillini sono atti e dichiarazioni di una gravità inaudita. Il Paese appare
sotto schiaffo di un gruppo di crociati ai quali non basta rimproverare la gestione di Roma
che sembra, peraltro, avere ben assorbito e pure fatto assorbire, mentre occorrerebbe un
mobilitante coro di indignazione che suonasse anche a risveglio della responsabilità
democratica.
Il coro, però, non c’è. Comincia, invece, ad apparire qualche analisi seria sui 5Stelle
quale quella che Ernesto Galli della Loggia ha consegnato il 25 marzo scorso al “Corriere
della Sera”. Il succo del ragionamento di Galli della Loggia è che gli esponenti del grillismo
i quali stucchevolmente esternano la sicumera dei primi della classe, presentandosi come
“diversi e migliori”, non hanno nessuno dei fondamentali per divenire una classe dirigente.
Riportiamo un brano dell’articolo che ci ha colpito. Scrive il professore riferendosi,
appunto, alla dirigenza grillina, quella che ha tentato il bliz all’ufficio di presidenza della
Camera e poi aizzato la piazza contro la funzione parlamentare preferendo gesti ai discorsi:
“Con la giovane età che per, lo più li contraddistingue essi appaiono, infatti, anche il frutto
compiuto dello sfasciato sistema d’istruzione del loro (e ahimè nostro) Paese. Nel loro
modo di parlare e di ragionare, nel loro lessico, è facile indovinare, curriculum scolastici
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rabberciati, insegnanti troppo indulgenti, lauree triennali in scienze della comunicazione,
studi svogliati, poche letture, promozioni strappate con i denti. S’indovina cioè un vuoto. Il
multiforme vuoto italiano di questi anni, in cui tutto sembra sgretolarsi e finire. Un vuoto a
cui come elettori, peraltro, si può essere pure tentati di accostarsi con la speranza - sempre
l’ultima a morire – che esso celi qualcosa di buono che a prima vista non è dato scorgere
ma che forse c’è, in fondo chissà potrebbe pure esserci. Salvo restare ogni volta
regolarmente delusi.” D’altronde il solito Di Maio che trasforma, nel corso di una
trasmissione televisiva, il sociologo Luciano Gallino nello “psicologo Gallini”, conferma che
Galli della Loggia dice cose vere. E ha sempre ragione: i 5Stelle rappresentano un salto nel
vuoto; non solo non sono l’alternativa alla crisi del sistema, ma testimoniano della
terminalità cui questo sembra essere giunta.
Rispondendo a Pier Luigi Bersani che aveva tentato un’apertura, molto tattica in
vero, verso i 5 Stelle per costruire una difficoltà al suo ex-partito, il presidente della
Regione Toscana Enrico Rossi, figura di primo piano del neonato movimento “Articolo 1”,
Rossi ha preso le distanze dalle aperture bersaniane definendo i grillini “reazionari e
inquietanti”. In altri termini ha avuto, se non altro, il buon senso di gridare la nudità del re.
Bersani dal canto suo ha cercato di recuperare buttando sul tavolo, questa volta, un’altra
verità: la crescita registrata dai 5Stelle in questi anni è frutto dell’insufficienza del
centrosinistra che non ha fatto, e non fa, il suo mestiere e che, limitandosi a dargli del
populista, finisce per portare acqua al loro mulino.
Ora, poiché il confronto di fondo della politica italiana si gioca, nella partita per il
governo, tra Pd e 5Stelle il quadro complessivo cui siamo di fronte è veramente
preoccupante in una perdita generale di senso comune che, in una democrazia politica
cosciente di cosa essa sia e rappresenti, costituisce un fattore morale concreto tutt’altro che
marginale.
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